4
 Nel corso della storia la vena si ingrossa: le profonde 
trasformazioni economiche, politiche, sociali e psicologiche, 
susseguitesi sul finire del XIX sec., richiedono un mutamento 
anche nelle modalità di attivazione del consenso dovuto a 
trasformazioni radicali, come la fine delle monarchie per diritto 
divino, che porta la collettività alla ribalta se non come 
protagonista almeno come interlocutore del polo di potere e 
l’allargamento del suffragio in tutti i paesi democratici.  
 A queste contingenze politico/sociali si accompagna 
l’affermazione definitiva del sistema capitalistico, che impone 
un’organizzazione economica il cui motore è la massa dei 
consumatori.
4
  
 Su questo sfondo l’entrata in scena dei fascismi tra gli anni ’20 e 
’30 del’900 comporta la necessità, per l’esistenza stessa di questi 
regimi, di considerare l’incombenza del soggetto/massa che 
organizza lo spazio e gestisce il movimento con il suo peso fisico, 
il suo essere producer of speed.
5
  
                                                 
4
 Cfr. G. Gili, La teoria della società di massa: contesti, problemi, attualità, Edizioni 
scientifiche italiane, Napoli 1990.   
A. Burgio, G. M. Cazzaniga, D. Losurdo (a cura di), Massa, folla, individuo: atti del 
Convegno organizzato dall'Istituto italiano per gli studi filosofici e dalla Biblioteca comunale 
di Cattolica; Cattolica, 27-29 settembre 1990; Quattro venti, Urbino 1992.  
5
 L’espressione è di  Paul Virilio, il quale concepisce la massa come una produttrice di 
velocità, come una moltitudine di “passerby”. Analizzando i processi di diffusione delle idee 
politiche nella società di massa egli pone l’accento sulla “paradossale presenza di circolazione 
in ogni rivoluzione”: l’asfalto diventa un territorio politico, e la metropoli il terreno per la 
trasmissione ideologica, galvanizzata ed animata delle nuove possibilità espressive e 
comunicative del XX sec.  
Virilio giunge alla conclusione che ciò che guida la moderna “società tecnocratica” non sia il 
capitalismo, bensì il militarismo, quello che lui definisce lo stato dromologico, ovvero lo stato 
del movimento.  
Cfr. P.Virilio, Vitesse et politique, Gilée, Paris 1977 [tr.ingl.Speed and  politics An Essay on 
Dromology, Columbia University Press, New  York 1986] pp. 3-23. 
 5
 Il concetto “viriliano” di società tecnocratica è la grande 
intuizione dei fascismi novecenteschi e i fattori della loro 
modernità e della loro longevità risiedono proprio nella 
valorizzazione della congiuntura massa/nuove tecnologie.  
 La tecnologia libera dalle catene dell’immobilità e costringe, 
invece, alla dictatorship del movimento: un “imperativo 
dromologico” che sancisce la supremazia del veicolo comunicativo 
rispetto al messaggio trasmesso. 
“Le masse – sostiene Virilio – non sono né una popolazione, né 
una società, ma una moltitudine di passanti”
6
 che in perenne 
movimento nelle strade diventano essi stessi motore e macchina, in 
altre parole, produttori di velocità.  
Afferma Simmel già nel 1903: “La base psicologica su cui si erge 
il tipo delle individualità metropolitane è l’intensificazione della 
vita nervosa, che è prodotta dal rapido e ininterrotto avvicendarsi 
di impressioni interiori ed esteriori”.
7
 
 Il linguaggio per le nuove masse del XX secolo deve essere, 
allora, moderno, metropolitano, perché è la metropoli la prima 
dimora umana ad essere penetrata dai canali di comunicazione 
rapida, ad essere realmente animated and galvanizing.
8
 
 In questa prospettiva i canali di comunicazione rapida acquistano 
valore inestimabile per i fascismi, che Virilio ritiene “una delle più 
complete rivoluzioni culturali, politiche e sociali dell’Ovest 
                                                 
6
 “The masses are not a population, a society, but the moltitude of passersby.” Ivi, pag.3. 
7
G. Simmel, Die Grosztadte und das Geistesleben, Petermann, Desdren 1903 [tr. it. Le 
metropoli e la vita dello spirito, a  cura di P. Jedlowski,  Armando ed.,  Roma 2001, pag.36]. 
8
 Ivi, pag.4.    
 6
democratico”:
9
 i dittatori europei sfruttano fenomeni sociali come 
spinte vitalistiche, revanscistiche, “dannunziane” e “futuristiche” 
per accrescere il fascino e l’impatto dei mass-media.  
 Hitler, per esempio, è ossessionato dal rapporto con la 
popolazione tedesca: nei suoi discorsi “la voluttà del numero 
zampillante”
10
 si fa clamorosa, egli ritiene che il modo più efficace 
per eccitare e conquistare il favore di una massa sia offrirle il 
miraggio della sua crescita. 
Come ha evidenziato Canetti nel suo saggio Potere e 
sopravvivenza, infatti, “…finché la massa mira al proprio 
accrescimento non ha occasione di disgregarsi”.
11
 
 Lo stato totalitario organizza lo spazio fisico e quello 
comunicativo; stampa, radio, televisione e cinema si associano in 
un coro polifonico che blandisce e lusinga il man,
12
 l’uomo della 
strada. 
 Sostiene Goebbels, capo del Ministero per la Propaganda nazista: 
“chiunque conquista le strade conquista anche lo Stato”.
 13
 
 E’ proprio per azzerare le capacità riflessive delle masse ed evitare 
la compromissione della loro efficienza dinamica che egli impronta 
la sua strategia propagandistica all’insegna della “prassi”, 
                                                 
9
 Ivi, pag. 117. 
10
 E. Canetti, Macht und Ueberleben, Berlino 1972 [tr.it. a cura di F. Jesi, Potere e 
sopravvivenza, Adelphi, Milano 1974, pag. 101], commento a un’  opera di Speer:   
A. Speer, Erinnerungen, Berlino 1969, [trad. it. Memorie del Terzo Reich, Mondadori, Milano 
1971]. 
11
 Ibidem. 
12
 Il Man è l’uomo comune, l’individuo indefinito, qualunque, che si distingue invece dal 
Mann, l’uomo nella sua interezza individuale. 
13
 Frase pronunciata da Goebbels durante un comizio del partito Nazionalsocialista tenutosi e 
Belino nel 1931 e citata da Virilio.  
Cfr. P. Virilio, Vitesse et politique…, op.cit. pag.4. 
 7
esaltando il valore delle parole e delle immagini e promuovendo la 
diffusione degli audiovisivi nella Germania nazista.  
Goebbels è un comunicatore capace di cogliere il segno dei tempi: 
è questa straordinaria inclinazione a costruire l’intelaiatura del 
consenso insinuatosi fin nelle fondamenta della società tedesca, 
garanzia del successo della macchina gerarchica nazionalsocialista.  
 Infatti in Germania, già dalla fine degli anni Venti, la propaganda 
nazionalsocialista diventa martellante:  quando le elezioni del 1932 
si risolvono con una sbalorditiva vittoria del partito nazista e  
Hitler viene nominato cancelliere, dopo l’apertura  dei campi di 
concentramento per dissidenti  a “scopo rieducativi” i nazisti 
capiscono  che se da una parte occorre annientare l’opposizione, 
dall’altra bisogna andare oltre la stählerne Romantik 
(Romanticismo d’acciaio) dei romanzi di guerra e imporre una 
solida egemonia anche in campo culturale.  
Il programma formativo dei nazionalsocialisti si pone soprattutto 
l’obiettivo di contrapporre all’elemento bolscevico/cosmopolita/ 
ebreo quello tedesco/nazionale, per creare un’identità fondata sulle 
differenze dei tedeschi rispetto agli altri popoli e sul presunto 
carattere tedesco della Kultur.
14
 
 Perfettamente in linea con le esigenze della nuova società 
tecnocratica, Goebbels sceglie di usare il mezzo cinematografico, 
                                                 
14
 Già alla fine degli anni ’20 A.Rosenberg definisce la cultura di Weinar una “palude” in cui 
si annidano i Kunstbolscewiken. In questo termine appare evidente l’idea nazista del legame 
tra la rivoluzione operata in campo estetico dalle avanguardie artistiche e quella politico-
sociale avvenuta i Russia.  
Cfr. M. Dalla piazza e C. Santi, Storia della letteratura tedesca - il Novecento, Ed. Laterza, 
Roma 2003, cap. III “Gli anni del nazionalsocialismo e della guerra”, pp.110-178. 
 8
oltre a tutti i canali di comunicazione rapida, come sistema di 
coercizione subordinato a politica ed economia.  
 Piegando nella direzione voluta i prodotti dell’industria 
cinematografica lo Stato nazista foggia i suoi più utili servitori: al 
cinema spetta il compito di “coltivare lo spirito tedesco e la 
mentalità tedesca” e di “trovare le giuste vie politiche, culturali ed 
economiche e incamminarvisi”:
15
 Goebbels intuisce la possibilità 
di strumentalizzazione del mezzo cinematografico come veicolo di 
propaganda e mezzo di persuasione, oltre che come agente del 
rinnovamento della società tedesca.  
Ideologicamente è molto vicino ad uno dei padri fondatori della 
teoria di suggestione delle masse: Edward Bernays,
16
 che definisce 
“la conscia ed intelligente manipolazione delle abitudini 
organizzate e dell’opinione delle masse un importante elemento 
della società democratica”,
17
 ed il controllo delle menti di tali 
masse come pratica inevitabile nella moderna struttura sociale.  
 In sostanza egli concepisce l’idea che i popoli siano governati da 
un ristretto numero di persone che conoscono i processi mentali e i 
pattern sociali delle masse.  
 "I membri più intelligenti di una comunità possono trascinare il 
popolo in tutto ciò che essi desiderano"
18
 sostiene. 
Il modo analogo Goebbels ritiene che le idee siano nelle nuvole: 
“…quando qualcuno riesce a mettere in parole ciò che ognuno 
                                                 
15
  “Der Deutsche Film” in Nationalsozialistiche Monatshefte. Wissenschaftliche Zeitschrift 
der NSPDA, a. II.,  n.21, Monaco, dic. 1931, pag. 25.  
16
 E. Bernays fu membro del Comitato per l’Informazione pubblica statunitense durante 
l’amministrazione Wilson. 
17
 E. Bernays, Propaganda, Horace Liveright, New York 1928, pag.9. 
18
 Ibidem. 
 9
sente nel proprio cuore…”
19
 allora la singola idea diventa la 
“visione del mondo” dello Stato e l’individuo eletto può 
trasmettere la sua forza intellettuale e servirsene per formare la sua 
comunità e trasformarla in un movimento, che organizzato può 
infine conquistare lo Stato.  
Da quanto scritto nei suoi diari e da quanto riportato nei protocolli 
redatti durante le conferenze segrete che si tennero negli uffici del 
PROMI tra il ’39 e il ‘45
20
 emerge la volontà del ministro di 
impiegare sistematicamente il cinema dal vero nel programma 
educativo del Reich, per esaltare l’orgoglio nazionale e, a guerra 
iniziata, inculcare il disprezzo verso lo ξενιχóς, lo straniero che 
minaccia la purezza e il benessere del popolo tedesco.  
A tal proposito nel 1969 il sociologo Gerd Albrecht ha pubblicato 
un’indagine sugli Spielfilm (film politici) del Terzo Reich, nella 
quale insiste sulla questione che “l’effetto dei film 
nazionalsocialisti – costruiti su fondamenti scientifici – non dipese 
tanto da loro stessi, quanto dagli ambienti politici, pubblicistici, 
psichici e sociali all’interno dei quali […] vennero proiettati.”
21
 
                                                 
19
 J.Goebbels, „Erkenntnis und Propaganda“, Signale der Neue Zeit.25, Munich: Zentralverlag 
der NSPDA 1934, pag. 28. 
20
  Cfr. J. Goebbels: 
F. Taylor (a cura di), The Goebbels diaries 1939-1941, ed. F.Taylor, Putnam 1983, [tr. it. I 
diari di Goebbels-1934-41, Sper ling & Kuppler, Milano 1984].  
M. Bistolfi (a cura di), Diario1938, Mondatori, Milano 1996.  
Per i protocolli:  
W. Boelcke, Kriegspropaganda - 1939/41, Deutsche Verlags Anstalt,  Stoccarda 1966 [tr. it. 
La guerra è bella – Goebbels e la propaganda di guerra,  Saggi Vallecchi, Firenze 1973]. 
Le conferenze che si tennero tra l’ottobre 1939 e il maggio ’41 sono pubblicate integralmente 
da Boelcke nel volume originario.  
Per il periodo compreso tra il giugno 1941 e il marzo 1943 Boelcke usa gli appunti degli 
uomini di collegamento del Ministero degli Esteri presso il Ministero della Propaganda, 
integrati da altre fonti. 
21
 G. Albrecht, Nationasozialistische Filmpolitik. Eine soziolofische Untersuchung über die 
Spielfilme des Dritten Reiches, Zitat, Stuttgart 1969, pag. 3. 
 10
 I titoli di molti film di questo periodo sono tragicamente noti: le 
opere di Veit Harlan come Die goldene Staadt (La città d’oro, 
1942), Der grosse Köning (Il grande re, 1941) ma soprattutto Jude 
Süss (Süss l’ebreo, 1940) e Feuertaufe (Battesimo di fuoco, 
1940)
22
 sono i prodotti dell’attenta politica cinematografica del III 
Reich, che monopolizzò la produzione di film dal vero, 
cinegiornali e documentari, creando una solidissima impalcatura 
mass-mediatica con la quale diffondere idee, notizie distorte e 
soprattutto manipolare l’opinione pubblica a proprio piacimento.  
Meno noto, o meglio completamente sconosciuto ai più, l’impiego 
del cinema d’animazione come mezzo di persuasione.  
 Eppure il cartone animato viene massicciamente impiegato a 
scopo propagandistico fin dalla Prima guerra mondiale e trova 
largo impiego nella Germania del III Reich.
23
 
Il cinema d’animazione riveste un ruolo non trascurabile, per la sua 
capacità di coniugare la concretezza del messaggio politico con 
l’innovazione estetico/linguistica. 
 Il presente lavoro verterà sul cartone animato come 
attualizzazione, integrazione e soluzione del contrasto generato 
dalla convivenza, nella storia culturale della Germania 
nazionalsocialista, di istanza opposte: assistiamo, infatti, 
all’intrecciarsi simultaneo del patrimonio culturale autoctono 
                                                 
22
 Venne presentato a New York il 30 aprile 1940 ed è una versione di un film, mai visto in 
america, dal titolo Feldzung in Polen, presentato a Berlino l’8 febbraio dello stesso anno.  
Cfr. S. Krakauer, From Caligari to Hitler. A Psycological history of the German Film, 
Princeton University Press 1947 [tr. It. a cura di L. Quaresima, Da Caligari a Hitler : una 
storia psicologica  del cinema tedesco, Lindau, Torino 2001, p. 331-32, nota 1].   
23
 Cfr. G. Alonge, Il disegno armato – cinema di animazione e propaganda bellica in Nord 
America e Gran Bretagna (1914 -45), Clueb ed., Bologna 2000, pag. 15. 
 11
(sottoforma di fiabe, che costituiscono l’intelaiatura mitologica 
moderna) con l’irruzione violenta nella modernità.  
Per motivare la scelta è necessario in primo luogo esplicitare la 
natura duplice del cartone animato: ha un piede nel passato e un 
piede nel futuro.  
 Raccoglie, infatti, la vastissima eredità folklorica delle fiabe 
romantiche, ma contemporaneamente, per esistere, ha bisogno 
della tecnologia moderna.   
 E’ un “evento visivo” straordinariamente attraente che investe su 
diversi fronti: da un lato fa leva sull’universo infantile per i suoi 
legami con la fiaba, dall’altro seduce con la voluttà del disegno in 
movimento; è la possibilità, in mani umane, di creare un mondo di 
sogni dove tutto può accadere.  
 La forza di tali potenzialità viene ben presto compresa e il Cartone 
Animato, ancor più del cinema dal vero, diviene campo di elezione 
per la variazione di meccanismi percettivi, nonché del loro 
controllo da parte di sistemi di potere autoritari che ne fanno 
veicolo di ideologia.  
 Come fa notare Georg Simmel nel suo studio sociologico della 
società di massa, la coscienza dell’uomo “…viene stimolata dalla 
differenza fra l’impressione del momento e quella che precede”:
24
 
contribuiscono a gettare le fondamenta sensorie della vita psichica 
delle masse l’accumularsi veloce di immagini cangianti, il 
contrasto brusco che si avverte entro ciò che si abbraccia in uno 
sguardo, il carattere inatteso di impressioni che si pongono 
                                                 
24
 G. Simmel, op. cit., pag.36. 
 12
all’attenzione; tutte caratteristiche della visione cinematografica e, 
ancor più, di quella del Cartone Animato. 
 Alla luce di tali premesse questo lavoro si occuperà di chiarire il 
ruolo del cartone animato nella costruzione del regime e della 
gerarchia del Nazionalsocialismo. 
 In generale, durante il secondo confitto tutte le principali nazioni 
si servono dell’animazione come mezzo di propaganda: gli 
Americani realizzano quasi 300 cartoons, costituendo il corpus più 
consistente ed analizzato del periodo.   
 Il messaggio propagandistico nel cartone animato viene diffuso 
con le stesse forme del cinema dal vero tra le due guerre mondiali, 
tali forme possono così essere classificate: 
25
 
 
1) disegni animati di intrattenimento con soggetto-bellico politico 
 2) disegni animati realizzati da strutture governative o 
commissionati dal governo a compagnie private per stimolare 
determinati comportamenti collettivi  
 3) film di istruzione per le forze armate  
 4) mappe animate per cinegiornali e documentari (fig.5) 
   
 La produzione tedesca dello stesso periodo, però, non è stata mai 
analizzata in forma monografica e pochi accenni le sono riservati 
nel ristretto numero di opere che si occupa della storia del Cartone 
animato o del cinema d’animazione propagandistico. 
                                                 
25
 Cfr. G. Alonge, op. cit., pag. 12. 
 13
 In generale, rileva Gaime Alonge, “[…] l’uso del cinema di 
animazione come veicolo di propaganda bellica è restato un 
soggetto largamente inesplorato […] non esiste uno studio 
complessivo sull’uso dell’animazione durante le due guerre 
mondiali”.
26
  
 Le analisi dei film di animazione sono disperse in una vasta massa 
di pubblicazioni differenti: storie generali del cinema di 
animazione, storie nazionali, monografie sui singoli autori, 
manuali tecnici.
27
 
 Gli unici a riportare qualche dato in merito alla questione in 
Germania sono Annika Schoemann nella sua Storia del Cinema 
d’animazione tedesco,
28
 lo stesso Alonge, che fa qualche rapido 
accenno alla produzione tedesca in un’opera dedicata alla 
propaganda bellica ed ai cartoni nord-americani e britannici
29
 ed  
                                                 
26
Ivi, pp. 4-5. 
27
 Cfr.: 
S. Ejzenstein, Walt Disney, a cura di E. Bruno e E. Ghezzi, Ed. La  Biennale di Venezia, 
Venezia 1985 [tr. it. Walt Disney, a cura di Sergio Pomati, traduzione di Monica Martignoni, 
Testi e documenti 138, Pioltello (Mi) 2004]. 
R. Ormanni, Cartoon non vuol dire cartone -122 anni di cinema d’animazione. Ed. Tempo 
Lungo, Ed. Cuzzolin, Napoli. 
G. Rondolino, Storia del cinema d’animazione, Utet Libreria, Torino 2000. 
W. Alberti, Il cinema di animazione- 1832-56, Ed. RADIO  ITALIANA,   Torino 1957. 
E. Gianieri, Storia del cartone animato, Ed.Omnia, Milano 1960. 
G. Bendazzi, Il movimento creato: studi e documenti di ventisei saggisti sul cinema 
d'animazione, Pluriverso, Torino 1991.  
W. Moritz, "Resistance and Subversion in Animated Films of the Nazi Era: the Case of Hans 
Fischerkoesen." in Animation Journal, n. 1, anno 1997, pp. 4-33.………………….. 
Revised and republished as W. Moritz,. "Resistance and Subversion in Animated Films of the 
Nazi Era: the Case of Hans Fischerkoesen." A Reader in Animation Studies. Ed. Pilling, 
Jayne. London: John Libbey, 1997. 
28
 A. Schoemann, Der Deutsche Animationsfilm.Von den Anfängen bis zur Gegenwart 1909 – 
bis 2001. Gardez! Verlag, Remscheid, 2003. 
29
 G.Alonge, Il disegno armato – cinema di animazione e propaganda bellica in Nord 
America e Gran Bretagna (1914 -45),op. cit. 
 14
infine Sèbastien Roffat.
30
  Nel suo saggio dedicato all’animazione 
del secondo conflitto mondiale, egli ha ricostruito brevemente 
anche le tappe fondamentali dell’Animazione tedesca, creando così 
un riferimento essenziale per un lavoro il cui intento è dedicarsi 
unicamente al cartone animato prodotto in Germania in un periodo 
compreso tra il 1937 e il 1944.   
 
 “In partenza non si può negare che, in misura diversa, tutti i 
film sono portatori di una determinata visione del mondo, ma 
è bene osservare più da vicino le caratteristiche delle opere 
che intendono svolgere un discorso politico o 
propagandistico, che si propongono determinati obiettivi fin 
dalla costituzione di un tema, che rappresentano vicende 
ambientate in precisi momenti storici”.
31
 
 
 Questa considerazione di Brunetta sul cinema dal vero è 
altrettanto valida per il cartone animato. 
 I film che saranno analizzati sono sintomatici di un preciso 
momento evolutivo dei modelli ideologici e culturali che il Terzo 
Reich intendeva trasmettere: se pure hanno un’attenzione 
privilegiata per un pubblico infantile e semi-adolescenziale, non 
arrivano mai a livelli di trasmissione elementari, anzi.  
                                                 
30
 S. Roffat, Animation et propagande – Le dessins animé pendant la Seconde  Guerre 
mondiale, l’Harmattan, Parigi 2005.  
Inoltre Monosieur Roffat ha recentemente tenuto una conferenza per presentare il suo lavoro.   
Il suo intervento si è inserito nell’ambito di una rassegna promossa dall’ association Cinéma 
et Musiques  tenutasi il 27 aprile 2006 a Parigi, presso l’anfiteatro n.24 dell’Université 7 ( 2, 
place Jussieu ). Il titolo della rassegna era: Dessin animé et propagande (1940-1945). 
31
G. P. Brunetta, op. cit. pag.103. 
 
 15
 Le opere che presenteremo sono fortemente pregne di 
connotazioni politiche, in costante rapporto dialettico con il piano 
amministrativo nazista e niente affatto escluse dai procedimenti 
linguistici utilizzati nei “film dal vero” per adulti. 
 Punto finale delle analisi sarà riservato all’identificazione dei 
procedimenti retorici, in larga parte esemplati sul modello 
statunitense, per l’esattezza su quello disneyano, che portarono 
all’elaborazione di un vero e proprio piano produttivo dei cartoni 
animati filo-nazisti, all’insegna di un totale consenso al sistema 
governativo.  
 Nel caso dei trickfilm, infatti, l’unità ideologico/morale è totale, 
anche se l’armonizzazione tra le intenzioni ed i messaggi stenta a 
concretizzarsi, più per una carenza tecnico/espressiva che per una 
mancata convinzione nell’allineamento.  
 Le fasi evolutive del cartone animato sotto il controllo nazista 
saranno individuate attraverso un numero limitato di trickfilm, 
ognuno dei quali appartiene ad una specifica fase di sviluppo del 
Cartone nazista.  
 Alcuni trick saranno poi paragonato ad un coevo prodotto 
statunitense, per verificarne similitudini e differenze, ma 
soprattutto per inserirlo nel piano generale di emulazione del 
cartone americano che coinvolse i più alti vertici della gerarchia 
nazista.                                                                                         
nApprocciare storicamente questa cinematografia comporta seri 
problemi: in primo luogo anche le opere di carattere generale 
mancano spesso di sezioni monografiche riguardanti il cartone 
 16
animato tedesco, che il più delle volte è introdotto solo con 
riferimento alle avanguardie astratte degli anni trenta.  
 Pochissimi testi arrivano al dopoguerra e se lo fanno omettono 
completamente il periodo prebellico e bellico.  
 Questo per la quasi totale irreperibilità dei film, la maggior parte 
dei quali ha rivisto la luce solo alla fine degli anni ’90 del secolo 
scorso, e per un disinteresse verso opere il cui valore artistico 
effettivamente è al di sotto degli standard dell’epoca.  
Si deve ad un documentario realizzato nel 1999 da Ulrich Stoll, dal 
titolo “Hitlers Traum von Michey Maus”, la ricostruzione del 
corpus filmografico del periodo tra il 1934 e il 1945.  
 Ultimo problema che per lungo tempo ha spinto gli storici ad 
ignorare completamente o ad evitare questo corpus filmografico, il 
riserbo del popolo tedesco nella cessione di informazioni e di  
materiale riguardante un periodo così oscuro della propria storia.       
lLeggeremo nel corso delle analisi dichiarazioni negazioniste degli 
stessi cartoonists che si occuparono della realizzazione di questi 
trickflime di propaganda, a dimostrare una profonda volontà di 
insabbiamento di un processo di allineamento politico del cartone 
tedesco che non si discosta da quanto avvenuto negli Stati Uniti, in 
Canada e in Inghilterra…con la differenza che il tutto venne fatto a 
sostegno della fazione “sbagliata”, il che gettò su questi lavori 
un’onta di infamia storicamente indelebile, che ha impedito una 
fredda valutazione dei fatti e delle linee portanti del loro stile, al di 
là dei coinvolgimenti emotivi dovuti all’indiscutibile aberrazione 
dei messaggi da essi trasmessi.   
 17
 
 
- Cap.I Il trickfilm in Germania: il patrimonio 
nazionale a confronto col colosso statunitense. Viaggio 
verso la “disneyzzazione” del cartone di propaganda. 
  
 
 
  
1.1. Il cartone animato tedesco tra i due conflitti mondiali: gli 
autori, i generi e le tecniche.    
  
  
 La ricostruzione del corso evolutivo di tecniche e generi animati 
tedeschi nel periodo compreso tra i due conflitti mondiali 
consente di assegnare agli artisti allora operanti in Germania un 
ruolo di particolare rilievo nella storia del Cartone Animato e, 
soprattutto, permette di chiarire in quali tempi e per quali ragioni 
i cartoonist attivi sotto il III Reich subirono una vera e propria 
“sudditanza artistica” rispetto ai contemporanei colleghi 
statunitensi.  
 L’emulazione della coeva produzione americana fu l’imperativo 
primario che guidò l’attività di produzione di trickfilm diretta dal 
PROMI, a dispetto di una salda e gloriosa tradizione nazionale 
che vantava nomi di rilievo mondiale nella storia del Cartone.  
 La paternità statunitense di molte innovazioni tecniche, già dalla 
metà degli anni ’10 del’900, creò un divario qualitativo tra i 
prodotti europei e quelli americani difficilmente colmabile.