basarsi sulla buona fede e sull’equità, ma nel senso che a tale termine davano le
consuetudini mercantili. Nello ius mercatorum sono confluiti vari modelli (germanici,
italiani, di tradizione romanistica) dato che il pluralismo giuridico del tempo permetteva
questa convivenza di sistemi molto diversi. Tra i vari modelli di origine romanistica si
ricorda l’actio exercitoria che era utilizzata per garantire il comandante di una nave
contro il proprietario della stessa; l’actio institoria che era riconosciuta a favore del
gestore di un’impresa nei confronti del proprietario dei locali, delle merci e degli
impianti. Sulla base di categorie romaniste viene creato il Foenus nauticum o cambio a
prestito marittimo che fungeva da assicurazione contro il rischio della perdita del carico
di una nave. La lex Rhodia era utilizzata per dividere le perdite derivanti dal trasporto
marittimo fra tutti i partecipanti all’affare alleviando il fardello dei possessori della nave.
Per quanto riguarda il commercio terrestre le gilde e le corporazioni dei mercanti hanno
svolto un ruolo fondamentale nella riorganizzazione della vita cittadina dal XI secolo in
avanti. La loro funzione principale era quella dell’organizzazione interna esercitando
anche un controllo sulla qualità dei prodotti ed un patronato sui rapporti di lavoro. Il
diritto commerciale europeo si è sviluppato fertilmente sulla base del tentativo di
limitare la concorrenza ed anzi spesso nelle loro organizzazioni le gilde hanno copiato
addirittura, adattandoli, gli statuti cittadini. Il principale mezzo tecnico che consentiva le
transazioni era la lettera di credito attraverso cui il denaro anticipato in una certa divisa,
in un dato luogo, poteva essere restituito in un’altra divisa in un altro luogo. I forti tassi
di interesse praticati venivano così nascosti nel calcolo del tasso di cambio tra divise
differenti. Al fine di agevolare i traffici si afferma poi il principio della libertà delle
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forme contrattuali nella conclusione degli affari mercantili e sempre al medesimo fine si
afferma una disciplina dei rapporti mercantili caratterizzata da una più energica tutela
del creditore; il debitore deve pagare puntualmente alla scadenza e non può ottenere
dilazioni dal giudice mentre i debiti scaduti producono automaticamente interessi.
Regole opposte aveva tramandato il diritto romano e regole opposte continuano a valere
per gli affari civili regolati dal diritto comune. La forma societaria più utilizzata era
quella della Compagnia, in parte calata nelle forme della societas questus, ma mentre il
diritto romano si era interessato più ai rapporti interni tra i soci, i giuristi di quest’epoca
sviluppano i problemi legati ai rapporti verso i terzi.
Il diritto commerciale di quei tempi si configura come un diritto speciale perché dotato
di proprie fonti (statuti mercantili) e di propri organi di giustizia, basato inoltre su
regole e principi diversi da quelli dello ius civile; come un diritto di classe in quanto
espressione dello stesso ceto mercantile e della sua autonomia corporativa; come un
diritto che risponde essenzialmente ad esigenze universalmente avvertite dal ceto
mercantile e, quindi, un diritto che si forma in seno ai nostri comuni e tende a
diffondersi in ogni zona dell’Europa continentale.
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2.L’Unificazione legislativa, l’ unificazione giurisprudenziale, l’unificazione
dottrinale e la rinascita della lex mercatoria.
Per quasi ottocento anni è stato applicato quel “corpus” di regole uniformi che va sotto
il nome di lex mercatoria. In seguito alla nascita dei nazionalismi e delle codificazioni
del XIX secolo essa è stata completamente assorbita nelle leggi nazionali di ciascun
Paese, perdendo quel carattere di uniformità che l’aveva caratterizzata in origine.
Il processo di rapida obsolescenza delle leggi nazionali però non sempre riusciva a
soddisfare le esigenze di semplicità e chiarezza richieste dalla comunità di affari. Di
fronte al progressivo sviluppo degli scambi commerciali internazionali, nonché più in
generale alla sempre maggiore mobilità di persone e di cose con il conseguente aumento
di rapporti trascendenti l’ambito ristretto di un determinato ordinamento statale anche al
di fuori del commercio, non si poteva non guardare con preoccupazione al perdurare di
differenze, a volte anche sensibili, tra i singoli diritti nazionali e agli inevitabili conflitti
e incertezze che ne derivavano. Di qui nasce l’esigenza di adoperarsi per una moderna
unificazione del diritto privato europeo.
Originariamente l’unificazione avviene quasi esclusivamente sul piano legislativo sotto
forma di leggi uniformi e convenzioni, che i singoli Stati concordano tra di loro a livello
internazionale e si impegnano ad introdurre nel proprio ambito interno. Tra le diverse
convenzioni intervenute in vari settori, quali la vendita, l’arbitrato, le lettere di credito, si
ricordano la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale del 1980 e la
Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.
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Non bisogna sottovalutare, però, che il lungo e faticoso processo di adozione delle
convenzioni internazionali, unito alle differenze economiche, sociali e giuridiche tra i
vari Stati che ne prendono ogni volta parte, non consente alle stesse di entrare in vigore
in tempi brevi. A seguito della loro ratifica all’interno degli ordinamenti degli Stati
membri, inoltre, si verificano spesso interpretazioni divergenti riguardo i loro contenuti.
Ed è proprio allo scopo di garantire una più ampia uniformità interpretativa a livello
internazionale che assume rilevanza il processo di unificazione giurisprudenziale. Il
rimedio più radicale per assicurare questo risultato consiste nell’attribuire ad un
tribunale internazionale la competenza a decidere in via preliminare le questioni relative
all’interpretazione dei singoli prodotti di diritto uniforme, imponendo nello stesso tempo
ai giudici nazionali di sospendere la decisione fino alla sua sentenza e poi di
conformarvisi. Nell’ambito dell’Unione Europea spetta alla Corte di Giustizia la
competenza a pronunciarsi, su richiesta delle corti nazionali, in ordine a questioni di
interpretazione del diritto comunitario in senso stretto. Un inconveniente di questo
sistema si trova tuttavia nel fatto che gli effetti dell’interpretazione data finiscono per
sentirsi ben oltre il caso concreto, visto che qualsiasi altro giudice nazionale, posto di
fronte allo stesso problema interpretativo, dovrà necessariamente seguire la precedente
pronuncia della Corte, a meno che non intenda rimettere nuovamente la questione ad
essa. In mancanza di un’apposita istanza giurisdizionale spetta poi ai singoli giudici
nazionali o agli arbitri di fare in modo che le varie convenzioni o leggi uniformi
ricevano ovunque un’applicazione unitaria. Il metodo più efficace per raggiungere
questo obiettivo consiste nel considerare il modo in cui il rispettivo prodotto di diritto
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uniforme viene inteso ed applicato negli altri Paesi. Un giudice o un arbitro, che sia cioè
investito di una questione interpretativa riguardante un determinato testo di diritto
uniforme, dovrebbe sempre tener conto delle soluzioni elaborate fino a quel momento in
altri Stati contraenti. In questi ultimi anni si registrano una serie di iniziative volte ad
assicurare una più diffusa conoscenza delle varie decisioni nazionali in materia di diritto
uniforme, in modo da consentire a chiunque di rendersi conto delle concordanze e delle
eventuali divergenze interpretative che si dovessero manifestare. Una di queste è
UNILEX, una banca dati creata e continuamente aggiornata dal Centro di studi e
ricerche di diritto comparato e straniero in Roma. Finora limitato alla Convenzione di
Vienna sulla vendita internazionale, ma suscettibile di essere esteso anche ad altri
strumenti normativi internazionali, UNILEX offre all’utente un sistema “intelligente” di
ricerca della giurisprudenza statale ed arbitrale dei vari Stati, nonché delle monografie e
dei saggi pubblicati nelle principali lingue internazionali. Quanto alla giurisprudenza, le
singole decisioni sono riportate sia nella loro versione integrale in lingua originale, sia
sotto forma di abstracts, corredati da key words, in lingua inglese.
Un importante contributo al processo di unificazione è sicuramente dato dalla dottrina.
Già nella scelta delle materie da proporre come oggetto di una eventuale unificazione e
poi, soprattutto in sede di elaborazione della normativa uniforme stessa, non si può
assolutamente prescindere da studi comparatistici diretti ad evidenziare le divergenze di
approccio e di sostanza esistenti tra i singoli diritti nazionali di volta in volta interessati,
nonché ad indicare la possibilità di un loro superamento. Altrettanto importante è
l’apporto dottrinale in sede di interpretazione del diritto uniforme esistente. A volte,
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