Introduzione 
2
effettuati da ciascun aderente, che confluiscono in un unico grande 
patrimonio, gestito e investito professionalmente allo scopo di 
costituire un risparmio e una rendita previdenziale complementare a 
quella di base, assicurando agli aderenti più elevati livelli di copertura 
previdenziale. 
I fondi differiscono tuttavia da un semplice e puro risparmio in 
quanto sono finalizzati dal legislatore a scopi socialmente rilevanti, 
tutelati anche dalla Costituzione. 
La loro complementarietà risiede nel fatto che le prestazioni 
erogate dagli stessi si aggiungono, ma non si sostituiscono, a quelle 
offerte dal sistema pubblico obbligatorio, che, in quanto tale, fa 
sorgere l’obbligo contributivo per il semplice inizio di una 
determinata attività. 
Invece, la previdenza complementare è basata sul principio 
della libera adesione individuale; ad essa, cioè, partecipano solo i 
soggetti che scelgono di aderirvi. 
Tale libertà mal si conciliava con quanto previsto in prima 
battuta dal disegno di legge delega sulle pensioni, attualmente in fase 
di discussione, che avrebbe introdotto l’obbligatorietà del 
conferimento del trattamento di fine rapporto (TFR) ai fondi pensione, 
al fine di incentivare il loro sviluppo. Provvedimento questo che va 
letto seguendo il percorso, indicato dal legislatore e dalla Corte 
Costituzionale, della funzionalizzazione della previdenza 
complementare, nel senso che essa venendosi a sostituire in parte ai 
compiti di quella pubblica a seguito del suo deficit finanziario, 
sarebbe da inquadrare nell’art. 38, comma 2 della Costituzione, 
anziché nel comma 5. 
Introduzione 
3
L’indagine compiuta provvede ad illustrare i principali elementi 
che  caratterizzano ed influenzano la nascita e lo sviluppo dei fondi 
pensione, prestando particolare attenzione a quelli istituiti su base 
contrattuale collettiva (c.d. “fondi chiusi”). 
Fondamentale, allora, risulta essere il ruolo della contrattazione 
collettiva o delle associazioni, nei vari settori lavorativi, nell’istituire 
forme di previdenza complementari. 
Di pari importanza è l’aspetto inerente sia alle modalità di 
finanziamento dei fondi pensione e alla relativa gestione da parte di 
soggetti abilitati (come banche od imprese di assicurazione) dei 
contributi versati, sia al ruolo che la disciplina fiscale svolge nel 
rendere più conveniente il risparmio con finalità previdenziale rispetto 
alle altre forme d’investimento.  
Infine, si esamineranno le ultime novità previste dal d.d.l. delega 
sulle pensioni, considerando con particolare attenzione e valutando le 
ragioni che hanno condotto il Governo a scegliere inizialmente di 
trasferire in via obbligatoria il TFR ai fondi pensione.  
Scelta questa che ha urtato contro le perplessità e le 
preoccupazioni dei lavoratori e delle imprese a rinunciare a tale 
“cuscinetto” di liquidità, e che per tali motivi è stata ad oggi riposta. 
 
 Capitolo I 
 
Le fonti normative della previdenza complementare 
 
 
 
1.   I principi costituzionali 
 
Il processo di regolamentazione normativa in materia di 
previdenza complementare è oggetto di un fervido dibattito in sede 
dottrinale e giurisprudenziale con riferimento al ruolo che la 
previdenza complementare è chiamata a svolgere nel sistema 
previdenziale e alla identificazione della sua natura.   
Si discute sulla sua riconducibilità tra le forme di previdenza 
privata, di cui l’art. 38, ult. comma, Cost. ne riconosce la libertà, o tra 
quelle della previdenza pubblica di base di cui all’art. 38, comma 2°, 
Cost., che riconosce al lavoratore il diritto a che siano preveduti ed 
assicurati “mezzi adeguati alle esigenze di vita” in caso di vecchiaia, 
invalidità, infortunio e malattia
2
,  prevedendo esplicitamente, al c.4, 
l’intervento di organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato. 
Una prima interpretazione
3
 opera una netta separazione tra la 
previdenza pubblica fondata sui primi 4 commi dell’art 38 Cost., e la 
                                                 
2
PERSIANI, Diritto della Previdenza Sociale, 2002, pag. 16 e ss., il quale evidenzia che 
l’indicazione di tali eventi generatori di bisogno non ha carattere tassativo, e non esclude 
la possibilità di un’ulteriore estensione della tutela previdenziale, come ad es. è avvenuto 
per la tutela dei superstiti. 
3
 A tale posizione aderiscono PERSIANI, Diritto…, 2002, pag. 40; SIMI, Contributo allo 
studio della previdenza sociale: previdenza sociale e previdenza privata o libera, in Riv. 
It. Mal. Prof., 1972, pag. 936. 
I  fondi  pensione 
5
previdenza privata, identificando la previdenza complementare 
nell’ambito di quest’ultima e dunque con il c.5 dell’art 38 Cost.  
La previdenza privata, in quanto libera, eventuale e volontaria, 
apparirebbe finalizzata all’esclusivo perseguimento di interessi 
privati
4
 e pertanto, escluderebbe ogni possibilità di intervento 
normativo o assegnazione di funzioni che potrebbero comprimerne 
l’impulso volontaristico o impedirne il funzionamento
5
. 
L’espressione adottata dal legislatore al c.5 dell’art. 38 Cost: 
“L’assistenza privata è libera”, risulta essere analoga al c.1 dell’art. 39 
Cost: “L’organizzazione sindacale è libera”. Ciò significa che , come 
nell’art. 39 la garanzia di libertà opera pienamente nei confronti dello 
Stato, del potere legislativo e dell’attività amministrativa, così è da 
ritenersi che avvenga anche nella tutela della libera previdenza
6
. 
Come per l’organizzazione sindacale anche qui la prima 
manifestazione di libertà si riconosce nella scelta degli interessi da 
proteggere e degli organismi per realizzare l’iniziativa; libertà che 
esclude ogni possibile ingerenza dei pubblici poteri che non possono 
attraverso condizioni, restrizioni e vigilanze, invadere la sfera di 
libertà riconosciuta ai gruppi creati dalla volontà degli interessati
7
. 
Previdenza privata che, pertanto, deve essere intesa anche come 
espressione della libertà sindacale.  
 Il confine tra la previdenza pubblica e quella privata, secondo 
tale dottrina, è segnato dalla realizzazione degli interessi pubblici 
presenti nella prima, che sanciscono il diritto dei lavoratori  a che, in 
                                                 
4
 PERSIANI, Aspettative e diritti nella previdenza pubblica e privata, in Arg. Dir. Lav., 
2, 1998, 311 ss. 
5
 GRANDI, Previdenza integrativa e previdenza privata, in Dir. Lav.,1990, pag. 100. 
6
 SIMI, Contributo allo studio…, cit., 1972, pag. 936.  
7
 SIMI, La previdenza privata libera, in Probl. Sic. Soc., 1979, pag. 258. 
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare   
6
caso di bisogno,  siano preveduti e assicurati, mediante il ricorso alla 
solidarietà generale, mezzi adeguati alle esigenze di vita.  
Soddisfatto quell’interesse, il resto è lasciato alla previdenza 
complementare funzionalizzata al solo perseguimento di interessi 
privati riguardanti il mantenimento del tenore di vita raggiunto in età 
lavorativa
8
. La complementarietà richiamata dal legislatore 
opererebbe, secondo tale impostazione, solo sul piano delle 
prestazioni previdenziali e non su quello delle funzioni
9
. 
D’altro canto un intervento legislativo, che estendesse alla 
previdenza volontaria i controlli e i meccanismi di vigilanza tipici 
degli enti previdenziali pubblici, sarebbe giustificato dalla presenza di 
altri valori costituzionali, espressi negli artt. 41 e 47 Cost. 
Quanto al primo di questi due articoli si sostiene che, essendo 
l’attività dei fondi pensione, attività d’impresa, e in quanto 
espressione del diritto di iniziativa economica privata, possa essere 
assoggettata ai controlli e a vigilanza allo scopo di indirizzarla e 
coordinarla ai fini sociali (art. 41 c.3)
10
. 
Per l’art 47 si sostiene che la previdenza complementare 
costituendo una forma di risparmio dev’essere incoraggiata e tutelata 
dallo Stato. 
La vocazione pensionistica del risparmio giustificherebbe 
l’intervento pubblico nel settore, tenendo conto della finalità 
previdenziale dei fondi pensione.  
                                                 
8
 PERSIANI, Relazione al convegno A.I.D.L.A.S.S. su Previdenza pubblica e previdenza 
privata, maggio 2000, pag. 6. 
9
 PERSIANI, Diritto…, cit. , pag. 41. 
10
 LEONE, Interesse pubblico e interesse privato nella previdenza complementare, in 
Dir. Lav. Rel. Ind.,2001, pag. 290 
I  fondi  pensione 
7
Il risparmio ai fini previdenziali, tuttavia, non ha la stessa valenza 
del risparmio azionario o di quello destinato più in generale a 
investimenti di tipo finanziario: sussiste un’esigenza di sicurezza 
sociale che si aggiunge a quella di tutela del risparmio e che richiede 
una protezione differenziata. 
Che la volontà del legislatore sia stata quella di attribuire alla 
previdenza complementare la natura di un diritto per tutti e non quella 
di un privilegio riservato ai cittadini con maggiore capacità di 
risparmio lo dimostra il fatto che l’istituzione e l’attività dei fondi 
pensione sono state sottoposte a un rigoroso controllo pubblico 
prevedendo una apposita autorità (Covip
11
) con poteri e competenze 
vincolanti per l’attività dell’investitore istituzionale Fondo Pensione
12
. 
In definitiva, ritornando all’origine della questione, secondo tale 
posizione la previdenza pubblica va posta in relazione con la sicurezza 
sociale
13
 che tutela esclusivamente un interesse pubblico immediato e 
diretto (art. 38 cost.); invece, la previdenza complementare 
perseguendo l’interesse dei lavoratori al mantenimento, per quanto 
possibile, di un tenore di vita raggiunto in età lavorativa, tutela un 
interesse privato, non collocabile nei c.2 e c.4 dell’art. 38 Cost. 
L’interesse pubblico è considerato come scopo primario del 
sistema di previdenza sociale in cui viene attuata la funzione 
previdenziale vera e propria, mentre, laddove vengono perseguiti 
                                                 
11
 Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, istituita con l. 335/1995. 
12
 BESSONE, Previdenza complementare, 2000, p 378. 
13
 Intesa come “quel complesso sistema attraverso il quale la pubblica amministrazione, o 
altri enti pubblici, realizzano il fine pubblico della solidarietà con l’erogazione di beni, in 
danaro o natura, e di servizi ai cittadini che si trovano in condizioni di bisogno”, così 
PERSIANI, Diritto…, cit., pag 26. 
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare   
8
interessi privati, la funzione è radicalmente diversa, come accade nei 
regimi previdenziali integrativi
14
. 
 
 
1.1  Il pluralismo previdenziale nell’art. 38 
 
Una seconda posizione dottrinale si è espressa per una netta 
distinzione tra previdenza complementare e privata: dove la prima 
sarebbe caratterizzata da una solidarietà collettiva realizzata dai 
soggetti  portatori dell’iniziativa, riferita alla soddisfazione di un 
bisogno socialmente rilevante, qual è l’adeguatezza dei mezzi cui ha 
diritto il lavoratore pensionato; l’altra caratterizzata da quelle 
iniziative, prive di tali requisiti, destinate a soddisfare la protezione di 
bisogni ulteriori
15
.   
La solidarietà collettiva, di cui si è accennato, realizzata dai 
lavoratori e dai datori di lavoro con le assicurazioni sociali, espressa 
nel c.2 dell’art. 38, non sancisce un diritto per questi ultimi a un 
intervento diretto dello Stato, ma a che siano “preveduti ed assicurati 
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita” al verificarsi di certi eventi. 
Dunque, si avrebbe un obbligo dello Stato non a provvedere 
direttamente, ma a garantire la tutela, voluta come obbligatoria. 
Tale tutela è garantita, secondo quanto disposto dal c.4 dell’art. 
38, attribuendo “agli organi ed agli istituti predisposti o integrati dallo 
                                                 
14
 Il riferimento è ai fondi aziendali di previdenza costituiti prima del d.lgs 124/93, aventi 
come unica normativa di riferimento gli artt. 2117, 2123 c.c. Per questa forma libera di 
previdenza fu “coniato” il termine di previdenza integrativa, che aveva un carattere 
aggiuntivo rispetto alla previdenza sociale obbligatoria, ed escludeva qualsiasi 
collegamento funzionale e strutturale con la stessa (di ciò si parlerà ampiamente nel par. 
2.2). 
15
 LEONE, Interesse pubblico…, cit., pag. 291. 
I  fondi  pensione 
9
Stato” il compito di dare attuazione alla previdenza e all’assistenza 
sociale.  
“Organi” sarebbe un termine riferibile alla solidarietà generale, di 
cui al c.1 dell’art. 38, e che farebbe sorgere un diretto obbligo in capo 
allo Stato del mantenimento e dell’assistenza sociale per i cittadini 
inabili al lavoro e sprovvisti di mezzi necessari  per vivere; “istituti”, 
invece, indicherebbe un qualcosa di diverso e di distinto dallo Stato, 
come emerge anche dal termine “integrati”, il quale implica due 
soggetti diversi, quello integrante e quello integrato
16
.  
In base a ciò si distinguono gli enti pubblici che erogano la tutela 
previdenziale, dallo Stato, rispetto al quale sono in una posizione di 
autonomia, giustificata dall’essere istituti che gestiscono forme di 
solidarietà collettiva cui partecipano i soggetti interessati (i lavoratori 
e datori di lavoro) attraverso la contribuzione, che lo Stato impone 
come obbligatoria. Dunque, si avranno interesse pubblico ed ente 
pubblico, in tal caso, mentre si avranno interessi privati e soggetti 
privati nel caso del c. 5 dell’art. 38, che si riferisce a solidarietà 
collettive sorte spontaneamente, atte a migliorare la protezione 
minima che l’ordinamento assicura al lavoratore
17
. 
In sostanza, tale dottrina colloca la previdenza complementare 
nel sistema pensionistico generale, in quanto integra il trattamento 
pensionistico di base , svolgendo una funzione sociale con rilevanza 
costituzionale, ed assolvendo, a determinate condizioni, alla tutela di 
lavoratori rispetto a bisogni ritenuti socialmente rilevanti
18
.  
In questa prospettiva, quindi, “l’area della previdenza 
pensionistica complementare risponde alla medesima tipologia di 
                                                 
16
 SIMI, Contributo allo studio…, cit., 1972, pag. 16. 
17
 CIOCCA, La libertà della previdenza privata, 1998, pag. 57-58. 
18
 OLIVELLI, La costituzione e la sicurezza sociale, 1988, p 190. 
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare   
10
eventi protetti della previdenza pensionistica di base”
19
, 
evidenziandosi così tra le due l’esistenza di una identità di funzione, 
perché diretta ad integrare la prestazione adeguata, e distinguendosi in 
ragione della diversa intensità di tutela
20
 e della forma giuridica. 
Questa seconda interpretazione risponde maggiormente alla 
nuova configurazione del sistema previdenziale assunta a seguito degli 
interventi normativi introdotti nel corso degli anni ‘90 in tema di 
previdenza sia di base che complementare.  
Le innovazioni apportate dal legislatore in materia di previdenza 
complementare non possono essere lette disgiuntamente dalla 
complessa opera riformatrice del sistema previdenziale cui il 
legislatore ha posto mano sin dalla legge delega n. 421 del 1992 con la 
quale - nel tentativo di operare un bilanciamento tra la stabilizzazione 
del rapporto tra la spesa previdenziale ed il prodotto interno lordo e la 
garanzia di trattamenti pensionistici obbligatori omogenei - si è inteso 
favorire la costituzione di forme pensionistiche complementari del 
sistema obbligatorio pubblico, volte a realizzare “più elevati livelli di 
copertura previdenziale” (art. 3, co. 1, lett. v). 
Dunque, secondo un disegno seguito da alcuni studiosi
21
, ed 
appoggiato dal legislatore, il sistema previdenziale italiano sarebbe 
suddiviso in quattro cerchi concentrici corrispondenti ognuno a 
                                                 
19
 SANDULLI, Riforma pensionistica e previdenza integrativa, in Dir. Lav. Rel. Ind., 
1991, pag. 201 e ss. 
20
 MASTRANGELI, La disciplina dei fondi pensione, in Riv. It. Dir. Lav., 1994, ritiene 
che “la previdenza integrativa è destinata ad assumere un ruolo compensativo della 
ridotta copertura assicurata dalla previdenza pubblica di base, in quanto i bisogni coperti 
dalla prima non sono altro che una parte di quelli vecchi, non più coperti 
dall’ordinamento per chiare necessità economiche”. 
21
 Tra cui PESSI, La previdenza integrativa: identificazione funzionale e collocazione 
strutturale nell’assetto del rapporto previdenziale pubblico dopo la sentenza della Corte 
Costituzionale n. 427/1990, in Dir. Lav., I, 1990, pag. 426; OLIVELLI, Previdenza 
complementare, (voce), in Enc. Giur. Treccani, Aggiornamenti, 1995, pag. 2001. 
I  fondi  pensione 
11
differenti tipi di bisogno
22
. I primi tre sarebbero rivolti a soddisfare 
bisogni socialmente rilevanti, che vanno dal minimo vitale, garantito 
dal c.1 dell’art. 38 Cost. (primo cerchio), a quei bisogni 
soggettivamente esistenti ed oggettivamente accertati al trattamento 
minimo per un’esistenza libera e dignitosa di tutti i lavoratori (cfr. c.2 
art. 38 Cost., secondo cerchio), sino ai bisogni legati alla 
conservazione del tenore di vita raggiunto durante l’attività lavorativa 
(terzo cerchio)
23
.  
La previdenza complementare rientrerebbe nel terzo cerchio, per 
soddisfare un bisogno socialmente rilevante, che per carenza di risorse 
e/o per scelte di politica socio-economica può essere soddisfatto solo 
in minima parte dalla previdenza pubblica, che potrebbe, allora, 
dedicarsi maggiormente al miglioramento dei primi due livelli. Mentre 
alla previdenza privata, il cui referente costituzionale sarebbe il c.5 
dell’art. 38 Cost., spetterebbe occupare il quarto cerchio, in quanto 
volta ad assicurare redditi supplementari alla fine dell’attività 
lavorativa per la tutela di bisogni ulteriori.  
La previdenza complementare troverebbe, secondo autorevole 
dottrina
24
, il suo fondamento nel combinato disposto dei c. 2 e 5 
dell’art 38, in quanto se, da un lato, la soddisfazione dei bisogni 
socialmente rilevanti richiede la  necessaria presenza della vigilanza e 
del controllo dello Stato, dall’altro, è lasciata al soggetto privato la 
scelta di aderire alle forme pensionistiche complementari. 
                                                 
22
 LEONE, Interesse pubblico…, cit., pag. 291, secondo l’a. ai primi tre cerchi 
corrisponderebbero, rispettivamente, sul piano delle prestazioni erogate: la pensione 
sociale (ora assegno sociale), la pensione integrata al minimo e la pensione retributiva 
(istituita con l. 153/69 ed abolita dalla l. 335/95, era collegata all’ultima retribuzione 
percepita). 
23
 CIOCCA, La libertà…, cit., pag. 75. 
24
 PESSI, La nozione di previdenza integrativa, in La previdenza integrativa, QL, 1988, 
pag. 71. 
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare   
12
1.2  L’adeguatezza della prestazione previdenziale 
 
Le  due tesi sopraenunciate, a riguardo della collocazione della 
previdenza complementare nell’area dell’art. 38 Cost. c.5 o in quella 
coperta dal combinato disposto del c.2 con il c.5, propongono una 
diversa lettura della garanzia dei mezzi adeguati enunciata nel c.2 
dello stesso articolo, e conseguentemente della nozione di bisogno 
socialmente rilevante. 
Se nella prima interpretazione, per cui la previdenza 
complementare è nettamente distinta da quella pubblica, si ritiene che 
il mantenimento del tenore di vita è un interesse privato, 
esclusivamente individuale e dunque come tale non può essere 
annoverato fra i bisogni socialmente rilevanti tutelati dal c. 2,: nella 
seconda, in cui la previdenza complementare è funzionale alla 
pubblica, si afferma che la prestazione adeguata è quella che consente 
la conservazione del livello di vita raggiunto in età lavorativa, quindi 
tale aspirazione è un bisogno socialmente rilevante. 
Dalla lettura della Costituzione si evince una relazione tra gli artt. 
38 e 36  Cost, per cui la garanzia di adeguatezza della prestazione 
previdenziale è in corresponsione con la garanzia di sufficienza della 
retribuzione in quanto entrambe le norme mirano ad assicurare un 
livello minimo e inderogabile di prestazioni a favore del lavoratore
25
. 
Ammettendo l’esistenza di tale parallelismo tra la retribuzione 
proporzionata e sufficiente ex art. 36 Cost, c. 1, e la prestazione cui ha 
diritto il lavoratore ex art. 38, c.2, andranno riconosciute appartenenti 
a tale ambito anche le forme private dirette ad ottenere, per quanto 
                                                 
25
 CINELLI, Problemi di diritto della previdenza sociale, 1989, pag 29. 
I  fondi  pensione 
13
possibile, una convergenza fra il reddito goduto in età lavorativa e 
quello successivo.  
Secondo le pronunce della Corte Costituzionale
26
 la prestazione 
adeguata si è collocata, nel corso del tempo, tra il minimo 
rappresentato dalla pensione sociale
27
 e il massimo della pensione 
retributiva
28
, secondo una legittima diversificazione che risponde alle 
diverse esigenze delle varie categorie professionali
29
. 
Tuttavia, tali pronunce, nonostante abbiano affermato, una stretta 
correlazione tra la proporzionalità della retribuzione sancita dall’art. 
36 Cost. e l’adeguatezza della prestazione previdenziale, sostenendo la 
necessità che la prestazione pensionistica debba essere idonea a 
conservare il tenore di vita raggiunto dal lavoratore al termine 
dell’occupazione (dunque ritenendo quest’ultimo come bisogno 
socialmente rilevante, rientrante nell’area del c.2 dell’art. 38, che la 
previdenza complementare con quella pubblica soddisfa), hanno 
precisato che l’applicazione del principio di proporzionalità non 
comporta la necessaria e integrale coincidenza tra il livello della 
pensione e l’ultima retribuzione
30
. 
 È lasciata la possibilità al legislatore di modificare in peius il 
trattamento pensionistico, qualora non potendo statuire nuove misure 
di entrata o incrementare la spesa pubblica, si andrebbe a 
                                                 
26
 Fra cui Corte Cost.  n. 26/1980 in Mass. Giur. Lav., 1980, pag. 389; Corte Cost. n. 
349/1985, in Iprev., 1986, pag. 55. 
27
 Ora chiamato assegno sociale, ed è pari a 516 €. 
28
 “La sua introduzione, con l. 153/1969, ha rappresentato, nell’evoluzione del sistema 
previdenziale italiano, il momento in cui la liberazione del bisogno ha coinciso con il 
mantenimento del tenore di vita raggiunto dal lavoratore”, così, LEONE, Interesse 
pubblico…, cit., pag. 295 . 
29
 CINELLI, Previdenza pubblica e previdenza complementare nel sistema 
costituzionale, in, La previdenza complementare nella riforma del Welfare, 2000, pag. 
109. 
30
 SANTORO PASSARELLI, Tfr e Previdenza complementare, in Arg. Dir. Lav, 1, 
2000, pag. 100. 
Cap. I : Le fonti normative della previdenza complementare   
14
compromettere la sostenibilità del sistema pensionistico pubblico con 
conseguente danno per le generazioni future, che non vedrebbero 
tutelati i loro diritti sociali. Infatti, la Corte Costituzionale
31
 ha 
precisato che la prestazione adeguata non corrisponde al trattamento 
massimo, ma ad una pensione che sia maggiore di quella sociale. 
Quindi, le nozioni di “bisogno socialmente rilevante” e “mezzi 
adeguati” hanno un contenuto elastico, in quanto si adattano ai 
mutamenti del nostro sistema socio-economico.  
 
 
1.3 La previdenza complementare nella giurisprudenza della Corte 
Costituzionale 
 
In base a quanto suesposto, risulta chiaro come la previdenza 
complementare, secondo l’orientamento della Corte Costituzionale 
(che poi è quello espresso dalla maggior parte della dottrina), risulti 
fortemente connessa alla previdenza obbligatoria, fino ad essere 
funzionalizzata alla stessa, all’interno di un medesimo contesto, quale 
quello della garanzia dell’adeguatezza delle prestazioni previdenziali 
(art. 38 Cost., c.2). 
In un primo momento, però, la Corte Costituzionale se, da una 
parte, nelle sue pronunce incoraggiava il legislatore ad incentivare la 
previdenza complementare, dall’altra poneva degli ostacoli al suo 
“decollo”. 
Nella sentenza n. 427/90 la Corte aveva riconosciuto la 
legittimità della non esclusione dei contributi versati ai fondi pensione 
                                                 
31
 Corte Cost. n. 440/1991, n. 459/1993, n. 475/1993, n. 491/1993, tutte in AMOROSO – 
FOGLIA – TRIA , La giurisprudenza della Corte Costituzionale nella sicurezza sociale 
(1990 – 1996), 1997, rispettivamente pagg. 345, 733, 738 e 742.. 
I  fondi  pensione 
15
dalla base imponibile ai fini previdenziali, affermando tuttavia che “la 
previdenza privata integrativa deve essere incoraggiata, anche in 
ossequio ad una direttiva della CEE, ma il principio solidaristico (art. 
2 Cost) non consente che il suo finanziamento, soprattutto se 
alimentato da redditi medio – alti, sia interamente esentato dalla 
contribuzione alla previdenza pubblica”
32
. 
La solidarietà, infatti, impone che i contribuenti a reddito più 
elevato, i quali sono in genere beneficiari dei fondi pensione, 
partecipino al finanziamento del sistema pensionistico generale e, 
indirettamente, concorrano a sovvenzionare le prestazioni dei 
contribuenti più poveri
33
. 
Dunque, la Corte Costituzionale viene sostanzialmente a 
qualificare il contributo alla previdenza integrativa come elemento 
della retribuzione assoggettandolo alla contribuzione previdenziale, 
senza considerare la coincidenza di funzione tra previdenza integrativa 
e pubblica riguardanti la protezione di bisogni socialmente rilevanti
34
. 
A ciò va aggiunto che i contributi versati ai fondi di previdenza non 
costituiscono un’elargizione del datore di lavoro a favore del 
lavoratore, perché il lavoratore non riceve nulla di più rispetto alla 
retribuzione, essendo solo titolare di un’aspettativa che si realizzerà al 
maturarsi di certi requisiti anche indipendenti dallo svolgimento o 
dall’estinzione di quel rapporto di lavoro.
35
 
 
  
                                                 
32
 Mass. Giur. Lav., 1990, pag. 392. 
33
 MODUGNO – CELOTTO, Corte costituzionale e previdenza complementare: 
questioni sugli effetti della sentenza  n. 421/95, in Mass. Giur. Lav., 1996, pag. 444. 
34
 PESSI, La previdenza integrativa: identificazione…, cit., 1990, pag. 423. 
35
 PESSI, ult. op. cit., pag. 424.