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 Introduzione 
 
 
 
La scelta di argomentare il delicato tema del gioco d’azzardo nasce da un interesse 
verso le nuove dipendenze nelle quali l’oggetto di discussione non è più la presenza 
di una sostanza ma di un comportamento ripetitivo e compulsivo, che non implica 
un’attività illecita (Giordano, 2015).  
Negli ultimi anni il gioco d’azzardo si sta diffondendo nel nostro Paese 
coinvolgendo quote sempre più ampie della popolazione, diventando di rilevante 
importanza economica e sociale (Sorce, 2013).  
Numerosi sono in Italia i fattori che hanno contribuito all’incremento del 
numero di giocatori d’azzardo, tra cui la differenziazione dei giochi esistenti, la 
diffusione delle slot-machine nei bar, la crescita del gioco d’azzardo on line e la 
diffusione capillare dei luoghi dove poter giocare (La Rosa, 2010).  
Il Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM 5) ha incluso il 
gioco d’azzardo patologico (PG) nella categoria dei disturbi da dipendenza 
denominandolo “disturbo da gioco d’azzardo” (GD).  
Tutti almeno una volta nella vita abbiamo giocato d’azzardo ma non tutti 
abbiamo sviluppato una dipendenza da essa. Il passaggio da giocatore sociale a 
giocatore problematico fino al giocatore patologico, è progressivo ed è dettato 
dall’interazione di diversi elementi interagenti tra di loro (Croce, 2005). Custer (1982) 
ha mostrato, in sette fasi, l’andamento progressivo del gioco d’azzardo che conduce 
il giocatore verso la perdita del controllo sul gioco e verso la distruzione delle 
relazioni familiari e sociali. Dal momento in cui il gioco si trasforma in problema 
andrà ad influire negativamente sugli aspetti personali, familiari e sociali del 
giocatore (Picone, 2010). Solo attraverso un sostegno esterno il giocatore, può 
fronteggiare la sua dipendenza. Importante in questa fase è l’introduzione di un 
trattamento psico-educativo e del supporto all’interno di gruppi di auto aiuto, come 
ad esempio i Gamblers Anonimus (GA), indispensabile nel percorso di recupero dalla 
dipendenza da gioco (Donadeo, 2014).  
Dai dati dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli emerge che in Sicilia il 
volume del gioco d'azzardo nel 2013 è di quasi 4 miliardi di euro, che corrisponde al
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5,6% sul totale della raccolta di gioco su base nazionale, occupando il nono posto tra 
le regioni Italiane. La provincia di Siracusa è la quinta provincia in Sicilia per le 
somme dedicate al gioco d’azzardo (AAMS, 2013). Presa nota di questi dati e grazie 
alla collaborazione con gli operatori del SerT, durante il periodo del tirocinio, si è 
voluto quindi, delineare un quadro dettagliato sul gioco d’azzardo e successivamente 
analizzare il tema del gioco d’azzardo nel territorio Avolese. 
Il lavoro ha un taglio volutamente attento alla tematica del gioco d’azzardo e 
all’impatto personale e sociale che esso genera. Sulla base di queste premesse 
l’elaborato è stato diviso in tre capitoli. 
Nel primo capitolo è stato approfondito il tema delle dipendenze, i diversi 
modelli che hanno inquadrato tale fenomeno in relazione alle sue molteplici 
sfaccettature e variabili, è stato analizzato il fenomeno del gioco d’azzardo, 
attenzionando i principali segnali per identificarlo e l’evoluzione da giocatore sociale 
a giocatore patologico. Nei paragrafi successivi sono stati descritti i principali 
cambiamenti avvenuti con l’ingresso del gioco d’azzardo all’interno di una nuova 
categoria del DSM 5, i criteri diagnostici e le politiche vigenti in Italia. 
Nel secondo capitolo sono stati approfonditi gli aspetti psicosociali del gioco 
d’azzardo, i principali stili di pensiero che caratterizzano il giocate patologico, le fasi 
che accompagnano il giocatore verso la dipendenza, l’impatto della dipendenza sugli 
aspetti sociali e il trattamento psico-educativo. 
Il terzo capitolo è stato dedicato all’indagine del fenomeno del gioco d’azzardo 
nel territorio di Avola che ha l’obiettivo di indagare i principali o tipici 
comportamenti, pensieri e credenze legate al gioco e le abitudini di gioco della 
popolazione ricavandone i giochi maggiormente praticati, le differenze di genere, i 
profili di tre diverse tipologie di giocatori, emersi sulla base della frequenza di gioco,  
del numero di giochi praticati, dalle ore trascorse a giocare, del denaro speso 
nell’arco di una settimana e dalla capacità di controllare il gioco. Nei paragrafi 
successivi sono stati riportati i risultati emersi dall’indagine.
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Capitolo 1 
La Dipendenza 
 
 
 
Etimologicamente, il termine dipendenza deriva dal verbo latino “dependere”, 
che significa “pendere da” (Bianchi, Lelli, 2014). Nonostante le possibili 
connotazioni positive o negative proprie di ogni Paese, si attribuisce comunemente al 
concetto di dipendenza il significato di “avere (assoluto) bisogno” o di “non poter 
più fare a meno” di qualcosa o qualcuno per raggiungere e mantenere una 
condizione di benessere. La dipendenza consiste proprio nello sviluppo progressivo, 
nel soggetto che ne viene affetto, di modalità disfunzionali di gratificazione, per cui i 
bisogni primari cioè i bisogni fisici e i bisogni secondari, quelli psicologici, vengono 
soddisfatti quasi esclusivamente attraverso il ricorso compulsivo all'oggetto della 
dipendenza (Scrimali, 2011). Lungo tutto il ciclo di vita la dipendenza è insita 
nell'essere umano, ne facilita la sopravvivenza nelle fasi iniziali della sua vita e 
successivamente, l'acquisizione delle necessarie competenze per lo sviluppo 
dell'autonomia. Distaccarsi da ciò da cui si dipende crea squilibrio nell'omeostasi e 
ciò può determinare timore e forte ansia di perdita della sicurezza che si era acquisita. 
Affinché questo avvenga, innescando la dipendenza patologica, la struttura psico-
biologica del soggetto deve essere già disfunzionale ovvero è insita in essa, un certo 
grado di vulnerabilità. Esistono infatti persone più vulnerabili rispetto ad altre a 
sviluppare una dipendenza in virtù di una serie di fattori individuali, socio-ambientali 
delle caratteristiche proprie dell'oggetto da cui si dipende (Serpelloni, 2013). 
Secondo Serpelloni (2013) e Pioli (2007) i fattori individuali fanno riferimento alla 
storia personale del soggetto, alle sue caratteristiche di personalità, alle modalità 
emotive e di coping, da fattori cognitivi, dalle caratteristiche genetiche e 
neurobiologiche. I fattori socio-ambientali annoverano caratteristiche del contesto 
familiare e dei pari, le reti, il sostegno sociale e l'ambiente culturale in cui l'individuo 
vive.  
Nella storia si sono susseguiti differenti modelli che hanno inquadrato tale 
fenomeno in relazione alle sue molteplici sfaccettature e variabili. La maggior parte 
di questi modelli, hanno fatto riferimento al concetto di dipendenza legato a sostanza.
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Tra il XIII e il XVIII secolo, si giudicava la dipendenza basandosi sul modello 
morale secondo il quale, il consumo eccessivo di sostanze era interpretato come un 
vizio, una “debolezza morale”, e l'assuntore era considerato un depravato che 
meritava di essere punito. Successivamente il modello medico della dipendenza, 
formulato per la prima volta nel 1793 da Benjamin Rush
1
, ribalta questa 
considerazione, guardando la dipendenza come malattia e spiegando la compulsione 
alla ricerca e all'uso di sostanze come l'effetto di strutture e funzioni nervose rese 
patologiche da un uso prolungato della sostanza e su cui il soggetto non ha più 
controllo (Campione, Nettuno, 2007). Tale modello concepisce le condotte 
socialmente indesiderabili, tra cui l'abuso di sostanze, come espressione di una 
qualche forma di malfunzionamento fisico e/o psichico del soggetto. Secondo questo 
orientamento la dipendenza è una vera e propria malattia e il tossicodipendente è 
sollevato dalla “responsabilità” delle sue condotte (Scrimali, 2011). Se il modello 
morale sottolinea la responsabilità morale del consumatore considerato colpevole, al 
contrario quello medico, evidenzia l'irresponsabilità dell'individuo, visto come 
vittima passiva degli effetti distruttivi della sostanza. 
Nel XX secolo si sviluppa il modello della riduzione del danno (harm 
reduction
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)che partendo dal presupposto che la salute è uno stato complessivo di 
benessere della persona in rapporto all'ambiente, considera la dipendenza come il 
frutto delle condizioni psicofisiche e sociali dell'individuo all'interno di un 
determinato contesto. La nuova attenzione posta sugli aspetti socio-ambientali porta 
a considerare il contesto sociale come luogo di origine della salute collettiva ed 
individuale. D'ora in poi si passa da un’ottica individuale ad un'ottica collettiva, 
mirando al benessere sociale. L’applicazione dei principi di “Public health” al 
problema droga, implica che la questione del consumo e della dipendenza non siano 
visti come problemi individuali, bensì come problemi con una rilevanza collettiva, in 
quanto ha vaste conseguenze sociali e minaccia la salute pubblica. Obiettivi primari 
di questo approccio sono quello di ridurre e/o eliminare i fattori di rischio e quello di 
permettere all'individuo di riconquistare e mantenere uno stile di vita accettabile 
socialmente (Scrimali, 2011). 
Altro modello, più attuale, è il modello multifattoriale o integrato secondo il 
quale alla base della dipendenza concorrono tre fattori: 
                                                
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Psichiatra Americano, (1746-1813). Pioniere dell'approccio terapeutico della dipendenza. 
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Termine coniato nel 1990 a Liverpool durante la prima conferenza internazionale che sancisce 
ufficialmente la nascita dell'approccio di riduzione del danno.