2 
tale scopo è peculiare all’estradizione e la distingue da ogni altra forma 
di allontanamento dal territorio ed in particolare dall’espulsione. 
Quest’ultimo provvedimento, infatti, viene adottato da uno Stato non 
come misura di assistenza in materia penale nell’interesse del Paese 
richiedente, bensì quale strumento volto a soddisfare proprie  ed 
esclusive esigenze di sicurezza pubblica ed “interna”; esso si 
concretizza “nel semplice accompagnamento dell’espulso ad una 
qualsiasi frontiera dello Stato di rifugio, da lui stesso  scelta”, anziché 
nella “ consegna dell’interessato alle autorità dello Stato che intende 
procedere penalmente contro di lui”2.  
 
Lo Stato che presenta la domanda di estradizione ( Stato richiedente) 
deve essere competente a giudicare o punire l’individuo reclamato 
(estradando); lo Stato che riceve la domanda ( Stato richiesto o Stato di 
rifugio) è quello sul cui territorio il soggetto ha trovato riparo. Con 
riferimento agli opposti angoli di visuale, quelli dello Stato richiedente e  
quelli dello Stato richiesto, si suole distinguere due forme di 
                                                                                                                                          
essere particolarmente dibattuto. Il decimo Congresso internazionale di diritto penale ha definito 
l estradizione nei termini seguenti   L extradition  est un acte d assistance judiciaire interØtatique en 
matiŁre  pŁnale qui vise   transfØrer un individu pØnalement poursuivi ou condamnØ du domaine de 
la souverainetØ judiciaire d un Etat   celui d un autre Etat . 
 
2
 Cass. (Sez. I) 16 ottobre 1984, BIANCHI, in Rivista penale, 1995, p.610; in dottrina, R. PISILLO 
MAZZESCHI, Il caso Ocalan, p. 369.  
 3 
estradizione : quella passiva (o per l’estero) e quella attiva ( o 
dall’estero). 
 
          
1.1 Evoluzione dell’istituto 
 
L’estradizione viene annoverata fra quegli istituti “esistiti in tutte le 
epoche”; di qui la difficoltà di una ricostruzione storica, posto che le notizie 
reperibili finiscono, talora, con  lo sconfinare in autentiche leggende.3 
 
Essa, nelle sue origini e nei suoi primi sviluppi storici, ci appare come 
un’istituzione essenzialmente “politica”, come deroga al diritto di dare 
“asilo”, aspetto tipico questo della sovranità territoriale. Tale carattere 
essenzialmente politico si rileva già nelle pratiche più antiche, ad esempio, 
in quella romana di consegnare al nemico colui, anche civis romanus, che 
avesse offeso i suoi “legati”, abbandonando alla vendetta dello Stato leso il 
violatore della “sanctitas legatorum”. Nel Medioevo l’istituto ebbe ampi ed 
interessanti sviluppi, consolidandosi in non pochi accordi internazionali, nei 
quali  si aveva riguardo essenzialmente alla sola materia dei delitti politici. In 
questo ambito l’estradizione veniva spesso camuffata nella forma 
                                                 
3
 Si narra, ad esempio, che in tempi remoti assai la citt  di Laurentium offr  a Romolo la consegna 
degli uccisori di Tazio ( cfr. LANZA, Estradizione, in Enc. Giur. Vol.V, pt III, Milano 1911, p.471) 
 4 
dell’espulsione per la ripugnanza che si provava a mettere i propri organi a 
servizio di un’altra sovranità (in questo senso gli accordi tra i liberi comuni 
italiani, ad esempio, quelli fra Siena e Firenze del 1255). Il concetto che la 
comunità politica debba rispondere di ogni atto individuale lesivo di 
interessi stranieri spiega l’abbandono dei colpevoli alla vendetta dello Stato 
offeso, salvo un esemplare punizione diretta degli stessi. La concessione 
dell’asilo apparve per lungo tempo come una specie di ratifica o 
approvazione dell’operato del rifugiato. Questi concetti sopravvivono 
anche nella dottrina groziana della patientia e del receptus e in alcuni 
orientamenti successivi.  
 
 L’estradizione, quantitativamente modesta fino alle soglie dell’800, subisce 
una serie di profonde trasformazioni nel corso del XIX secolo.  
Innanzitutto, grazie alla stipulazione di una fitta rete di trattati bilaterali, 
diventa una pratica diffusissima; in secondo luogo, acquista le caratteristiche 
di un vero e proprio istituto giuridico, di rilevanza sia interna che in 
internazionale; infine estende la sua operatività ai reati comuni, inizialmente 
esclusi dagli accordi estradizionali e destinati, invece, per un certo tempo, 
ad essere gli unici reati estradabili, a causa dell’inserimento nei trattati del 
divieto di estradizione per i reati politici. 4  
                                                 
4
 E  in tale periodo che si affermarono alcuni principi che a tutt oggi costituiscono dei punti cardine 
dell istituto. Ci si riferisce, ad esempio, al divieto di estradizione per i reati politici, ovvero al limite 
 5 
Dall’inizio del XX secolo, l’estradizione viene regolata, oltre che dagli 
accordi bilaterali, anche da una serie di convenzioni multilaterali, che 
rappresentano attualmente lo strumento di collaborazione privilegiato per 
lottare contro le forme di criminalità particolarmente gravi o per regolare i 
rapporti estradizionali tra i gruppi di Stati omogenei. Nel primo caso, si 
tratta di convenzioni dirette alla repressione di fatti lesivi di interessi 
appartenenti all’intera comunità internazionale ed aperte alle firme di tutte 
le nazioni. Tali trattati, in genere, non disciplinano esclusivamente 
l’estradizione ma, nel regolare sotto il profilo penale un determinato settore, 
contengono specifiche clausole estradizionali con le quali gli Stati si 
obbligano ad estradare o a giudicare l’autore dei reati previsti dall’accordo. 
Esempi in tal senso sono costituiti dalle convenzioni stipulate per reprimere 
i fenomeni criminosi quali la tratta degli esseri umani, la riduzione in 
schiavitù, il genocidio, il traffico degli stupefacenti, le aggressioni a persone 
internazionalmente protette. Nel secondo caso, invece, le convenzioni  
regolano direttamente i rapporti estradizionali fra Stati caratterizzati da una 
omogeneità di ordinamenti o di interessi, tale da permettere la creazione di 
un meccanismo estradizionale più agile o l’adozione di normative uniformi. 
Esempi di questa seconda tipologia di trattati sono forniti dalle leggi 
                                                                                                                                          
posto dallo status di cittadino, per quanto Ł da osservare che oggi non hanno, tuttavia, un valore 
assoluto, posto che soffrono di alcune eccezioni, ovvero possono venir elisi da un trattato che 
disponga diversamente.  
 6 
uniformi degli Stati scandinavi e dallo schema adottato dai paesi del 
Commonwealth. 
 
L’estradizione si istituisce proprio come relazione fra gli Stati, informata alla 
reciprocità5e non perde il suo carattere internazionale nemmeno quando, 
con l’avvento dello Stato costituzionale, emerge la necessità, sul piano degli 
ordinamenti nazionali, che essa sia sottratta alla discrezionalità 
dell’esecutivo, competente per le relazioni internazionali dello Stato, e 
regolata con legge, data la sua incidenza sui diritti di libertà dell’individuo, 
costituzionalmente protetti: l’intervento in questa materia delle leggi 
nazionali lascia, dunque, il tendenziale primato, nella sua disciplina, alle 
norme internazionali stabilite dagli Stati stessi tramite accordo. 
 
 
1.2  Le fonti del diritto estradizionale 
 
La disciplina dell’estradizione è contenuta in trattati internazionali, bilaterali 
e multilaterali, e nelle normative interne; essa è particolarmente 
caratterizzata dalla interazione fra i due sistemi normativi. Secondo le regole 
vigenti in tema di gerarchia delle fonti, l’estradizione è disciplinata, 
                                                 
5
 Tale affermazione ricorre nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, cfr. Corte 
europea dir. Uomo, 21 ottobre 1986, SANCHEZ-REISSE. 
 7 
innanzitutto, dal trattato; in assenza di disposizioni patrizie, dagli usi e, in 
via suppletiva, dalle norme ordinarie di diritto interno.  
 
Tra le fonti internazionali prevalgono ancora oggi  i trattati bilaterali, 
accanto ai quali esistono alcuni trattati multilaterali, che sono a base 
regionale e conclusi nel quadro del sistema interamericano6, fra i Paesi 
africani7e in Europa8. Queste convenzioni possono essere dirette a regolare 
in modo generale ed astratto i rapporti di estradizione fra le Parti oppure  
essere specificatamente concluse ai fini dell’estradizione di una o più 
persone determinate. In relazione a talune fattispecie criminose (come ad 
esempio il traffico di stupefacenti) sono state concluse convenzioni 
internazionali che si differenziano dagli altri accordi perché non sono 
concluse solo per regolare l’estradizione fra i contraenti, ma anche per 
disciplinare vari aspetti della cooperazione internazionale al fine di  
prevenire e reprimere specifiche figure di crimini, ritenuti particolarmente 
gravi e lesivi di interessi propri di tutti gli Stati. Le clausole relative 
                                                 
6
 La convenzione di Montevideo del 1889 Ł stato il primo accordo di estradizione fra i paesi latino-
americani, Ł stata integrata dal Codice Bustamante del 20 febbraio 1928, che si occupa di estradizione 
negli articoli da 344 a 381 e seguita dalla seconda Convenzione di Montevideo sull estradizione del 
26 dicembre 1933 e poi dalla Inter-American Convention on Extradition del 25 febbraio 1981, 
ratificato da 14 Stati latino-americani ed entrata n vigore il 28 marzo 1992  
7
 Si tratta dell Agreement between the Arab League States Concerning the Extradition of Fugitive 
Offenders, entrato in vigore il 28 agosto 1954 fra Egitto, Giordaniae Arabia Esaudita e della General 
Convention on the Cooperation in sudicia Matters of he Organisation Commune Africain e malgahe 
del 12 settembre 1961, ratificata da 12 Stati dell Africa equatoriale e dell ovest.  
8
 Fra gli accordi vigenti in ambito europeo spiccava la Convenzione europea di Estradizione del 13 
dicembre 1957, significativa sia per l elevato numero dei contraenti e sia perchØ si Ł imposta fin 
dall origine all attenzione per essere il primo ver o tentativo di regolare la materia fra gli Stati europei 
a mezzo di un accordo che ne toccasse tutti gli aspetti.  
 8 
all’estradizione che vi sono contenute hanno un valore circoscritto alla 
materia disciplinata da ogni singolo accordo e si informano alla regola aut 
dedere aut iudicare, imponendo alle Parti l’obbligo di consegnare i presunti 
autori dei suddetti reati allo Stato che intende procedere nei loro confronti, 
o, ove non procedano all’estradizione, quello di giudicarli; inoltre, tali 
norme  apprestano la base giuridica per l’estradizione laddove non esistano 
trattati utilizzabili a tal fine o per quegli Stati relativamente ai quali il trattato 
non sia condizione indispensabile per l’estradizione. L’obbligo di estradare 
o di giudicare garantisce, in questi casi,  che il perseguimento dei medesimi 
illeciti non resti interamente rimesso alla discrezionalità degli Stati in cui i 
loro autori si trovino, riducendo l’impunità ed agendo da fattore di 
deterrenza9. 
 
Quanto al diritto internazionale generale, l’opinione prevalente è nel senso 
che, nonostante alcune uniformità nella disciplina dell’istituto, non si siano 
formate norme consuetudinarie in materia di estradizione: non esistono 
principi né consuetudini internazionali che impongono agli Stati l’obbligo di 
estradare; come, per converso, non esiste alcun obbligo internazionale 
fondato su principi di umanità che obblighi alla concessione dell’asilo. 
                                                 
9
 Si tratta di un numero ingente di accordi, fra i quali possiamo menzionare la Convenzione dell Aja 
del 1970 sulla cattura illecita di aeromobili, la Convenzione di Montreal del 1971 per la repressione di 
atti illeciti contro la sicurezza della navigazione aerea, la Convenzione del 1988 per la repressione di 
fatti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima.  
 9 
Sebbene non in tutti gli ordinamenti l’esistenza di un trattato sia condizione 
necessaria ai fini dell’estradizione, l’opinione maggioritaria nega che, in 
assenza, di un trattato l’estradizione possa essere pretesa sulla sola base del 
diritto internazionale generale; la prassi, poi, sembra anch’essa escludere 
l’esistenza di un obbligo degli Stati di estradare al di fuori di un trattato.  
E’, invece, del tutto minoritaria la teoria secondo cui esiste un’obbligazione 
di diritto consuetudinario, basata sulla solidarietà di tutti i Paesi nella difesa 
del diritto, che impone allo Stato di rifugio di consegnare il delinquente 
fuggiasco o di sottoporlo a giudizio. In questa prospettiva, le convenzioni e 
le legislazioni nazionali in materia di estradizione non avrebbero che 
riconoscere tale obbligo ed limitarne, sotto alcuni aspetti, la portata. 
 
Oltre che dai trattati,  l’estradizione è regolata da norme statali, le quali 
recano una disciplina del procedimento estradizionale destinata a trovare 
applicazione in assenza di trattati o riguardo ad aspetti che il trattato non 
consideri. Dette norme sono talvolta inserite nei codici di diritto penale e di 
procedura penale; talaltra, invece, come più spesso avviene all’estero, 
contenute in leggi organiche a se stanti, specificatamente dedicate 
all’estradizione o, più in generale, all’assistenza giudiziaria in materia penale. 
Poco successo ha avuto, invece, nel campo dell’estradizione, la tecnica delle 
 10 
leggi uniformi, utilizzata nei rapporti fra gli Stati del Commonwealth e in quelli 
fra i Paesi nordici. 
 
Come si è avuto modo di osservare, il quadro delle fonti del diritto 
estradizionale è  particolarmente connotato dalla naturale intensità del 
rapporto intercorrente fra la disciplina interna e quella di derivazione 
interstatuale o extrastatuale: per la correlazione fra disciplina sostanziale 
dell’istituto, contenuta nelle fonti internazionali, e quella procedurale, 
contenuta nelle fonti interne; per l’influenza che le soluzioni internazionali 
producono su quelle interne, plasmandone i contenuti; per la 
sottordinazione rispetto alle fonti d’origine internazionale di quelle d’ordine 
interno, che delle prime riconoscono il primato.10    
 
Le normative sull’estradizione presentano alcuni caratteri comuni, di modo 
che si può parlare di soluzioni e regole che ricorrono nei trattati e, di 
riflesso, nelle leggi interne. Esse hanno conferito ai trattati di estradizione 
una specifica struttura, che risale al  XIX secolo,  ma che nei suoi connotati 
essenziali permane ancora oggi.   
 
                                                 
10
 CHIAVARIO, Cooperazione internazionale ed obiettivi di garanzia e di efficienza nella nuova 
disciplina dei rapporti con autorit  straniere , in Commento al Nuovo Codice di Procedura Penale 
p.664. In Italia il nuovo codice di procedura penale riconosce espressamente la prevalenza della 
formazione internazionale su quella interna, ricordando quindi anche il modo in cui l intreccio 
normativo deve essere dipanato.  
 11 
Tra le regole ricorrenti nei trattati e accolte nella generalità delle leggi 
interne in materia è quella della doppia incriminazione ( double criminality 
rule); in base ad essa, l’estradizione non viene concessa se i fatti sui quali la 
richiesta è basata non costituiscono reato sia nell’ordinamento dello Stato 
richiedente che in quello dello Stato richiesto. Tale norma assicura che lo 
Stato richiesto non sia obbligato ad estradare un soggetto accusato di fatti 
che non sono considerati reato nel proprio ordinamento11   
 
Comune sia ai trattati che alle normative interne sull’estradizione è il 
Principio di Specialità (specialità rule), secondo cui l’estradando non può 
essere sottoposto a processo, condannato o punito se non per i fatti per i 
quali l’estradizione è stata accordata. La regola, che mira ad evitare richieste 
fraudolente, chiude, in un certo senso, il sistema delle garanzie apprestate a 
favore dell’estradando dagli accordi di estradizione; essa tende attualmente 
a non essere prevista in modo assoluto, bensì temperata da alcune 
eccezioni; inoltre, è generalmente previsto che lo Stato possa, dopo 
l’estradizione, prestare il proprio consenso al processo o alla condanna della 
                                                 
11
 Una recente significativa applicazione della regola si Ł avuta nel celebre caso Pinochet, nel quale si 
ritenne che la doppia incriminazione dovesse essere verificata in relazione al momento dei fatti 
criminosi e non a quello della domanda di estradizione. Il fatto che la tortura non fosse reato nel 
Regno Unito fino all entrata in vigore del Criminal Justice Act, il 21 settembre 1988, port  a rifiutare 
l estradizione di Pinochet per cause di tortura riguardanti eventi precedenti a quella data. Cfr United 
Kingdom Hose of Lords: Regina v. Bartle and the Commissioner for the Metropolis and Others ex 
parte Pinochet, in Int. Legal Materials, 1999, p. 580 ss . 
 12 
persona per una fattispecie diversa da quella in relazione alla quale aveva 
originariamente deciso la consegna. 
 
Altre regole classiche, ma non più granitiche, del diritto estradizionale sono  
quella che sanciscono, rispettivamente, la non estradabilità del cittadino e il 
divieto di estradizione per reati politici. Quanto alla prima, la tassativa 
previsione relativa alla non estradabilità dei cittadini, contenuta in molti 
trattati e in molte legislazioni interne, ha subito una progressiva 
attenuazione, soprattutto negli accordi più recenti conclusi fra gli Stati 
aventi sistemi giuridici non troppo disomogenei12. Anche la regola  in base 
alla quale non si fa luogo ad estradizione per reati politici ha subito una 
progressiva erosione: sebbene essa sia ancora prevista pressoché in tutti i 
trattati di estradizione, il suo campo di applicazione è stato gradualmente 
ridotto al fine di ridurne ed essenzialmente di evitarne l’abuso.13  
 
Diffusa nei trattati di estradizione così come nelle legislazioni interne è la 
disposizione alla stregua della quale non si fa luogo ad estradizione per reati 
fiscali o militari, ciò in quanto non si ritiene opportuno collaborare 
                                                 
12
 Ai sensi della Convenzione europea di estradizione, le Parti hanno la facolt   di rifiutare 
l estradizione dei cittadini. (art. 6, par.1, lett.a) . 
13
 La convenzione europea di estradizione, sotto la rubrica  Infractions politiques , all art.3, par.1, 
reca:   L extradition ne sera pas accordØe si l infraction pour laquelle elle est demandØe est considØrØe 
par la Partie requise comme une infraction politique ou comme un fait connexe   une telle infraction   
 13 
all’attuazione delle pretese punitive dello Stato in tale settori, aventi 
dimensione strettamente nazionale. 
 
Per quanto riguarda la procedura, essa è un aspetto dettagliatamente 
regolato dalle leggi interne e solo tratteggiato negli accordi internazionali. A 
grandi linee essa implica l’avvio, con l’informazione alle autorità locali, circa 
la presenza dell’estradando nel loro territorio e con una domanda formale 
di estradizione, documentata alla stregua di quanto previsto nel trattato o 
nelle leggi applicabili ed inoltrata per i canali diplomatici. Gli accordi 
internazionali ammettono, in genere, la possibilità di integrare, su domanda 
della Parte richiesta dell’estradizione, la documentazione che fosse ritenuta 
insufficiente, entro i limiti di tempo eventualmente fissati dalla stessa Parte 
richiesta ed inoltre la facoltà dello Stato che attiva il procedimento, in 
determinati casi e per un periodo di tempo limitato, di domandare altresì 
l’arresto provvisorio dell’estradando. La questione deve poi essere decisa 
dalla Parte richiesta secondo il proprio ordinamento. Dopo la fase 
amministrativa, il procedimento entra in quella giudiziaria, nella quale si 
accerta l’estradabilità dell’accusato alla luce delle regole internazionali ed 
interne pertinenti. Ordinariamente il provvedimento conclusivo del 
procedimento può essere oggetto di impugnazione, così come lo possono 
essere i provvedimenti di natura cautelare adottati nei confronti 
 14 
dell’estradando. La fase finale è di nuovo generalmente  amministrativa; 
infatti, una volta stabilita l’estradabilità del soggetto, spetta poi all’esecutivo 
la decisione finale, quella, cioè, di autorizzare la consegna dell’imputato o 
del condannato allo Stato richiedente, entro il termine stabilito. Se, invece, 
la statuizione giudiziaria è di non estradabilità, allora non si può procedere 
ad estradizione.   
 
L’istituto, in conformità ai caratteri messi in luce, è essenzialmente 
“convenzionale”, in corrispondenza al principio generalmente ammesso 
della “reciprocità” che difficilmente potrebbe trovare applicazione con 
sistemi puramente unilaterali.. La prassi internazionale dimostra con tutta 
evidenza che se, da un lato, poche materie, come quella dell’estradizione, 
hanno dato vita ad un così grande numero di convenzioni, gli Stati, 
dall’altro lato, si sono sempre sentiti liberi sul “come” adempiere agli 
obblighi internazionali e altresì sul “se” adempierli indipendentemente 
dall’assetto delle loro legislazioni interne.  
. 
1.3 Le condizioni dell’estradizione 
 
L’istituto dell’estradizione, come primo ed essenziale presupposto (in 
difetto del quale il procedimento risulta privo del suo oggetto tipico e la 
 15 
relativa decisione inutiliter data) richiede la presenza fisica dell’estradato sul 
territorio dello Stato richiesto. Su questo punto, ad esempio la Corte di 
Cassazione italiana, nel determinare la natura di “presupposto di merito 
della decisione giudiziale” ( anziché, di mero “presupposto processuale”), 
ha addotto che la presenza fisica dell’estradato sul territorio nazionale deve 
protrarsi durante tutta la fase del giudizio. Ne consegue che un eventuale 
allontanamento dell’estradando dal territorio italiano, intervenuto 
successivamente all’instaurazione del procedimento di garanzia 
giurisdizionale, determinerebbe una “carenza sopravvenuta”, con 
conseguente necessità di dichiarazione di non luogo a provvedere14; 
tuttavia, però, tale pronuncia non precluderebbe la possibilità di una 
successiva decisione di merito, qualora la competente autorità estera 
reiterasse la domanda di consegna e, in seguito a nuova verifica, l’autorità 
giudiziaria constatasse la sussistenza del presupposto suddetto.  
 
In secondo luogo, è necessario che la persona richiesta, nel Paese 
richiedente, rivesta la qualifica di imputato o condannato e che il 
procedimento si sia svolto nel rispetto del contenuto minimo ed essenziale 
del diritto alla difesa riconosciuto ad ogni imputato dall’ordinamento dello 
Stato richiesto.  
                                                 
14
 Cass. (Sez.VI) 4 ottobre 1996, ASKIN, in Cassazione Penale, 1998, p. 535. 
 16 
Inoltre, i reati contestati devono rivestire una certa gravità e concretarsi in 
fatti rilevanti, per la cui punizione gli Stati ritengono opportuno instaurare 
un procedimento costoso e complesso come quello estradizionale. 
Nell’individuare tali illeciti, la prassi ha adottato due sistemi: il metodo 
enumerativo e quello eliminativo. Il primo è il  più antico: consiste  
nell’elencazione delle  singole fattispecie criminose idonee a giustificare 
l’attivazione del meccanismo di collaborazione internazionale e trova 
applicazione solo se il fatto ascritto alla persona di cui è stata richiesta la 
consegna contiene tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’elenco15. Il 
secondo metodo è quello seguito dalle moderne convenzioni ed è 
caratterizzato dalla previsione di un limite minimo di pena, minacciata o 
concretamente inflitta, al di sotto del quale l’obbligo di estradare viene 
meno16. 
 
In terzo luogo uno dei principi più importanti in materia è quello della 
“doppia incriminazione”, secondo cui l’estradizione può essere concessa 
soltanto se il fatto per il quale viene richiesta costituisce reato per entrambi 
gli ordinamenti. La regola, che ha una tale rilevanza nel diritto 
internazionale da essere considerata un principio di diritto internazionale 
                                                 
15
 Vedi, ad esempio, la vecchia Convenzione stipulata dalla Gran Bretagna ( 5 febbraio 1873) che, in 
base, all art. 18, Ł da ritenersi ancora applicabile alle colonie e possedimenti stranieri delle sue alte 
Parti contraenti (ovvero Bahamas, Kenia, Nuova Zelanda etc.). 
16
 Tale meccanismo Ł previsto dalla Convenzione Europea di estradizione (art2), dal Trattato Italia-
Usa (art2), dalla Convenzione Italia-Ausrtria 1973. 
 17 
generale, è inserita in quasi tutte le convenzioni, anche nelle più recenti; 
inoltre, essa si ritiene implicitamente sancita anche quando un trattato  non 
la enunci espressamente; l’esigenza cui la medesima risponde è evidente: la 
deroga all’asilo esige una elementare garanzia che è data dalla punibilità (in 
astratto o in concreto) del fatto anche nell’ordinamento dello Stato 
richiesto. 
L’accertamento della doppia incriminazione non presenta difficoltà se le 
fattispecie contemplate dai due ordinamenti  prevedono un identico 
modello descrittivo e uno stesso nome iuris o quanto meno, fermo restando 
il primo requisito, viene meno solo la coincidenza del nomen iuris nella 
qualificazione del fatto.17Se, invece, vi sono divergenze tra gli elementi 
costitutivi della fattispecie, nasce una delicata questione . A tal proposito  
due sono gli orientamenti emersi in dottrina. Secondo l’opinione prevalente 
si ritiene  sufficiente a garantire il rispetto della regola  di “previsione 
bilaterale” la mera circostanza  che la condotta tenuta dalla persona 
richiesta sia tale da integrare gli estremi di un illecito penale nelle rispettive 
legislazioni dei due Paesi; in questo senso si diceva che, per una 
comparazione dei due ordinamenti e dei loro giudizi di valore in ordine ad 
una medesima vicenda, è adeguato considerare solo il “fatto concreto”, 
                                                 
17
 Tale soluzione Ł unanimamente accolta dalla dottrina (A. CERRI, Previsione bilaterale del fatto in 
materia di estradizione:orientamenti della giurisprudenza italiana, in Cassazione penale,1983, p.199) 
e dalla giurisprudenza italiana ( Cass.12 maggio 1998, ALABDULLAH, in Giustizia Penale, 1999, 
p.602).  
 18 
storicamente posto in essere dalla persona richiesta in estradizione. L’altro 
indirizzo, invece, ritiene necessario accertare se il fatto così come qualificato 
nello Stato richiedente costituisca reato anche nello Stato richiesto, in virtù 
di quei medesimi elementi che integrano una fattispecie penale per 
l’ordinamento dello Stato richiedente.  
 
Problemi particolari si pongono in ordine alla rilevanza di alcuni elementi ai 
fini della sussistenza della previsione bilaterale del fatto. 
 
La rilevanza delle condizioni obiettive di punibilità è genericamente e 
pacificamente riconosciuta da quell’ autorevole dottrina che ritiene tali 
condizioni  veri e propri elementi costitutivi della fattispecie criminosa18.  
 
Dibattuta in dottrina è, invece, il ruolo giocato dalle cause di giustificazione. 
Due e contrapposte sono le soluzioni. Per alcuni autori, le cause di 
giustificazione sono rilevanti in quanto la loro presenza impedisce al fatto 
di integrare gli estremi del reato e, quindi, di soddisfare il requisito della 
doppia incriminazione19. Altri, invece, sono di avviso contrario, ritenendo 
                                                 
18
 M.R.MARCHETTI, L estradizione:profili processuali e principio di specialit , Padova, 1990, p 55;  
19
 Vedi P.PISA, Previsione bilaterale del fatto nell estradizione, Milano, 1973, p. 46.