8
Circoscrivendo il raggio d’analisi al packaging alimentare, si 
arriva a considerare Tetra Pak, la società svedese fondata nel 1951 
da Ruben Rausing ed Erik Akerlund, che si occupa della produzione 
e distribuzione d’imballaggi di cartone e poliaccoppiato per prodotti 
alimentari liquidi e semiliquidi, e nella fattispecie Tetra Pak Italiana 
SpA, la market sales company italiana, nonché la prima impresa 
creata al di fuori dei confini svedesi (a Rubiera, in provincia di 
Reggio Emilia, in quella zona che tuttora è definita la food package 
valley italiana). L’innovazione principale di Tetra Pak - produrre 
contenitori leggeri, pratici, che garantiscano la protezione del 
prodotto da agenti esterni – è recepita ed utilizzata quasi da subito 
dal mercato italiano, nonostante residuali resistenze delle case 
produttrici, legate alla tradizione. 
Agli albori del suo ingresso nel nostro Paese, Tetra Pak 
Italiana SpA lega il proprio nome ad un prodotto simbolicamente 
importante nella vita quotidiana dei consumatori – il latte, grazie 
alla fiducia che Parmalat ripone sull’imballaggio in cartone – per poi 
estendere il proprio servizio a prodotti variegati come il vino, il 
succo di frutta e negli ultimi anni persino prodotti solidi. La piccola 
filiale emiliana comincia così a far conoscere il proprio nome, il 
proprio marchio, la propria mission aziendale (Cap. 2).  
Sul mercato, non ha concorrenti diretti quindi detiene il 
monopolio nel mercato del confezionamento per prodotti asettici e 
non; la competizione resta attiva con i competitors indiretti – il 
vetro, la plastica, la banda stagnata – ma la valutazione nella 
scelta dei diversi tipi di confezionamento è condotta dai clienti, in 
base alle preferenze ed ai comportamenti dei consumatori finali 
(pressoché stabili, poiché essi percepiscono in modo differenziale la 
praticità ed immagine dei diversi tipi di confezionamento). 
 9
Negli anni ‘90 si smuovono le acque in un settore 
apparentemente tranquillo, poiché sorgono i primi competitors 
diretti di Tetra Pak Italiana (che adesso ha costruito altri 
stabilimenti a Modena e Latina, accrescendo la produzione e 
investendo nella ricerca per garantire un maggior valore aggiunto 
all’azienda, da offrire ai suoi clienti); il mercato subisce leggere 
flessioni, che riducono la “già effimera” situazione monopolistica di 
Tetra Pak, conducendola verso una situazione di pseudomonopolio, 
in cui essa detiene una posizione dominante evidentissima rispetto 
alla concorrenza, comportandosi come price leader, e 
contemporaneamente cerca di affermare la propria leadership 
attraverso strategie di comunicazione integrata business to 
business (Cap. 3).  
Lo stimolo che ha dato il via a questa ricerca empirica è stato 
vedere in tv la pubblicità di Tetra Pak. Perché un’azienda che non 
produce prodotti finiti, o meglio li produce ma non per i 
consumatori finali – non posso andare al supermercato e comprare 
un Tetra Brik – decide d’investire in pubblicità? A chi si rivolge? 
Perché lo fa dopo una permanenza sul mercato nazionale di 40 
anni? E quali risultati avrà questa strategia di marketing sulle 
vendite e sulla situazione aziendale? Tutte domande cui si è cercato 
di rispondere attraverso il presente lavoro di tesi. 
Differenziarsi dalla concorrenza per Tetra Pak Italiana SpA ha 
una doppia valenza, in quanto l’azienda si pone due target 
obiettivo: i clienti potenziali ed i consumatori finali. Si osserva 
pertanto che Tetra Pak Italiana SpA stia attuando una strategia di 
differenziazione rispetto alla concorrenza, con l’obiettivo di 
influenzare l’elasticità della domanda, diminuendola. In tale modo, 
l’azienda ricerca un effetto distorcente sul meccanismo 
concorrenziale - considerando il mercato degli imballaggi nella sua 
totalità, con l’apporto di tutte le categorie di competitors – e 
 10
riafferma la propria posizione di leader, estirpando i concorrenti 
diretti dalle possibilità di scelta dei clienti. Le strategie di 
comunicazione di Tetra Pak possono pertanto apparire funzionali al 
raggiungimento di un aggiuntivo potere monopolistico nei confronti 
delle imprese minori che operano nel nostro Paese all’interno del 
settore del confezionamento (asettico e non) di prodotti alimentari. 
Aumentare le vendite quindi, ed eliminare dal range di scelta dei 
clienti i concorrenti diretti. 
Nei confronti dai consumatori finali (i cosiddetti consumatori 
compratori), invece, le strategie di comunicazione messe in atto da 
Tetra Pak Italiana SpA nel triennio 2002-2004 hanno l’obiettivo di 
contenere ovvero minimizzare un processo che si definisce di 
degenerescenza o lessicalizzazione; questo processo prende atto 
quando, più o meno involontariamente, una marca aziendale - che 
traduce visivamente la corporate image e le mission di un’azienda - 
comincia a coincidere nel comune immaginario dei consumatori con 
l’intero settore in cui esso s’inserisce. Quello che potrebbe a prima 
vista sembrare un enorme vantaggio per l’azienda rivela in realtà 
macabre negatività: se il nome Tetra Pak identifica l’intero settore 
dell’imballaggio carton-based in poliaccoppiato, l’affidabilità, la 
sicurezza, la storia, il valore aggiunto e quello percepito di Tetra 
Pak perdono la propria specificità aziendale ed iniziano a riferirsi a 
tutto il settore, pertanto a prodotti qualitativamente diversi, frutto 
d’imprese produttrici altrettanto diverse. Si pone per Tetra Pak 
Italiana SpA la necessità di riaffermare il proprio marchio 
aziendale, di soffermare l’attenzione dei consumatori su un pay off 
incisivo – “Protegge la bontà” – che racchiuda la principale mission, 
cioè rendere i prodotti disponibili, sempre ed ovunque. 
La scelta di confermare queste teorie attraverso l’analisi di 
bilancio nasce dalla cosiddetta “cultura del bilancio come strumento 
 11
di comunicazione”
2
 a più livelli: un bilancio ben redatto può essere 
un elemento della comunicazione di prestigio, oltrechè della 
comunicazione economica, patrimoniale e finanziaria di un’azienda. 
Il bilancio, infatti, può esser considerato il miglior strumento 
istituzionale possibile perché fornisce notizie (quasi) 
obbligatoriamente veritiere sulla ricchezza dell’azienda e sulla sua 
veridicità, che non è possibile richiedere ad altri strumenti – si 
pensi per esempio alla brochure istituzionale, che può in teoria 
mentire mostrando in fotografia fasi di lavorazione o ambienti che 
sono esterni all’azienda. La lettura dei bilanci non è destinata 
unicamente a specialisti della finanza e dell’economia aziendale, 
pertanto i dati dovrebbero essere fruibili e comprensibili anche da 
non specialisti. “Molti bilanci non funzionano perché tentano di 
essere ogni cosa per ogni genere di pubblico” afferma Noble, 
consigliando che per produrre un buon annual report bisogna 
essere diretti, cioè semplici.
3
 
Il periodo che si andrà a considerare nella presente analisi è il 
triennio 2002-2004, durante i quali Tetra Pak Italiana ha attuato 
svariate modalità di comunicazione integrata (prese in esame 
singolarmente nel Cap. 4); l’analisi di bilancio effettuata in questa 
sede consiste nella lettura dei tre bilanci (già riclassificati) in modo 
da trarre da essi una serie d’informazioni utili per apprezzare la 
situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale dell’azienda 
esaminata nel periodo considerato,
4
 e nell’individuazione d’alcuni 
quozienti, detti indici di bilancio, che verifichino un trend positivo 
nelle vendite e nella gestione aziendale di Tetra Pak Italiana SpA 
(Cap. 5). 
                                                 
2
 Iannaccone Mario, 2003, Comunicazione integrata per piccole e medie imprese business to 
business, Milano, FrancoAngeli. 
3
 Noble Martin, 2000, “Being Direct” in The international yearbook of annual reports, New York, 
Graphis, pag.19. 
4
 Pescaglini Antonio & Rino, 2002, Ragioneria generale. Contabilità generale, bilancio e analisi di 
bilancio mediante indici, Napoli, Edizioni giuridiche Simone. 
 12
Ringraziamenti. 
 
Scrivo i ringraziamenti a pochissimi giorni dalla seduta di laurea, 
perché nonostante il lavoro di reperimento del materiale, lettura, 
scrittura, correzione e rifinitura della mia tesi sia durato parecchi 
mesi, non ho neanche per un istante corso il rischio di dimenticare 
qualcuno: ognuno ha avuto un ruolo importante nel mio percorso, 
emozionale e formativo al tempo stesso. Allora… 
Grazie al Prof. Pellegrini, che ha dedicato il suo tempo ed impegno 
nella risoluzione di tutti i dubbi che ottenebravano la mia mente 
nell’analisi dei bilanci d’esercizio. Il lavoro è lavoro, ma lei non si è 
risparmiato: non è successo di rado d’incontrare il custode di 
facoltà che doveva serrare tutti gli ingressi alle nove di sera, 
mentre noi eravamo davanti al mio pc a lavorare. Per tutto questo, 
e per aver accettato da subito il progetto di tesi, le assicuro che 
sarà nei miei pensieri. 
Tutto il mio amore, i miei ringraziamenti, la mia dedizione vanno 
alla mia mamma ed al mio papà. GRAZIE! Io vi amo. 
Grazie a Massimo, mio fratello, il mio alter ego, il mio punto di 
riferimento, la persona senza la quale non sarei come sono, pregi e 
difetti. Sei la persona più importante della mia vita, sempre lo 
sarai. Anche se saremo lontani, ti porterò con me e ti proteggerò, 
come tu fai da quando io ho respiro. 
Grazie ad Enzo, l’altra parte di me, la persona con cui spero di 
condividere la vita, almeno per i prossimi ottant’anni. Credo di non 
aver bisogno di dirti altro: siamo 1. 
Sento di dover ringraziare Daniela e Rosanna, le mie coinquiline, le 
mie amiche, la mia famiglia acquisita: due angeli preziosi nel corso 
di questi anni insieme, e ancora di più in questi mesi. Il mio 
“maldivivere congenito” è passato ai loro occhi senza mai un 
lamento, una porta chiusa: ci sono sempre state, pronte ad un 
 13
sorriso, ad un abbraccio, con la loro meravigliosa presenza nella 
mia vita. Dany, grazie anche per i documenti che sono stato utile 
sostegno nella ricerca. 
Grazie a tutta la mia famiglia dunque, alla mia nonna, a mia zia, a 
Marco: ho sofferto quanto voi quando sono partita, ma spero di 
rendervi almeno un po’ orgogliosi oggi. Per Marco: grazie per aver 
condiviso le angosce e tensioni del periodo pre-laurea…mal comune 
mezzo gaudio. Ma tra cugini, anzi Fratelli di genitori diversi, è bene 
che sia così. Ci sarò sempre per te. 
Un ringraziamento speciale al prof. Peroni, che mi ha consigliato la 
prospettiva di pseudomonopolio di cui ho trattato nella tesi: una 
situazione concorrenziale non standard mi creava perplessità, che 
lei ha dissolto nell’istante di una mail.  
Come dimenticare il dottor Roberto Susanna del servizio Telemaco 
della Camera di Commercio di Reggio Emilia, che mi ha fornito i 
bilanci d’esercizio, come sostegno alla mia ricerca. 
Grazie a Lucia, Melita e Claudia, che sono state per me non solo 
colleghe di facoltà, ma soprattutto compagne, consigliere, specchi 
in cui riflettere le mie gioie e tristezze nei 5anni di vita 
universitaria. Ed a Enzo e Riccardo: quel giorno il pc faceva i 
capricci e siete stati la mia ancora. 
Ringrazio tutte le persone che mi hanno dedicato il loro tempo ed i 
loro sorrisi quando ne avevo bisogno, da Lucy al bibliotecario della 
Biblioteca Nazionale. 
Grazie a chi leggerà il mio lavoro, grazie a chi lo ha già letto, grazie 
a voi tutti. 
 
 14
Capitolo 1 Cos’è il packaging? 
 
1.1 Il Packaging tra protezione e comunicazione. 
 
Nonostante una qualche forma di packaging sia sempre stata 
utilizzata per contenere e proteggere i prodotti, negli ultimi due 
secoli si è verificato un grande sviluppo, soprattutto come risposta 
alla domanda commerciale, ed oggi il packaging è molto più 
sofisticato e sviluppato di quanto non sia mai stato. La 
distribuzione e la vendita al dettaglio dipendono completamente dal 
packaging, strumento utilizzato per lo spostamento e la protezione 
delle merci nel passaggio dal luogo della produzione a quello del 
consumo. La confezione di un prodotto assume anche una funzione 
ancillare a quella primaria di proteggere e contenere i prodotti: 
essere veicolo d’informazione, quasi un media pubblicitario 
portatile, a servizio del produttore e del trade, ma soprattutto del 
consumatore. 
Le origini del moderno packaging risalgono alla fine del 
Diciottesimo secolo, quando la Rivoluzione Industriale introdusse 
nuovi processi di meccanizzazione su larga scala, che favorirono la 
produzione di quantità sempre maggiori d’articoli. Così, all’esigenza 
di conservare e proteggere il prodotto, si unì l’obbligo di 
differenziarne ciascuno rispetto a quelli concorrenti: trattandosi 
perlopiù di merci deteriorabili, che necessitavano d’elevati gradi di 
protezione, si predilesse l’uso di scatole di metallo e banda 
stagnata, sicuramente più adatte a tale finalità rispetto a cartone, 
plastica o vetro. 
Al volgere del Ventesimo secolo, le innovazioni delle tecniche 
di produzione favoriscono la realizzazione di contenitori in ogni 
forma e materiale, utili non solo ad accompagnare il prodotto fino 
al consumatore, ma capaci di rispondere a nuove esigenze, tra cui 
 15
concorrere col prodotto alla creazione della propria identità-
immagine e renderla riconoscibile all’immaginario del consumatore.  
La studiosa Valeria Bucchetti definisce l’involucro una “ricerca di 
forme tridimensionali, capaci di contenere in maniera opportuna, 
funzionale ed estetica”
5
  un bene destinato alla vendita, anche se i 
termini opportuno, funzionale ed estetico assumono nel corso del 
secolo differenti significati. 
All’inizio del Novecento, l’involucro è ancora concepito come 
un oggetto totalmente indipendente dal contenuto e non ancora 
un’entità comunicativa ad esso legata, pertanto la bellezza, il puro 
senso estetico, è un aspetto importante degli imballaggi, che 
diventano quasi oggetti da collezionare più che finalizzati al 
trasporto, stoccaggio e consumo. 
Negli anni Trenta, negli Stati Uniti, dove si è già sviluppato un 
mercato e un consumo di massa, il packaging riceve un’attenzione 
prima sconosciuta da parte d’alcuni designer, come Raymond 
Loewy, che per la prima volta guardano alla confezione nella sua 
apparenza, ossia in quell’aspetto progettato per vendere meglio un 
prodotto, senza nessun’altra finalità. Nella realtà commerciale entra 
un nuovo venditore, un silent salesman
6
, un soggetto non dotato di 
parola ma pronto a lanciare messaggi nel circuito linguistico ed 
abile a farsi capire. La vera trasformazione nel mondo del 
packaging, che ne muta le funzioni in maniera radicale, risale al 
dopoguerra ed in particolare agli anni Cinquanta, quando anche 
l’Europa conosce il consumo di massa ed i moderni sistemi di 
distribuzione. Da questo momento, ciascun prodotto deve avere un 
package per accedere al circuito delle merci.
7
  
                                                 
5
 Bucchetti Valeria alla voce “Packaging” in Storia del disegno industriale III, 1990, Milano, Electa, 
p. 368. 
6
 Pilditch L., 1973, The Silent Salesman, London,  Business Books. 
7
 Kotler Philip, 1984, Marketing Management, Englewood’s Cliffs, N.J., Prentice-Hall (trad. it.:  
Marketing Management, 1986, Torino, Isedi. 
 16
Nel 1984 Kotler asserisce che col termine packaging 
s’intendano “le attività volte a progettare e a realizzare il 
contenitore, l’involucro e l’imballaggio di un prodotto”. Il diverso 
significato dei termini utilizzati concerne le differenti modalità di 
presentazione dei prodotti agli acquirenti, negli stadi del processo 
di trasferimento dal produttore al consumatore. Quando i centri di 
distribuzione e i punti vendita sono riforniti di merci, esse vengono 
solitamente consegnate in lotti di notevoli dimensioni, detti pallet, e 
suddivise in imballi (cartoni o casse) contenenti un numero 
standard d’unità di prodotto; a questo proposito si parla 
d’imballaggio “pack”. Nei punti vendita, i prodotti sono 
ulteriormente disimballati e posti sugli scaffali singolarmente o in 
più unità preconfezionate. Si può adesso parlare di package del 
prodotto, che si differenzia in: 
 ξ  Contenitore: il recipiente in diretto contatto con il prodotto 
(es. il tubetto del dentifricio). 
 ξ  Involucro: confezione che ingloba al suo interno il contenitore 
e non entra in diretto contatto col prodotto. Spesso può 
essere sigillato da cellophane o altro materiale trasparente 
(es. l’astuccio contenente il tubetto del dentifricio). 
 ξ  Imballaggio: necessario per il trasporto (i cosiddetti cartoni). 
Un’ulteriore possibilità è offerta dai multipackage, che, tramite 
l’assemblaggio d’incarti trasparenti o di confezioni predisposte allo 
scopo, permettono a più unità di contenitori o involucri di essere 
venduti congiuntamente (es. confezione da tre tubetti di 
dentifricio). La differenziazione in tali tre stadi assume notevole 
importanza se si considera quanto la modalità con cui il prodotto 
entra in contatto da un lato con l’intermediario commerciale, 
dall’altro col consumer, sia esso l’acquirente o il consumatore, 
determini l’efficacia del confezionamento stesso.  
 17
Merce, acquirente, luogo di vendita e produttore sono i 
soggetti del mercato, tra i quali si vanno ora ad instaurare nuovi e 
differenti rapporti: la confezione da una parte cerca il dialogo 
diretto con il consumatore, che ha smarrito il contatto diretto con il 
luogo e i soggetti di produzione, dall’altra risponde alle esigenze 
distributive, ai problemi di merchandising, cioè 
d’immagazzinamento e disposizione dei prodotti nel punto vendita.  
 
1.2 Il packaging come funzione comunicativa diffusa. 
 
Il nuovo concetto di packaging indica un artefatto capace di 
articolare un linguaggio proprio, attraverso il quale il produttore 
può “far comunicare” il prodotto ed il consumatore esegue le 
operazioni d’identificazione e decodifica all’interno della mappa 
generale dei beni di consumo, orientando così la propria scelta 
d’acquisto. Ed ecco che si moltiplicano e differenziano le funzioni 
cui esso è adibito: Philip Kotler le differenzia in protezione ed 
economia, funzioni legate alla realtà produttivo-distributiva 
dell’azienda, e comodità e promozione, cioè funzioni customer 
oriented, che tendono ad acquistare un ruolo sempre più pregnante 
attraverso soluzioni innovative ed efficienti.  
I fattori che risultano essere decisivi per valutare l’efficacia 
del package possono essere identificati nell’acronimo “VIEW”, che 
rimanda alle funzioni di:  
 ξ  Visibility, cioè la capacità di un package di “fare un passo 
avanti”, emergere alla vista dei consumatori davanti allo 
scaffale rispetto ai propri concorrenti; 
 ξ  Informative, che significa saper comunicare la natura del 
contenuto dell’involucro immediatamente; 
 18
 ξ  Emotional impact, l’evocare nell’immaginario dell’acquirente 
impressioni favorevolmente positive che siano conformi alle 
scelte della strategia di marketing; 
 ξ  Workability, che si riferisce all’ergonomicità e praticità del 
package nell’uso domestico.
8
 
Si possono diversificare le funzioni del packaging, a prescindere 
dalla categoria merceologica di riferimento, anche secondo tre ruoli 
chiave: 
1 Protezione 
2 Comunicazione 
3 Esposizione del prodotto 
Per alcune tipologie di beni, alcune funzioni hanno un ruolo 
predominante rispetto ad altre, sebbene le moderne scelte di 
design industriale cerchino di convergere per l’ottimizzazione 
simultanea di tutte, non sempre riuscendo nell’intento, per effetto 
dei costi o dei limiti dimensionali talvolta imposti. In tali casi, è 
ragionevole un tradeoff tra le funzioni
9
. 
La protezione ed il contenimento delle merci sono la primaria 
funzione cui è chiamato il packaging. La scelta dei materiali 
utilizzati deve essere orientata a ridurre i rischi cui i prodotti sono 
sottoposti, che possono essere di tipo meccanico, climatico o 
biologico: la prima categoria si differenzia in rischi statici (legati 
alla permanenza delle merci nei luoghi di stoccaggio e ai rischi di 
flessione e compressione) o dinamici (dovuti agli urti o vibrazioni 
durante la movimentazione ed il trasporto); la seconda categoria 
interessa solo alcune tipologie di prodotti, che necessitano 
refrigerazione o in ogni modo la permanenza in condizioni di 
temperatura ed umidità prefisse; la terza riguarda le possibili 
                                                 
8
 Faison Edmund W. J., “The role of packaging in international advertising” pag.195-202, in 
Dunn,1964, International Handbook of advertising, USA, Mc Graw-Hill 
9
 Urban Glen L., Hauser John R., 1997, Design e marketing dei nuovi prodotti, Torino, ISEDI. 
 19
alterazioni della qualità del prodotto per opera di microrganismi 
(unicellulari come muffe o batteri, o più complessi, come roditori o 
insetti). Molti prodotti devono anche esser protetti da odori che 
potrebbero danneggiarli; in generale, la normativa vigente si 
occupa di porre vincoli ben precisi per tutelare il cittadino e la 
qualità del bene finito. Spesso si parla di “rischi di prodotto”, 
alludendo a quelle merci che possiedono un grado di pericolosità 
intrinseco (si pensi ad alcune medicine oppure agli acidi e solventi 
per l’uso domestico): in questi casi, le aziende produttrici di sistemi 
di confezionamento puntano fortemente su chiusure di sicurezza 
che proteggono l’utilizzatore, esaltandone la sicurezza. 
Probabilmente l’accessibilità al prodotto è l’aspetto su cui più 
recentemente si sono concentrati i designer, in quanto arriva a 
toccare la pura tecnologia laddove vengono proposte soluzioni 
all’avanguardia. Basti pensare al tappo del Gatorade: un vero 
capolavoro d’ingegneria che permette di aprire e chiudere la 
bottiglietta con un semplice gesto e con una sola mano, eliminando 
la fatica e i secondi spesi nell’avvitare il classico tappo di tutti i 
contenitori per bibite. 
Un aspetto di rilievo nella definizione dei prerequisiti 
protettivi dei package di prodotto riguarda i costi. Teoricamente il 
costo dell’imballaggio non dovrebbe incidere in maniera eccessiva 
sul prezzo finale del prodotto, anche se esistono articoli d’alta 
gamma sfuggenti a questo requisito: puntare su una confezione 
che superi il valore del prodotto significa contare su di essa per 
abbattere una concorrenza di pari livello o attribuire al prodotto un 
valore aggiunto superiore rispetto a quello che effettivamente 
possiede. Negli ultimi anni, i costi destinati alle confezioni sono in 
continua crescita, perché il tempo, l’attenzione, la ricerca destinati 
a questo settore hanno conosciuto un’ascesa tale che oggi non si 
possa pensare d’introdurre sul mercato un oggetto senza 
 20
imballaggio. Quando l’integrità del prodotto non giustifica un costo 
eccessivo del packaging, si può verificare un tradeoff tra le perdite 
originate dal tasso di rottura del prodotto ed i costi connessi col 
package eventualmente necessario, che segnala il mantenimento di 
uno status quo per motivi di convenienza economica. 
Inoltre, ci si accorge di come centrale sia nella vendita la 
configurazione estetica e la funzione comunicazionale del 
packaging. Esso deve comunicare. In altre parole attirare 
l’attenzione dell’acquirente, illustrare il prodotto, fornire le 
istruzioni per usarlo, rassicurare chi lo compra e generare con lui 
un rapporto di fedeltà. In particolari occasioni, per esempio durante 
le festività interannuali o nel caso di offerte promozionali, il 
packaging base subisce delle modifiche per sottolineare lo speciale 
evento. Le scatole parlanti, come definite da Agnese Ananasso,
10
  
propongono quindi una comunicazione sia visiva sia verbale, in cui 
la prima appare rispetto alla seconda meno influenzata da 
convinzioni, prevenzioni o conoscenze pregresse dell’interlocutore e 
dall’affidabilità, dal potere di persuasione e dalla cultura di chi lo 
trasmette.
11
 Si minimizza e sovverte la visione di “persuasore 
occulto” del packaging, che secondo un approccio psicologico e 
psicanalitico alla progettazione degli imballaggi, attribuiva a 
caratteristiche specifiche di questi ultimi il potere di scatenare 
reazioni inconsce, in grado di manipolare e provocare l’acquisto del 
prodotto. La teoria affermata da Giò Rossi ottiene grandi consensi 
nell’affermare che per ogni oggetto esista un suo archetipo, cui ci si 
riferisce ogni qualvolta lo si ricerchi; un buon progettista 
dell’imballaggio deve scoprire ed implementare nella forma, nel 
colore, nei grafismi del pack questa simbologia archetipale. Così il 
packaging non avrebbe una finalità persuasiva, ma informativa, sia 
                                                 
10
 www.larepubblica.it articolo del 07/11/2002. 
11
 Sicca Lucio, 1990, Il marketing nell’azienda dettagliante moderna, Padova, Cedam. 
 21
pure a livello inconscio. Il bisogno cui esso risponde è latente, non 
indotto dalla vista del contenitore, si rifà ad un universo di 
riferimento ricchissimo di segni, attraverso il quale ciascuno 
interpreta e classifica i prodotti. La definitiva affermazione del 
libero servizio richiede che il packaging dei prodotti di consumo si 
faccia indispensabilmente carico di valenze informative e seduttive 
per l’acquirente. 
 Aumenta anche notevolmente la funzione espositiva e di 
stoccaggio del packaging: il consumatore finale ed il cliente 
intermedio ricercano una razionalizzazione della forma, che 
consenta una miglior gestione dello spazio e funzionalità 
nell’utilizzo. Il packaging diventa strumento per assecondare 
l’esigenza di quei consumatori che scelgono la comodità come 
indicatore del proprio benessere: quanto, però, quest’attenzione 
alla praticità dipenda dalla richiesta dei consumatori e quanto 
corrisponda ad un’esigenza di diversificazione delle aziende è 
oggetto di diatribe letterarie. Vale la pena soffermarsi sull’aspetto 
della comodità, in quanto s’affacciano quotidianamente sul mercato 
soluzioni nuove e differenti, create per offrire garanzie a lungo 
termine sulla qualità del prodotto. Contenitori resistenti, facili da 
trasportare, funzionali nella fase di stoccaggio, leggeri, riciclabili, 
d’ingombro ridotto, riscuotono presso il pubblico un’accoglienza 
positiva: basti pensare al Tetra Brik, baluardo storico della Tetra 
Pak, società produttrice d’imballaggi in cartone e poliaccoppiato, 
che è stato introdotto sul mercato con un alimento ben posizionato 
a livello simbolico come il latte ed ha presentato notevoli vantaggi 
rispetto al vetro, ottenendo successo anche con altre bevande, 
come il succo di frutta proposto in formati adatti all’uso familiare o 
al consumo singolo, e conquistando prodotti ricchi di storia e 
tradizione come il vino.