4
donazione di organi ed il trapianto, coinvolgono il mondo intero e quindi, anche tutte le religioni: il
decimo capitolo offrirà spunti di riflessione sulla cultura della donazione nel proprio “credo”.
In conclusione, farò un’esposizione dei dati rilevati nell’anno 2007 sull’attività dei trapianti
avvenuti anche nella nostra Regione e suddivisi per aziende sanitarie.
Mi piacerebbe molto, se questo dato non venisse interpretato come frutto di un risultato “sterile”,
ma, piuttosto, come profonda riconoscenza per la generosità dei donatori e delle loro famiglie che,
hanno permesso di “restituire” la vita, a chi ha rischiato di perderla.
2) Bioetica dei trapianti.
In generale possiamo sintetizzare otto princìpi fondamentali che regolano la bioetica dei trapianti.
1) Anzitutto, il rispetto della vita come valore indisponibile. La vita è la proprietà fondamentale e
più profonda dell'uomo, è un mistero che ha una sua sacralità, una sua trascendenza, una realtà che
avvolge l'essere umano nella sua totalità, e per chi vive di fede la vita è un dono di Dio da custodire,
da far fruttificare. Pertanto, occorre rispettare la vita come un bene «indisponibile», che, in senso
assoluto, appartiene solo a Dio. Ne consegue per la bioetica dei trapianti la rinuncia a voler disporre
autonomamente di essa, e quindi anche la «non disponibilità» del proprio corpo, se non per un bene
maggiore del corpo stesso (mutilazione di parti del corpo per il bene della totalità dell'organismo).
Tale principio verrebbe ampiamente soddisfatto nel caso dei trapianti «autoplastici», vale a dire
trapianti di tessuti da una parte all'altra del corpo, anche per ovviare a problemi estetico-correttivi.
Nei trapianti «omoplastici» (rene, cuore, pancreas, ecc.) andrebbero osservate delle condizioni: il
donatore, se vivo, non dovrebbe subire danni sostanziali e irreparabili alla propria salute.
2) La tutela dell'identità della persona e dei suoi discendenti. Abbiamo visto che sono fortemente
riscontrabili fenomeni di alterazione psichica nei pazienti sottoposti a trapianti cardiaci, per non
parlare poi delle conseguenze sulla identità personale di pazienti sottoposti a trapianto di gonadi o
elementi legati alla sessualità. Deliri, psicosi, ansietà sono quasi sempre registrabili con maggiore o
minore intensità, tale da richiedere la persona dello psichiatra e dello psicologo nelle varie fasi
dell'intervento. Il mutamento dell'immagine corporea ha forti conseguenze nell'identità psicologica
della persona. Occorre, quindi, fare attenzione alle ripercussioni più o meno profonde sull'«unità»
della persona.
3) La natura della sperimentazione in genere. Il trapianto si può accettare a condizione che risulti
l'unico rimedio valido, e lasci alta la possibilità di riuscita. La decisione per il trapianto deve essere
5
nell'esclusivo interesse del bene del paziente, anche in quei casi di persone con autonomia diminuita
o menomata, il che esige che venga garantita la sicurezza contro danni o abusi a coloro che sono in
situazione di dipendenza o di vulnerabilità.
4) Il principio della solidarietà e dell'apertura al dono. La riflessione morale ha messo in evidenza
che è talora lecito e virtuoso esporsi a rischi anche mortali per il bene del prossimo. Ed è parimenti
lecito e virtuoso rinunciare all'integrità del proprio organismo per sovvenire ad una proporzionata
esigenza del prossimo. «L'atto di donazione da parte di se stesso è il massimo che un individuo
possa fare per gli altri in quanto non è determinato solo dall'impulso di generosità di un momento;
ma questi atti di donazione sono atti meditati, profondamente valutati e quando sono decisi ed
effettuati, implicano un lavoro interiore estremamente importante da considerare per rendersi conto
dell'arricchimento della personalità da parte di chi compie un atto di questa portata» (R. Cortesini).
Spendendo le proprie energie, la propria salute, e finanche la propria vita, la persona incarna la sua
identità di «dono». Non solo in vita, ma anche con la possibilità di disporre del proprio corpo e dei
propri organi anche dopo la morte o permettendo che altri decidano del suo corpo nella prospettiva
del donarsi. E' un dono espressione di tutta la vita di una persona, scandito da gesti concreti già
durante la vita e che si prolunga anche dopo la morte. Il dono esige come sua struttura interna la
gratuità più assoluta e l'altruismo più ampio come forma squisita di solidarietà. Non tanto quindi per
filantropia, umanitarismo, obbligazione, legami parentali, eventuali retribuzioni o contraccambi,
generosità o altruismo passegeri, quanto come espressione trasparente e semplice del «donarsi».
5) Il principio della proporzionalità costi/benefìci. Ci riferiamo al dovere etico di massimizzare i
benefìci e di minimizzare i danni e gli errori. Tale principio è all'origine delle norme che esigono
che i costi del trapianto siano proporzionali ai benefìci attesi, che l'intento della ricerca sia valido, e
che l'equipe medica sia adeguatamente preparata per condurre l'intervento. Inoltre, la selezione delle
persone da trapiantare e in lista d'attesa deve avvenire in modo tale che i costi e i benefìci siano
equamente distribuiti. Nell'includere soggetti vulnerabili e bambini, devono essere osservate con
particolare rigore le procedure per la protezione dei loro diritti e del loro benessere.
6) Il consenso informato come rispetto dell'autonomia del paziente. Per ogni protocollo di trapianto
l'equipe medica deve ottenere il consenso informato del paziente, o, nel caso di un soggetto
incapace di acconsentire, il consenso per procura di un suo rappresentante legale. Nel caso di
trapianti di donatore vivo (ex vivo), l'equipe ha il dovere di: a) comunicare al potenziale soggetto
tutte le informazioni necessarie per ottenere un consenso adeguatamente informato; b) fornire al
potenziale soggetto piena opportunità e incoraggiamento a fare delle domande; c) escludere la
6
possibilità di ingiustificato inganno, influenza indebita e intimidazione; d) richiedere il consenso
solo dopo che il potenziale soggetto abbia acquisito un'adeguata conoscenza dei fatti pertinenti e
delle conseguenze del trapianto, e abbia avuto una sufficiente opportunità di considerare se
partecipare o meno; e) ottenere dal paziente o dal suo rappresentante legale, come norma generale,
un modulo firmato che attesti il suo consenso informato. Nei trapianti da donatore morto (ex
cadavere), non essendo leso alcun diritto soggettivo propriamente detto, si dovrà procedere agli
«accertamenti della morte», secondo i protocolli previsti dalle leggi che considerano la cessazione
totale e irreversibile di ogni attività del sistema nervoso centrale, anche se successivamente si dovrà
azionare la respirazione forzata per mantenere il battito del cuore e la irrorazione dell'organo. Tale
respirazione forzata sarà attivata dopo che si è accertato che quella spontanea è irrecuperabile per la
compromissione dei centri nervosi interni dell'encefalo.
7) L'accertamento della morte del donatore. La morte cerebrale consegue a gravi lesioni
dell'encefalo. Queste sono causate sempre da ischemia (arresto di flusso sanguigno) e da anossia
(mancanza di riserve energetiche). In Italia, l'accertamento della morte cerebrale per il prelievo di
organi era regolato dalla Legge 2 dicembre 1975, n. 644 e dal D.P.R. 16 giugno 1977, n. 409,
modificata di recente con la legge 29 dicembre 1993, n. 578. Il Decreto applicativo della legge, ad
opera del Ministro della Sanità, è il n. 582 del 22 agosto 1994. Come afferma anche il Codice di
deontologia medica, «in caso di prelievo di parti di cadavere a scopo di trapianto terapeutico, il
decesso del paziente, tenuto conto dei dati più recenti della scienza, sarà accertato da un collegio
medico costituito secondo le previsioni di legge. I medici addetti al prelievo e/o ai trapianti saranno
diversi da quelli che hanno accertato la morte» (art. 45).
8) Il rispetto del «testamento biologico». La donazione «post mortem» dei propri organi spesso
passa attraverso il «testamento biologico», o «living will». Esso è la dichiarazione fatta da una
persona, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali (eventualmente con testimoni e di fronte
ad un notaio), in cui si specificano le condizioni entro cui essa dovrà essere trattata nel caso in cui si
trovasse in uno stato agonico senza speranza di guarigione. La valutazione morale di simili
documenti dipende sia dalle condizioni esterne generali entro cui si svolge il processo di agonia,
dalle condizioni poste nel documento stesso e dalle condizioni di validità giuridica che una
comunità politica intende dare a simili documenti (A. Bondolfi). La propagazione di queste
dichiarazioni scritte, anche da parte di organizzazioni caritative di ispirazione cristiana, dovrebbe
quindi avere solo lo scopo di facilitare la donazione degli organi.