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INTRODUZIONE
Il presente lavoro vuole essere un disamina, sia pur in forma sintetica, dei mezzi
della promozione cinematografica ed, in particolare, di alcuni aspetti del
fenomeno trailer, nato ed evolutosi con il cinema.
In Teorie del cinema 1945 – 1990, Francesco Casetti dichiara che dal
secondo dopoguerra quattro fenomeni hanno influenzato l’elaborazione teorica sul
cinematografo: il riconoscimento del cinema come forma di cultura, la
specializzazione degli interventi, l’internazionalizzazione del dibattito e la
pluralità dei modi di procedere nel far teoria
1
. Diversi approcci alla nascita e allo
sviluppo della “fabbrica dei sogni” hanno, dunque, promosso l’evolversi di
percorsi teorici diversi sia nei presupposti sia negli obbiettivi. Si svilupparono,
infatti, tre tipi di teorie filmiche, tre paradigmi, ovvero tre «differenti modelli
secondo cui impostare, condurre e esporre un’indagine. In particolare, […] tre
aree: quella estetico-essenzialista, quella scientifico-analitica, e quella
interpretativa»
2
, ciascuna con i suoi bisogni, le sue risorse, i suoi ambienti, i suoi
strumenti e i suoi percorsi. Secondo quanto afferma Casetti, il primo paradigma si
sviluppa come “teoria ontologica”, il secondo paradigma è quello delle “teorie
metodologiche”, ed infine il terzo paradigma è quello delle “teorie di campo”. I
tre tipi di teorie rappresentano un complesso di idee, di procedure e di risultati
connessi ai profili intellettuali di chi fa ricerca, e dunque anche uno schema di
riferimento condiviso da un preciso gruppo di studiosi.
1
Per l’approfondimento di questi fenomeni si rimanda a F. CASETTI, Teorie del cinema 1945-
1990, Bompiani, Sonzogno, 1993.
2
Ivi, p. 15.
4
Il primo capitolo pone l’attenzione sul terzo paradigma, e cioè sulle teorie
di campo, approcci teorici adottati da ricercatori del settore cinema i quali
condividono le medesime preoccupazioni riguardo al mezzo cinematografico e lo
affrontano ponendosi una domanda fondamentale: «quali problemi suscita il
cinema e come può illuminarli o esserne illuminato?»
3
. Tale interrogativo, che
sottende tutte le teorie di campo, «evidenzia una sorta di dialogo tra lo studioso e
l’oggetto dei suoi studi, e con esso sia una disponibilità del primo ad aprirsi agli
eventi, sia una capacità del secondo a costituire un vero e proprio campo di
investigazione»
4
, o “campo di indagine o di osservazione”. Il modo di procedere è
l’esplorazione: lo specialista “scandaglia” il fenomeno per mettere a fuoco delle
problematiche o individuare degli specifici campi di questioni che riguardano
direttamente o trasversalmente il fenomeno cinema. L’esplorazione è condotta per
lo più dagli specialisti del settore cinema, ma vi partecipano anche studiosi di altri
ambiti disciplinari, i quali nel cinema hanno trovato un ulteriore campo
d’applicazione e di studio rispetto ai loro interessi. Dunque, ciò che accomuna
tutti i ricercatori, sono gli stessi campi di questioni individuati e le stesse
problematiche sollevate attorno a cui lavorare, ma la conoscenza messa in gioco
ruota attorno a più oggetti di ricerca, più procedure d’indagine e gruppi di
studiosi, per cui è una conoscenza trasversale. Grazie al rapporto che si instaura
tra osservatore ed osservato col procedimento dell’esplorazione, il critico, più che
alla ricerca di un accertamento dell’indagine effettuata (come per le teorie
metodologiche) o la verità delle affermazioni asserite (come per le teorie
ontologiche), mira «alla qualità delle domande poste al cinema e alla densità delle
3
Ivi, p. 17.
4
Ibid.
5
risposte che esso fornisce. Con ciò vengono messi in rilievo parametri quali
l’interesse della ricerca, la produttività dei dati e la singolarità delle osservazioni:
[…], la pregnanza del discorso»
5
. In merito, conclude Casetti che «Diventa perciò
essenziale capire che cosa bisogna chiedere al cinema per cogliere per davvero il
significato e insieme che cosa il cinema vuole che gli si chieda per rivelare il
proprio spessore»
6
.
Nella prima parte dell’elaborato, le teorie di campo a cui si fa riferimento
sono quelle emerse a partire dal 1968, l’anno che segna l’avvio di un dibattito
generale sui rapporti tra cinema e ideologia. In particolare, a partire dal
sessantotto, si parte dal presupposto che «il cinema esprime in proprio delle
istanze politiche, e le propone alla riflessione di tutti»
7
. Il “campo di questioni”,
qui esposte, sono quelle che esplorano e si interrogano sull’essenza politica della
macchina da presa, cioè il ruolo politico che assume il mezzo che si usa. Da
queste premesse, si è esposto il dibattito che è andato sviluppandosi riguardo
l’esplorazione dei valori ideologici del cinema, per introdurre infine, seguendo le
conclusioni di Jean-Louis Comolli, la nozione di istituzione cinematografica già
emersa nell’ambito delle teorie metodologiche. Tale premessa è necessaria per
passare poi con l’ausilio delle stesse teorie all’analisi del fenomeno ‘trailer’. Le
teorie metodologiche appartenenti al secondo paradigma sono adottate da studiosi
di diversi ambiti disciplinari i quali sono però accomunati dal fatto che tutti
affrontano il cinema applicando ad esso i propri specifici strumenti di indagine. Il
loro interrogativo di partenza è sempre «da quale punto di vista vada osservato il
5
Ivi, p. 18.
6
Ivi, pp. 193-194.
7
Ivi, p. 200.
6
cinema e come appare colto da quella prospettiva»
8
. A partire da questa domanda
si esplora il fenomeno interrogato impostando la condotta di ricerca secondo un
metodo specifico, e cioè si modellano i dati sistematicamente raccolti sul
fenomeno in questione secondo una determinata prospettiva appartenente ad un
determinato campo disciplinare: sociologia, psicologia, semiotica, o psicoanalisi.
Dunque, il modo di procedere è l’analisi, per giungere a una conoscenza
prospettica ed evidenziare esattamente ciò che è pertinente all’interno di
quell’approccio teorico, e cioè se si osserva il cinema secondo quel particolare
“vetrino scientifico” (psicologico, sociologico, psicoanalitico o semiotico). La
finalità di questo modo di procedere è scientifica perché si imposta una condotta
di ricerca secondo una certa ottica per trovare le leggi di funzionamento nonché
gli effetti del fenomeno indagato. L’unità di misura delle teorie metodologiche è
la correttezza dell’indagine effettuata, si invoca un accertamento più che una
verità, perché si opera sulla base di uno sguardo specifico. L’istituzione cinema è
frutto delle teorie metodologiche che operano sulla base di un approccio
sociologico, la nozione fa riferimento ad «un vero e proprio sistema, capace di
integrare aspetti diversi, di dettare regole di comportamento, e di dare statuti
precisi ai suoi componenti»
9
; quindi tra le componenti dell’istituzione cinema
rientra di diritto l’attività di promozione.
Facendo riferimento alle teorie metodologiche, nel secondo capitolo ho
analizzato un piccolo particolare elemento di quel fatto complesso che è il cinema,
e cioè, il trailer. Infatti, se il cinema è comunicazione che a sua volta deve essere
comunicata, il trailer si pone come forma breve di comunicazione con un proprio
8
Ivi, p. 16.
9
Ivi, p. 119.
7
statuto ed un proprio fine: un prodotto audiovisivo, il trailer, che comunica un
altro prodotto audiovisivo, il film. In particolare, questo strumento di diffusione
pubblicitaria relativo al cinema è stato qui indagato con quelle teorie
metodologiche che operano sulla base di un approccio sociologico. La disciplina
di riferimento è, quindi, la sociologia, poiché a mio avviso, «il cinema è “un fatto
umano, la cui unità e la cui realtà profonda non possono essere e comprese che
grazie all’attenzione convergente di tutte le discipline che hanno l’uomo come
oggetto”»
10
. La validità di questo approccio metodologico è che «“ogni film […]
deve essere esaminato come una cosa”; la soggettività di cui si carica può e deve
essere studiata oggettivamente»
11
.
A partire da qui, i suoi caratteri controllabili empiricamente, le domande
relative all’efficacia del cinema in quanto mezzo di propaganda e quelle relative
alle sue influenze sul pubblico «“sono in grado di illuminarci sulle zone d’ombra
della nostra società”»
12
. Il percorso che si è tracciato, è stato, un’analisi del trailer
seguendo le aree di ricerca
13
entro cui la sociologia ha operato riguardo al cinema:
l’idea d’istituzione cinematografica di Friedmann e Morin, cioè quel sistema che
integra componenti diversi, detta delle regole di comportamento e da statuti
precisi a suoi componenti; il cinema inserito nel più ampio quadro dell’industria
culturale per la predisposizione a mercificare i suoi prodotti intellettuali, nel
nostro caso i film, tramite mezzi come le locandine, i trailer e i teaser che si
configurano come le reclame dell’industria culturale; gli aspetti socio-economici
del cinema, una realtà parallela a quella artistica che produce un’ “economia
10
Ivi, p. 118.
11
Ibid.
12
Ibid.
13
Cf. CASETTI, Teorie del cinema, p. 119.