stessi colossi degli idrocarburi hanno messo in luce che quella della Val 
d’Agri sembra essere la più grande riseva  petrolifera di terra d’Europa, in 
grado di soddisfare, al momento della messa a regime di tutti i pozzi 
previsti, circa il 10% del fabbisogno nazionale italiano
4
.  
Le compagnie petrolifere che hanno ottenuto, e continuano ad 
ottenere, concessioni per l’esplorazione del sottosuolo, la ricerca e lo 
sfruttamento del petrolio garantiscono formalmente il rispetto della natura 
in tutte le fasi operative e il ripristino della situazione ecologica di partenza, 
tramite degli studi sull’impatto ambientale presentati al Ministero 
dell’Ambiente ed approvati dalla Commissione per la Valutazione 
dell’Impatto Ambientale (VIA)
5
 .  
“Il petrolio. I parchi. Il petrolio dentro i parchi? Il petrolio e i parchi? 
Il petrolio o i parchi?”
6
. Sono  questi gli interrogativi, i nodi cruciali che 
pongono la Basilicata, la sua amministrazione locale ma soprattutto la sua 
popolazione, di fronte ad un bivio. La scelta non è solo tra il petrolio o il 
                                                                                                                                                               
2
 Azienda generale italiana petroli. 
3
 L.6 dicembre 1991 n° 394 “Legge quadro sulle aree protette”. 
4
 Fonte La Basilicata si buca.Il petrolio nei parchi.- Dossier Verdi. Gruppo Consiliare Regionale 
Verdi. 
5
 In base al DPR 18 aprile 1994 n° 526 “Regolamento recante norme per disciplinare la valutazone 
dell’ impatto ambientale relativa alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e 
gassosi.”. 
6
 La Basilicata si buca.Il petrolio nei parchi.- Dossier Verdi. Gruppo Consiliare Regionale Verdi, 
p. 3. 
 
  
parco, ma coinvolge interessi preminenti in ambito non solo economico ma 
anche sociale, culturale, ecologico ed ambientale. 
Gli eventi verificatisi in Val d’Agri ed in Italia  hanno portato le 
autorità competenti a decisioni che non possono essere prese come casi 
isolati e decontestualizzati. La ricerca è stata perciò strutturata in quattro 
parti, legate tra di loro dal filo conduttore della possibilità di armonizzare la 
produzone di energia con la salvaguardia dell’ambiente.  
Il periodo storico preso in esame per il caso della Val d’Agri è quello 
che va dal 1984 al 1999, cioè quello dell’ultima fase esplorativa portata 
avanti dall’Agip in Basilicata. Mi è sembrato doveroso riservare uno spazio 
per la definizione storica delle diverse tematiche trattate, in modo tale da 
strabilire una continuità temporale tra di esse; infatti le basi per la 
comprensione di un processo tanto carico di implicazioni politiche, 
economiche e socio-culturali devono essere, a mio avviso, ricercate a 
partire dagli anni ’70, dalle crisi petrolifere che hanno determinato un 
cambiamento radicale nei modi di intendere i rapporti tra Stati produttori e 
Stati importatori di petrolio. La scarsità del petrolio e la nazionalizzazione 
della gestione della sua commercializzazione sono alcuni dei  fattori che 
hanno implicato un cambiamento nella politica energetica mondiale. 
L’aumento del prezzo del petrolio ha segnato l’inizio di nuove necessità: il 
risparmio energetico e l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili. Tuttavia 
  
l’Italia, ancora oggi, utilizza il petrolio per coprire il 60- 70% del proprio 
fabbisogno energetico. Risulta evidente che la scoperta di un giacimento di 
considerevole entità all’interno del territorio nazionale ha suscitato grande 
interesse tra le compagnie petrolifere,  gli amministratori locali e le 
popolazioni interessate, le diverse forze politiche. Ogniuna di queste 
categorie ha proposto strastegie diverse, all’interno di un confronto serrato 
con le istituzioni. 
 Ho ritenuto opportuno iniziare il mio lavoro descrivendo il quadro 
generale della situazione energetica mondiale, con particolare riferimento 
alle dottrine economiche che, nel corso del nostro secolo, hanno guidato la 
mano degli operatori pubblici in materia di scelte di politica energetica e di 
difesa del patrimonio naturale. Inoltre non si può prescindere dalla 
descrizione del funzionamento del mercato del petrolio e di chi, e in che 
misura, prende le decisioni al suo interno. Altrettanto importante sarà 
analizzare quali siano gli effetti che il sistema di gestione delle risorse 
energetiche ha causato nei diversi ecosistemi, e quali siano state le soluzioni  
proposte dagli organismi internazionali e dalle associazioni ambientaliste. 
 Dopo questo quadro generale la tesi descrive la situazione 
energetica italiana con particolare riferimento alle modalità di adempimento 
degli accordi sottoscritti a livello internazionale per la salvaguardia 
dell’ambiente naturale e per la riduzione di emissione di sostanze nocive, 
  
conseguenti alla trasformazione dell’ energia. Saranno poi individuate le 
politiche dell’ENI e degli altri Enti preposti in Italia alla gestione delle 
risorse energetiche e alla ricerca tecnologica in questo ambito,  ricostruendo 
la storia della scoperta di idrocarburi in  Basilicata e del modo in cui furono 
sfruttati, dalla fase di avvio dei lavori fino alle grandi campagne estrattive 
degli anni 90. Di qui, analizzando la normativa V.I.A. e i pareri espressi dal 
Ministero dell’Ambiente sulla compatibilità ambientale delle opere di 
ricerca, coltivazione e trasporto di idrocarburi, l’analisi prenderà in esame, 
alla luce di questi pareri, le richieste avanzate dalle compagnie petrolifere e 
il dialogo che si è instaurato con gli Enti locali e lo Stato italiano. 
La terza parte del lavoro è dedicata all’analisi degli strumenti 
utilizzati in Italia per la protezione dell’ambiente e come una cultura del 
rispetto per i diversi ecosistemi abbia ispirato una politica di pesi e 
contrappesi che permette la difesa del vastissimo patrimonio naturale, ma 
anche culturale e tradizionale italiano: ciò è stato possibile tramite 
l’istituzione del Ministero per l’Ambiente e il deferimento agli Enti locali 
del potere di controllo sulla gestione del territorio, soprattutto in ambito di 
risorse energetiche il cui sfruttamento può arrecare danni all’ambiente, 
come nel caso del petrolio.  Bisogna infatti ricordare che parallelamente alla 
concessione dei permessi  per la ricerca di petrolio in Basilicata , fu 
approvata nel 1991 la già citata legge quadro sulle aree protette a cui 
  
seguirono anche diverse proposte di perimetrazione da parte di Enti ed 
associazioni locali in un clima di ambiguità e di incertezza che ha messo in 
luce gravi contraddizioni a livello politico.  
L’ultima parte della tesi, infine, si occuperà più da vicino di valutare 
se il problema delle decisioni politiche da prendere in Val d’Agri debba 
essere visto come un'opzione esclusiva, in cui è necessario scegliere o l’una 
o l’altra strada per lo sviluppo, oppure se lo sfruttamento di idrocarburi 
possa essere una ricchezza utilizzabile in armonia con la difesa e la 
valorizzazione delle bellezze paesaggistiche del luogo. Dopo il deferimento 
alla Regione delle competenze per le decisioni sulla V.I.A., nel 1998 si è 
giunti, in seguito a lunghe trattative che hanno coinvolto numerosi attori 
sociali tra cui anche le associazioni ambientaliste che operano a livello 
nazionale e locale, ad un protocollo d’intenti  firmato dal presidente della 
Regione Basilicata  e dall’ENI, seguito, a pochi mesi di distanza, da accordi 
attuativi di tale protocollo. Ma i punti programmatici di questi accordi sono 
stati attuati? La tesi si propone dunque di verificare quale è la situazione 
oggi in Val d’Agri.   
La tesi si propone di rispondere a questi interrogativi utilizzando 
come strumenti di analisi per il caso particolare della Val d’Agri una 
rassegna stampa degli anni 1997, 1998, 1999, e 2000 messami a 
disposizione dalla sede lucana di Legambiente; gli atti normativi che 
  
regolano le discipline prese in esame; e un lavoro sul campo con interviste 
ai funzionari che hanno gestito le trattative sia per la concessione delle 
autorizzazioni per le estrazioni petrolifere che per la perimetrazione e 
l’istituzionalizzazione del Parco Nazionale Val d’Agri e Lagonegrese.  
 
 
A due anni dalla firma del Protocollo d’Intenti tra Regione Basilicata 
ed Eni, secondo un’analisi presentata al Ministro dell’Industria nel febbraio 
2000 da Romualdo Coviello, Presidente della Commissione Bilancio del 
Senato, “ottenute le autorizzazioni per realizzare le infrastrutture legate 
all’estrazione l’Eni-Agip, nonostante le molte sollecitazioni delle istituzioni 
locali e delle organizzazioni di forze sociali, conferma la sua latitanza verso 
i problemi e gli impegni per lo sviluppo delle valli dell’Agri e del Sauro”
7
. 
Infatti Eni non ha ancora presentato proposte di sviluppo nel settore 
dell’indotto petrolifero e non ha collaborato con l’imprenditoria locale, che 
è stata marginalizzata nei lavori di ampliamento del Centro Oli e in quelli 
per la costruzione dell’oleodotto Viggiano-Taranto; inoltre l'Eni non ha 
cercato un dialogo con i Sindaci dei Comuni interessati allo sfruttamento 
petrolifero per creare piani di sviluppo a livello locale, come invece era 
previsto dal Protocollo firmato nel novembre 1998. 
                                                           
7
 Laguardia G., L’Eni/Agip? “È latitante” , in «Gazzetta del Mezzogiorno», 24 febbraio 2000. 
  
Un’altra tematica importante riguarda il problema delle royalties. Al 
momento della stipulazione dell’accordo, infatti, Eni si era impegnata a 
versare una parte delle royalties anticipatamente che, sommate alla quota 
delle royalties spettanti allo Stato da trasferire alla Regione, avrebbero 
determinato un finanziamento complessivo di 3 mila miliardi per 
investimenti nel settore delle attività produttive e nei servizi. 
Anche le aspettative della popolazione sul piano occupazionale sono 
state disattese in quanto gran parte del personale del Centro Oli era già 
dipendente Eni o Agip, trasferito da precedenti incarichi. La maggior parte 
dei giovani lucani che hanno frequentato i corsi di formazione organizzati 
proprio al fine di creare figure professionalmente adeguate ai bisogni della 
compagnia petrolifera sono ancora in cerca di lavoro: in totale solo il 50% 
delle maestranze occupate al Centro Oli sono lucani
8
. 
Sul piano ambientale, nel Protocollo d’Intenti l’Eni si era impegnata 
a provvedere, a proprie spese, alla costituzione e all’organizzazione di un 
Osservatorio Ambientale con lo scopo di potere adeguatamente garantire 
una efficace azione di tutela e valorizzazione ambientale e promuovere lo 
sviluppo sostenibile nelle aree interessate dalle attività estrattive. La sede 
dell’Osservatorio avrebbe dovuto essere allestita entro il 31 gennaio 2000, 
ma ancora nel giugno 2000, in piena attività estrattiva e dopo la scoperta e il 
  
sequestro, in Val Basento, di alcuni pozzi contenenti sostanze chimiche non 
riconducibili ai residui provenienti dalle attività estrattive, l’Osservatorio 
non era funzionante, né era stato assunto personale in grado di attivarlo. 
Alla luce di queste inadempienze sono oramai numerose le 
associazioni di cittadini che, coordinate dalle associazioni ambientaliste, 
chiedono la sospensione dell’accordo Eni- Regione e di tutte le azioni 
previste in tale ambito, almeno fino a quando l’Eni non sarà in regola con 
gli adempimenti previsti nel Protocollo.  
 
Il petrolio è una risorsa presente nella Regione Basilicata ed in Val 
d’Agri e deve essere valutata contestualmente con le altre risorse, quali 
quella ambientale e quella idrica, in quanto non è evidentemente 
ragionevole affrontare il problema estrazioni petrolifere se non nell’ambito 
di una strategia complessiva sulla gestione delle risorse. 
Ricordiamo anche che per l’Agip la ricaduta delle attività previste in 
Val d’Agri può essere valutata, ai prezzi correnti del petrolio, in più di 20 
mila miliardi. Dal momento che gli investimenti previsti sono circa di 3 
mila miliardi e le royalties il 7%, appare chiaro che da questo punto di vista 
è molto conveniente per le imprese petrolifere estrarre in Italia. 
                                                                                                                                                               
8
 Fanelli G., Petrolio, accordo sotto esame, in «La Nuova Basilicata», 10 febbraio 2000. 
  
D’altro canto la Val d’Agri è un’area in cui si fondono varie valenze 
ambientali, tra cui le principali sono le numerose aree BIO-ITALY, le 
risorse monumentali, le risorse idriche, una tradizione gastronomica con 
alcuni prodotti tipici di notevole pregio. Tali risorse sono rinnovabili, al 
contrario delle risorse petrolifere, che inoltre potrebbero pregiudicare la 
fruibilità delle prime.  
Alla luce delle normative approvate in Italia in merito alla politica 
ambientale, l’ambiente e il territorio sono beni che devono essere concepiti 
come risorse attive in grado di stimolare attività economiche che abbiano 
una ricaduta prevalentemente all’interno della regione. Secondo quanto 
analizzato durante il lavoro di ricerca, non esiste contrapposizione tra tutela 
dell’ambiente e sviluppo; al contrario le politiche ambientali costituiscono 
uno degli strumenti più idonei per favorire la diffusione di tecnologie che 
riducono l’impatto ambientale, quale emissioni e rifiuti prodotti. Si evince 
perciò che il problema ambientale in Basilicata, ed in particolare nel bacino 
dell’Agri, non può essere affrontato come una questione residuale ma deve 
essere considerato il perno di una politica di sviluppo ed innovazione. In 
tale contesto, quindi, l’istituzione del Parco Nazionale Val d’Agri e 
Lagonegrese non rappresenta uno strumento vincolistico e che riguarda 
l’intero territorio regionale, ma solo uno strumento ad hoc necessario alla 
valorizzazione di una particolare area.  
  
Avendo stabilito che la questione ambientale non è marginale e che 
l’estrazione, il trattamento ed il trasporto degli idrocarburi fossili devono 
essere compatibili con la salvaguardia dell’ambiente, il problema centrale è 
quello di determinare se tale compatibilità sia possibile ed in che modo sia 
perseguibile. 
Gli effetti delle attività inerenti alla coltivazione di idrocarburi 
investono l’ambiente in tutti i suoi aspetti (acqua, suolo, aria) ma non 
presentano particolare criticità, e quindi le attività petrolifere, da questo 
punto di vista sono compatibili con la localizzazione in aree previste per 
insediamenti industriali. Esattamente per lo stesso motivo non sono 
ammissibili in aree di elevato interesse naturalistico o monumentale. 
Considerando la questione petrolio, inteso come sviluppo e ricchezza 
per le popolazioni locali, i ritorni economici dell’attività estrattiva versati 
dalle compagnie alla Regione in royalties, che dovrebbero ammontare a 750 
miliardi, sono paragonabili al ricavato economico derivante dalle risorse 
idriche del Pertusillo, che ai costi attuali possono essere stimate intorno ai 
600 miliardi, con la possibilità di aumenti dei prezzi a causa della scarsità 
della risorsa. Lo sfruttamento della risorsa petrolifera inoltre è 
tendenzialmente conflittuale nei confronti della valorizzazione turistica ed 
agro-alimentare della Val d’Agri. 
  
In definitiva mentre i vantaggi che derivano dallo sfruttamento 
petrolifero investono soprattutto le compagnie petrolifere, per le quali 
risulta molto conveniente estrarre a queste condizioni in Italia piuttosto che 
all’estero, gli impatti e i rischi investono soprattutto gli ambiti in cui hanno 
luogo le attività. Il petrolio quindi è una risorsa tendenzialmente conflittuale 
con le altre risorse endogene di immediato utilizzo da parete delle 
popolazioni locali, il cui uso non ha nell’immediato un impatto economico 
sulle aree in cui viene estratto. 
 
Il petrolio, estratto in Basilicata o in Messico o nel Mar Caspio, è 
oggi, per l’economia internazionale, un bene fondamentale, senza cui non 
potrebbero essere possibili molte delle attività cui tutti noi ci dedicano 
quotidianamente.  
In questi mesi sono balzati agli occhi dell’opinione pubblica due 
problemi molto gravi. Il buco dell’ozono è aumentato sensibilmente negli 
ultimi mesi, segno evidente che gli accordi internazionali presi a Kyoto 
sono rimasti lettera morta, almeno fino ad ora; le emergenze e i rischi 
innescati, a livello internazionale, dal “caro petrolio” hanno riportato 
all’attenzione di tutti noi il problema della scarsità delle risorse petrolifere e 
della necessità di produrre energie alternative rinnovabili, ecosostenibili e 
che costino meno. Come negli anni ’70, si è assistito ad una serie di 
  
profetiche dichiarazioni da parte di case automobilistiche e dei colossi 
dell’energia, che hanno promesso carburanti ricavati da biomasse, 
automobili elettriche a prezzi competitivi, maggiori ricerche nell’ambito 
dello sfruttamento dell’energia solare. 
Lo sceicco saudita Yamani, membro autorevole del cartello dei Paesi 
produttori di petrolio, ha dichiarato recentemente che “come l’età della 
pietra non è finita per mancanza di pietre, l’età del greggio non finirà per il 
prosciugamento dei pozzi, ma per merito della tecnologia”
9
. In effetti è 
stato proprio durante la crisi petrolifera degli anni ’70, in cui il prezzo del 
greggio, attualizzato all’odierno valore del dollaro, arrivò sopra i 70 dollari 
al barile, che è stato registrato lo sforzo maggiore dell’economia europea 
per aumentare l’efficienza energetica. 
Oggi il progresso, l’innovazione tecnologica unita alla necessità di 
far fronte ai grandi problemi ambientali planetari rende necessario un 
deciso ridimensionamento del ruolo energetico dei combustibili fossili, in 
quanto “la dipendenza pressoché totale delle nostre economie dal petrolio 
non corrisponde agli interessi dell’Europa. Non risponde ai suoi interessi 
geopolitici, ponendola in balia delle scelte dei Paesi produttori; non 
risponde all’imperativo della lotta contro l’inquinamento globale”
10
. 
 
                                                           
9
 Realacci E., Lo sceicco ecologico, in «Il Manifesto», 15 settembre 2000. 
10
 Ivi.