4 
 
INTRODUZIONE 
 
 
 
Come ogni film, anche ogni analisi nasce dall’osservazione della realtà che circonda 
chi la produce. Nel mio caso, l’idea prende forma su un letto dove stavo sdraiato 
accanto alla mia compagna, che avevo convinto – non senza sforzo – a vedere Lady 
Vendetta. Quel film ci aveva condotto per un saliscendi emotivo, una spettacolare 
corsa sulle montagne russe di un coinvolgimento giocato sul piacere puro 
dell’estetizzazione cinematografica prima, sulla condivisione del destino tragico della 
protagonista poi. Il finale amaro faceva scoppiare la protagonista in lacrime, mentre il 
suo viso affondava in una torta bianca donata alla figlia prima di perderla per sempre. 
Proprio in quel momento, una risata è comparsa sulla bocca della ragazza al mio 
fianco: un semplice istante ha saputo innescare un vortice fatto 
contemporaneamente di compassione e distacco ironico. Al centro di questo vortice 
sta dunque un’esperienza cinematografica complessa: ricca di sfumature che 
arricchiscono l’immagine, articolata su più piani cognitivi, emotivamente vivace.  
Un attimo fatale, una risata, un’idea: da lì è nata la ricerca di quei meccanismi che 
hanno reso possibile una reazione tanto semplice e tanto sfaccettata. Il merito va 
quindi attribuito alla capacità della filmografia di Park Chan-wook di creare opere 
affascinanti ma al tempo stesso inafferrabili, quadri astratti che sanno stimolare nello 
spettatore reazioni varie ed inedite, così come varie ed inedite sono le soluzioni 
stilistiche e narrative che l’autore è in grado di mettere a punto. 
Abbiamo introdotto insomma i due principali attori della nostra analisi: l’autore e lo 
spettatore. Due figure che si incontrano sul campo dello schermo per dare luogo a 
una produzione testuale che nasce da uno scambio di immagini, informazioni, 
emozioni. I modelli teorici a cui faremo riferimento per rintracciare i percorsi d’azione 
di questi due agenti sono quelli della semio-pragmatica e del cognitivismo.  
Il primo approccio è stato scelto per permetterci di prestare attenzione al progetto 
comunicativo del film, tanto in termini generali quanto in scene specifiche. Gli 
strumenti dell’analisi del testo cioè verranno utilizzati per comprendere come il testo 
sia modellato secondo scopi precisi che intendono deviare l’interazione tra l’autore e
5 
 
lo spettatore in determinate direzioni. L’autore di riferimento sarà Gianfranco 
Bettetini, che costruisce il proprio modello di autore e di spettatore in questi termini: 
 
L’assenza di un corpo, quello del soggetto dell’enunciazione, è integrata dalle 
tracce simboliche della sua organizzazione significante; la presenza di un corpo, 
quello del destinatario, è spostata e sostituita da una produzione simbolica, che 
consegue una contiguità (anch’essa simbolica) con i fantasmi simbolicamente 
marcati della proposta discorsiva. Si potrebbe dire che tutto il corpo del 
destinatario si protende in una protesi simbolica che è spinta a ricalcare, in virtù 
del progetto enunciativo immanente al testo, il simulacro simbolico del soggetto 
dell’enunciazione: gli occhi, le orecchie, la cinestesia del corpo assente di questi 
divengono gli organi di senso del corpo simbolico prodotto dallo spettatore, con 
tutti gli effetti di illusione e di feedback sensorio che la mancanza di parti del 
corpo fisico e la loro sostituzione con protesi sollecitano nel corpo psichico. 
Questa operazione simbolica consente al corpo dello spettatore di interagire con 
il significante, sostituendosi al soggetto dell’enunciazione, con la possibilità per lo 
spettatore di non lasciarsi completamente plagiare dal progetto del soggetto.
1
 
 
Come suggerisce Roger Odin
2
, questo tipo di analisi è sbilanciata verso un approccio 
“immanentista” della semio-pragmatica, ovvero quello per cui il testo è una struttura 
rigida che incide sull’accesso alle norme d’uso e al senso del testo in modo 
importante, molto più determinante delle condizioni esterne (la dimensione 
propriamente pragmatica). Anziché muoverci in quest’ultima direzione, però, noi 
cercheremo di analizzare a fondo le condizioni interne allo spettatore: quei processi 
percettivi, cognitivi, emotivi che il cognitivismo si è occupato di individuare.  
Ecco che la figura del corpo dello spettatore assume una fisionomia concreta, una 
presenza solida. Una solidità che appartiene allo stesso approccio teorico: 
 
The hermeneutic bent of film studies leads to the practice of describing texts in 
an informal metalanguage derived from a theoretical doctrine. But a description, 
even a moving or pyrotechnic one, is not an explanation. By contrast, the 
cognitive framework has a signal advantage. It does not tell stories. It is not a 
hermeneutic grid; it cannot be allegorized.
3
 
 
Il cognitivismo intende dunque dare spiegazioni sui meccanismi del coinvolgimento 
cinematografico ricorrendo ad un approccio costruttivista che fornisce spiegazioni 
sulle rappresentazioni mentali dello spettatore. Questo apparato costruttivista 
                                                 
1
 Gianfranco Bettetini, La conversazione audiovisiva: problemi dell'enunciazione filmica e televisiva, 
Milano, Bompiani, 1984, pp. 28-29 
2
 Roger Odin, Gli spazi di comunicazione. Introduzione alla semio-pragmatica, Brescia, Editrice La 
Scuola, 2013, pp. 17-23 
3
 David Bordwell, “A case for cognitivism”, IRIS, n. 9, 1989, p. 17
6 
 
consente di costruire un ponte tra attività percettiva e attività cognitiva, che trasforma 
la prima in uno strumento con cui trarre importanti deduzioni e non solo un luogo di 
ricezione passiva degli stimoli provenienti dallo schermo. Questo legame prende poi 
forma in due tipi di processi: bottom-up, in cui valutiamo gli stimoli semplicemente in 
base alle caratteristiche cui abbiamo accesso immediato per mezzo dei sensi, e top-
down, in cui mettiamo in moto processi cognitivi più sofisticati (come il ricordo di 
esperienze passate, il problem-solving, il giudizio astratto, le deduzioni). 
Cercheremo insomma di ottenere dai principi cognitivisti un guadagno analitico, che 
concentrando la sua attenzione sulle attività mentali dello spettatore anziché sul testo 
ci permette di ottenere una visione più completa della dialettica, della 
“conversazione” tra autore e spettatore che a nostro avviso il punto di vista semio-
pragmatico non riesce a mettere a fuoco in maniera completamente adeguata
4
.  
 
I modelli teorici indicati verranno applicati sui tre livelli principali dell’esperienza di 
visione dello spettatore, che sono come abbiamo già accennato quello percettivo, 
quello cognitivo e quello emotivo. Nel primo caso l’analisi di Mr. Vendetta (Park 
Chan-wook, Corea del Sud, 2002) ci permetterà di individuare i percorsi dello 
sguardo all’interno di un mondo del racconto e di un mondo del commento, sulla scia 
di quanto proposto da Bettetini in Il tempo del senso: un’analisi di tipo micro-
strutturale ci condurrà ad osservare da vicino le tecniche utilizzate dal film per 
intraprendere con lo spettatore una relazione di dialogo. Argomento di questo dialogo 
può essere non solo l’insieme di elementi che compongono il mondo diegetico 
(personaggi, oggetti, eventi) ma anche il progetto comunicativo stesso e il suo 
tentativo di invitare ad una riflessione sugli elementi che abitano il mondo del 
racconto. Si tratta di uno scambio che utilizza principalmente il tempo come materiale 
da elaborare: gli strumenti utilizzati ci faranno comprendere come il testo utilizzi le 
sue marche significanti (in particolare la scelta delle inquadrature) per plasmare 
l’esperienza dello spettatore articolandola nel tempo e per indurlo ad assumere 
prospettive interne ed esterne all’universo diegetico. 
                                                 
4
 La prospettiva in cui ci posizioniamo è quindi simile a quella di Warren Buckland, che invita a trovare 
una via di mezzo tra le strada della semiotica (europea) e quella del cognitivismo puro (nord 
americana), in Warren Buckland, The Cognitive Semiotics of Film, Cambridge, Cambridge University 
Press, 2000
7 
 
Una simile alternanza di atteggiamenti è quella che segnaleremo analizzando 
l’origine dello sguardo all’interno del film. La coppia soggettiva-reaction shot che 
costituisce il POV dà luogo infatti alla possibilità di accedere alla soggettività dei 
personaggi secondo diversi livelli di profondità che va da quello semplicemente 
percettivo a quello che consente l’accesso al mondo mentale del personaggio. In 
questo modo vedremo come l’esperienza che il protagonista fa del mondo (con tutte 
le difficoltà della sua situazione di sordomuto) viene replicata dal film stesso, che 
adotta in questo senso scelte comunicative precise, stranianti come la portata della 
tragedia a cui lo spettatore assiste. 
Bisognerà però compiere un altro passo, ovvero costruire una struttura a più livelli – 
quella suggerita da Edward Branigan – che renda conto di come l’autore possa 
posizionarsi rispetto al mondo diegetico in una posizione che va dall’osservazione 
esterna, a quella interna, fino al conferimento al personaggio del potere di condurre 
la narrazione. 
Una sezione dedicata al montaggio, lavorerà in continuità con quanto detto e 
ragionerà sui modi in cui il film sia in grado di discostarsi dal compito di inserire lo 
spettatore nel flusso narrativo: troveremo inquadrature che non è possibile definire 
giustificate nella catena spazio-temporale e causale degli eventi narrativi e stacchi 
che giocano sulla componente sensuale dell’incontro-scontro tra elementi del mondo 
del racconto. 
Infine, l’analisi della costruzione dello spazio ci farà osservare come a questo 
progetto comunicativo contribuisca anche il lavoro sulla continuità e sul movimento, 
che vanno a formare un’immagine che spesso impedisce allo spettatore di proiettare 
il proprio corpo all’interno del mondo del racconto, lasciando invece che il suo 
sguardo colga soprattutto gli stimoli che arricchiscono il film come artificio estetico. 
Nel secondo capitolo, invece, i due approcci che animano la nostra trattazione si 
intrecceranno ad ogni passo del percorso di Oldboy (Park Chan-wook, Corea del 
Sud, 2003). Il campo di indagine si restringerà attorno ai meccanismi con cui le 
strutture narrative vengono costruite attorno al rapporto tra autore e spettatore. 
L’analisi semio-pragmatica applicata ad un livello macro-strutturale ci consentirà di 
descrivere come il film induca lo spettatore a porre delle domande al testo. La 
metafora scelta dal nostro autore di riferimento è quella della conversazione faccia-a-
faccia e permette di formulare diversi modelli di domanda-risposta, in base a cui la
8 
 
conversazione tra autore e spettatore prende forma. È lo stesso testo ad indicare allo 
spettatore le domande da porsi, ma la peculiarità di ciascun film sta poi nel modo in 
cui esso sceglie di fornire le risposte: osserveremo ad esempio la questione della 
suspense da una prospettiva che indica nel modello domanda-risposta rimandata 
uno strumento con cui analizzare i percorsi fatti dal testo per far sì che lo spettatore 
venga coinvolto nella conversazione. 
Bisognerà però integrare questo approccio con quello cognitivista per sganciare lo 
spettatore da un quadro teorico che lo colloca in una posizione rigida e passare 
invece ad analizzare i processi cognitivi che lo portano a costruire una narrazione e il 
suo significato. Con l’aiuto dell’apporto costruttivista (mediato dalla riflessione di 
David Bordwell), rintracceremo gli schemi secondo cui agiscono i processi bottom-up 
e top-down in sede di interpretazione delle informazioni narrative: vedremo i 
meccanismi di costruzione della fabula e dell’intreccio, il ruolo delle omissioni e delle 
ripetizioni, gli assi di profondità, ampiezza comunicativa e autoriflessività che 
incidono sulla distribuzione delle informazioni. 
Il film scelto dimostrerà la varietà dei suoi atteggiamenti comunicativi e la capacità 
non solo di porre domande ma anche di dare le risposte nei modi e tempi più corretti 
per il progetto complessivo. In questo modo ci aiuterà a trarre un vantaggio analitico 
decisivo portandoci a concludere che la validità della descrizione dei meccanismi di 
deduzione dello spettatore non deve portare a sottovalutare il ruolo della figura 
simbolica che organizza il testo nell’indurre certe interpretazioni ed ostacolarne altre: 
la produzione del significato del film è il luogo di una conversazione, di una 
collaborazione e ogni collaborazione che si rispetti è una lotta per il potere. 
L’ultimo capitolo virerà decisamente verso il campo cognitivista, ma non perderà di 
vista la centralità del ruolo del testo nel modellare le reazioni dello spettatore, nel 
caso specifico quelle di tipo emotivo. Riprenderemo i mano alcuni dei concetti 
inerenti ai livelli percettivo e cognitivo, completando l’analisi e arrivando ad avere una 
visione di insieme. Con Torben Grodal, infatti, descriveremo come i dati processati 
dallo spettatore fluiscano dall’incontro percettivo alla genesi dell’emozione, passando 
per la tendenza all’azione. Osserveremo come Lady Vendetta (Park Chan-wook, 
Corea del Sud, 2005) sia in grado di bloccare questo processo enattivo, impedendo 
spesso allo spettatore di partecipare emotivamente agli eventi fittizi e lasciandolo da 
solo sulla soglia di accesso al mondo diegetico, lì dove si dipana quello spettacolo
9 
 
unico nel suo genere che Lady Vendetta sa orchestrare. Il film quindi, piuttosto che 
emozioni definite, preferisce creare un mood di eccitazione fatto di salti temporali e 
giocato sull’equilibrio tra vendetta e redenzione, le due anime della protagonista. 
Anche l’analisi delle strutture narrative procederà sugli stessi binari, tracciando il 
percorso dell’interesse dello spettatore lungo sentieri tortuosi, che gli consentono di 
crearsi aspettative e accedere a rivelazioni solo in seguito ad un delicato processo 
cognitivo, da cui scaturisce uno stato affettivo di predisposizione verso una certa 
soluzione dell’intreccio. Vedremo all’opera processi top-down come la decifrazione 
delle strutture della suspense e del melodramma in un momento di alta tensione 
emotiva come quella scena centrale che mette la protagonista a confronto con sé 
stessa e i fantasmi che non è riuscita a scacciare, in cui diventerà chiaro come l’esito 
sperato dello spettatore non avrà luogo, almeno non nei modi che ci si aspetterebbe. 
La terza parte del film, infatti, lo fa ripartire verso nuove direzioni, in cui sarà possibile 
osservare come la protagonista che abbiamo conosciuto cerchi di ricostruirsi 
un’identità per trovare la redenzione che desidera. Geum-ja si presenterà quindi allo 
spettatore con vesti nuove e nuovi, più complessi tratti psicologici con cui lo 
spettatore può simpatizzare. Al tempo stesso però lo spettatore sarà portato a 
simpatizzare per un nuovo gruppo di personaggi: i genitori dei bambini uccisi da Mr. 
Baek, che compiranno la vendetta che la donna non è riuscita a mettere in atto. Lo 
spettatore, osservando gli eventi da una posizione esterna e distaccata 
emotivamente, potrà accettare moralmente l’omicidio non solo come punizione per il 
male compiuto dall’antagonista, ma anche e soprattutto come realizzazione di un 
progetto comunicativo ed artistico: l’esecuzione di una vendetta esteticamente 
raffinata e cinematograficamente perfetta.  
Lo spettatore verrà condotto anche a provare reazioni empatiche: egli simulerà le 
emozioni della protagonista proprio nel momento in cui il film la indicherà non tanto 
come vittima quanto come colpevole. E per di più, colpevole senza speranza di 
redenzione. Se nei precedenti film i due personaggi antagonisti erano accomunati da 
un destino tragico, la trilogia si chiude con una nota meno violenta ma pur sempre 
amara, che prende corpo in un unico personaggio che ha fatto vivere allo spettatore 
un ampio spettro di emozioni: eccoci tornati a quella risata da cui siamo partiti, che 
condensa in un solo momento il tipo di esperienza dello spettatore dei film di Park 
Chan-wook.
10 
 
 
Due note prima di passare all’analisi. La prima è che la nostra argomentazione 
definirà la figura del produttore del testo, adattandosi di volta in volta al quadro 
teorico il cui il discorso si starà muovendo. I termini ‘autore’, ‘enunciatore’, ‘narratore’, 
‘film’, ‘camera’ si alterneranno ma faranno riferimento in ogni caso a quella figura 
simbolica che conferisce al film un indirizzo generale che non determina in modo 
univoco, ma certamente guida la comprensione dello spettatore, che giungeremo a 
definire come autore stesso del film. 
La seconda è che l’analisi sceglierà alcune scene precise su cui riflettere per 
illuminare il discorso teorico che sarà stato preposto, seguendo preferibilmente un 
percorso in linea con la trama del film per favorire il lettore, ma la compattezza della 
filmografia selezionata – che forma una trilogia coesa dal punto di vista tematico ma 
anche stilistico – può consentire di trasferire le conclusioni tratte ad altri luoghi del 
medesimo film o degli altri film. 
In conclusione, i film scelti verranno utilizzati per indicare le soluzioni innovative che 
scelgono di adottare: l’analisi suggerirà un tipo di esperienza cinematografica che 
colpisce lo spettatore non tanto per il tipo di processi percettivi, cognitivi ed emotivi 
che vengono messi in atto, ma per il modo unico in cui il progetto comunicativo ed 
artistico dei film convoglia e plasma questi processi articolandoli su molti livelli, 
attraverso uno stile che è sia sintomatico di alcune tendenze del cinema 
contemporaneo sia originale nel modo di interpretarle. Lo spettatore vive così 
un’esperienza irripetibile per come la densità di immagini, pensieri ed emozioni 
prende forma sullo schermo cinematografico e nel suo stesso corpo.