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Nella storia, una molteplicità di teorie, di tutte le derivazioni culturali e campi di studio 
possibile, hanno proposto l’attività artistica come lettura della personalità, terapia, 
gestione delle emozioni, possibile protagonista di percorsi che restituiscano la dignità e 
il benessere all’individuo. 
Di fatto, questa commistione di tecniche non si limita ad essere una finestra aperta 
sull’inconscio, che scruta l’emozione e la sperimenta. L’arteterapia abilita l’individuo a 
entrare nella percezione sensibile e a gestirla, modularla in modo che non esploda o si 
reprima. 
Ho cercato di dimostrare, ripercorrendo le numerose teorie che hanno portato la 
disciplina a trovare la sua applicazione odierna, l’utilità della stessa nel contesto 
quotidiano. Il contesto del qui ed ora, la realtà educativa. 
L’arteterapia, o la tecnica creativa progettuale, è un ottimo strumento di cura in senso 
psicosociale, per le persone in disagio, per tutte le persone. 
 In una società dove le stesse sono in maggioranza decostruite e ovattate, nutrite di 
bisogni fasulli, indotti dai mass media: mezzi di una comunicazione distorta e 
strumentalizzata per soddisfare le esigenze del mercato dei consumi.  
La disciplina, che va al di là della mera introspezione o analisi di test grafici, possiede 
una miriade di sfaccettature ed alternative, che coadiuvano la socializzazione, 
l’integrazione delle tante diversità della società. 
Ho cercato inoltre di esporre un caso ed affiancargli una probabile proposta educativa, 
frutto dell’analisi della totalità di modelli teorici studiati. 
Intendo sottolineare, infine, che la capacità grafica, ovvero la capacità tecnica e 
rappresentativa, in questi percorsi, è assolutamente marginale.  
Si lavora sul miglioramento, si agisce sulle forme e le strutture estetiche, ma l’abilità e la 
riuscita del lavoro non sono chiamate in causa, nel percorso con la persona in situazioni 
di disagio. Mi è capitato parecchie volte di sentire pareri di educatori che accantonavano 
questa idea alternativa a priori, a causa “della scarsa abilità dell’utente, o perché l’utente 
non sa più disegnare”.  
Premetto che l’arte, come dimostra la sua storia, è un concetto talmente soggettivo che 
non si può avvalere di giudizi di incapacità tecnica. In questo amplio contesto, contesto 
paradossalmente nuovo e difficilmente concepibile, l’arte assume le vesti della 
liberatrice, del mezzo che diventa linguaggio attraverso l’istinto e la percezione, e non 
del risultato ben svolto di una consegna superficiale. 
 
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CAPITOLO 1  
L’EDUCATORE PROFESSIONALE E L’ APPROCCIO ALL’ARTE COME 
MEDIAZIONE TRA L’INDIVIDUO E L’EMOZIONE;  
L’ARTE COME RISORSA NELLA RELAZIONE D’AIUTO  
          
 
      
 
        1.1  EMPATIA E ABILITA’ SOCIALE ED EMOZIONALE 
 
 “..la vita è una commedia per coloro che pensano e una tragedia per 
coloro che sentono..” Horace Walpole
1
 
 
L’essere umano nasce perfetto in ogni sua funzione e particolare. Tutte le funzioni, 
azioni e pulsioni che ci conducono alla sopravvivenza, sono abilmente manovrate dalla 
collaborazione di sistema nervoso ed endocrino. 
Ogni carenza o eccesso si autoregolano attraverso bio-feedback,  in modo che tutto 
rientri nei parametri fisiologici standard. Il miracolo della vita è tutt’ora velato da un 
mistero millenario per il quale le speculazioni filosofiche non avranno mai fine.  
Eppure, qualcosa sfugge alla dominanza emisferica, qualcosa che trascende dagli stessi 
millenni la filosofia, la scienza e la religione; l’emozione. Emozione il cui significato e 
interpretazione è sconfinato e variopinto e la sua funzione e forza è molteplice e 
invincibile… 
L’emozione è lo strumento più potente che possiede l’essere umano, lo stato psicofisico 
e affettivo che ci permette di provare e sperimentare le nostre sensazioni e percezioni.  
Succede a volte che un improvviso spavento, un’intensa gioia o una forte rabbia, ci 
scarichino un’emozione così forte e imponderabile da “perdere il controllo”, dandoci una 
reazione così inaspettata che a volte viene quasi rimossa. Questa è la dimostrazione dell’ 
intensità dell’emozione, e dell’incoercibile ascendente che ha sull’organismo. 
A questo proposito è bene parlare di un’abilità fondamentale, che se ben gestita, diventa 
un’efficace ausilio di controllo sulla relazione.  
Questa peculiarità è l’intelligenza emotiva, dote da coltivare per acquisire maggiore 
padronanza di sé e della propria strategia relazionale, con l’obiettivo di migliorare la 
propria qualità di vita personale e sociale. 
                                                 
1
  Tratto da “intelligenza emotiva”, Daniel Goleman, p.124, Bur 2007. 
 9
L’intelligenza emotiva si spiega come la facoltà di saper esprimere in modo adeguato le 
emozioni, riconoscendo le proprie e le altre nel momento in cui si manifestano: Goleman 
la chiama “un modo particolare di trattare se stessi e gli altri”.  
Questa peculiare intelligenza comprende l’insieme di capacità dell’individuo, che gli 
permettono di relazionarsi agli altri tramite due abilità: la competenza sociale, che 
contempla l’empatia e l’arte dell’interrelazione e la competenza sociale, che tocca le 
corde dell’autocontrollo. 
L’autocontrollo abilita al monitoraggio delle proprie emozioni e aiuta a mantenere la 
calma interiore e l’autoconsapevolezza, per giungere all’equilibrio emozionale 
dell’individuo. 
Inoltre l’intelligenza emotiva ha una forte interazione con la motivazione umana; infatti, 
la motivazione è la causa che spinge il soggetto ad un determinato agito, mentre 
l’emozione chiarifica come il soggetto reagisce ad uno stimolo. La psicologia dei 
consumi presta grande attenzione allo studio di questi fattori, per comprendere quali 
siano le motivazioni inconsce del consumatore. È stata questa branca della psicologia 
che ha contribuito a mettere in luce l’importanza delle emozioni nella motivazione, 
contraddicendo la credenza secondo cui le persone motivate agiscono secondo i criteri 
della razionalità. Si è visto che le scelte del consumatore sono spesso dettati di prestigio, 
di conformarsi ad un gruppo per sentirsi parte di esso, di dipendenza, di identificarsi con 
il leader, oppure dalla necessità di differenziarsi, di resistere alle pressioni sociali. 
Al contrario la mancanza di capacità nel gestire le proprie emozioni, di esternarle, 
diventa una vera e propria patologia chiamata alessitimia, che trascina a sé un corteo non 
indifferente di psicosomatismi. 
    Come esponevo poc’anzi, l’emozione ha un’importanza rilevante sulle azioni e il 
pensiero, quasi dominante. La sede di queste ultime, dal punto di vista fisiologico, è il 
sistema limbico. 
Il sistema limbico è situato nel lobo prefrontale del cervello, e si può definire come una 
rete di neuroni, soprattutto subcorticali, che formano anse all'interno dell'encefalo e 
collegano l'ipotalamo alla corteccia cerebrale e altre strutture.  
Tale apparato viene considerato la sede delle emozioni e delle sensazioni, come la fame, 
la sete, il desiderio sessuale; ma soprattutto è la sede della memoria e 
dell'apprendimento. È costituito dalla corteccia prefrontale, dal prosencefalo basale, 
dall'ippocampo e dall'amigdala. I due sistemi principali a cui si riferisce sono amigdala e 
ippocampo. 
L’amigdala è connessa con neocortecce associative (frontali e temporali) e con l'area del 
setto e l'ipotalamo, e gestisce le emozioni.  
L’ippocampo è connesso con la corteccia entorinale (della circonvuoluzione 
paraippocampica) ,con la corteccia cingolata (connessa con altre aree associative) ,con 
 10
l'ipotalamo, l'area del setto e controlla la memoria a lungo termine di tipo dichiarativa (il 
ricordo di un fatto), oltre che a essere implicato nel circuito di papez (associazione tra 
attività cognitive e attività ipotalamiche). 
   In particolare l’amigdala è la sede di tutte le passioni; è un gruppo di strutture 
interconnesse, che assume una forma a mandorla, posta sopra il tronco cerebrale e vicino 
alla parte inferiore del sistema limbico. Ci sono due amigdale, ognuna ad un lato del 
cervello. 
L’amigdala è specializzata in tutte le questioni emozionali, con l’emblematica funzione 
di valutare il significato emozionale degli eventi. Archivio della memoria emozionale, la 
sua attività e l’interazione con la neocorteccia la rende il centro dell’intelligenza 
emotiva, poiché è in grado di mantenere il controllo sulle nostre azioni anche quando il 
cervello pensante, la neocorteccia, deve ancora elaborare la soluzione. I segnali sensitivi 
in entrata consentono immediatamente all’amigdala di analizzare e vagliare ogni 
esperienza, e in questo modo essa valuta se mandare il segnale di crisi. L’amigdala 
risponde prima della neocorteccia, cioè prima del sistema nervoso, ed ecco la 
motivazione delle reazioni “incontrollate”. 
In definitiva questo apparato può essere definito “il quartier generale delle nostre 
emozioni” dal punto di vista neurofisiologico.  
 L’ipotalamo è un’altra parte fondamentale del sistema limbico. E’ la singola parte più  
complessa e stupefacente del cervello stesso, per questo è anche detta “il cervello nel 
cervello”. 
Ha la grandezza di un pisello e pesa circa quattro grammi e regola; fame, sete, sonno, 
veglia, temperatura corporea, equilibri chimici, ritmo circadiano, ormoni, sessualità, 
emozioni, mantenendo l’omeostasi di tutte queste funzioni, attraverso il meccanismo di 
retroazione. E’ importante ribadire che le nostre emozioni sono moti energetici così forti 
da essere difficilmente regolabili e addirittura a volte sopraffanno completamente la 
razionalità, portandoci a compiere atti che potrebbero avere conseguenze negative 
relativamente alla sfera sociale.  
Riportando date situazioni nell’ambito di una relazione terapeutica, dette emozioni 
possono arrivare, da entrambe le parti, a bloccare l’interazione e il flusso comunicativo, 
mandando in fumo in un attimo gli sforzi compiuti nell’arco di molto tempo.  
Gli studi neuro scientifici deputano al sistema limbico la responsabilità di queste 
reazioni automatiche, frutto di difese arcaiche legate all’istinto di sopravvivenza.  
La spiegazione di questo “disadattamento” biologico, paragonato all’andamento della 
nuova realtà, legata alla civilizzazione, è fornita da Goleman, con il concetto “che date 
realtà sono sorte così velocemente che l’evoluzione, quale processo molto lento, non 
riesce a star loro dietro”
2
. Per spiegare dal punto di vista biologico l’esplosione 
                                                 
2
  Tratto da Goleman, 2007, p.23 
 11
emozionale, innescata dall’impulso e spesso non commisurata alla situazione, gli 
studiosi parlano di “sequestro emozionale”, ovvero una sorta di modificazioni 
neurofisiologiche che preparano alla risposta emotiva più veloce ma meno precisa, ad 
esempio la risposta di combattimento o fuga. Sembra che in quei determinati momenti 
un centro del sistema limbico dichiari emergenza, imponendo al resto del cervello 
l’ordine, “sequestrandolo”.  
Immediatamente la reazione si innesca, attimi prima che la neocorteccia, il cervello 
pensante, abbia avuto il tempo di comprendere la situazione avvenuta.   
Secondo Damasio
3
, il cervello emozionale è coinvolto nel ragionamento tanto quanto 
quello pensante. Ne deriva che le emozioni possiedono un ruolo importante ai fini della 
razionalità; nel complicato rapporto tra emozioni e pensiero si generano le azioni e 
decisioni della nostra vita, con la sola eccezione del “sequestro emozionale”, del   
quale ho parlato prima, dove le emozioni prendono il sopravvento di prepotenza sul 
raziocinio. 
Si potrebbe dire allora che siamo dotati di due cervelli, due menti; L’intelligenza 
razionale e l’intelligenza emotiva. La complementarietà e la buona interazione del 
sistema limbico, della neocorteccia, dell’amigdala e dei lobi prefrontali sviluppa l’ 
intelligenza emotiva e le capacità intellettuali. In antitesi al vecchio paradigma di 
Erasmo ove la ragione doveva arrivare a liberarsi dalla spinta emozionale, Il nuovo 
modello ci spinge a trovare un’armonia tra mente e cuore. Per fare questo però, e 
fondamentale imparare a fare un uso intelligente dell’emozione. 
 In breve, ci capita di dover affrontar sempre più spesso drammi postmoderni con un 
equipaggiamento emozionale adatto all’età preistorica, situazione questa dove un 
maggiore controllo delle nostre emozioni, una rieducazione emozionale conseguita 
attraverso la commistione tra ragione, consapevolezza e trasporto emozionale diventa 
sempre più necessaria. 
A difesa delle anacronistiche reazioni automatiche dell’essere umano, lo stesso è dotato 
di una capacità fondamentale, che si afferma sia innata, attraverso cui entra nel mondo 
emozionale dell’ altro calandovisi. È una consapevolezza che quando si instaura  
prosegue il flusso della relazione, aiuta a saldare il rapporto di fiducia; l’empatia. 
Questa inestimabile risorsa è uno degli strumenti che conferisce la delicatezza e la 
chiave della relazione, è la caratteristica fondamentale che deve possedere  
l’individuo che decide di fondare una relazione d’ aiuto, o più semplicemente una 
qualsiasi relazione interpersonale. Dal greco empatheia, sentire-dentro, è la capacità di 
percepire l’esperienza soggettiva altrui, ponendosi nell’immediato nello stato d’animo o 
vissuto dell’altra persona, esattamente all’interno delle sue emozioni. L’empatia è una 
peculiarità fondamentale che deve possedere soprattutto l’educatore, ovvero la persona 
                                                 
3
  Damasio p.48, in Goleman, 2007 
 12
che decide di avventurarsi in una relazione che premette il raggiungimento di una forte 
fiducia.  
Un approccio modulato con empatia, predispone e tranquillizza l’utente, e aiuta               
l’ allacciarsi della relazione, base dalla quale deve partire ogni tipo di approccio 
terapeutico e riabilitativo. 
Risultati di studi affermano che la capacità empatica è presente nell’individuo fin dalla 
primissima infanzia, in quanto il neonato è subito turbato dal pianto di un altro bambino, 
e per questo cerca di consolarlo, di porre fine alle sue sofferenze. Si sono osservati 
inoltre tentativi di condivisione, o contagio emozionale, dove il bambino che vede 
piangere, fa lo stesso in risposta al compare. Le stesse vicissitudini accadono anche nel 
mondo adulto, in una qualsiasi interazione. È interessante notare come, quando due 
adulti hanno un eloquio, l’interlocutore che ascolta atteggia la stessa mimica coinvolta, 
frutto dello stato d’animo di chi parla e del contenuto emozionale che trasmette. 
L’empatia inoltre si basa  sull’autoconsapevolezza; coscienza personale, o controllo, che 
l’individuo dovrebbe apporre su di sé molto più spesso di quanto a volte facciamo. 
Quanto più saremo aperti e consapevoli  riguardo alle nostre emozioni, tanto più abili 
saremo nel leggere quelle altrui.  
Il segreto per leggere le emozioni altrui sta nell’interpretazione dei messaggi che 
viaggiano sulla comunicazione non verbale, in quanto la normale modalità di 
espressione delle emozioni è quella non verbale. In questo caso andremo ad esplorare 
data comunicazione non verbale, un linguaggio poco convenzionale che è l’espressione 
globale del soggetto, uno degli strumenti di lettura più forti e veritieri. La comunicazione 
non verbale è tutto quello che utilizza l’individuo ad esclusione del linguaggio verbale, 
per comunicare sé stesso. È  la totalità manifesta, conscia o meno, poiché frutto della 
trasposizione emozionale della persona.  Persona che nella sua interazione con il mondo 
affresca  sulla sua tavolozza il proprio universo, senza alcun controllo o difesa.  
Nell’ambito di una relazione, soprattutto di tipo terapeutico, è il terapeuta che riflette al 
paziente la comprensione del suo stato interiore. La sintonia emotiva diventa 
fondamentale nel costruire una relazione di fiducia forte e la relativa compliance 
vincente, in tutte le prospettive di piani terapeutici che si vogliano mettere in atto. 
L’ empatia è fortemente collegata al sistema limbico e alla connessione dell’amigdala 
con le aree associative della corteccia visiva. 
Il clima interiore adatto a predisporsi all’apertura verso il mondo interno altrui è quello 
che risulta dalla mescolanza di calma e ricettività , per arrivare a percepire anche i più 
esili segnali emozionali emessi dall’interlocutore e proiettarli a sé mimandoli nel 
cervello emotivo. 
 13
Martin Hoffman
4
 sostiene che le radici della moralità siano da ricercarsi nell’empatia, in 
quanto percepiamo il sentimento altrui e siamo spinti ad aiutare. Difatti tale meccanismo 
emozionale è alla base di molti aspetti del giudizio e dell’azione morale, come ad 
esempio la collera empatica, che spinge alla azione, e nel caso del bisogno, ci guida in 
aiuto alla vittima. 
La complicata arte della relazione, la capacità di controllare le proprie emozioni e quelle 
degli altri richiede quindi due grosse capacità emozionali. L’autocontrollo e l’empatia, 
che fondano le basi di questa intelligenza emotiva. 
Come ho già specificato l’empatia è una delle doti fondamentali della relazione.  
L’ autocontrollo, invece, abilita al controllo delle proprie emozioni e aiuta a mantenere 
la calma interiore e l’autoconsapevolezza, per giungere all’obiettivo rappresentato  
dall’equilibrio. 
 
 
 
 
CONCETTO DI EDUCATORE PROFESSIONALE NELLA RELAZIONE D’AIUTO 
 
“Non c’è educazione se non si pensa ad una società di un certo tipo. L’educazione non è 
staccata dalla cultura e dalla civiltà stessa”
5
  
 
L’educazione è il passaggio tra la cultura e la società; è un atto spontaneo e naturale, 
intenzionale, teso a metter l’individuo nelle condizioni di introiettare in sé la cultura del 
proprio ambiente di vita, ed essere così un membro sociale, realizzando se stesso nei 
limiti che la società e il rapporto con gli altri gli impone. 
La figura dell’educatore professionale nasce dall’affermazione di una cultura del diritto 
di cittadinanza di ognuno nella società. 
La nuova ideologia fiorisce intorno agli anni ’70 grazie alla politica riformista ed 
innovativa del Welfare State, il nuovo “stato sociale”, che pone le basi per lo sviluppo di 
tale professionalità. Tuttavia è da ribadire che i concetti e i pregiudizi radicati negli anni 
sono veramente ostici da scalfire, e le radici, nonostante continui tentativi di estirpazioni 
e trattamenti, rimangono imperturbabili nella memoria sociale, verosimilmente elementi 
della memoria collettiva.  
                                                 
4
  Hoffman, p.124, in Goleman, 2007 
5
  Dewey, “Cultura ed educazione”