2
dipende, in larga misura, dalla logica di interazione con l’ambiente 
ovvero dal disegno strategico di fondo. L’analisi strategica diviene, 
quindi, uno momento propedeutico per consentire al management di 
“pensare” strategie mirate al raggiungimento di un solido vantaggio 
competitivo.  
La seconda parte della trattazione considera l’evoluzione 
subita dal mercato italiano della telefonia fissa e mobile. Le tappe 
principali riguardano: il passaggio da una gestione monopolistica 
del settore ad una concorrenziale e l’analisi dell’attuale situazione 
competitiva. Particolare attenzione è stata rivolta ai fattori che 
hanno innescato significativi cambiamenti, quali la tecnologia, la 
competizione tra carriers e lo sviluppo della telefonia mobile e agli 
interventi attuati per tutelare la concorrenza (es.: unbundling local 
loop, carrier selection e carrier preselection, price cap). 
L’obiettivo fondamentale è quello di focalizzare l’attenzione sulle 
diverse scelte strategiche effettuate dall’incumbent (ossia Telecom 
Italia) e da due dei suoi maggiori concorrenti: Wind- Infostrada e 
Tele2 Italia.  
Nel terzo e ultimo capitolo sono stati descritti taluni aspetti 
salienti del processo di privatizzazione del Gruppo Telecom Italia. 
Dopo un sintetico excursus storico sono state illustrate alcune 
problematiche inerenti la governance dell’azienda e la strategia 
aziendale, in un’ottica di creazione del valore per gli stakeholders.  
 3
 
PRIMO CAPITOLO 
CONCORRENZA E LOGICA COMPETITIVA. UNA 
INTRODUZIONE 
 
Sommario: 1. Premessa 2. La natura sistemica dell’impresa 3. Il rapporto tra 
impresa e ambiente 4. Competizione: definizione e aspetti generali 5. 
Competizione nell’analisi strategica 6. La legislazione antitrust in Italia: 
nascita, obiettivi e soggetti 7. Vantaggio competitivo: vecchie e nuove 
concezioni 8.Coclusioni 
 
 
 
1. Premessa 
 
L’approccio ai temi della concorrenza non può prescindere da 
una preliminare analisi che focalizzi l’attenzione su una precisa 
accezione d’impresa che consideri, non solo la sua composizione 
interna ma, anche e soprattutto, i legami che essa instaura con 
l’ambiente circostante. Solo così è possibile comprendere come il 
soggetto- impresa si muove all’interno del più vasto sistema 
ambiente e analizzare i suoi comportamenti e le decisioni in 
un’ottica globale. Per capire questo rapporto possiamo utilizzare un 
approccio di tipo sistemico, il quale considera l’impresa come un 
sistema costituito da diversi elementi tra loro connessi.  
Prima di procedere in quest'analisi, è importante precisare 
che, nella disciplina economica, i termini azienda e impresa 
vengono spesso trattati come sinonimi anche se le differenze tra i 
 4
due sono essenziali. Questi concetti non sono riconducibili a 
definizioni definitive e immutabili ma dipendono, soprattutto, dalla 
sensibilità e dal punto di vista dell’osservatore. L’art. 2555 c.c. 
definisce l’azienda come “…il complesso dei beni organizzati 
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” mentre, il termine 
impresa è una nozione priva di definizione esplicita nel codice 
civile ma, facendo riferimento a quanto implicitamente affermato 
nella definizione giuridica d'azienda, essa è definita come l’attività 
che anima i beni organizzati nell’azienda e assoggettati alla 
gestione dell’impresa stessa
1
. Queste definizioni non possono essere 
accolte negli studi di economia aziendale a causa 
dell’inadeguatezza di alcuni termini utilizzati. A questo punto è 
utile fare riferimento alle definizioni elaborate dai più importanti 
studiosi aziendali che, superando la concezione di azienda/impresa 
come soggetto passivo del mercato, hanno contribuito a sviluppare 
la teoria sistemica in campo aziendale. Besta considera l’azienda 
come “la somma dei fenomeni o negozi, o rapporti da amministrare, 
relativi a un cumulo di capitali che formi un tutto a sé, o a una 
persona singola, o ad una famiglia, o a un’unione qualsivoglia, o 
anche una classe soltanto di questi fenomeni, negozi, rapporti”
2
. 
Qualche hanno dopo Gino Zappa (allievo del Besta), la definisce 
come “istituto economico destinato a perdurare, che, per il 
soddisfacimento dei bisogni umani, ordina e svolge in continua 
coordinazione la produzione o il procacciamento o il consumo della 
                                                          
1
 Cfr. G. Panati, G. M., Golinelli, Tecnica economica industriale e commerciale: imprese, 
strategie e management, Carocci, Roma, 1997, pp. 32– 34. 
2
 Tratto da: F. Besta, La ragioneria, edizione riveduta ed ampliata con il concorso dei 
Professori V. Alfieri, C. Ghidiglia, P. Rigobon, 3 volumi, Milano, 1922, p. 3. 
 5
ricchezza”
3
. La letteratura aziendalista post- zappiana, ha attribuito 
all’azienda il significato di “sistema di forze economiche” preposto 
allo sviluppo di un processo di produzione e/o di consumo 
nell’ambiente di cui è parte complementare
4
. Il termine impresa è 
utilizzato, di solito, per le aziende di produzione che operano per il 
mercato (ossia per la consecuzione di un lucro o reddito)
5
. Essa 
produce beni e servizi per lo scambio: “Non costituisce oggetto 
d’impresa la produzione limitata a soddisfare unicamente i bisogni 
del produttore e, quindi, non destinata al mercato e attuata a rischio 
dello stesso consumatore- produttore”
6
. Da ciò discende che il 
termine azienda viene utilizzato per definire le “unità operanti nel 
campo del consumo e della produzione…come strumento 
dell’umano operare in campo economico”
7
; mentre “l’impresa è 
l’istituto che ha la finalità di soddisfare le attese di chi presta lavoro 
e di chi conferisce capitale- risparmio per mezzo della produzione 
di beni “utili” cioè ciò che un definito gruppo di clienti è disposto 
ad acquistare”
8
. Nel corso della trattazione sono utilizzati entrambi i 
termini anche se il soggetto principale è l’impresa, considerata nella 
sua funzione di produzione e distribuzione di ricchezza. Il termine 
azienda è utilizzato quando si esprimono concetti caratterizzati da 
generalità. 
La sopravvivenza, e il successo dell’impresa, dipende, non 
solo dalla sua capacità di realizzare, in modo efficiente, l’insieme 
                                                          
3
 Tratto da: G. Zappa, Le produzioni nell’economia delle imprese, Giuffré, Milano, 1957, p. 37. 
4
 Cfr. Aldo Amaduzzi, L’azienda, nel suo sistema e nell’ordine delle sue rilevazioni, Utet, 
Torino, 1978, pp. 20 e segg. 
5
 Cfr. G. Zappa, L. Azzini, G. Cudini, Ragioneria generale, Giuffré Edizioni, Milano, 1964, 
pp. 33- 35. 
6
 Tratto da: P. Onida, L’azienda, primi principi di gestione di organizzazione, Giuffré, Milano, 
1964, p. 16. 
7
 Tratto da: G. Ferrero, Istituzioni di economia d’azienda, Giuffré, Milano, 1968, pp. 3- 4. 
8
 Tratto da: C. Masini, Il dinamico sistema dei valori d’azienda, Giuffré, Milano, 1968, p. 68. 
 6
delle operazioni interne e dei processi di scambio con l’ambiente, 
ma, anche e soprattutto, dall’impostazione che essa dà o vuole dare 
al rapporto con l’ambiente che la circonda. Alla base di tutto vi è 
un’impostazione di tipo strategico dove, la centralità del concetto di 
impresa, ci permette di considerare tutti gli aspetti ad essa connessi. 
Quindi, parlare di concorrenza significa analizzare il rapporto tra 
l’impresa ed il suo ambiente di riferimento (ambiente mutevole e 
dinamico che dispensa instabilità e irrequietezza). A tal proposito 
possiamo fare riferimento al concetto di strategia intesa come il 
rapporto che l’impresa realizza, o vorrebbe realizzare, con il proprio 
ambiente di riferimento
9
. Essa “…è costituita dai contenuti delle 
azioni che un’impresa intraprende con riferimento a una specifica 
situazione dinamica dei soggetti e dei sistemi operanti entro e fuori 
dell’impresa stessa…”
10
. 
L’analisi strategica ci consente di comprendere come ogni 
singola impresa non può essere considerata come un elemento a sé, 
disgiunto dal contesto di appartenenza, ma come un elemento che 
interagisce, in continuazione, con le altre identità che fanno parte 
dell’ambiente di riferimento. 
Il successo, o il fallimento, di un’impresa dipende dall’esito 
della sua strategia ovvero dal vantaggio competitivo che permette 
all’impresa di occupare, e mantenere, una posizione favorevole nei 
mercati in cui opera. Esso nasce dal valore che un’azienda è in 
grado di creare per i suoi acquirenti e, tendenzialmente, si traduce 
                                                          
9
 Cfr. V. Coda, G. Invernizzi, M. Rispoli, Strategia aziendale, Utet, 1998, pp. 555- 556. 
10
 Tratto da: AA.VV (a cura di M. Rispoli), L’impresa industriale, Il Mulino, Bologna, 1984, p. 
748. 
 7
in una redditività superiore a quella media dei concorrenti effettivi e 
potenziale
11
. 
Le vicende aziendali risultano fortemente condizionate dalla 
complessità ambientale. L’impresa odierna si trova ad operare in 
una realtà concorrenziale caratterizzata da globalità, irrequietezza e 
aggressività. In questo contesto ogni strategia, fondata su una 
coerenza di lungo periodo e su equilibri di potere, risulta inadatta e 
incapace di gestire tale complessità. Da ciò discende che, per 
svilupparsi in armonia con l’ambiente che la circonda, l’impresa 
deve, necessariamente, dotarsi di una certa flessibilità operativa in 
modo da rispondere prontamente al dinamismo dell’ambiente di 
appartenenza, pena l’esclusione dal meccanismo concorrenziale
12
. 
Ai fini della nostra analisi è utile analizzare il fenomeno 
concorrenziale utilizzando, non solo, l’ottica aziendale ma anche 
quella giuridica, in modo da avere un quadro generale dell’ambiente 
che circonda l’impresa. Non è possibile tracciare una netta linea di 
demarcazione tra i due punti di vista, le interferenze e le 
contaminazioni sono diverse ed è possibile scorgere, tra gli analisti 
dei due settori, una certa diffidenza. Ciò che importa sottolineare, in 
questa sede, è che si va diffondendo una maggiore consapevolezza 
del valore sociale della concorrenza. La sua rivalutazione si 
riscontra sia a livello europeo sia nella nuova legislazione antitrust, 
                                                          
11
 Cfr. V. Coda, G. Invernizzi, M. Rispoli, Strategia aziendale, op. cit., p. 762 e M. Porter, 
Competitive advantage, The Free Press, A Division of Macmillan, Inc., New York, 1985, ed. it. 
Il vantaggio competitivo, Edizioni di comunità, Milano, 1987, p. 9. 
12
 La strategia è, per sua natura, dinamica e può evolversi rispetto all’ambiente secondo logiche 
diverse: si avranno così Strategie di tipo adattivo (cioè improntate a un adattamento ai 
cambiamenti dell’ambiente di riferimento) e Strategie capaci di produrre cambiamenti 
significativi nell'ambiente (S. di tipo innovativo). Cfr. V. Coda, G. Invernizzi, M. Rispoli, 
Strategia aziendale, op. cit. p. 560. 
 8
entrata in vigore negli ultimi anni (L. 287/1990 recante “Norme per 
la tutela della Concorrenza e del Mercato”)
13
. 
 
 
 
2. La natura sistemica dell’impresa 
 
In una società e in un’economia caratterizzate da profonde 
trasformazioni e cambiamenti strutturali, il ruolo delle imprese è 
quello di creare ricchezza per gli azionisti, i dipendenti, i clienti e, 
più in generale, per l’intera società. Nessun’altra attività umana può 
competere con l’impresa privata per quanto riguarda la capacità di 
mettere insieme persone, capitali e innovazione al fine di creare 
posti di lavoro adeguati e produrre beni e servizi remunerativi. 
Secondo l’impostazione classica, l’istituto dell’impresa è 
analizzato seguendo una doppia linea di condotta: una interna 
all’azienda, la quale analizza i diversi elementi che la compongono 
e le relazioni che s’instaurano tra gli stessi; e una esterna che 
considera, e indaga, i legami con l’ambiente in cui opera. 
Ai fini della nostra analisi è necessario porre particolare 
attenzione al comportamento che l’impresa adotta nel momento in 
cui interagisce con l’ambiente circostante; da quest’interazione, che 
genera un continuo scambio d’informazioni e risorse, dipende in 
larga misura la struttura interna e le decisioni dell’impresa. 
La  scienza  dell’ Economia  Aziendale, nata   in Italia  con  il  
                                                          
13
 Cfr. N. Lipari, I. Musu, La concorrenza tra economia e diritto, Cariplo Laterza, Milano, 
2000, p. 5.