6 
 
Introduzione 
     Per “prodotti assicurativi - finanziari” si intendono i prodotti finanziari emessi dalle 
imprese di assicurazione  (art. 1, comma 1°, lett. w bis del t.u.f.), ovvero le assicurazioni 
sulla vita, nonché quelle di nuzialità e natalità, le cui prestazioni principali sono 
direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del 
risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento (art. 2, comma 1°, 
codice delle assicurazioni private). Sono polizze nelle quali la componente finanziaria 
diviene particolarmente rilevante, tanto da mettere in discussione la natura previdenziale 
del contratto di assicurazione. 
     Il contratto di assicurazione sulla vita, nelle sue forme più “tradizionali”, presenta 
comunque una componente finanziaria, dal momento che si manifesta come 
un’operazione di capitalizzazione nella quale l’ammontare del premio è commisurato ad 
una serie di indici legati alla persona dell’assicurato (sesso, età, professione, etc.). Per far 
fronte agli impegni assunti nei confronti degli assicurati, l’impresa di assicurazione investe 
sul mercato finanziario il risparmio raccolto attraverso i premi; il fatto di raccogliere 
sistematicamente risorse da operatori in avanzo per trasferirle ad operatori economici che 
presentano un saldo finanziario negativo consente di considerare anche le imprese di 
assicurazione come veri e propri intermediari finanziari. Risulta, però, evidente, che 
l’attività di investimento svolta dall’assicuratore, chiamato a gestire ingenti quantità di 
denaro, sia accessoria rispetto all’attività più propriamente assicurativa, ossia quella di 
trasferire un rischio che grava sull’assicurato in capo all’assicuratore. 
     L’accessorietà dell’attività di investimento rispetto a quella assicurativa risulta dubbia 
nel caso, appunto, dei prodotti assicurativi - finanziari, i quali vengono venduti come forme 
alternative di impiego redditizio del risparmio, ossia forme alternative di investimento. Tali 
prodotti presentano, al pari degli strumenti finanziari elencati dall’art. 1, comma 1° del 
t.u.f., gli stessi “pericoli” per il risparmiatore; trattasi di prodotti di difficile comprensione 
per un soggetto non esperto in materia finanziaria che possono comportare la perdita, 
anche totale, del capitale investito.
7 
 
     Messa di fronte alla “novità”, la dottrina ha cercato di individuare la natura giuridica di 
questi prodotti,  sconosciuti dal panorama assicurativo italiano sin quasi agli inizi degli anni 
’90: vi era da chiarire se essi  conservassero ancora i caratteri di un contratto di 
assicurazione sulla vita tradizionale (il trasferimento di un rischio demografico in capo 
all’assicuratore, la garanzia di un rendimento minimo o di restituzione del capitale versato) 
o se fossero veri propri strumenti finanziari, con la conseguenza di assoggettare le imprese 
di assicurazione agli obblighi di informativa e di comportamento previsti per gli 
intermediari finanziari. 
     In questo lavoro ho ripercorso le tappe della discussione dottrinale, dai primi scritti della 
metà degli anni ’80 fino alle vicende legate al fallimento della Lehman Brother. Inoltre, 
nell’affrontare la connessa tematica della tutela del risparmiatore, ho dato atto dei 
cambiamenti occorsi al mercato finanziario, della progressiva integrazione dei tre settori 
che lo compongono (bancario, assicurativo e finanziario) e della risposta del legislatore alle 
istanze di protezione manifestate dagli assicurati.
8 
 
 
Capitolo I 
I prodotti “misti” assicurativo - finanziari 
 
SOMMARIO: 1 La sollecitazione all’investimento e l’ambito di applicazione della relativa disciplina - 1.1 
Segue: la nozione di prodotto finanziario - 1.2 La portata della nozione di prodotto finanziario e ratio 
dell’esclusione dei prodotti finanziari emessi da banche ovvero dei prodotti assicurativi emessi da imprese di 
assicurazione (art. 100, comma 1°, lett. f) t.u.f.) - 1.3 Quando l’obbligo di gestione prevale su quello di 
restituzione. Il problema dei prodotti “misti” - 2 La valorizzazione della componente finanziaria delle polizze 
vita come rimedio alla svalutazione monetaria. Le polizze “indicizzate” e “rivalutabili” – 2.1 Segue; le polizze 
“variabili” – 2.2 La disciplina applicabile alle polizze variabili – 3 Il prodotto “misto”, assicurativo – finanziario 
– 3.1 Il prodotto misto come contratto collegato – 4 Le polizze “linked” – 4.1 La causa del contratto di 
assicurazione (cenni) – 4.1.1 Segue: la teoria dell’impresa – 4.1.2 Il trasferimento del rischio – 4.2 Le polizze 
linked secondo l’ISVAP – 4.2.1 Il rischio di investimento e il rischio demografico – 5 Sulla possibilità di 
un’applicazione analogica della disciplina sulla sollecitazione al pubblico risparmio – 5.1 Una riconsiderazione 
del rapporto tra rischio demografico e rischio di investimento – 5.2 Dubbi sulla rilevanza causale del rischio 
demografico - 6 L’intervento della giurisprudenza: la sentenza trib. Trani 11 marzo 2008 
 
1: La sollecitazione all’investimento e l’ambito di applicazione della relativa disciplina 
     Fino al t.u.f. la materia era regolata dall’art. 18ter della legge 216/1974, così come 
modificata dalla legge 77/1983. La definizione di sollecitazione al pubblico risparmio 
comprendeva sia la sollecitazione alla vendita e alla sottoscrizione che quella all’acquisto e 
allo scambio avente per oggetto valori mobiliari. È con la legge 149 del 1992 che è stata 
dettata una disciplina distinta ed autonoma per le offerte pubbliche di acquisto, sebbene 
limitata alle ipotesi di offerta di titoli quotati conferenti il diritto di voto nell’assemblea 
ordinaria delle società emittenti. Il testo unico del 1998 conferma la distinzione operata 
dalla legge suddetta, estendendo l’oggetto della sollecitazione all’investimento ai “prodotti 
finanziari”. 
    È stato rilevato (COSTI) come la sollecitazione all’investimento
1
 rappresenti una 
situazione di maggior pericolo rispetto alla sollecitazione al dis-investimento, in quanto il 
risparmiatore converte un valore sicuro (il denaro) in un valore non altrettanto sicuro 
(quello del prodotto finanziario). La “naturale opacità” del prodotto finanziario, e il bisogno 
                                                           
1
Definita dall’originale disposto dell’art. 1, comma 1°, lett. t), del d.lgs. n. 58 del 1998 come “ogni offerta, 
invito ad offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma rivolti al pubblico, finalizzati alla vendita o alla 
sottoscrizione di prodotti finanziari”.
9 
 
di protezione del risparmiatore, impone di dare maggior rilievo all’ elemento informativo. 
Pertanto l’art. 94, comma 1°, del t.u.f., stabilisce che coloro che intendono effettuare una 
sollecitazione all’investimento ne debbano dare preventiva comunicazione alla Consob, 
allegando il prospetto destinato alla pubblicazione per la relativa approvazione da parte 
dell’Ente. Questo prospetto conterrà (comma 2°) tutte le informazioni che sono necessarie 
all’investitore per pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e 
finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente, nonché sui prodotti 
finanziari oggetto dell’offerta. La disciplina legislativa è poi integrata dalla normativa 
regolamentare
2
 dettata dalla Consob in forza dell’art. 95 del t.u.f.; in particolare, 
quest’ultimo demanda all’Ente la disciplina del contenuto della comunicazione e del 
prospetto, le modalità di svolgimento della sollecitazione anche al fine di garantire parità 
di trattamento tra i destinatari (comma 1°) e le norme di correttezza che sono tenuti a 
osservare l’emittente, l’offerente e chi colloca i prodotti finanziari (comma 2°). 
     Ci sono, tuttavia, dei limiti all’applicazione di questa disciplina. Ciò avviene, 
principalmente, per due ordini di ragioni
3
: 
 
i. o perché il legislatore, pur riconoscendo la ricorrenza di una sollecitazione 
all’investimento, ritiene di dover escludere la relativa disciplina; 
ii. o perché il legislatore esclude che, in talune fattispecie, si possa parlare di 
sollecitazione all’investimento. 
 
     Rientra nella prima ipotesi, l’esenzione dei prodotti finanziari
4
 emessi da banche (diversi 
dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere le 
azioni) ovvero i prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazioni. La ratio 
dell’esclusione sta nella preesistenza di una specifica disciplina di settore, ritenuta 
sufficiente a soddisfare le esigenze di protezione dell’investitore. 
     Elementi costitutivi la sollecitazione all’investimento sono tre: 
                                                           
2
Un primo regolamento emittenti è stato adottato con delibera n. 11520 del 10 luglio 1998; ora è stato 
sostituito dal regolamento adottato con delibera n. 11971 del 17 maggio 1999. 
3
Vedi Il Mercato finanziario. Intermediari finanziari, società quotate, assicurazioni, previdenza 
complementare, a cura di M. RISPOLI FARINA e di G. ROTONDO, Giuffrè editore, 2005, p. 237. 
4
Esenzione disposta dall’art. 100, 1° comma, lett. f) nella sua formulazione originaria.
10 
 
i. le fattispecie negoziali (ossia, l’offerta al pubblico, l’invito ad offrire, il messaggio 
promozionale) 
ii. la nozione di pubblico (un numero di soggetti superiore a cento, limite fissato dalla 
Consob con art. 34ter del regolamento emittenti) 
iii. la  nozione di prodotto finanziario. 
1.1: Segue: la nozione di prodotto finanziario 
     La disciplina della sollecitazione all’investimento si applica alle operazioni aventi ad 
oggetto “prodotti finanziari”, che l’art. 1, lett. e) del d.lgs. n. 58 del 1998
5
 definisce come 
“strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”. Tale nozione 
si sostituisce a quella di “valore mobiliare” sulla quale si fondava la previgente disciplina 
della sollecitazione al pubblico risparmio (Legge 216/1974). Tuttavia l’evoluzione del 
lessico normativo vede un’altra tappa fondamentale; l’introduzione, da parte del d.lgs. n. 
415 del 1996, della nozione di “strumento finanziario” quale oggetto della disciplina dei 
servizi di investimento. Sia la nozione di valore mobiliare che quella di strumento 
finanziario, concorrono alla definizione del “prodotto finanziario”
6
.  
     Per “valore mobiliare”, l’art. 18bis della legge 216/1974 intendeva ogni documento o 
certificato rappresentativo di diritti di credito, diritti in società, imprese ed enti di qualsiasi 
tipo, diritti relativi a beni materiali o proprietà immobiliari, diritti di acquisto di altri valori 
mobiliari
7
. Considerata l’estrema latitudine della definizione, alcuni
8
 avevano dubitato 
della sua capacità di delineare l’ambito di applicazione della disciplina; la nozione di valore 
mobiliare finiva, così, con l’identificarsi in quella di sollecitazione al pubblico risparmio
9
. 
                                                           
5
Ora la definizione è contenuta  nella lett. u) del medesimo articolo. 
6
F. ANNUNZIATA, Sollecitazione all’investimento, in La disciplina delle società quotate nel testo unico della 
finanza, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, commentario a cura di P. MARCHETTI e L. A. B Giuffrè, 1999, tomo I, p. 
77. 
7
In sintesi, la nozione di valore mobiliare coincideva con quella di qualunque documento rappresentante 
l’interesse del risparmiatore ad investire o a disinvestire (vedi LIBONATI, Commento agli articoli 11 e 12 della 
legge 23 marzo 1983, n. 77, in Le nuove leggi civili commentate, 1984, p. 1256).  
8
D’ALESSANDRO, L’attività di sollecitazione al pubblico risparmio, in Sistema finanziario e controlli: 
dall’impresa al mercato, Milano, 1986, p. 86 e ss.; CARBONETTI, Che cos’è un valore mobiliare, in 
Giurisprudenza commerciale, 1989, I, p. 282; MINERVINI, La Consob. Lezioni di diritto del mercato finanziario, 
Napoli, 1989, p. 118. 
9
Se ad essere sollecitato è il risparmio del pubblico degli investitori, l’oggetto della sollecitazione sarà quindi 
un’operazione di investimento. Considerando che, per l’art. 18 del d.lgs. 216/74, ad essere offerti al pubblico
11 
 
Tuttavia l’interpretazione si scontrava con la lettera dell’art. 18bis, il quale richiamava 
continuamente la “documentalità” del valore mobiliare: la norma guardava al valore 
mobiliare come oggetto dell’operazione di investimento e non all’operazione in sé
10
. 
     I valori mobiliari costituivano oggetto anche delle attività di intermediazione mobiliare 
disciplinate dalla legge n. 1 del 1991, legge “SIM”. In quel contesto alla nozione doveva 
essere attribuito il significato di titolo di massa oggetto di investimento del risparmio e 
destinato ad essere negoziato su un mercato
11
. Un collegamento alla nozione di valore 
mobiliare così come posta dall’art. 18bis della legge 216/1974, era operato dall’art. 1, 1° 
comma , lettera f) della legge SIM nella parte in cui considerava come attività di 
intermediazione mobiliare tipica la sollecitazione al pubblico risparmio operata fuori sede. 
     L’occasione per una revisione del lessico legislativo è fornita dalla direttiva 93/22/CEE, la 
quale dettava una disciplina diversa per le attività di intermediazione mobiliare. In 
particolare, si riscontravano divergenze tra la definizione dei servizi di investimento, 
contenuta nella direttiva, e quella dei servizi di intermediazione mobiliare contenuta nella 
legge SIM: infatti, le attività di consulenza e di sollecitazione del pubblico risparmio a 
domicilio non trovavano autonomo riconoscimento, rispetto agli altri servizi, nella direttiva 
comunitaria. I servizi di consulenza erano classificati come servizi accessori; l’attività di 
sollecitazione rientrava in una delle altre attività tipiche, ossia quella del “collocamento”. Il 
decreto “Eurosim” (d.lgs. n. 415/1996), nel recepire la direttiva, ha sostituito la nozione di 
“attività di intermediazione mobiliare” con quella di “servizi di investimento”, individuando 
l’oggetto di tali servizi nella nuova nozione di “strumenti finanziari”. 
     Gli strumenti finanziari sono oggetto di una definizione analitica che si compone di dieci 
lettere, ciascuna delle quali si riferisce ad una classe di strumenti. Al suo interno possiamo 
distinguere due grandi sottocategorie
12
: la prima è quella dei titoli negoziabili, la seconda 
riguarda gli strumenti finanziari derivati. La definizione corrisponde, sostanzialmente, al 
contenuto che, in via di prassi attuativa, era stato attribuito alla nozione sintetica di “valore 
                                                                                                                                                                    
sono valori mobiliari ad altre attività finanziarie (1° comma, seconda parte), la sollecitazione all’investimento 
avrà per oggetto operazioni di investimento in attività finanziarie. Vedi CARBONETTI, op. cit., p. 295.  
10
E. GABRIELLI, R. LENER, I contratti del mercato finanziario, I, a cura di E. GABRIELLI e R. LENER in Trattato dei 
contratti diretto da P. RESCIGNO ed E. GABRIELLI, Utet, 2004. 
11
F. CARBONETTI, Dai “valori mobiliari” agli “strumenti finanziari”, in Rivista delle società, 1996, p. 1113. 
12
F. CARBONETTI, op. cit. p. 1105.
12 
 
mobiliare” utilizzata dalla legge n. 1/1991: definizione che, per quanto estesa, risulta 
essere più circoscritta di quella di “valore mobiliare” di cui all’art. 18bis della legge n. 
216/1974. Se la legge SIM, in virtù dell’ art. 1, comma 1°, lett. f), permetteva di recepire la 
nozione “lata” di valore mobiliare, il decreto, considerando la sollecitazione fuori sede 
come una modalità del servizio di collocamento che deve avere come oggetto strumenti 
finanziari, fa venir meno tale collegamento
13
.  
     Il testo unico finanziario, d.lgs. n. 58 del 1998, compie una razionalizzazione della 
materia della sollecitazione all’investimento raccogliendo la regolamentazione relativa a 
tutti gli intermediari operanti nel settore dell’intermediazione in strumenti finanziari (sim, 
banche, organismi di investimento collettivo del risparmio, società fiduciarie e agenti di 
cambio). In seguito alla definizione
14
 dell’ art. 18bis della legge 216/1974, si erano 
delineate, nella dottrina, due diverse posizioni: l’una
15
 convinta della necessità che occorra 
la presenza del valore mobiliare perché si abbia sollecitazione; l’altra
16
 sostenitrice 
dell’inutilità di una nozione tanto ampia da impedire l’individuazione dei confini di 
operatività della disciplina della sollecitazione. La prassi applicativa è stata maggiormente 
attenta alla natura finanziaria dell’operazione che all’effettiva presenza di un valore 
mobiliare: in altre parole, veniva esclusa l’applicabilità della disciplina in discorso nei casi di 
investimenti finanziari con prevalente finalità di godimento. Il testo unico, conformemente 
a questa ricostruzione, sostituisce alla nozione di “valore mobiliare” quella di “prodotto 
finanziario” inteso come strumento finanziario e ogni altra forma di investimento di natura 
finanziaria. Il richiamo agli strumenti finanziari era giustificata dalla necessità di realizzare il 
collegamento con la normativa sui servizi di investimento; il riferimento ad ogni altra forma 
di investimento di natura finanziaria si sostanziava in una formula di chiusura. 
                                                           
13
La conseguenza era che l’intermediazione in attività finanziarie non riconducibili alla categoria dello 
“strumento finanziario” diventava una attività “libera”, non essendo sottoposta alla disciplina del d.lgs. 
415/1996 (vedi CARBONETTI, op. cit. p. 1115). 
14
O, come taluni sostengono, alla “pseudo” definizione (vedi CARBONETTI, op. cit., p. 282). 
15
Vedi VISENTINI, I valori mobiliari, in Trattato, diretto da RESCIGNO, XVI, Torino, 1985, p. 705; LIBONATI, op. 
cit. p.506. 
16
I sostenitori della teoria “monista”: vedi nota n. 8.
13 
 
1.2: La portata della nozione di prodotto finanziario e ratio dell’esclusione dei prodotti 
finanziari emessi da banche ovvero dei prodotti assicurativi emessi da imprese di 
assicurazione (art. 100, comma 1°, lett. f) t.u.f.) 
     A differenza della nozione di strumento finanziario, definita dal legislatore in modo 
analitico, quella di prodotto finanziario torna ad essere una nozione “aperta”. Il profilo al 
quale occorre riferirsi, ai fini della qualificazione, è quello della natura “finanziaria” 
dell’investimento. 
     È da ritenere che si sarà in presenza di un investimento finanziario ogniqualvolta 
un’operazione presenti i seguenti caratteri: l’impiego di capitali, l’affidamento a terzi 
gestori professionali ed il rischio proprio dell’attività prescelta. Rischio, che deve avere una 
connotazione finanziaria, ossia deve essere connesso all’impiego dei capitali. 
     Sulla base di tale considerazione, si deve concludere che la nozione di prodotto 
finanziario risulta talmente ampia da ricomprendere ogni strumento idoneo alla raccolta 
del risparmio, rappresentativo di un impiego di capitale
17
. Ne consegue l’idoneità, in 
astratto della disciplina della sollecitazione ad applicarsi per l’intero ambito degli strumenti 
di raccolta di capitali presenti sul mercato finanziario, compresi gli strumenti ed i prodotti 
di risparmio bancario ed assicurativo. 
     Tuttavia, l’esigenza di tutela del risparmio (need for protection), che la disciplina della 
sollecitazione intende soddisfare, sorge allorquando il risultato dell’investimento non 
possa essere determinato, o quantomeno controllato, dal risparmiatore: in altri termini, 
l’incertezza sull’an e sul quantum della restituzione determina l’insorgenza della tutela nei 
confronti di quest’ultimo. Ne deriva che non in tutti i casi in cui si ha raccolta del risparmio 
tra il pubblico si configura anche un’attività di sollecitazione; a tal fine, deve essere 
presente l’elemento di una gestione dell’investimento
18
. 
     Sebbene la categoria del “prodotto finanziario” abbia una portata molto vasta, il 
legislatore ha escluso dalla disciplina della sollecitazione i prodotti finanziari emessi da 
banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o 
sottoscrivere azioni, ovvero prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione (art. 
                                                           
17
 F. ANNUNZIATA, op. cit., p. 86. 
18
 A. LUBERTI, Funzione finanziaria e previdenziale dei prodotti assicurativi: riflessi in ordine alla 
regolamentazione e alla vigilanza, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2008, p. 51.
14 
 
100, comma 1°, lett. f)). La ragione dell’esclusione sta nella natura dei prodotti finanziari in 
questione; essi rappresenterebbero prodotti emessi in funzione della tipica attività di 
impresa, bancaria ed assicurativa, che assicurano al risparmiatore la restituzione di un 
importo pari o parametrato a quello ricevuto
19
. Trattandosi di uno scambio di una somma 
di denaro attuale contro una somma di denaro futuro, è essenziale che l’ordinamento 
provveda a instaurare efficaci presidi a tutela della solvibilità dell’ente
20
. Si pone solo sullo 
sfondo, il problema di un controllo dell’informazione fornita al risparmiatore e della 
correttezza nell’attività di gestione del risparmio. 
1.3: Quando l’obbligo di gestione prevale su quello di restituzione. Il problema dei 
prodotti “misti” 
     L’esigenza di tutela del risparmiatore emerge quando prodotti bancari e assicurativi, 
esclusi in toto dall’applicazione della disciplina della sollecitazione all’investimento, 
presentano una marcata componente finanziaria. Il riferimento è a quei prodotti bancari 
emessi sotto forma di strumenti finanziari (e cioè obbligazioni bancarie e certificati di 
deposito
21
) e alle polizze il cui rendimento risulti in varia misura indicizzato o comunque 
collegato alle fluttuazioni di valore di determinati strumenti finanziari. 
     Questi prodotti costituiscono un vero e proprio investimento di natura finanziaria dal 
momento che danno luogo ad una “allocazione di capitale *…+ correlato ad aspettative di 
rendimento”
22
, investimento il cui risultato non è, sempre, garantito; si tratterebbe, per la 
banca o per l’impresa di assicurazione, di una obbligazione “di mezzi” e non di risultato. 
Pur  manifestandosi, in sostanza, le stesse esigenze di informativa e di trasparenza che si 
                                                           
19
 Per quanto attiene ai prodotti bancari, la raccolta del risparmio (nozione strumentale alla costruzione della 
fattispecie della attività bancaria) è proprio l’acquisizione di fondi con obbligo di rimborso. È l’obbligo di 
rimborso che connota il lato passivo dell’attività bancaria. 
20
 Per i prodotti assicurativi, il discorso è solo in parte diverso. Essi sono espressione dell’attività assicurativa 
intesa come operazione finalizzata alla neutralizzazione di un rischio; l’obbligazione dell’assicuratore non è 
tanto la corresponsione di una somma di denaro quanto il trasferimento su di sé del rischio gravante 
sull’assicurato (vedi §§ successivi). Ciò avviene attraverso un’operazione complessa che comunque richiede la 
stabilità patrimoniale dell’impresa di assicurazione. 
21
 Si tratta di titoli di credito al portatore che vengono emessi ed offerti in sottoscrizione ai risparmiatori delle 
banche a tassi superiori a quelli a quelli dei depositi liberi e spesso legati a particolari tecniche di 
indicizzazione. 
22
 COSTI-ENRIQUES, Il mercato mobiliare, in Trattato di diritto commerciale, diretto da COTTINO, Padova, 
2004, VIII, p. 45.
15 
 
manifestano per i prodotti sottoposti alla disciplina della sollecitazione all’investimento 
prevista dal t.u.f., tali prodotti misti non sono sottoposti alla disciplina di cui al t.u.f., 
rimanendo assoggettati alla normativa di settore, maggiormente preoccupata alla tutela 
della stabilità patrimoniale, rispettivamente, delle banche e delle compagnie di 
assicurazione. 
     I prossimi paragrafi saranno dedicati ad una particolare categoria di prodotti “misti”, 
ovvero le polizze di assicurazione sulla vita che presentano una forte componente 
finanziaria. 
2: La valorizzazione della componente finanziaria delle polizze vita come rimedio alla 
svalutazione monetaria. Le polizze “indicizzate” e “rivalutabili” 
     L’assicurazione è un’operazione economica che consente di garantirsi contro le 
conseguenze dannose del verificarsi di un rischio determinato, ripartendole su una 
pluralità di soggetti esposti al medesimo tipo di rischio
23
. Essa si fonda su di un 
procedimento tecnico complesso che consente di determinare preventivamente il costo 
della garanzia e che presuppone la formazione di una massa di rischi, il cui numero e la cui 
omogeneità siano tali da consentire la compensazione, cioè l’equivalenza tra i premi 
versati dai soggetti esposti al rischio e le somme necessarie per far fronte agli oneri 
derivanti dai sinistri. 
     L’assicurazione sulla vita è sempre stata caratterizzata da una componente finanziaria; 
nell’assicurazione tradizionale tale componente era costituita da un’operazione di 
capitalizzazione
24
 delle somme raccolte con i premi. In queste fattispecie, il rischio di 
investimento era interamente a carico dell’assicuratore; il rendimento delle somme 
versate a titolo di premio era modesto ma l’assicurato aveva la certezza di poter contare 
sulla disponibilità di un certo capitale al momento dell’evento.  
                                                           
23
 DONATI – VOLPE PUTZOLU, Manuale di diritto delle assicurazioni, IX edizione, Giuffrè, 2009. 
24
 Con un contratto di capitalizzazione, l’assicuratore si impegna a versare alla scadenza un capitale costituito 
dalle somme versate dal contraente aumentate degli interessi al tasso garantito ( c.d. tasso tecnico) a loro 
volta reinvestiti (capitalizzati) e quindi produttivi di altri interessi. A differenza delle assicurazioni sulla vita, 
tali operazioni non presentano alcun legame con la durata della vita umana, pertanto il premio non sarà 
calcolato in considerazione dell’età e del sesso dell’assicurato sulla base delle tavole di mortalità. Si veda M. 
BELLOTTI, commento all’art.179 in Commentario al codice delle assicurazioni, a cura di M. BIN, Cedam, 2006.