INTRODUZIONE 
Esiste un filo conduttore fra tre romanzi dello scrittore inglese Patrick 
McGrath, Spider (1990), Dr Haggard’s Disease (1993) e Asylum(1996) che, 
considerati i tre come una triade in cui il primo è una metariflessione sul 
tema della schizofrenia, il secondo è un pastiche delle tematiche e delle 
ambientazioni gotiche, conduce alla costruzione di un romanzo più 
complesso, Asylum, che presenta una critica sottile al patriarcato, all’abuso 
di potere sociale, alle demarcazioni troppo nette fra normalità e follia. 
Attraverso l’esame di tre fra i più rinomati romanzi dello scrittore inglese, ci 
si propone, dunque, di analizzare lo sviluppo dell’idea di follia nella sua 
opera. 
Patrick McGrath nasce a Londra nel 1950. Nel 1955 suo padre, un 
autorevole psichiatra, viene nominato sovrintendente del Broadmoor 
Institution for Criminally Insane, il principale ospedale psichiatrico 
dell’Inghilterra. Donne e uomini che avevano commesso gravi crimini 
perché affetti da disturbi mentali, furono i compagni della sua infanzia. 
Il piccolo Patrick si abitua ben presto ad udire storie di violenza, i cui effetti 
sono mitigati dalla mediazione del padre, il quale inizia il figlio maggiore 
alla psichiatria. 
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Questa infanzia quantomeno peculiare, secondo lo stesso autore, ebbe per 
conseguenza quella di suscitare in lui un’empatia ed insieme un fascino 
verso la follia. 
Compiuti i ventunanni, McGrath lascia l’Inghilterra per il Canada, 
lavorando prima in vari ospedali psichiatrici, poi come insegnante. Sette 
anni dopo, trasferitosi in una remota isola del Nord del Pacifico, decide di 
seguire il suo sogno di sempre: scrivere. 
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 Magali Falco, A collection of Interviews with Patrick McGrath, Paris, Editions Publibook 
2007, p. 17. 
I 
Le sue prime prove letterarie, mai pubblicate, sono delle sperimentazioni in 
cui l’autore sperimenta diversi stili e forme. Dopo vari tentativi, approda al 
genere gotico che con le sue ombre, le sue atmosfere, i suoi demoni, si 
dimostra il veicolo più adatto per esplorare il disagio mentale e la follia. 
McGrath lascia la sua remota isola per andare a vivere a New York, 
tentando di pubblicare i suoi primi lavori: si tratta ancora di sperimentazioni 
e imitazioni, caratterizzate dalla tecnica del pastiche, che avevano come 
modello le storie degli scrittori che egli aveva imparato ad apprezzare nel 
corso della sua adolescenza e giovinezza: Edgar Allan Poe, Robert Louis 
Stevenson, Joseph Sheridan LeFanu. 
Nel 1989 viene pubblicato il suo primo romanzo, The Grotesque, il racconto 
di un macabro omicidio avvenuto in una casa di campagna, caratterizzato 
ancora da un sottile black humour. 
La maggior parte dei suoi lavori sarà incentrata su un’indagine critica e 
accurata della follia e dei disordini mentali, indagine che, avviata con il 
primo romanzo, prosegue nel 1990 con la pubblicazione di Spider, diario di 
uno schizofrenico che tenta di ricostruire i frammenti della propria infanzia, 
segnata da un inconfessabile delitto. 
Nel 1993 è la volta di Dr Haggard’s Disease, romanzo ambientato alla fine 
degli anni ’30, a ridosso della II Guerra Mondiale, che racconta una storia di 
possessione, desiderio e frustrazione. Il protagonista è un invalido chirurgo, 
il quale trascorre gli ultimi anni della sua vita rinchiuso in una vecchia casa 
sulla scogliera, ricordando con rimpianto la propria giovinezza. 
Nel romanzo successivo, Asylum (1996), ritroviamo ancora una volta la 
dicotomia passione-psicosi. E’ la storia di Stella, bellissima moglie di uno 
psichiatra, che si innamora perdutamente di un paziente rinchiuso nella 
struttura in cui suo marito lavora. L’intera vicenda viene narrata, in tono 
clinico e distaccato, da Peter Cleave, psichiatra e collega di Max, marito di 
Stella. 
II 
Patrick McGrath è, inoltre, co-autore, con Bradford Morrow, di una 
collezione di short stories, The New Gothic (1991) e autore di due libri di 
short stories, Blood and water (1988) e Ghost Town (2005) e di tre romanzi, 
oltre quelli sopra citati: Martha Peake (2000), Port Mungo (2004) e Trauma 
(2005). 
Il primo capitolo presenta un’analisi comparativa di alcuni passaggi ritenuti 
fondamentali per il presente lavoro, tratti da Histoire de la folie à l’âge 
classique, di Michel Foucault, e dalla critica che Jacques Derrida conduce 
dell’ opera di Foucault, in L’ Écriture et la Différence, particolarmente nel 
capitolo intitolato Cogito et Histoire de la folie. Entrambi i filosofi francesi 
postulano l’esistenza di un luogo privilegiato di appartenenza per la follia, 
esclusa storicamente dal regno della ragione. Derrida, in particolare, indica 
proprio la letterature, non direttamente ma evocandola con le parole 
utilizzate, come spazio ideale per l’esistenza della follia, in uno spazio 
esclusivo sottratto al dominio della ragione. 
L’intento del secondo capitolo, pertanto, è stato quello di dimostrare come 
la letteratura gotica delle origini abbia accolto i temi legati alla psicanalisi e 
alla malattia mentale, interiorizzandoli. Edgar Allan Poe rappresenta, in 
questo passaggio, la chiave di volta verso uno stile differente, in cui i 
paesaggi desolati e sublimi dei primi romanzi del genere vengono sostituiti 
da prigioni mentali, create da narratori abili e folli. Si è voluto, inoltre, 
collocare l’opera di McGrath, nel contesto del genere neogotico, considerato 
come una ramificazione del gotico. A questo proposito, è sembrato 
opportuno riportare la distinzione in contemporary gothic e new gothic, 
operata dai critici rispetto alle manifestazioni contemporanee del genere 
gotico. L’opera di McGrath viene inquadrata sotto la definizione di 
postmodern gothic, nonostante, come verrà dimostrato attraverso l’analisi 
dei tre romanzi presi in considerazione, essa sembra andare 
progressivamente oltre le etichette di genere, almeno a partire da Asylum. La 
follia viene, dunque, identificata, come il mezzo attraverso cui McGrath dà 
III 
voce alle angosce del mondo contemporaneo. Verranno quindi analizzati 
alcuni artifici stilistici e narrativi, presenti in tutti e tre i romanzi analizzati, 
che contribuiscono a questo scopo. 
Il terzo capitolo presenta l’analisi di Spider, diario di uno schizofrenico che 
racconta la propria storia al lettore attraverso una narrazione retrospettiva, 
all’interno della quale al lettore toccherà il compito di mettere ordine. Si 
analizzeranno le tematiche pregnanti presenti nel testo, ed in particolare: la 
funzione terapeutica affidata alla scrittura e le riflessioni metaletterarie che 
ne derivano; la costruzione di un paesaggio urbano decadente che diviene 
metafora dell’inconscio del narratore; il sistema di immagini metaforiche 
interno al romanzo e i legami intertestuali che esso intrattiene con un 
importante opera appartenente al filone dell’ antipsichiatria, The Divided 
Self di R.D Laing. 
Nel capitolo successivo, verrà preso in considerazione Dr Haggard’s 
Disease. L’analisi del testo letterario sarà mirata a sottolinearne i legami 
forti con la tradizione gotica; al contempo, tuttavia, si tenterà di dimostrare 
come questo romanzo rappresenti un ponte fra Spider, ed il romanzo 
successivo di McGrath, Asylum. Dr Haggard, infatti, presenta in germe la 
tematica dell’ossessione amorosa, che verrà esplorata in maniera più 
esaustiva nel romanzo successivo. 
Il quinto ed ultimo capitolo, infine, sarà incentrato su Asylum. Il romanzo, 
che sembra riassumere le tematiche più care all’autore, quali la natura della 
creazione artistica, la ricerca inutile di una verità nella scrittura finzionale, la 
connessione simbolica fra luoghi e stati d’animo, ed infine la dicotomia eros 
– thanatos, mette in scene, rispetto alle opere precedenti, un rapporto 
estremamente differente fra follia e ragione, che vengono rappresentate 
come facce di una stessa medaglia, nell’impossibilità di stabilire l’esistenza 
di un confine che indichi dove inizia una e dove, invece, finisce l’altra. 
McGrath racconta, fra le righe, l’imposizione del potere patriarcale, 
dominato dalla ragione, e lo fa in una maniera storicamente critica, 
IV 
affidando la narrazione ad uno psichiatra. La follia appare, qui, l’oggetto 
della narrazione, ma il testo pone alcuni interrogativi, ai quali McGrath 
sembra non dare alcuna risposta, delegando al lettore la responsabilità, o 
meglio ancora, la libertà di scegliere e decidere per sé. La storia di Stella 
Raphael chiede, infatti, al lettore di decidere quale sia il limite fra follia e 
responsabilità, sempre che esse possano essere separate l’una dall’altra. 
Folla e ragione, follia e responsabilità, realtà e finzione: nell’opera di 
McGrath, sembra davvero impossibile operare una netta distinzione. 
V 
CAPITOLO I 
FOLLIA E LETTERATURA: UN INCONTRO PROFICUO 
Ogni società ha sempre etichettato alcuni dei suoi membri come “matti”, 
“folli” o “malati mentali”. Ognuno di questi tre termini sottintende l’aspetto 
chiave della follia, ossia la sua incomprensibilità. Quando qualcuno compie 
un’azione che, socialmente, sembra mancare di un qualche scopo o ragione, 
chi osserva tende a definire questa assenza di intento con il nome di “follia”. 
L’incomprensibilità dei suoi gesti colloca il folle al di fuori del regno della 
ragione. 
La nozione di follia e la sua interpretazione hanno subito numerosi 
mutamenti nel corso dei secoli. Nel mondo classico, ad esempio, la follia era 
strettamente riconducibile alla sfera del sacro: la voce del divino si 
esprimeva per mezzo del folle, i cui atti e parole dovevano essere osservati, 
ascoltati e interpretati. Già nel Medioevo, il folle passa rapidamente a 
rappresentare il demonio e il male in generale. 
Il tema della follia assume, nel mondo moderno, un’importanza centrale e 
trova una rappresentazione simbolica nella figura chiave di Nietzche, in cui 
poeta, filosofo e folle coincidono, figura che segna un punto di svolta 
nell’interesse, in particolar modo quello filosofico, rivolto al tema della 
follia. La prima riflessione importante a questo riguardo viene affrontata, 
nel 1961, da Michel Foucault in Folie et Dèraison: Histoire de la folie à 
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l’âge classique. Il filo conduttore di quest’opera è ricostruire il percorso 
lungo cui la società occidentale, attraverso l’antropologia, la filosofia, la 
psicologia e la psichiatria, ha escluso la follia, relegandola nello spazio 
simbolico dell’Altro rispetto alla Ragione. La Ragione è l’esercizio 
consapevole del pensiero laddove la Follia è ciò che il pensiero non è: una 
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sorta di Ragione malata e cieca, cieca a se stessa. Nell’ottica del filosofo 
francese, la storia di questa esclusione è sancita filosoficamente dal Cogito 
cartesiano: esso esprime la certezza indubitabile che l’uomo ha di sé stesso 
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 Michel Foucault, Folie et Déraison : Histoire de la folie à l’âge classique, Paris, 
Gallimard, 1972. 
2
 Shoshana Felman, Madness and Philosophy or Literature’s Reason, 
http://www.jstor.org/stable/2929755, p. 206. 
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