4 
 
INTRODUZIONE 
 
 
 
Il compito dell‟organizzazione aziendale, come disciplina di studio, è quello 
di analizzare e disegnare i “processi di divisione del lavoro e di coordinamento 
fra più soggetti in un sistema di attività economiche” al fine di “identificare il 
modo «migliore» per aggregare, combinare, coordinare, controllare, in una parola 
organizzare persone e tecnologie o, più in generale, risorse economiche”
1
. 
Rielaborando questo principio generale di riferimento, si può definire lo specifico 
scopo del tema oggetto di studio nel presente lavoro. Si vuole affermare, in 
particolare, che l‟appartenenza ad un sistema operativo di rete è una modalità 
organizzativa che presenta un forte potenziale per aggregare, combinare, 
coordinare, controllare, in una parola organizzare persone e tecnologie o, più in 
generale, risorse economiche, attorno ai temi dell‟etica economica, della 
responsabilità sociale e della sostenibilità delle attività organizzative. 
Il lavoro di tesi si compone di tre parti.  
Nel primo capitolo viene analizzato il tema delle relazioni tra 
l‟organizzazione e l‟ambiente in cui questa opera. Si nota innanzitutto come 
l‟attenzione ai rapporti con l‟ambiente nasca a seguito della valutazione della 
natura di sistema aperto agli scambi con l‟esterno dell‟organizzazione, per poi 
ripercorrere sinteticamente le principali tappe costituenti il processo di 
affermazione delle teorie relative al tema dei rapporti organizzativi con 
l‟ambiente. Le teorie vengono distinte in due macrocategorie: le teorie adattive e 
le teorie evolutive, a seconda del modo in cui viene concepito il comportamento 
organizzativo. Le prime assumono l‟esistenza di un rapporto passivo di reazione 
ai cambiamenti che avvengono nell‟ambiente, le seconde presuppongono, invece, 
un comportamento proattivo di collaborazione con l‟ambiente ed un 
atteggiamento attivo volto alla costruzione congiunta del futuro desiderato da 
parte dell‟organizzazione. 
                                                           
1
 Mercurio R., Testa F., 2002, Organizzazione. Assetto e relazioni nel sistema di business, Giappichelli, 
Torino, p. 2.
5 
 
Dalla considerazione della natura di sistema aperto, discende naturalmente la 
valutazione dell‟opportunità che l‟organizzazione ha di cooperare con altri attori 
del suo ambiente. È in questo caso che si può parlare di relazioni 
interorganizzative e di reti tra organizzazioni. 
Nel secondo capitolo sono tracciate le caratteristiche di base dei sistemi 
reticolari. Dapprima si ripercorrono le tappe principali del pensiero economico-
organizzativo relativo alla natura delle reti tra organizzazioni rispetto alle forme 
organizzative “classiche”, mercato e gerarchia, e vengono presentate tre diverse 
posizioni teoriche: le reti come forma intermedia (o ibrida) tra le due forme di 
base, le reti come forma alternativa con caratteristiche distintive proprie ed 
infine, le reti come modello operativo piuttosto che come modello ideale di 
governo delle attività organizzative. Successivamente si definiscono due diverse 
prospettive di analisi dei sistemi reticolari: relazionale e strutturale, a seconda che 
il focus sia posto alle relazioni tra i nodi della rete (gli attori) o che sia posto alla 
struttura complessiva derivante dall‟insieme delle relazioni, dirette ed indirette, 
che si vanno a formare nel network. Vengono poi indicate le determinanti della 
nascita delle relazioni di rete, rispetto alle quali si notano le diverse posizioni 
riferibili alle correnti teoriche interessate a comprendere la natura dei sistemi 
relazionali. Si passa successivamente a definire le caratteristiche proprie delle reti 
tra organizzazioni, delineandone le proprietà strutturali: contenuto, natura, 
oggetto e struttura delle relazioni. Infine, le reti sono distinte in tre categorie di 
base, a seconda dei meccanismi di coordinamento adottati: reti proprietarie, 
burocratiche e sociali.   
Nel terzo capitolo l‟attenzione è focalizzata su una specifica ed emergente 
forma di network: le reti miste denominate “CSR-driven”, ossia reti costituite da 
attori provenienti dai tre diversi settori economici (pubblico, privato e non-profit) 
ed in cui il fine dell‟azione è lo svolgimento di attività legate all‟etica ed alla 
responsabilità sociale. Viene dapprima precisato cosa si intende per etica 
organizzativa, responsabilità sociale e sostenibilità delle attività organizzative. 
Successivamente si analizzano le reti miste da tre diversi punti di vista: come 
network ibridi e sinergici, come reti dalle spiccate caratteristiche etiche e culturali
6 
 
ed infine come megacomunità che affrontano i temi complessi relativi alla 
gestione dei problemi globali. Dal primo punto di vista le reti miste presentano 
un livello tale di integrazione tra gli attori partecipanti che può venirsi a creare 
una sorta di simbiosi e di unità di rete tale per cui nel momento in cui si opera 
collettivamente non è possibile distinguere l‟azione e le caratteristiche di uno 
specifico attore; la seconda chiave di lettura si concentra sui valori intangibili 
legati alla cultura e alla componente culturale dell‟etica che sta alla base del 
processo di formazione di tale tipologia di rete; infine, le reti miste sono 
analizzate adottando la metafora della megacomunità, ossia un soggetto formato 
da organizzazioni provenienti dai tre settori che opera al fine di realizzare la sua 
vision di una “globalizzazione sostenibile”.
7 
 
CAPITOLO 1 
 
LE RELAZIONI INTERORGANIZZATIVE 
 
 
 
1.1 Le relazioni interorganizzative come “filosofia” d’azione nel rapporto 
con l’ambiente 
 
Il tema dell‟analisi e della comprensione delle relazioni che si instaurano tra 
attori organizzativi, sia all‟interno che all‟esterno dell‟organizzazione, ha, sin 
dall‟inizio, interessato studiosi provenienti da diversi ambiti disciplinari. Sono 
numerosi, infatti, oltre ai contributi di carattere prettamente economico o di teoria 
dell‟organizzazione, anche quelli di carattere antropologico, sociologico o 
psicologico.  
Questo interesse manifestato da più dottrine può essere spiegato in virtù del 
fatto che “l‟organizzazione è sempre stata definita una materia interdisciplinare. 
In teoria, ciò significa che essa richiede l‟apporto di più di una scienza sociale 
fondamentale”
2
 e approcci di analisi differenti in funzione delle finalità di ricerca 
dei diversi studi. 
Le relazioni interorganizzative possono essere definite come “flussi, 
transazioni e collegamenti relativamente durevoli, che hanno luogo tra due o più 
organizzazioni”
3
 e possono essere studiate, alternativamente, come sistema 
“isolato” di relazioni, o come sistema “integrato”, vale a dire come complesso di 
interazioni, più o meno formalizzato, che costituisce un network, o rete tra 
organizzazioni. 
Lo studio dei network nasce, in origine, da ricerche di carattere sociologico e 
antropologico, finalizzate alla comprensione dei legami interpersonali in contesti 
                                                           
2
 Grandori A., 1995, L’organizzazione delle attività economiche, Il Mulino, Bologna, p. 10. 
3
 Daft R.L., 2004,  Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, p. 155.
8 
 
esterni all‟organizzazione
4
. In principio, dunque, lo studio delle reti si concentra 
sull‟analisi dei raggruppamenti sociali, di cui si sono studiate le condizioni 
esplicative delle dinamiche di gruppo, in particolare, le strutture comunicative e 
di trasferimento della conoscenza tra gli individui che li costituiscono.  
Successivamente, con gli sviluppi in campo sociologico della teoria 
funzionalista
5
 e in campo antropologico con la scuola di Manchester
6
 si pongono 
le basi per un‟integrazione dei diversi approcci di studio alle relazioni e alla 
nascita di una più consistente teoria di studio delle relazioni interorganizzative, 
rappresentata dall‟analisi strutturale
7
. 
Nell‟ambito dell‟organizzazione aziendale, l‟interesse per le relazioni tra 
attori organizzativi, e, conseguentemente, per le reti interorganizzative, nasce 
inizialmente dalla constatazione della natura delle organizzazioni come sistemi 
aperti ed in quanto tali, immerse in un continuo e imprescindibile flusso di 
scambi con l‟ambiente
8
.  
È proprio dalle relazioni esterne che si generano le risorse che determinano la 
funzionalità e lo sviluppo futuro dell‟organizzazione.  Un sistema è definibile 
come “un insieme di elementi interagenti che acquisiscono input dall‟ambiente, li 
trasformano e restituiscono output all‟ambiente esterno”
9
; l‟apertura del sistema 
sottolinea l‟impossibilità dello stesso di sopravvivere autonomamente. 
L‟organizzazione (sia essa un‟impresa, un‟organizzazione non-profit o 
un‟istituzione del settore pubblico) è un sistema aperto in quanto ottiene risorse 
                                                           
4
 Soda G., 1998, Reti tra imprese, Carocci, Roma, pp. 47-61. 
5
 Il funzionalismo ha concentrato la sua attenzione alla comprensione delle determinanti dei 
comportamenti individuali e di gruppo, considerando l’organizzazione come una “struttura sociale 
adattabile”. Il limite principale di questo approccio è riscontrabile nell’adozione di un rapporto 
deterministico di adattamento individuale alle richieste esterne, atteggiamento che si rivela inadeguato 
nei contesti caratterizzati da dinamismo e da relazioni di tipo informale. Tra i principali esponenti della 
corrente funzionalista si ritrovano Talcott Parsons, Robert K. Merton, Philip Selznick. Soda G., 1998, op. 
cit., pp. 48-49. 
6
 Le posizioni espresse dagli esponenti della cosiddetta “scuola di Manchester” si pongono in netta 
contrapposizione con  le conclusioni alle quali era giunto il funzionalismo. La scuola di Manchester, in 
particolare, sottolinea l’importanza dei cambiamenti che avvengono nei processi socioculturali, a 
differenza del funzionalismo, il quale ha una visione statica della realtà che osserva. I principali autori 
appartenenti a questa corrente di studi sono Max Gluckman, James C. Mitchell, J.A. Barnes. Soda G., 
1998, op. cit., pp. 49-50. 
7
  Soda G., 1998, op. cit., pp. 48-51. 
8
 Per ambiente si intende “tutto ciò che sta all’esterno dell’organizzazione” Daft R.L., 2004, op. cit., p. 
122. 
9
 Daft R.L., 2004, op. cit., p. 16.
9 
 
dall‟ambiente (materie prime, forza lavoro, risorse finanziarie, informazioni, ed 
altro ancora), le utilizza ed effettua una trasformazione delle stesse per restituire 
all‟esterno un output (principalmente prodotti o servizi, ma accanto a questi 
possono essere indirizzate all‟esterno informazioni e altre risorse immateriali).  
In quanto sistemi aperti, le organizzazioni intessono continuamente una fitta 
rete di collaborazioni e di interdipendenze le une con le altre. Proprio le 
interazioni che si realizzano nell‟ambiente sono oggetto di studio delle teorie 
relazionali e dei network. 
L‟importanza assunta dalle relazioni con l‟ambiente esterno è stata, dunque, 
messa in luce per la prima volta con la diffusione del cosiddetto approccio 
sistemico aperto, il quale si discosta in maniera fondamentale dalle teorie 
classiche dell‟organizzazione, su tutte la teoria tayloristica dell‟Organizzazione 
Scientifica del Lavoro (OSL)
10
. Le teorie classiche hanno concentrato la loro 
attenzione sulle modalità di progettazione su basi scientifiche dei sistemi 
organizzativi, adottando principi che garantissero la massima efficienza 
produttiva, partendo dall‟assunto che esistesse la cosiddetta one best way, ossia 
un unico modo per lo svolgimento “ideale” di ogni azione. Da questo punto di 
vista, le organizzazioni erano considerate insiemi di elementi paragonabili agli 
ingranaggi di una macchina, dove ogni componente aveva un ruolo ben 
determinato e da svolgere in maniera razionale e, appunto, meccanica. 
All‟ambiente era riconosciuto un ruolo marginale, era considerato dato, 
prevedibile e stabile, non in grado di esercitare influenze né all‟interno 
dell‟organizzazione, sulla sua operatività quotidiana, né sulla performance finale. 
I componenti dell‟organizzazione, dunque, costituivano un sistema chiuso ed 
isolato dagli attori esterni. L‟attenzione era concentrata a garantire il miglior 
rapporto tra obiettivi, struttura ed efficienza. 
Un sistema aperto, al contrario, dipende dall‟ambiente per la propria 
sopravvivenza e deve stabilire con esso un rapporto adeguato
11
. Quest‟approccio 
allo studio delle organizzazioni, noto anche come “open system theory”, si 
                                                           
10
 Per una rassegna delle principali correnti del pensiero organizzativo si veda Bonazzi G:, 1995, Storia 
del pensiero organizzativo, Franco Angeli, Milano. 
11
 Morgan G., 2002, Images. Le metafore dell’organizzazione, Franco Angeli, Milano.
10 
 
sviluppa negli anni ‟50 e ‟60, principalmente sulle basi degli studi di un biologo, 
Ludwig Von Bertalanffy
12
, il quale propone una serie di principi generali di 
natura biologica applicabili ad ogni tipo di sistema. 
 
 
 
Figura 1 Alcuni principi fondamentali della teoria generale dei sistemi 
 
 
 
 
 
 
                                                           
12
 Von Bertalanffy L., 1971, Teoria generale dei sistemi, ILI, Milano. 
•L'ambiente e il sistema si trovano in un rapporto di interazione e di dipendenza 
reciproca. L'interazione ambientale è il fondamento della sopravvivenza
Il concetto di "sistema aperto"
•Il sistema aperto ha in sé la capacità di autoregolarsi e di mantenersi in uno 
stato determinato
Omeostasi
•Il sistema aperto mantiene sé stesso importando energia ed espellendo le 
tendenze entropiche a decadere e deteriorarsi
Entropia/entropia negativa
•Tutte le componenti sistemiche sono in uno stretto rapporto di influenza 
reciproca
Struttura, funzione, differenziazione e integrazione
•I meccanismi di regolazione interna del sistema devono riflettere la varietà 
dell'ambiente
La varietà necessaria
•In un sistema aperto possono esistere più vie per realizzare un dato risultato
Equifinalità
•L'evoluzione è caratterizzata da un processo ciclico di variazione, selezione e 
mantenimento delle caratteristiche selezionate
Evoluzione sistemica
Fonte: adattato da Morgan G., 2002, Images. Le metafore dell‟organizzazione, Franco Angeli, 
Milano, pp. 64-66
11 
 
Questa nuova concezione dell‟organizzazione ha portato i teorici a fornire 
nuove prospettive di analisi della realtà organizzativa, utili per poter rispondere 
alle richieste dell‟ambiente. Come affermato da Morgan: “ci si è resi conto che le 
organizzazioni devono prestare attenzione a ciò che succede al di fuori delle loro 
mura”
13
. 
Oltre all‟accettazione della natura dell‟organizzazione come sistema aperto, 
che al pari degli organismi biologici è dipendente dagli scambi con l‟esterno per 
la propria sopravvivenza, si può avanzare anche un secondo parallelo con la 
teoria biologica, e, ampliando l‟ottica di osservazione, si può definire il contesto 
nel quale l‟organizzazione economica opera come un ecosistema, esattamente 
come accade per gli organismi viventi. In particolare, l‟organizzazione 
economica opererà in un ecosistema definito, alternativamente, socio-
organizzativo, in quanto costituito in gran parte da altre organizzazioni, oltre che 
da individui, o ecosistema di business, vale a dire “un sistema formato dalle 
interazioni di una comunità di organizzazioni e dei loro rispettivi ambienti”
14
. 
Considerare l‟organizzazione come componente di un ecosistema ci permette 
di riprendere alcuni degli aspetti studiati dall‟ecologia umana, estendendoli 
all‟assetto organizzativo. Infatti, come riportato da Lomi:  
 
“Gli human ecologists chiamarono ecosistema umano (human ecosystem) 
il sistema generato dall‟interazione tra la popolazione e l‟ambiente: più 
precisamente l‟ecosistema umano era considerato come una risposta a livello 
di popolazione alla necessità di mantenere una relazione sostenibile con 
l‟ambiente inteso in senso sia fisico che culturale”
15
. 
 
Analogamente, l‟ecosistema socio-organizzativo è generato dalle interazioni 
tra organizzazioni e ambienti. Dall‟interpretazione del carattere di queste 
interazioni sono sorte diverse teorie la cui attenzione è stata di volta in volta 
concentrata su diversi aspetti del rapporto organizzazione/ambiente: nelle teorie 
adattive si è maggiormente sottolineata la tendenza a creare relazioni sostenibili e 
                                                           
13
 Morgan G., 2002.  op. cit., p. 66. 
14
 Daft R.L., 2004, op. cit., p. 155. 
15
 Lomi A. in Hannan M., Freeman J., 1993, Ecologia organizzativa, Etas, Milano, p. 15.
12 
 
necessarie per garantire la vitalità dell‟organizzazione o della popolazione di 
organizzazioni; nelle teorie più recenti, invece, si è sottolineato il carattere 
proattivo e co-evolutivo del rapporto che si instaura tra le organizzazione e gli 
ambienti di riferimento
16
. 
In ogni caso, a partire dalla diffusione delle idee di natura sistemica di Von 
Bertalanffy, tutte le teorie affermatesi successivamente
17
, hanno accettato e 
interpretato la realtà dell‟organizzazione come unità istituzionale incompleta in 
sé, evidenziando come non si può “prescindere dalla struttura delle relazioni 
interorganizzative per comprendere il funzionamento della singola impresa”
18
.  
Si è assistito, perciò, nell‟ambito degli studi organizzativi, al fine di 
rappresentare la struttura dell‟insieme delle relazioni e comprendere l‟influenza 
da queste esercitata in ambito sociale, economico e organizzativo
19
, a uno 
spostamento dell‟attenzione dal livello di analisi “micro” (o del comportamento 
organizzativo), rappresentato dall‟individuo, dall‟unità organizzativa o dal 
gruppo di individui, al livello di analisi “macro” (o della teoria organizzativa)
20
, 
rappresentato dalla singola organizzazione e dalle relazioni di questa con 
l‟ambiente e con le altre organizzazioni. 
Relativamente alla natura dei legami tra organizzazioni, tradizionalmente, 
questi sono stati analizzati da un punto di vista che riconosceva l‟esistenza di 
relazioni competitive tra soggetti alla ricerca del raggiungimento “egoistico” 
degli obiettivi individuali. Le relazioni erano strumentali all‟ottenimento delle 
risorse di cui l‟impresa necessitava per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Una 
delle tendenze che si è ormai affermata da qualche decennio nell‟arena di 
business è però la diffusione di un elevato numero di attività collaborative e di 
diverse forme organizzative attraverso le quali si svolgono queste attività.  
Mentre originariamente le prime forme di estensione dei confini dell‟impresa 
erano limitate alle funzioni produttive, allo stato attuale ogni elemento costitutivo 
dell‟organizzazione può essere un potenziale punto di accesso e di forza sul quale 
                                                           
16
 Astley G.W., Fombrun C.J., 1983, Collective strategy: social ecology of organizational environments, 
Academy of Management Review, Vol. 8, n. 4, pp. 576-587. 
17
 Le principali di esse saranno analizzate nei paragrafi successivi. 
18
 Lomi A., 1991, Reti organizzative: teoria, tecnica e applicazioni, Il Mulino, Bologna, p. 18. 
19
 Lomi A., 1991, op. cit., p. 19. 
20
 Daft R.L., 2004, op. cit., p. 37.
13 
 
far leva al fine di creare nuove e vantaggiose opportunità, per mezzo della 
cooperazione. Si osserva, quindi, il passaggio da un atteggiamento altamente 
competitivo a una crescente collaborazione, anche tra imprese concorrenti.  
È in quest‟ottica che l‟attenzione si sposta all‟osservazione e alla 
comprensione delle modalità di formazione e di azione delle reti, o network tra 
organizzazioni e ai sistemi di funzionamento delle relazioni interorganizzative. 
Come affermato da Daft “nell‟economia dei tempi attuali le organizzazioni si 
considerano come team che creano valore congiuntamente piuttosto che aziende 
autonome in competizione l‟una con l‟altra”
21
. 
È quindi sempre più cruciale puntare alle reti tra organizzazioni, sia come 
oggetto di studio, sia come strumento d‟azione per operare nell‟attuale contesto 
economico, caratterizzato da elevati livelli di incertezza e di complessità, e che 
continuamente pone alle organizzazioni sfide enormi, di carattere globale. È 
necessario adottare un‟ottica sistemica, che superi i confini della singola 
organizzazione e si ponga a livello di raggruppamenti organizzativi e di intero 
ecosistema. In aggiunta, come osservato da Niccolini, “la letteratura è concorde 
nel ritenere che la capacità di lavorare in rete sia una delle chiavi del successo 
aziendale, […] in particolare in elevate condizioni di incertezza ambientale […]. 
Tale legame tra l‟assetto di lavoro interorganizzativo e l‟efficacia risulta ancora 
più evidente in presenza di sfide ambientali ardue. Alcuni autori […] e 
soprattutto la prassi hanno, infatti, evidenziato che le sfide ardue sembrano 
raggiungibili principalmente con assetti di rete”
22
. 
Uno dei fattori che rileva maggiormente come determinante delle relazioni 
tra organizzazioni (che non necessariamente finiscono per costituire delle reti 
formalizzate tra organizzazioni) è proprio la complessità ambientale. In un 
ambiente stabile e semplice, infatti, esistono bassi livelli di rischio e incertezza, 
che l‟organizzazione riesce ad affrontare in maniera efficace autonomamente. Al 
crescere dell‟incertezza e della complessità, aumenta il rischio ambientale e, di 
pari passo, la necessità per l‟organizzazione di dotarsi di strutture d‟azione più 
                                                           
21
 Daft R.L., 2004, op. cit., p. 154. 
22
 Niccolini F., 2008, Responsabilità sociale e competenze organizzative distintive, Edizioni ETS, Pisa, p. 
155.
14 
 
flessibili, in ambito sia intraorganizzativo
23
 che interorganizzativo. Al suo 
interno, dunque, l‟organizzazione procederà all‟adozione di strutture 
organizzative più flessibili ed orizzontali, andando a modificare la tradizionale 
struttura gerarchica verticale, di tipo funzionale, orientata all‟efficienza e gestita 
ricorrendo all‟autorità centrale e alle norme scritte. Come sottolineato da 
Ricciardi: “nella realtà delle attuali organizzazioni il numero dei livelli gerarchici 
tende a ridursi, diventano preponderanti le linee di comunicazione orizzontale e 
al nucleo interno di rapporti gerarchici si affiancano sempre più spesso relazioni 
esterne di mercato e forme di collaborazione con fornitori, clienti, e, talvolta, 
concorrenti.”
24
 
Da un punto di vista organizzativo, è evidente la necessità di ridisegnare i 
confini interni, dando un maggior peso alle relazioni con gli attori 
dell‟ambiente
25
, mirando a comprendere le “azioni delle organizzazioni” 
piuttosto che “l‟organizzazione delle loro azioni”
26
. Così facendo, si supera 
l‟atteggiamento tradizionale della teoria degli studi organizzativi, che, come 
osservato da Salancik, ha manifestato la tendenza a concentrare l‟attenzione 
“sugli alberi invece che sulla foresta”
27
.  
Le principali teorie sull‟organizzazione e i rapporti (adattivi e reattivi) con 
l‟ambiente, che saranno illustrate nel prossimo paragrafo, mostrano in maniera 
evidente come l‟attenzione sia posta “agli alberi”, vale a dire alla singola 
organizzazione, o al massimo alla popolazione di organizzazioni, “un piccolo 
bosco”, ma mai alla “foresta”, costituita dalla fitta trama di relazioni e di rapporti 
che è necessario osservare in profondità per poter cogliere appieno le potenzialità 
e le ricchezze offerte da ogni singolo componente e dall‟insieme degli stessi. 
Un‟altra considerazione che si può suggerire è relativa all‟importanza che la 
ricerca organizzativa ha riconosciuto agli effetti del sistema di relazioni nel quale 
                                                           
23
 Così come suggerito dagli studi di Lawrence e Lorsch, da cui si evidenzia che le organizzazioni e le 
unità che le compongono hanno risultati migliori quando i livelli di differenziazione e di integrazione 
corrispondono al livello di incertezza dell’ambiente. Daft R.L., 2004, op. cit., pp. 135-137. 
24
 Ricciardi A., 2003, Le reti di imprese. Vantaggi competitivi e pianificazione strategica, Franco Angeli, 
Milano, p. 14. 
25
 Ricciardi A., 2003, op. cit., p. 14. 
26
 Soda G., 1998, op. cit., p. 11. 
27
 Salancik G.R:, 1995, Wanted: a good network theory of organization, Administrative Science Quarterly, 
Vol. 40, pp. 345-349.
15 
 
l‟individuo è coinvolto. È emerso, infatti, che alcuni dei fattori che determinano 
il comportamento individuale non sono strettamente riconducibili a 
caratteristiche esclusive dell‟attore. Si parla, in queste circostanze, di 
embeddedness
28
. La prospettiva dell‟embeddedness considera il sistema 
relazionale come un‟entità vera e propria, che si aggiunge alle “classiche” entità 
di riferimento: individui, gruppi, organizzazione. 
L‟organizzazione, nel dover gestire una complessa trama di relazioni e di 
interdipendenze esterne, può trovarsi embedded
29
 in un sistema relazionale, il 
quale può essere governato, oltre che tramite le due forme “base” 
tradizionalmente considerate e tra loro diametralmente opposte: il mercato o la 
gerarchia
30
, anche attraverso una modalità differente ed alternativa: i network. 
Nei paragrafi successivi verranno sinteticamente illustrate le principali teorie 
che hanno cercato di dare una spiegazione alla crescente tendenza da parte delle 
organizzazioni a costituire reti collaborative. 
 
 
 
1.2 Le relazioni organizzazioni/ambiente: le teorie adattative 
 
Ripercorrendo la storia del pensiero organizzativo si incontrano diverse 
teorie che hanno concentrato la loro attenzione sulle relazioni esistenti tra 
organizzazioni e ambienti, e sulle relazioni interorganizzative, dandone una loro 
spiegazione, in chiave interpretativa o in chiave evoluzionista. 
Se ne propone una sintesi, al fine di sottolineare, per ciascuna delle teorie 
illustrate, gli aspetti più rilevanti in funzione dell‟obiettivo del lavoro di chiarire 
le caratteristiche delle relazioni e delle reti interorganizzative. 
Le teorie che saranno illustrate in questo paragrafo sono la teoria della 
dipendenza dalle risorse, la teoria dei costi di transazione, la teoria dell‟ecologia 
delle popolazioni e la scuola neo-istituzionalista. Caratteristica comune di questa 
                                                           
28
 Soda G., 1998, op. cit. p. 16. 
29
 Il termine “embedded” può essere tradotto con “incastonato”. 
30
 Il tema del rapporto tra mercato, gerarchia e reti sarà approfondito nel secondo capitolo.