8 
compiti svolti dalla società di gestione del risparmio, dalla banca depositaria, 
dai soggetti che procedono al collocamento e dalla società di revisione; e 
l'indicazione, completa di una descrizione sintetica del parametro di 
riferimento, che consente di  assicurare un adeguato livello di trasparenza ai 
consumatori.   
In questo lavoro, dopo aver inizialmente definito il risparmio gestito, verrà 
illustrata la legislazione con riguardo alla situazione preesistente ed alle 
innovazioni introdotte dal Decreto Legislativo n. 58/1998 citato.  
L'attenzione verrà posta sui fondi comuni mobiliari di tipo aperto, illustrando i 
diversi soggetti che interagendo tra loro permettono il funzionamento del 
fondo, ciascuno dei quali ha funzioni e compiti bene determinati dalla legge: la 
società di gestione del risparmio, la banca depositaria e la società promotrice, 
qualora non coincida con il soggetto gestore; oltre ai risparmiatori che 
sottoscrivono ed acquistano i certificati rappresentativi delle quote di 
partecipazione al fondo. 
Si evidenzierà come le caratteristiche tipiche di un fondo comune di 
investimento aperto e le modalità di funzionamento rendano estremamente 
importanti la definizione di regole di trasparenza e di comportamento sia degli 
investitori che degli intermediari. 
L'attenzione verrà fissata sull'obbligatorietà dell'indicazione del benchmark, 
parametro di riferimento al quale confrontare il rendimento della gestione, ed 
alle problematiche sorte per le società di gestione in termini di scelta del 
parametro effettivamente rappresentativo del tipo di fondi gestiti. 
L'obbligatorietà dell'indicazione di un benchmark,   sancita dall'art. 50, comma 
2,  del regolamento Consob n. 11522 del 1 luglio 1998, in attuazione del D. 
Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, è   entrata formalmente in vigore il  1 luglio 1999, 
per i fondi di nuova istituzione e per quelli che per qualunque motivo hanno 
modificato il prospetto informativo; mentre tutti gli altri avranno tempo fino al 
1^ luglio 2000 per mettersi in regola con le nuove disposizioni. 
L'indicazione e la scelta del benchmark non risulta essere così agevole; i 
gestori possono scegliere tra una moltitudine di indici diversi. Solo un indice 
effettivamente rappresentativo e confrontabile del fondo di investimento a cui si 
  
9
riferisce, consente di differenziare il gestore, in termini di valutazione della 
performance, e permette agli investitori di avere un valido indicatore di 
riferimento del fondo in cui desiderano investire.  
Per i gestori l'utilizzo del benchmark consente di valutare l'evoluzione del 
fondo rispetto alle linee di partenza in ogni momento, ponendoli davanti alla 
difficile scelta tra gestione attiva e passiva ed al problema di riuscire a battere 
il benchmark. 
L'interesse del risparmiatore, che investe in fondi comuni, può risultare 
diminuito più dall'eventuale scarsa correttezza dell'intermediario che 
dall'instabilità patrimoniale dello stesso. Per questi motivi è stato disposto che 
nella fase che precede l'investimento venga consegnato all'investitore il 
prospetto informativo ed il regolamento del fondo, dei quali vengono illustrati 
il contenuto minimo e le finalità; tra questi l'indicazione del benchmark. 
La fase successiva all'investimento riguarda la valutazione della performance; 
in questa fase l'investitore può giudicare l'efficacia della gestione nel 
raggiungere gli obiettivi di reddito e di controllo del rischio.  
Verrà evidenziato come la valutazione della performance può essere vista 
dall'ottica del risparmiatore/investitore come garanzia di una buona capacità 
di gestione e dall'ottica della società di gestione, in termini di risultati 
conseguiti e di analisi delle motivazioni che hanno determinato gli eventuali 
scostamenti. 
La valutazione della performance richiede l'analisi di due elementi: da una 
parte il rendimento medio ottenuto e dall'altra il rischio connesso; per 
entrambi vengono presentati alcuni metodi di determinazione.  
Si evidenzierà come la performance venga influenzata dal market timing e dalla 
security selection, illustrando sinteticamente le fasi che compongono il 
processo di asset allocation, e di come la normativa in termini di politiche di 
gestione sia meno restrittiva con le nuove disposizioni introdotte dalla Banca 
d'Italia. 
Accanto al rendimento ed al rischio, nella scelta e valutazione di un fondo 
comune di investimento, verranno illustrati i diversi oneri che incidono sul 
fondo: le spese poste a carico del fondo e le diverse tipologie di commissioni, 
 10 
con particolare attenzione alle commissioni di performance, che vengono 
applicate solo nel caso in cui il rendimento del fondo superi di una certa 
percentuale prefissata un determinato benchmark. 
Dopo aver illustrato gli aspetti generali dei fondi comuni di investimento si 
affronterà la normativa che ha introdotto il benchmark ribadendo le 
caratteristiche che deve possedere un benchmark, definendo gli indici di borsa 
e presentandone gli elementi caratterizzanti; illustrando i problemi incontrati 
dai gestori nell'applicazione. 
Le possibilità di scelta, per il gestore, del benchmark sono numerose; in questa 
sede si è scelto di illustrare gli indici appartenenti all'MSCI, che sono tra gli 
indici maggiormente utilizzati per il mercato azionario; e gli indici Jp Morgan 
e Salomon Brothers per il mercato obbligazionario. 
Accanto a questi indici verranno presentati i 3 nuovi indici creati per il 
mercato azionario europeo: l'EBCI, nato in Italia, l'Eurostoxx, di Dow Jones, e 
l'Eurotop di FTSE International; ed il nuovo indice EMU6, creato in Italia, per 
il mercato obbligazionario. 
 
 
1. Il mercato del risparmio gestito 
 
 
11 
 
 
CAPITOLO 1 
IL MERCATO DEL RISPARMIO GESTITO 
 
 
 
 
 
1. IL RISPARMIO GESTITO: DEFINIZIONE 
 
La nascita del risparmio gestito è da far risalire alla legge n. 77 del 23 marzo 1983 
con la quale vennero introdotti in Italia i fondi comuni di investimento mobiliare 
aperti. Le disposizioni legislative introdotte successivamente nonché i processi di 
innovazione e di globalizzazione che hanno interessato i mercati finanziari hanno 
permesso all’Italia, ma solo nell’ultimo biennio, di allinearsi agli altri paesi europei. 
Il termine  risparmio gestito1  fa riferimento alle attività di gestione professionale del 
risparmio operate dai fondi comuni di investimento mobiliare, all’attività di gestione 
di patrimoni mobiliari individuali (comunemente definita GPM) effettuata da banche 
e da SIM, nonché alle attività di investimento per conto dei risparmiatori operate dai 
fondi pensione e dalle compagnie di assicurazione nell’ambito della cosiddetta 
previdenza complementare. 
                                                 
1
 Banfi  A.,  "L’evoluzione del risparmio gestito in Italia" in “Tendenze e prospettive del risparmio 
gestito” a cura  di Banfi A., Di Battista M.L., società editrice Il Mulino, Bologna, 1998, pag. 314. 
La definizione viene utilizzata da Rossignoli B. che in “Aspetti evolutivi del risparmio gestito 
1992-1995” in Rivista Milanese di Economia n. 55/95, pag. 49, scrive “… il risparmio gestito fa 
capo tipicamente ai fondi comuni di investimento mobiliari ed alle attività di gestione 
patrimoniale svolte dalle banche, dalle società fiduciarie e dalle società di intermediazione 
mobiliare, nonché, nell’ambito del settore della previdenza complementare, alle compagnie di 
assicurazione ed ai fondi pensione.” Stessa definizione usata anche da Anfossi C., Mientini M., “Il 
risparmio gestito in Europa: tendenze e prospettive” in “ Borse Valori in Italia ed in Europa: 
analisi e prospettive” a cura di Camaiti R.,  Cedam, Padova, 1996, pag. 259  e Ghiringhelli P., “Il 
mercato del risparmio gestito” in “Economia e finanza dei fondi di investimento aperti”  EGEA, 
Milano, 1990, pag. 78  
 12 
Si distinguono dall’intermediazione bancaria tradizionale, che mediante la raccolta 
di depositi e l’erogazione di impieghi, attua una trasformazione delle caratteristiche 
degli strumenti finanziari2, sia sotto il profilo del rischio del credito dall’investitore 
finale all’intermediario3 sia sotto quello delle scadenze.  
Il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria D. Lgs. n. 
58/98 all’art. 1 – comma 2 – definisce come strumenti finanziari: 
1. le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul 
mercato dei capitali; 
2. le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato 
dei capitali; 
3. le quote di fondi comuni di investimento; 
4. i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario; 
5. qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli 
strumenti indicati nelle precedenti lettere. 
L’attività di gestione collettiva del risparmio, nel caso dei fondi comuni e delle 
gestioni individuali patrimoniali, realizza una traslazione del rischio proveniente 
dalle oscillazioni di valore dei titoli detenuti in portafoglio interamente sui 
possessori delle quote e realizza una trasformazione delle scadenze in quanto 
l’intermediario soddisfa contemporaneamente bisogni di finanziamento a scadenza 
                                                 
2
 Per strumento finanziario si intende qualsiasi attività finanziaria che sottintende un contratto, 
indicando che la definizione contrattuale è strumentale alla realizzazione dello scambio 
finanziario, cioè al trasferimento delle risorse finanziarie dal soggetto investitore a quello 
prenditore. La distinzione fondamentale si pone fra: 
- strumenti che incorporano sia diritti di proprietà che diritti di credito e consentono l’esercizio 
di diritti amministrativi funzionali ai primi (titoli azionari e titoli rappresentativi del 
patrimonio delle società di capitali); 
- strumenti che incorporano esclusivamente diritti di credito e perciò il diritto ad ottenere 
prestazioni economico-finanziarie secondo modalità contrattualmente prestabilite (titoli 
obbligazionari e prestiti); 
- strumenti che incorporano il diritto discrezionale e/o l’obbligazione di comprare/vendere a 
termine una data attività finanziaria (contratti a termine e strumenti derivati – swap, future e 
opzioni) 
Forestieri G., Mottura P., “Il sistema finanziario. Istituzioni mercati e modelli di intermediazione”, 
EGEA, Milano, 1998 pag. 129 e segg. 
3
 Baglioni A., “Il ruolo del risparmio gestito: teoria ed evidenza empirica” in “Tendenze e 
prospettive del risparmio gestito”, a cura di Banfi A., op. citata, pag. 17: “… si pensi ad esempio 
 
1. Il mercato del risparmio gestito 
 
 
13 
non breve e bisogni di finanziamento caratterizzati da una prevalente propensione 
per la liquidità4. 
 
 
 
2. LA DISCIPLINA LEGISLATIVA 
 
La regolamentazione in materia di risparmio gestito, esistente in Italia, non risultava 
armonica ma frammentata in diverse disposizioni legislative che si sono susseguite 
nel corso del tempo. 
Il D.Lgs. n. 58 del 24.02.1998 ha permesso una riorganizzazione della materia 
attraverso una sostituzione e revisione delle disposizioni legislative preesistenti. 
 
 
2.1 La legislazione preesistente al Testo Unico 
 
2.1.1 La legge n. 77/83 istitutiva dei fondi comuni di investimento 
 
L’obiettivo guida della legge istitutiva dei fondi comuni è stato favorire l’accesso di 
larghe masse di risparmiatori alla proprietà azionaria, così come recita l’art. 47 della 
Costituzione: “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme… 
favorisce l’accesso del risparmio popolare… al diretto ed indiretto investimento 
azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.  
L’entrata in vigore della legge n. 77 del 23 marzo 1983 ha costituito un 
miglioramento per le condizioni della Borsa Valori  in quanto  la loro graduale 
diffusione ha comportato un consistente aumento della numerosità dei titoli quotati 
in borsa ed una ricca diversificazione del materiale azionario, integrando titoli a 
                                                                                                                                               
ad un fondo comune il quale investe in attività finanziarie il cui valore di mercato viene 
continuamente riflesso nel valore delle quote del fondo stesso”. 
4
 Forestieri G.,  op. citata, pag. 211. 
 14 
basso rendimento ma dotati di ottime prospettive di incremento di valore con titoli a 
reddito elevato5.  
I fondi comuni, malgrado le forti oscillazioni e le difficoltà riscontrate dal mercato 
finanziario, hanno esercitato una forte attrattiva non solo nei confronti dei 
risparmiatori “sofisticati” (quelli operanti nel mercato azionario), ma anche nei 
confronti di risparmiatori abituati a forme semplici di investimento (deposito 
postale, conto corrente, Bot, obbligazioni, ecc.). 
La legge n. 77 del 23 marzo 1983 sanciva l’esclusività dell’oggetto sociale delle 
società di gestione, limitandolo ad una particolare categoria di fondo comune di 
investimento: quello di investimento mobiliare aperto. Tale impostazione ha 
influenzato6 tutta la legislazione successiva sulle gestioni collettive: per consentire 
nuove forme di gestione in monte si resero necessari ulteriori interventi legislativi 
che vennero emanati sulla base della legge del 1983. Si creò un nesso inscindibile 
tra tipo di gestore e tipo di prodotto (fondo) che è stato superato solo dal testo unico 
della finanza. 
La continua evoluzione dei mercati, insieme all’affermarsi di nuovi strumenti 
operativi (futures, swaps,  ecc.)7, rese indispensabile una revisione dello schema 
generale per adeguarlo alle novità e per consentire ai gestori una più completa ed 
efficiente operatività nell’interesse dei risparmiatori. 
I decreti legislativi n. 83 e n. 84 del 25 gennaio 1992 hanno recepito con notevole 
ritardo le direttive CEE n. 85/611 e 88/220. Questi decreti sono stati emanati per 
armonizzare la disciplina che regola gli organismi di investimento collettivo in 
valori mobiliari (OICVM) con esclusione degli OICVM di tipo chiuso e di quelli che 
                                                 
5
 Pivato G.,  “I fondi comuni di investimento mobiliare aperti in Italia. Il risparmio, le borse valori 
e l’iper indebitamento delle aziende” in Finanza Marketing e Produzione n. 3, settembre 1983, 
pag. 17 e segg. 
6
 Alpa G., Capriglione F., Commentario al Testo Unico delle disposizioni in materia di 
intermediazione finanziaria, CEDAM, Padova, 1998, pag. 350  
7
 Il financial future rappresenta quel contratto, stipulato tra 2 controparti, rappresentativo di 
acquisti o vendite, ad esecuzione differita, di strumenti finanziari. Un contratto swap sui tassi 
di interesse è basato sull'impegno delle due controparti al pagamento reciproco degli interessi 
su un capitale nozionale;  pagamento che, nel caso più semplice, è determinato per una parte 
sulla base di un tasso fisso e per l'altra parte sulla base di un tasso variabile. Forestieri G., 
op.cit., pag. 177 
1. Il mercato del risparmio gestito 
 
 
15 
raccolgono capitali senza promuovere la vendita delle loro quote fra il pubblico della 
Comunità Europea. 
Il decreto legislativo n. 83/92 ha modificato l’originaria legge n. 77 migliorando 
sensibilmente lo strumento fondo comune sia dal punto di vista dell’attività gestoria, 
sia dal punto di vista della distribuzione. 
Per quanto riguarda l’oggetto dell’investimento sono stati eliminati molti dei divieti 
preesistenti tra i quali il divieto di investire in quote di altri fondi comuni mobiliari 
aperti ed è stata introdotta la possibilità per il fondo di investire in quote di 
organismi di investimento collettivi. 
La società di gestione, che assume la forma di società per azioni, ha per oggetto 
esclusivo la gestione di fondi comuni di investimento collettivo in valori mobiliari di 
tipo aperto  (sostituendo la precedente dizione relativa alla “gestione di fondi 
comuni”); può essere autorizzata a gestire più fondi (rimuovendo il divieto 
preesistente della specializzazione) e, a tal fine, il Ministro del Tesoro tiene conto 
della specializzazione dei medesimi ovvero della dimensione raggiunta da quelli già 
istituiti dalla società richiedente (art. 1 – 1^ e 2^ comma – del D.Lgs. n. 83/92). 
La partecipazione a fondi comuni viene allargata ad ogni soggetto mentre in 
precedenza la sottoscrizione era riservata solo a privati o compagnie di assicurazioni 
del ramo vita. 
Viene disciplinata all’art. 13 la commercializzazione in Italia delle quote di 
organismi di investimento collettivo in valori mobiliari situati in altri paesi della 
Comunità Economica Europea8. 
Per gli OICVM di tipo aperto situati negli Stati membri della CEE sono state poste 
norme minime comuni, volte a determinare l’armonizzazione delle diverse discipline 
nazionali per quanto attiene al regime autorizzatorio e alla struttura, all’attività, agli 
obblighi di informazione ed al controllo.  
                                                 
8
 “né… costituisce novità assoluta… che OICVM di diritto estero procedano alla vendita in Italia 
di proprie quote. … già in fase anteriore all’emanazione della legge 23 marzo 1983, n. 77, erano 
stati resi operativi dieci organismi di diritto lussemburghese (promossi, peraltro, da istituzioni 
nazionali) in relazione ai quali la Consob richiese la predisposizione di prospetti informativi da 
redigersi e pubblicarsi in conformità ai medesimi criteri prescritti per i fondi italiani”, Trazza G., 
 
 16 
Gli OICVM sono sottoposti alla disciplina dello stato membro in cui essi sono 
situati. E’ previsto che l’OICVM che intenda commercializzare le proprie quote in 
uno Stato membro diverso da quello in cui è situato è tenuto, per gli aspetti relativi 
all’operatività degli OICVM non contemplati dalla direttiva (essenzialmente gli 
aspetti relativi alla commercializzazione delle quote), ad osservare le disposizioni 
legislative, regolamentari ed amministrative vigenti in tale Stato. L’OICVM deve 
altresì prendere le misure necessarie affinché i pagamenti ai partecipanti, il 
riacquisto o rimborso delle quote e la diffusione delle informazioni siano assicurati 
nello Stato dei partecipanti.   
Il decreto lgs. n. 84/92 ha allargato i confini delle possibili scelte di investimento, 
istituendo le SICAV. L’art. 1 riconosce in via esclusiva quale società di 
investimento a capitale variabile (SICAV) la società per azioni che “… ha per 
oggetto esclusivo l’investimento collettivo in valori mobiliari del patrimonio 
raccolto mediante l’offerta al pubblico in via continuativa di proprie azioni”. La 
SICAV costituiva un istituto completamente nuovo e consentiva agli investitori di 
diventare azionisti della società di gestione e non più semplicemente partecipanti al 
patrimonio di un fondo dotato di autonomia giuridica rispetto alle dotazioni del 
gerente. 
 
2.1.2 La nascita delle SIM  
 
Con la legge n. 1 del 2 gennaio 1991 il legislatore ha attuato i tre fondamentali 
obiettivi che si era proposto: 
- la fissazione di regole generali per la specifica attività di intermediazione nel 
campo dei valori mobiliari e per i soggetti abilitati al suo svolgimento; 
- l'attribuzione delle autorità preposte al controllo dei poteri necessari per la 
disciplina e la vigilanza del mercato e degli intermediari; 
- il riordino del quadro tecnico-istituzionale entro il quale gli operatori medesimi 
sono chiamati ad operare. 
                                                                                                                                               
"Apertura del mercato agli operatori esteri. Informativa ai risparmiatori" in La Rivista delle 
società n. 37/92, pag. 151 
1. Il mercato del risparmio gestito 
 
 
17 
L’art. 1 – c. 1 della L. 1/91 definiva l’attività di intermediazione mobiliare (oggi 
servizi di investimento), elencando specifiche tipologie di attività: 
a. negoziazione per conto proprio o per conto terzi, ovvero sia per conto proprio 
che per conto terzi, di valori mobiliari; 
b. collocamento e distribuzione di valori mobiliari con o senza preventiva 
sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti 
dell’emittente; 
c. gestione di patrimoni, mediante operazioni aventi ad oggetto valori mobiliari; 
d. raccolta di ordini di acquisto o vendita di valori mobiliari; 
e. consulenza in materia di valori mobiliari; 
f. sollecitazione del pubblico risparmio effettuata mediante attività anche di 
carattere promozionale svolta in luogo diverso da quello adibito a sede legale o 
amministrativa principale dell’emittente. 
Veniva istituita una nuova figura di intermediario: la società di intermediazione 
mobiliare. Alle SIM erano riservate le attività di cui all’art. 1 nonché lo svolgimento 
di servizi di investimento accessori (attività di custodia e amministrazione di valori 
mobiliari, di finanziamento dei contratti di borsa, di negoziazione per conto terzi di 
valute in borsa) e l'esercizio delle altre attività connesse e strumentali a quelle di 
intermediazione. 
La gestione di patrimoni individuali mobiliari veniva ricompresa nel novero delle 
attività di intermediazione mobiliare (art. 1 – comma 1 – lettera c). Essa era 
consentita alle SIM (art. 8) ed alle banche (art. 16), nonché alle società fiduciarie 
iscritte in una sezione speciale dell’albo delle SIM (art. 17). Le SIM e le banche 
potevano svolgere l’attività di gestione di patrimoni mobiliari in nome e per conto 
del cliente, le fiduciarie in nome proprio e per conto di quest’ultimo.  
La legge sulle SIM ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano la “vigilanza 
per finalità”; all’art. 9, comma 1 è previsto che “la vigilanza sulle SIM sia esercitata 
dalla Consob  per quanto riguarda gli obblighi di informazione e correttezza e la 
regolarità delle negoziazioni in valori mobiliari e dalla Banca d’Italia per quanto 
riguarda i controlli di stabilità patrimoniale”. 
 
 18 
2.1.3 Il decreto legislativo n. 415/96 (Eurosim) 
 
Il decreto legislativo n. 415, emanato il  23 luglio 1996 ha recepito le direttive 
93/22/CEE (relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari, 
cosiddetta ISD) e 93/6/CEE (in materia di adeguatezza patrimoniale delle imprese di 
investimento e delle banche, cosiddetta CAD) ponendo le basi per l’avvio del 
mercato unico europeo dei servizi di investimento.  
Per rendere più agevole l’adeguamento della normativa ai fenomeni che interessano 
il sistema finanziario il decreto ha previsto un ampio ricorso alla tecnica della 
delegificazione9, ossia interviene o direttamente o rimandando ad altra fonte. 
L’art. 1, comma 3, del decreto lgs. n. 415/96 definisce le attività riservate alle 
imprese di investimento: 
a) negoziazione per conto proprio; 
b) negoziazione per conto terzi; 
c) collocamento con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero 
assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente; 
d) gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi; 
e) ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione. 
In conformità a quanto indicato nella sezione A dell’allegato alla direttiva 
93/22/CEE, la nuova norma ha, in primo luogo, sostituito la nozione di attività di 
intermediazione mobiliare con quella di servizi di investimento comportando non 
solo un mutamento terminologico ma anche una riduzione numerica delle attività 
                                                 
9
 “Il disegno organizzativo dei mercati implica un intervento scandito da previsioni legislative ed 
atti regolamentari. In particolare, esso è articolato in: 
- norme legislative che fissano i principi di carattere generale, di individuazione delle autorità 
ed organismi competenti e di allocazione dei relativi poteri 
- norme regolamentari (il “Regolamento quadro”), redatte dalla Consob, che traducono i 
principi legislativi in criteri di funzionamento dei mercati; 
- norme di autoregolamentazione (i “Regolamenti speciali”) redatte dagli organi di gestione del 
mercato e da questi sottoposti all’approvazione dell’autorità competente. 
Banca d’Italia, Elementi per una riforma dei mercati mobiliari, “Bollettino Economico”, n. 25, 
1995, p.57* 
1. Il mercato del risparmio gestito 
 
 
19 
ricomprese nella categoria e, complessivamente, un miglioramento qualitativo delle 
singole definizioni10. 
E’ stato riconosciuto a tutte le imprese comunitarie operanti nel settore dei valori 
mobiliari,  il diritto di prestare i propri servizi all’interno della UE e di accedere ai 
relativi mercati regolamentati mantenendo la propria struttura regolamentare e 
operativa, nel rispetto delle regole prudenziali del proprio paese d’origine e delle 
norme di comportamento dello Stato ospitante. Sono state rimosse le limitazioni, 
contenute nella legge 2 gennaio 1991 n. 1, all’offerta di servizi di investimento in 
Italia da parte di imprese estere: viene infatti consentito loro di aprire succursali nel 
territorio della Repubblica e di operare in libera prestazione di servizi. 
Venne eliminata  la precedente discriminazione nei confronti delle banche, 
stabilendo che “l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi di 
investimento è riservato alle imprese di investimento ed alle banche”. L’opportunità 
di attenuare le segmentazioni esistenti nel comparto non bancario e di attribuire agli 
intermediari maggiori spazi nella determinazione dei propri ambiti operativi ha 
indotto il legislatore a prevedere che anche le SIM possano svolgere, oltre ai servizi 
di investimento, accessori  nonché connessi e strumentali, altre attività finanziarie. 
Le SIM vennero sottoposte alle stesse misure di rigore previste per le banche 
stabilendo, da un lato, l’assoggettamento alle procedure di amministrazione 
straordinaria e liquidazione coatta amministrativa e, dall’altro, modificando il 
quadro delle sanzioni attraverso un sistema incentrato sulla responsabilità dei vertici 
aziendali. 
Venne accolto il principio contenuto nelle direttive comunitarie di favorire lo 
sviluppo del modello privatistico dei mercati regolamentati in modo da ridurre il 
costo sociale dei controlli, sancendo che l’attività di organizzazione e gestione di 
mercati regolamentati di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata 
da società per azioni, anche senza scopo di lucro.  
                                                 
10Lener R., “Strumenti finanziari e servizi di investimento” in “La riforma dei mercati finanziari – 
dal decreto Eurosim al Testo Unico della Finanza” a cura di Ferrarini G. e Marchetti P., Edibank,  
Roma, 1998, pag. 90 
 20 
Con riferimento alla ripartizione delle competenze tra Banca d’Italia e la Consob 
venne riaffermato il criterio già previsto dalla L. 1/91 della distinzione di compiti in 
funzione della finalità dei controlli, apportandovi alcune modifiche volte a 
contemperare l’esigenza della cooperazione tra le due autorità con quella 
dell’efficienza e della tempestività nell’esercizio dell’azione di supervisione11. 
Con deliberazione n. 10943 del 30.09.97 la Consob ha emanato il regolamento sulla 
prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori (in attuazione degli 
artt. 18 e 2512 del D.Lgs. 415/1996). Il regolamento introduce delle importanti 
innovazioni alla disciplina della gestione di portafoglio tra le quali va segnalata la 
rendicontazione del rendimento della gestione ad un parametro oggettivo di 
riferimento (art. 15). 
 
 
2.2 Il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria: il 
decreto legislativo n. 58 del 24.02.1998  
 
Con il Testo Unico il Governo ha messo a punto il riassetto della disciplina dei 
servizi di investimento e degli intermediari, dei mercati e, nella parte societaria, 
della disciplina dell’appello al pubblico risparmio, delle società quotate sui mercati 
regolamentati e dell’insider trading. 
Ha seguito 3 linee di intervento: un quadro normativo più snello con maggiore 
affidamento sull’autodisciplina e minor peso degli oneri di natura amministrativa a 
carico degli intermediari con una tendenziale riduzione delle riserve di attività 
nell’area del risparmio gestito e, conseguentemente, un maggiore grado di 
                                                 
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 L’art. 4 – comma 3 – enuncia “La Banca d’Italia e la Consob operano in modo coordinato anche 
al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti vigilati e si danno reciproca 
comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell’esercizio dell’attività di 
vigilanza”. 
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 L’art. 25, comma 2 del D.Lgs. 415/96 enuncia: “…La Consob, sentita la Banca d’Italia, 
disciplina con regolamento: 
- le procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e la tenuta delle evidenze 
degli ordini impartiti e delle operazioni effettuate; 
- il comportamento da osservare nei rapporti con la clientela, con particolare riguardo alle 
misure da adottare per ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse … 
 
1. Il mercato del risparmio gestito 
 
 
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omogeneità nella tutela dell’investitore per quanto riguarda i profili di correttezza e 
trasparenza; accompagnare con un’adeguata cornice normativa l’avvio delle nuove 
società private di gestione dei mercati; ed infine una revisione della disciplina delle 
società quotate per migliorarne i rapporti con un mercato dei capitali ormai integrato 
con la realtà internazionale dalle correnti di investimenti esteri su titoli italiani e da 
quelle, in segno contrario, di investimenti delle famiglie italiane in titoli esteri. 
Le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 58 /1998 sono entrate in vigore 
con tempi differenziati, dipendenti dall’emanazione di regolamenti attuativi; per la 
parte relativa alla disciplina degli intermediari vanno ricordati: il decreto del 
Ministero del Tesoro n. 468 del  11.11.1998, relativo ai requisiti di onorabilità e 
professionalità degli esponenti aziendali presso SIM, società di gestione del 
risparmio e SICAV;  il decreto n. 469 del 11.11.1998 relativo all'individuazione dei 
requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale delle SIM, delle società di 
gestione del risparmio e delle SICAV;  il decreto del Ministero del Tesoro n. 228 del 
24.05.1999, che contiene la definizione dei criteri generali per la redazione dei 
regolamenti dei fondi; il provvedimento della Banca d'Italia del 1 luglio 1998, il 
provvedimento della Banca d'Italia del 20.09.1999 e la delibera Consob n. 11522 del 
01.07.1998. 
Il Testo Unico si occupa nella parte II della disciplina degli intermediari; nella parte 
III della diciplina dei mercati e della gestione accentrata di strumenti finanziari e  
nella parte IV della disciplina degli emittenti 
 
2.2.1 La disciplina degli intermediari 
 
La disciplina degli intermediari  era regolata dalla Legge n. 77/83 e dal decreto 
legislativo 23 luglio 1996 n. 415, nonché da varie norme stratificatasi tra questi due 
provvedimenti che determinavano un insieme complesso nella costruzione e 
nell’applicazione. 
                                                                                                                                               
- gli obblighi informativi nell’attività di negoziazione”.