I 
PRESENTAZIONE 
 
Questa presentazione ha come unico scopo quello di introdurre 
l’argomento prescelto e le motivazioni che mi hanno spinto ad tale 
scelta. 
La mia Historia  ha un inizio quasi  banale e per nulla originale. 
Nell’ambito della Facoltà cui sono iscritta, ho ritenuto doveroso 
arricchire la mia cultura anche completando i programmi dei corsi 
universitari con visite a musei e mostre. 
Perché non approfittare, quindi, della loro ricca presenza nella mia 
città, in questo campo, unica al mondo? 
In tale contesto, nell’aprile del 2002, mi sono avvalsa della compagnia 
di una mia competente amica, appassionata ed esperta di gioielli, per 
effettuare una visita alla mostra Diamanti, esposta nei locali già 
Scuderie del Palazzo Quirinale in Roma. 
Mi sono avvicinata a questa Esposizione non per intima passione 
specifica ma - confesso - per motivi contingenti relativi al corso che ho 
seguito sull’arte applicata, in particolare su quella orafa. 
Riconosco che questa è stata una vera folgorazione, perché mi sono 
trovata immersa, sorpresa e meravigliata, in un mondo ricco e 
complesso, ma a me sconosciuto in quanto reputato effimero e futile. 
Ho compreso, spinta fors’anche dalla mia intima femminilità, che era 
un settore di cui avrei amato approfondire la conoscenza. 
Con piacere, di conseguenza, mi sono avvicinata al campo della 
gemmologia, studio eterogeneo e non semplice, ma che mi ha 
consentito di entrare nella complessa varietà delle gemme, di studiarne 
le difficoltà di lavorazione e di scoprire quanto il gioiello sia 
strettamente legato alla storia dello sviluppo scientifico. 
Approfondendo le mie conoscenze dell’arte orafa ho compreso, ancor 
più, il background del lavoro necessario per creare un gioiello ed ho 
ammirato gli artigiani - che amerei piuttosto chiamare artisti - capaci di 
trasformare la grezza materia in splendidi monili: ciò soltanto in forza 
della loro capacità professionale. 
 
Dopo questi miei primi incontri con i prodotti della gioielleria, ho avuto 
occasione di poter ammirare alcuni disegni di oreficeria preparati da 
artisti come il Pollaiolo, il Ghirlandaio ed il Cellini, che mi hanno 
convinto a prendere questo come punto di partenza della mia tesi di 
laurea. 
Per introdurmi al meglio nell’arte del gioiello avrei dovuto prendere 
avvio, quindi, dal disegno, che, in sintonia con quanto affermato da 
Giorgio Vasari e dalla massima parte degli storici dell’arte che lo hanno 
seguito, è la prima attuazione dell’idea dell’artista stesso.
II 
Dopo aver preso la decisione di studiare il disegno della moderna arte 
del gioiello, ho avuto la possibilità di consultare l’archivio della ben 
nota Ditta Bulgari, che nel mondo, è riconosciuta fra le più grandi 
aziende del settore. 
Questa Ditta si caratterizza anche per essere l’unica che, nel tempo, ha 
mantenuto costante qualità e continua creatività, nonché fra le prime 
in Italia a poter contare sull’opera esclusiva di un’intera équipe di 
disegnatori. 
Guardando la rilevante quantità di disegni conservati, ho compreso, 
con grande mio stupore, cosa realmente significhi produrre un gioiello, 
che non è derivazione da un semplice gesto di assemblaggio di metalli 
e di pietre. 
Nei gioielli, infatti, si fondono, in un'unica armonica composizione, 
creatività e tecnica che li rendono vera e propria espressione d’arte. 
 
Fin dagli esordi delle vicende umane il gioiello è stato presente come 
amuleto, come simbolo di potere, nonché come semplice ornamento, 
valorizzando le immagini maschili e femminili, creando intorno ad esse 
emozioni, quali l’invidia e il possesso, e dando loro l’espressione di 
status symbol. 
La fabbricazione di gioielli, presente in tutte le civiltà eurasiatiche e 
precolombiane, utilizzando inizialmente metalli quali oro, rame, bronzo 
ed altre leghe, progressivamente comportò l’impiego di varie pietre 
policrome, più o meno pregiate, che impreziosivano i monili. 
Grandi istituzioni laiche e religiose del Medioevo, insieme alla alta 
nobiltà e alla ricca borghesia dell’epoca successiva, diventavano 
committenti e depositarie di immensi patrimoni artistici. 
Nei secoli successivi, mentre le comunità ecclesiastiche hanno 
tramandato integri questi patrimoni, i gioielli di proprietà laica, al 
variare delle mode o - più spesso- a causa di specifici eventi storici 
oppure di particolari fortune familiari, sono stati talvolta trasformati in 
altri manufatti che hanno perso così la preziosità del valore storico. 
A tal proposito, potremmo quindi affermare, con grande riconoscenza, 
che le comunità religiose potrebbero essere considerate come…. 
organizzazioni anticipatrici della moderna Conservazione dei Beni 
Culturali! 
Gli stili variano con cadenza pressoché costante e, in massima parte, 
ne è stata creatrice e depositaria la Francia, la cui opulenza si avvale 
anche di grandi artisti stranieri. 
 
All’opera del singolo artista che idea e produce i gioielli in proprio, 
subentrano, contemporaneamente alla Rivoluzione industriale 
dell’Ottocento, case orafe che acquistano sempre più rilevante 
influenza sul mercato del gioiello.
III 
Dalla produzione del gioiello in unico esemplare, le grandi maison 
moderne vengono costrette a convertirsi ad una produzione in serie, 
per aderire alla domanda sempre crescente di una borghesia 
benestante. 
Contemporaneamente all’aumentata produzione di monili con l’impiego 
di materiali sempre differenziati, si ricercano e si sviluppano nuove 
tecniche di lavorazione. 
Si citano, a titolo di esempio, le nuove tecniche di fusione per il recente 
impiego dell’acciaio, dell’alluminio, e di leghe utilizzate nell’industria 
aerospaziale e chimica, di nuovi tagli del diamante e di produzione di 
perle coltivate. 
L’industria italiana del settore, per troppo lungo tempo succube dei 
dettami della moda francese, a cavallo della metà del XX secolo ed in 
aderenza alla emancipazione della donna, intuisce con acuta 
tempestività l’esigenza di una moda semplice, ma elegante e 
soprattutto adatta ad ogni evento della giornata. 
Si realizza in Italia una stagione particolarmente felice grazie al lavoro 
integrato fra i grandi stilisti della sartoria, i correlati creatori di 
accessori e le numerose maison di orafi. 
Il tutto prende il nome del made in Italy, che si diffonde nel mondo. 
Queste mode e stili si sono susseguiti grazie anche alla continua 
inventiva dei disegnatori, che hanno dimostrato sempre maggiore 
creatività di forme e di accoppiamento di materiali diversi. 
Nel progettare un gioiello coesistono tre fasi strettamente connesse tra 
di loro: l’ideazione del gioiello, la realizzazione grafica dell’ideazione, 
ovvero il disegno, e l’esecuzione del prototipo. 
Mentre l’idea può essere, ed in genere è, opera di un singolo, la 
realizzazione grafica dell’ideazione e del prototipo è spesso 
conseguenza di lavoro di un gruppo ad hoc. 
La presenza del designer, però, non si limita solo alla prima fase, ma il 
suo intervento è necessario durante tutti gli atti realizzativi del 
progetto per risolvere eventuali imprevisti tecnici che rendono 
indispensabile la collaborazione continua tra disegnatori, esperti del 
marketing, tecnici ed orafi. 
Non è infrequente che dalla trasformazione dell’idea in un disegno 
anche pregevole scaturisca un brutto gioiello, così come da un 
semplice schizzo possa derivarne qualcosa di veramente pregevole. 
Avendo quindi deciso di studiare il disegno orafo, forma d’arte per me 
nuova, ho avuto la possibilità di prendere visione di numerosi disegni 
conservati nell’Archivio Storico BVLGARI. 
Di tali disegni ho preso in particolare considerazione quelli realizzati da 
cinque artisti che hanno lavorato contemporaneamente presso la Ditta 
fino agli anni Novanta.
IV 
I designer Giovanni Valli, Roberto Ricci, Massimo Zucchi, Omar Torres 
e Giampiero Bodino sono tra i maggiori creatori di quello stile che è 
divenuto caratteristica BVLGARI, riconosciutagli in tutto il mondo. 
In un processo di rinnovamento, soprattutto nel campo creativo, la 
Ditta aveva intuito l’opportunità di inserire tra l’équipe dei suoi 
disegnatori anche progettisti di altra formazione tecnica, quali gli 
architetti Ricci e Zucchi, per dare nuova linfa sia nel settore estetico sia 
in quello creativo. 
Nella mia tesi ho presentato soltanto i disegni eseguiti da tali artisti nel 
corso degli anni Ottanta, periodo particolarmente fertile per l’Azienda, 
che creava gioielli tra i più copiati, ed iniziava ad aprire nuovi negozi in 
tutto il mondo. 
In questo periodo si rende ancor più evidente lo Stile BVLGARI: i 
gioielli aumentano di volume, diventano più vistosi per la policromia 
delle pietre sempre più eterogenee e vivaci. L’impiego di materiali 
innovativi, senza uscire dal proprio stile, rispetta la qualità, la 
portabilità e l’armonia delle forme. 
Nella produzione seriale, che prende avvio in questi anni, Bulgari lancia 
sul mercato una delle sue idee più originali: la creazione di gioielli 
modulari, facilmente riconducibili ad una linea di appartenenza e quindi 
alla Ditta produttrice. 
 
Nel contesto dei miei studi universitari mi sono rivolta più volte la 
domanda del perché io abbia avuto occasione di imbattermi spesso in 
disegni di argenterie nelle loro forme più svariate e realizzate nei 
periodi più diversi ma, al contrario, non abbia trovato studi né ricerche 
specifiche concernenti disegni di gioielli. 
Di conseguenza proprio per questo ho deciso di inoltrarmi nello studio 
del disegno dei gioielli, disegno che non ha nulla da invidiare a quello 
di altri settori considerati accademicamente artistici. 
 
Considerando che il gioiello per sua natura deve provocare 
ammirazione e meraviglia, e per il valore intrinseco e per originalità, il 
relativo disegno non solo deve essere creativo, ma deve anche 
rispondere a precise esigenze tecniche che consentano all’orefice la sua 
precisa realizzazione. 
Comunque l’elemento di raccordo tra le varie tipologie di disegno 
rimane la tecnica che è identica a quella di altre rappresentazioni 
grafiche. 
Nei tanti disegni, infatti, che ho sottoposto ad esame, ho riscontrato 
che vengono usati gli stessi strumenti di lavoro (matite, pennarelli, 
penne, acquerelli e tempere, carta bianca e cartoncini di vario colore). 
Nel contempo sono pervenuta alla conclusione che i gioielli, così 
presenti nella vita dell’uomo, non sono stati valutati, come forma
V 
d’arte alla stregua di altre produzioni artistiche come la scultura, 
pittura ed altre arti applicate. Si studia cioè, il gioiello finito, ricercando 
il periodo e lo stile, ma non si risale mai alla parte primordiale di esso, 
cioè al relativo disegno. 
La produzione delle arti applicate è stata considerata prevalentemente 
artigianale e probabilmente finalizzata solo all’utilità. 
Se la gioielleria è considera opera meritevole di analisi critica e di 
studio, non vi è ragione di non considerare con altrettanta attenzione il 
suo disegno di progetto, in accordo a quanto affermava già nel 1550 lo 
stesso Giorgio Vasari: il disegno è “Padre di tutte le Arti” e quindi il 
disegno stesso non può essere considerato che Arte.
1 
1 INTRODUZIONE ALLA GIOIELLERIA 
1.1 L’importanza del gioiello nei secoli 
Presente nella vita dell’uomo da tempi remotissimi, il gioiello è stato 
utilizzato, in principio, come amuleto portafortuna oggetto di 
protezione o di difesa. Nelle civiltà di epoche successive questi 
ornamenti diventano principalmente simbolo di potere, di prestigio e di 
ricchezza, esibiti da uomini e donne come indice di elevato stato 
sociale
1
. 
Non possiamo dimenticare che il gioiello è presente, al di qua e al di là 
dell’Oceano, nelle antiche civiltà eurasiatiche e precolombiane.  
Volendo citare, almeno a grandi linee, alcune tra le principali 
produzioni, non si può non ricordare i sontuosi e mirabili gioielli egizi
 
creati per il faraone e la sua famiglia e per una ristrettissima cerchia 
dei suoi nobili, dignitari e sacerdoti.   
In massima parte si tratta di monili in oro, perché facilmente 
reperibile, ma soprattutto perché i suoi riflessi simili al sole lo 
rendevano simbolo di immortalità. Altri gioielli della civiltà egizia sono 
straordinariamente policromi mediante l’impiego di smalti, paste vitree, 
ceramiche o gemme. In questa civiltà, essendo il gioiello 
principalmente usato come amuleto, primeggia nelle decorazioni la 
simbologia magico-simbolica (il sole, animali sacri ed emblemi vari). 
Nelle civiltà immediatamente susseguenti, meritano un cenno di rilievo 
la gioielleria ellenistica, che conquista anche i ceti economicamente 
agiati, quelle etrusca e della Roma imperiale prettamente decorative
2
. 
La gioielleria medioevale, massimamente di stampo bizantino e 
classicheggiante, si arricchisce di nuovi elementi della cultura barbarica 
ed islamica
3
.  
Nel corso del Medioevo le grandi istituzioni laiche e religiose diventano 
committenti e depositarie di un immenso patrimonio artistico. Oltre agli 
ori destinati a luoghi di culto (paliotti d’altare, reliquiari, anelli 
 
 
 
 
 
 
1
 Cfr. S. Cavenago Bignami Moneta, Gemmologia, tomo I , Milano 1980 
2
 Cfr. M. Gabardi, op.cit., pp. 12-15 
3
 Cfr. F. Pomarici, L’oreficeria in I Normanni, popolo d’Europa 1030-1200, catalogo 
della mostra, Venezia, 1994, pp.273-277
2 
cardinalizi, amboni, croci, ostensori, ecc.) esistono, in numero minore, 
anche oggetti di derivazione regale. Le “regalie” erano ornamenti 
preziosi che suggellavano la consacrazione del potere (spada, scettro, 
corona) e ricchezza imperiale (fibule, fermagli, gioielli e vari ornamenti 
femminili). 
Purtroppo rispetto all’oreficeria sacra, i gioielli laici sono a noi pervenuti 
in quantità piuttosto esigua, poiché nei secoli sono stati spesso 
scomposti e diversamente riutilizzati
4
. 
Smalti, perle e cammei sono i principali componenti del gioiello 
rinascimentale che, perduto il carattere di ornamentazione rituale delle 
epoche precedenti, assume soprattutto ornamento della persona con 
monili di elevato pregio, realizzati da artisti quali Albrecht Dürer, 
Domenico Ghirlandaio ed Antonio Pollaiolo
5
. 
 Il grande sviluppo della gioielleria rinascimentale fu conseguenza del 
notevole afflusso, apparentemente illimitato, di materiali preziosi 
provenienti dalle nuove terre scoperte. L’ostentazione di gioielli e pietre 
divenne così sfrenata che erano ornamento non solo della persona 
stessa, ma anche dei relativi sontuosi vestiari. 
È con il XVII secolo che, in Italia, in Germania ed in Francia, inizia sui 
gioielli l’impiego predominante di gemme, conseguenza non solo del 
gusto del momento, ma soprattutto delle nuove tecniche di lavorazione 
(tagli di diamanti ed incastonature). 
Questa moda comporta una sempre maggiore differenziazione dei 
gioielli in funzione del loro uso durante la giornata: più semplici quelli 
da giorno e decisamente più sfavillanti quelli da sera, anche con il 
trionfo delle “parure”
6
. 
I gioielli sono copiosamente prodotti e vistosamente sfoggiati per tutto 
il secolo XVII, mentre alla fine del secolo successivo vi è una battuta 
 
 
 
 
 
 
4
 Per ulteriori approfondimento sull’oreficeria medioevale consultare L. Castelfranchi 
Vegas, C. Piglione, F. Tasso, Arti minori, Milano, 2000; Oreficeria, in Enciclopedia 
dell’Arte Medievale, Roma, 1997, vol. VIII,, ad vocem 
5
 Cfr. J. F. Hayward, Virtuoso Goldsmith and the Triumph of Manierism (1540-1620), 
London, 1976, pp. 23-24, 134-136, 343-344 
6
 Gruppo di gioielli realizzati in materiali, pietre, e disegni analoghi. Una parure 
completa, nel XIX secolo, includeva una collana, due bracciali, un paio di orecchini, 
una o due spille (a volte una spilla ed un pendente). Altre volte i pezzi erano 
minori (demi-parure) ma i gioielli non mancavano mai di collana ed orecchini. Cfr. 
A. Abbattista Finocchiaro, Il libro dei gioielli, Milano, 1992, pg.168
3 
d’arresto, non per mancanza di materie prime o di disponibilità 
economiche, ma perché, per l’avvento di moti rivoluzionari in Europa, i 
monili vengono ben nascosti o venduti dalle nobiltà in fuga. 
Con l’epopea napoleonica rifiorisce, per ornamento femminile, la moda 
dei gioielli sfarzosi (stile Impero
7
). 
Un eclettismo stilistico senza precedenti caratterizza la gioielleria del 
XIX secolo, nonostante un’oggettiva scarsità di materie prime che 
impone ai maestri orafi di smontare vecchi monili per riciclarne oro e 
pietre preziose.  
Nella produzione di gioielli, verso la metà del XIX secolo, si realizza 
una vera ondata di novità che vanno dal rinnovato interesse per tutto 
ciò che rappresenta l’antico alla contemporanea presenza di stili 
moderni appositamente creati per le Esposizioni Internazionali che 
dilagano in Europa per l’intero secolo
8
. 
All’artigianato, fino ad allora prevalente, si sovrappone e spesso si 
sostituisce una diffusa industrializzazione, che non sempre comporta 
miglioramenti nella qualità del prodotto
9
.  
Così il gioiello, che con la Rivoluzione francese aveva perso il suo 
carattere elitario, va diffondendosi divenendo, al tempo stesso, 
ornamento soltanto femminile, anche perché gli uomini, attratti dalla 
sobria moda inglese, rinunciano definitivamente allo sfoggio di monili
10
. 
Alla fine del secolo la cosiddetta Art Nouveau impone i nuovi canoni del 
gusto inserendo, come motivi decorativi, figure femminili ed elementi 
ispirati alla natura. 
In questi gioielli dominano non solo il contenuto artistico piuttosto che 
la preziosità dei materiali utilizzati, ma anche la fantasia di associare 
colori e materiali i più disparati, tra i quali rimane dominatore 
indiscusso lo smalto in tutte le sue varianti.  
 I gioielli dell’Art Nouveau
 
raggiungono il massimo livello qualitativo 
perché, oltrepassando la semplice funzione di ornamento della 
 
 
 
 
 
 
7
 Stile Neoclassico, battezzato così in onore dell’Impero napoleonico. Cfr. A. 
Abbattista Finocchiaro, op.cit, pp.77-79 
8
 Cfr. I. De Guttry, M.P. Maino, M. Quesada, Le Arti minori in Italia dal 1900 al 1930, 
Roma, Bari, 1985, pp.35-63. 
9
 Cfr. L. Semerari, La grammatica dell’Orientamento. Arte ed industria tra 
Cinquecento e Novecento, Bari, 1993. 
10
 Cfr. M. Gabardi, op.cit., pp.80-81.