In particolare vedremo come le teorie sulla società postindustriale a livello generale, svelino delle 
analisi interessanti sulle questioni relative al soggetto e soprattutto di quei fattori che scaturiscono in 
lui una sorta di “collera”, dalla quale si sviluppa  appunto quella reazione che riguarda il tentativo di 
un  controllo sul suo corpo. 
Prendo in considerazione le analisi del sociologo americano Daniel Bell, guardando al ruolo 
dell’attore sociale nella società postindustriale. Per Bell l’individuo si staccherebbe dal 
coinvolgimento sociale per andare verso  un appagamento dei suoi piaceri individuali, per una 
ricerca dell’edonismo e dell’individualismo. E’ in questo punto che l’interesse si sofferma per la 
contraddittorietà che innesca: al processo di razionalizzazione delle società post-industriali si 
contrappone l’individuo che cerca la propria felicità e non l’utilitarismo. 
Si introduce il concetto di soggettivizzazione che voglio affrontare come processo di reazione alla 
globalizzazione e a tutte le dinamiche che essa comporta: nella limitazione delle libertà di scelte 
individuali, di standardizzazione dei prodotti di consumo e delle mancanti identità individuali che 
essa comporterebbe nello stato dell’essere. Quindi il concetto di soggettivizzazione come controllo 
del proprio tempo e della propria persona anche attraverso la gestione della propria nutrizione.  
Guardare alla nutrizione  sia come cultura e storia del cibo, sia come educazione sensoriale e 
alimentare dove nello  Slow Food  si applica attraverso “Laboratori del gusto” e attività di Master 
of Food. 
Ho analizzato il contributo di Alain Touraine che appoggia le tesi di una nuova presa di coscienza 
di se stessi, da parte dell’individuo, vista durante il corso dei cambiamenti sociali.  
Citare a tal proposito alcuni concetti del pensiero del sociologo polacco Zygmunt Bauman sulla 
ricerca di identità, nell’attuale condizione post-moderna di insicurezza e “fluidità”. 
“Slow Food”, si muove in un campo dove l’elemento dell’identità, si costituisce nel cibo e nel vino 
che rappresentano, oggi più di ieri, medium di esplorazione di un territorio ma anche di convivialità, 
nuove conoscenze, ridefinizione della propria identità.  
La ricerca di identità è uno dei temi chiave per il pensiero sociologico contemporaneo e, nell’attuale 
condizione post-moderna di incertezza e fluidità, costruirla e mantenerla solida, come l’era moderna 
si prospettava di fare, è difficile, perchè questa stabilità viene meno, e la ricerca di identità deve 
lasciare aperte molte possibilità, mantenersi fluida. 
“Slow Food” vuol dire anche, vedere il “cibo” individuando nelle tradizioni alimentari, una chiave 
d’accesso di comunicazione interculturale; ma oltre all’elemento comunicativo, il recupero e la 
salvaguardia delle culture e tradizioni gastronomiche locali, che sottolineano l’identificazione e 
l’originalità di un territorio e, danno senso a tale fenomeno che nasce proprio come reazione alle 
tendenze omologatrici prodotte dalla globalizzazione. L’interesse sempre più diffuso per le culture 
alimentari e materiali locali, la nascita stessa di un movimento come quello dello Slow Food, sono 
una reazione all’omologazione e alla perdita di identità dei cibi e alla ricerca del “retrogusto storico 
di un cibo” (Massimo Montanari). 
Affronterò questioni e temi generali sul dominio a cui è sottoposto l’individuo e dimostrare che 
allineandosi con uno “stile di vita slow food”, si può controllare e soprattutto riappropriarsi di 
quelle forme che sono all’origine delle nostre identità. 
Ogni giorno, compiamo gesti abituali, ci muoviamo al ritmo delle scadenze esterne o personali e 
progettiamo il futuro. Eppure le esperienze quotidiane sembrano sempre di più dei frammenti di 
vita individuale, facciamo esperienza di un tempo sempre più frammentato, ma un’altra 
dimensione importante dell’esperienza del tempo è quella del ritmo. La nostra vita biologica, di 
esseri naturali inseriti in un ecosistema, è segnata dal ritmo della natura e questa porta con sé, 
l’alternanza di velocità e lentezza, di movimento e di quiete. Nel susseguirsi delle stagioni come 
nel ritmo del respiro, il tempo della natura alterna tensione e distensione, accelerazione e pausa. Di 
questo tempo inscritto nel nostro corpo possiamo dimenticarci, ma non possiamo farne a meno. 
Possiamo rispettarlo o fargli violenza, ma la nostra esperienza temporale è sempre, che lo 
riconosciamo o no, anche un grande respiro che ci connette al cosmo(Alberto Melucci, Il gioco 
dell’ io, 1991). 
Il tempo sociale intanto si carica di valenze positive perché è inteso principalmente come tempo 
libero che permette di soddisfare anche un tipo di turismo culturale: una forma di turismo che 
intende un bisogno frutto di quell’aumento di soggettività che osserviamo sia nei singoli sia nei 
gruppi, che si traduce turisticamente in un mercato dove la domanda, in continua crescita, è 
sempre più segmentata e differenziata; Nel soggetto cresce il bisogno di una ricerca della propria 
identità intesa come senso di appartenenza ad un territorio ed espressa attraverso la ricerca e il 
contatto fisico con “madre terra” e più in generale con l’ambiente naturale. 
Le tappe fondamentali di Slow Food sono: la rivolta contro McDonald’s e la nascita del movimento, 
la valorizzazione delle risorse umane e territoriali, la necessità dell’educazione al gusto, l’opera di 
salvaguardia delle specie vegetali e animali e il rilancio delle produzioni tipiche e tradizionali.     
Cercherò di affrontare la storia alimentare che è alle nostre spalle e che non può essere 
sottovalutata, dopo anni di insicurezza e di quiescenza alla legge del reciproco profitto, del 
produttore e del consumatore, riassunta nello slogan “costi bassi e qualità minima”. 
I veri antidoti al malessere  dei gastronomi del XXI secolo sono l’assunzione delle responsabilità 
nei confronti del futuro, con la salvaguardia di un patrimonio fatto di memoria, di biodiversità e di 
capacità creative, e l’affermazione di un principio del piacere che è indispensabile per dare 
fondamento alle strategie che siamo di volta in volta chiamati a elaborare. 
 Inoltre viene effettuata un’ analisi del contenuto; prendo in considerazione un campione di quaranta 
persone che hanno a che fare con l’ organizzazione dello Slow Food; tramite l’esperienza personale 
che questi intervistati hanno nel movimento, analizzo alcuni temi chiave, come può essere 
l’importanza della convivialità, il recupero di antiche tradizioni culinarie, l’importanza della propria 
conoscenza sensoriale, la comunicazione interculturale e intersoggettiva, il recupero della lentezza, 
come “un tempo pensato per se stessi”, la resistenza dei piccoli produttori contro le forme del 
mercato globale.  
 
 I    IL CONTROLLO DEL CORPO  
 
1. 1  Lentamente 
 
La nascita nel 1986 di Slow Food, un’associazione che ben presto diventa “Movimento 
Internazionale”, prende forma intorno a un gruppo di giovani  impegnati a Bra in Piemonte, nelle 
attività legate all’Arci, l’associazione nazionale ricreativa della sinistra. 
La realtà in cui vivono questi giovani, è stata attraversata intorno alla metà degli anni Settanta, 
dall’acuirsi della modernizzazione, che ha investito le stesse attività artigianali, i modi di impresa e 
gli orientamenti culturali della popolazione
1
. 
Un’economia locale che si modernizza ma rimane anche legata alle tradizioni produttive di un 
agricoltura parcellizzata e di singole imprese artigianali. Una vita sociale in cui sussiste un tessuto 
associazionistico dalle origini radicate nelle organizzazioni che cominciano a sorgere nell’Ottocento 
nel mondo agricolo,  quella operaia, commerciale e artigianale.  
In questo contesto si spiegano anche le attenzioni rivolte al patrimonio enologico, agricolo e 
commerciale, che si combinano con quella antica e, di cui la stessa Arci è discendente.    
L’esperienza all’interno dell’Arci, le capacità organizzative sperimentate sul territorio, la nascita di 
una base operativa e il costituirsi di una rete di contatti in tutta Italia, rappresentano i tasselli che, 
sulla base di affinità e interessi comuni, a livello di cultura alimentare e di sensibilità alle tematiche 
enogastronomiche, disegnano la fisionomia di questo gruppo di giovani. 
Nel corso di pochi anni, questo stesso gruppo con appendici sparse  diventa un associazione 
mondiale in grado di raccogliere i suoi membri intorno al tema del vino e del cibo, del recupero 
delle tradizioni agroalimentari, della difesa dei prodotti tipici, della promozione della convivialità. 
In questa prospettiva l’associazione si propone come originale approccio all’ enogastronomia, 
rivolgendo la propria attenzione a discipline come la filosofia, la sociologia, la letteratura, 
l’antropologia che apportano contributi in questa direzione. 
Slow Food si propone con cibi di divulgare, studiare e conoscere la cultura materiale, salvaguardare 
il patrimonio agroalimentare dal degrado ambientale, dal punto di vista del profilo organolettico del 
cibo, costantemente impoverito, e degno invece di una produzione di qualità, operare nell’interesse 
del consumatore e della buona produzione, e infine proporre un approccio al cibo basato sul 
vantaggio edonistico della conoscenza approfondita, dell’educazione sensoriale e del convito 
armonioso, rafforzando così un’identità comune. 
                                                 
1
 Carlo Petrini, Slow Food.Le ragioni del gusto. 2001 
 1
Il compito della nuova associazione consiste nel coniugare qualità eccellenti e prezzi abbordabili, 
godimento e salute, dolcezza del vivere e consapevolezza sociale, velocità e ritmi lenti. 
Nel 1987, con la stipulazione del Manifesto dello Slow Food, si definiscono a chiare lettere le 
motivazioni del perché si sia delineata un’iniziativa  del genere: si invita a “prevenire il virus del 
fast con tutti i suoi effetti collaterali, con una proposta per un progressivo quanto progressista 
recupero dell’uomo, come individuo e specie, nell’attesa bonifica ambientale, per rendere di nuovo 
vivibile la vita incominciando dai desideri alimentari.”
2
 
L’organizzazione si propone in questo contesto di sposare la lentezza della vita e non solo del cibo:  
l’espressione di un’attenzione da parte del “mondo”, per i rapporti tra ideologia ed estetica, per 
permettere di  incidere sulla vita quotidiana. 
Soprattutto le valenze sociologiche che si celano dietro a tali presupposti, rimandano alla volontà di 
ricostituire, di recuperare, di salvaguardare il significato più intimo a cui il cibo è legato; se i nuovi 
modelli alimentari propongono stereotipi che calpestano le culture locali, Slow Food invita a 
recuperare la memoria dei codici gastronomici regionali; se i luoghi della ristorazione veloce 
propongono ambienti asettici e senza identità, si riscoprano il calore delle osterie tradizionali, il 
fascino dei caffè storici, la vivacità dei laboratori artigianali; se la trasmissione dei saperi 
tradizionali della cultura materiale, rischia di essere interrotta da stili di vita e di alimentazione che 
hanno sposato logiche industriali, se un’alimentazione dissennata e i ricorrenti casi di sofisticazione 
minacciano la nostra salute, si riscopra il benessere di un cibo sano, rispettando la natura. 
 Slow Food riconoscendo innanzitutto il valore dell’identità gastronomiche locali, va a contrastare 
quei meccanismi negativi, attivati dai processi di globalizzazione; 
Se pensiamo agli effetti del passaggio da una società rurale rimasta immutata per secoli, a un Paese 
che si allinea al modello di sviluppo delle nazioni più ricche (Stati Uniti per primi), profondi sono 
stati i mutamenti negli stili di vita, nella mentalità collettiva, nei modelli di consumo, persino nel 
paesaggio. E una grande metamorfosi ha segnato anche il modo di alimentarsi. 
Già dagli anni cinquanta, le nuove tendenze e il mutare degli stili alimentari indotti dall’imporsi 
della famiglia nucleare, dall’aumento del potere di acquisto, dalla diminuzione dei lavori pesanti, 
dall’ingresso delle donne nel processo produttivo, hanno come conseguenza che i consumi si 
delocalizzano e , grazie alla maggiore facilità dei trasporti, si globalizzano; grazie alle tecniche di 
conservazione è possibile reperire prodotti “freschi”, in ogni periodo dell’anno e dovunque; La 
cucina territoriale entra in crisi, così come la convivialità familiare, che negli Stati Uniti è morta con 
il dilagare dei tv-dinners , le cene cucinate al microonde e consumate in solitudine davanti allo 
schermo. 
                                                 
2
 Carlo Petrini, Slow Food. Le ragioni del gusto. 2001 
 2
L’intento di  Slow Food, è proprio quello di ricomporre una conoscenza dell’esperienza sensoriale, 
intesa come recupero di queste capacità da parte dell’uomo moderno, dove l’attenzione si focalizza 
per la qualità dell’ alimentazione e più in generale, per alcuni aspetti della quotidianità; inoltre c’è 
l’intento di recuperare  una cultura materiale da vivificare più che museificare. Questo perché un 
grosso patrimonio di saperi relativi alla coltivazione di frutti e verdure, all’allevamento degli 
animali, alla elaborazione di specialità artigianali e degli stessi piatti di tradizione locale è andato 
perduto. 
La “lentezza” si fa strada in quel pensiero di senso comune, più o meno profonda, come 
controtendenza rispetto all’accelerazione illimitata, all’affannamento, al vivere e pensare frettoloso. 
Questa idea di lentezza, che nasce nell’organizzazione dello Slow Food a metà degli anni Ottanta 
del secolo scorso, si trova, anche con una certa componente di casualità, ad anticipare o 
semplicemente ad interpretare lo spirito del nostro tempo. 
Insieme all’idea di “convivialità”, diventano le parole-chiave per entrare nel microcosmo Slow 
Food e non solo, così facendo, la lentezza diventa qualcosa di più e, di diverso, di una patinata 
pausa dal “tempo tiranno” dove forse il suo contrario non è tanto la velocità, quanto la banalità e la 
nocività della “cattiva immediatezza”.   
Le questioni affrontate da Slow Food intervengono di conseguenza su temi d’ importanza culturale 
e sociale di cui la sociologia, ha soprattutto negli ultimi decenni sottolineato con rilievo, a studi 
relativi alla soggettività (con Daniel Bell, L’arrivo della società post industriale, 1973, e Alain 
Touraine, La ricerca di sé); relativi al corpo  (Melucci, Il gioco dell’Io ; Vanni Codeluppi, Il potere 
del consumo); alla cultura e alla convivialità (Bauman, La società dell’incertezza, Il disagio della 
post modernità). 
Studi che riprendono tali esperienze nel contesto delle spiegazioni dei cambiamenti contemporanei 
della vita sociale;  rispetto alle problematiche sollevate da questi studi, diventano temi culturali 
emergenti la lentezza, il convivio, il controllo del corpo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 3
 1. 2  Cambiamenti sociali : narcisismo e soggettività 
 
L’interpretazione di soggettività e controllo del corpo dal punto di vista della mia indagine 
sociologica sullo Slow Food, prendono le mosse dalle tesi di Alain Touraine e Daniel Bell, che 
guardano al ruolo del soggetto nelle società che loro definiscono post industriali (Daniel Bell, 
L’arrivo della società post industriale, 1976; Alain Touraine, La ricerca di sé, 2003) , 
sottolineandone le dinamiche che coinvolgono l’attore sociale, in una presa di coscienza tale da 
poter parlare di controllo della persona per una ricerca orientata all’edonismo e all’individualismo. 
Andremo a vedere gli aspetti dei cambiamenti sociali secondo tre punti di vista: quello di D. Bell, 
A. Touraine e Zygmunt Bauman. 
Le tesi di D. Bell al riguardo, sottolineano il carattere del “narcisismo” messo in contrapposizione 
alla razionalità delle società post industriali; la società è analizzata nei cambiamenti delle sue 
strutture sociali. 
Con A. Touraine emerge l’aspetto dell’ “individualismo”, della sostituzione in termini, da “attore 
sociale” a  quella di soggetto; vengono messi in risalto gli aspetti di cambiamento sociale guardando 
ai cambiamenti dei movimenti sociali.  
L’approccio di Zygmunt Bauman, ci proietta nella figura di una “identità fluida”, che lascia 
intravedere un soggetto assorbito completamente nella stessa “fluidità” che investe la società 
odierna, e che risponderebbe ai canoni che la società richiede. Qui, ai problemi relativi all’ 
“incertezza” delle società post industriali, emerge lo stato di insicurezza dello stesso individuo. 
In questa collocazione post moderna, partendo da un analisi delle strutture sociali nell’età post 
industriale D. Bell, tocca quelle tematiche che riguardano i cambiamenti apportati dalle nuove 
tecnologie e quindi delle nuove conoscenze che ne conseguono, facendo emergere un soggetto che 
si distacca da quei processi di razionalizzazione, tipici di una società tutta moderna, o meglio post 
industriale, per cercare invece un rapporto e una identificazione con se stesso. Si individua nel tipo 
di cambiamenti sociali un carattere strutturale: all’interno di questo tipo di società, che andremo 
meglio a vedere, l’attore sociale deve fare i conti con un tempo e uno spazio che sono coinvolti e 
gestiti da quei processi di cambiamento delle strutture sociali, riconducibili alla “razionalizzazione”.   
Per Bell l’uomo, all’interno della sua cornice sociale, vive in uno stato dal quale emergono le sue 
capacità intellettive, imprenditoriali e tecniche, che gli permettono di uscir fuori dalla dipendenza a 
una forma di potere, come può essere un sistema capitalistico -imprenditoriale,  e soprattutto 
sviluppa una coscienza che lo indirizza alla ricerca dell’edonismo e lo orienta verso un certo 
individualismo egoistico, che è anche definito narcisismo. Questi nuovi atteggiamenti rappresentano 
 4
i primi sintomi verso un cambiamento collettivo della presa di coscienza di se stessi, ovvero di 
quella consapevolezza più intima che le sfere del sociale aiuteranno a farci comprendere. 
Questo tipo di uomo va alla ricerca della sua soddisfazione finale, uscendo da quei ruoli stabiliti dal 
“sistema delle macchine”, comincia ad ascoltare l’esigenza richiesta dai suoi bisogni. E’ il bisogno 
concepito proprio come esigenza da soddisfare, che viene travolto dalla caoticità e disordine del 
mondo globale: la vastità della sua area pone un’infinità di possibili e illimitati bisogni che lasciano 
l’uomo, in balia delle scelte che siffatto mondo mette a disposizione, senza però garantirgli mai una 
soddisfazione completa. L’uomo sente quindi l’esigenza di reagire, di imporsi a una tale confusione 
che lo allontana però dalle sue vere necessità e cerca così, di ristabilire  un contatto più forte con se 
stesso e il suo corpo: l’autore pone l’aspetto del narcisismo sotto una luce comunque negativa, nel 
senso che l’attaccamento a se stessi, alle proprie capacità, le forme della “vanità”, di “ammirazione 
di sé”, di “autocompiacimento”, di “autoesaltazione”, si sviluppano e contrastano con lo svilupparsi 
di una società prettamente tecnica e di una conoscenza di stampo razionale. Il narcisista si adopera 
sempre di più per una autorealizzazione invece che per il cambiamento sociale che lo sta 
investendo, “sospende gli interessi dell’Io in un delirio di desiderio”. 
3
 
Vediamo quali siano state le fasi più rilevanti  del cambiamento delle strutture sociali nella società 
post industriale e in che maniera soprattutto, queste abbiano influenzato l’uomo a tal punto da 
rivedere il suo modo di essere attore nella propria vita.  
La  dettagliata analisi di D. Bell sulle strutture sociali, comprende:  
il settore economico;  
la distribuzione occupazionale;  
la centralità della conoscenza teorica;  
la valutazione tecnologica e con essa l’avvento di una nuova “tecnologia intellettuale” (“i 
professional”) [ Bell 1976,43]. 
Uno dei primi cambiamenti che la società post industriale ha visto è stato quello nei settori di 
produzione, dove una grande porzione della forza lavoro passa dalla manifattura a quello che 
corrisponde al settore dei servizi, che riguardano il commercio, la finanza, i trasporti, il 
divertimento, la ricerca, l’educazione (Bell 1976, capitolo 1 ). 
Nella distribuzione occupazionale assistiamo a una novità che non riguarda solo il luogo di lavoro 
ma anche il tipo di attività che si svolge: il nuovo fenomeno è quello di un lavoratore pronto in 
                                                 
3
 Christofer Lasch, La cultura del Narcisismo; l’autore cita Richard Sennett,che dal mio punto di vista è molto affine 
all’ideologia di narcisismo per Bell; egli vuole mettere in risalto come il culto per il privato, comporti a un declino 
dell’”uomo pubblico”: il narcisista si distaccherebbe dalla realtà e dalle problematiche che riguardano il mondo 
pubblico a tal punto che l’autore attribuisce il malessere contemporaneo all’invasione della sfera pubblica da parte 
dell’ideologia del privato. Per lui l’attuale interesse per la scoperta di sé, rappresenta una forma di egocentrismo 
indecente. Dice che in realtà, il culto del privato ha origine non nell’affermarsi della personalità, ma nel suo collasso. 
 5
poche settimane, a operazioni di semplice routine richieste dai macchinari. L’espansione del 
servizio economico ha così trasferito il lavoro dei “colletti bianchi” a quello dei “colletti blu”, dove 
il ruolo è occupato da scienziati e ingegneri. 
La società post industriale, porta con sé la caratteristica di essere organizzata sulle conoscenze, che 
serviranno per il controllo sociale e a dirigere l’innovazione e il cambiamento; questo è ciò che 
distingue per l’appunto la società post industriale, si assiste così, ad una trasformazione di relazione 
tra scienza e tecnologia. 
Da qui, l’avvento di una nuova classe professionale come quella degli inventori che con il supporto 
dell’industria, che si dedica allo sviluppo dell’energia elettrica e alla siderurgia, porta con sé, 
l’introduzione della ferrovia, dell’elettricità, dei trasporti navali, del telefono, la radio, le automobili 
e un’elevata corsa verticale che vede protagonisti la televisione e i computer. 
Nei termini della tecnologia questa rappresenta la variazione più sostanziale nella vita degli uomini. 
Le rivoluzioni della comunicazione e dei trasporti favorisce così un’apertura con altre regioni e 
diverse classi, una molteplicità di contatti e relazioni tra persone che con il passare del tempo però, 
provocano un di squilibrio tra, dilatamento dei cittadini, crescita delle misure di organizzazione e 
allargamento dell’area politica, che fa sentire l’individuo sempre più indifeso nei confronti dei suoi 
diritti. Si va delineando una società sempre più tecnica. 
Henry Adams, un uomo che si è dedicato allo studio delle società contemporanee, aveva appreso il 
senso di un cammino affrettato del cambiamento che investe tutta la nostra vita. 
Attraverso una curva J, illustra la crescita esponenziale della conoscenza; l’idea delle curve 
esponenziali raffigurano l’accelerazione di ritmi raddoppiati che coinvolge tutte le categorie del 
sociale. Queste “curve logiche” ci dicono come nel tempo, grazie alle scoperte scientifiche iniziate 
con Newton, le conoscenze si siano non solo evolute, ma si siano trasformate rapidamente e come 
altrettanto rapidamente si siano intrecciate nella nostra vita. 
L’aumento di libri, riviste e giornali di stampo scientifico,  diventano i maggiori indicatori del 
livello di crescita della conoscenza, indicano anche lo stato di innovazione raggiunto nel campo 
delle rivoluzioni scientifiche che si diffondono nell’interesse comune, anche con l’aiuto della 
rapidità delle vie di comunicazione. 
L’ elevata crescita della conoscenza è da attribuire anche all’approvazione pubblica che tali materie 
riscontrano, soprattutto perché le persone vengono esposte a nuove realtà, di produzioni o servizi, 
che diventano per loro sempre più familiari. 
Il percorso intrapreso dal cambiamento coinvolge però anche le scale sociali, che si analizzano 
considerando “i numeri”. 
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