2 
matematica come una sorta di disciplina totalmente astratta nelle quale è 
necessario e sufficiente applicare regole. Non vedono, dunque, nessuna 
permeabilità tra matematica e realtà. Ciò può produrre come esito il fatto che si 
abdichi all‟esecuzione senza il filtro dell‟interpretazione. Ad esempio, in una 
ricerca internazionale5 è stato somministrato il seguente problema: “Un autobus 
militare contiene 36 soldati. Se 1128 vengono portati nella zona di allenamento, 
quanti autobus sono necessari?”. Gli studenti che hanno applicato 
pedissequamente la divisione, hanno trovato come risultato “31 con resto di 12” 
(il 70% degli studenti), mentre solo una piccola percentuale ha interpretato il 
resto della divisione sostenendo che la risposta corretta fosse “32 autobus”. 
Nel primo capitolo del presente lavoro, si è cercato di fornire un quadro 
generale che fosse a sostegno dell‟attività didattica proposta, in quanto si crede 
fortemente che il procedere pedagogico sia intessuto di trame teoriche e orditi 
pratici. Poiché ognuno di noi deve fare i conti con il proprio percorso biografico, 
è bene che i paesaggi in cui affondano le nostre radici siano ben delineati e 
vissuti con cognizione. È, infatti, solo sulla base della nostra esperienza che 
possiamo essere realmente impegnati sul piano dei processi di insegnamento-
apprendimento, nonché rimanere fedeli all‟etica professionale. È convinzione di 
chi scrive che, seppur conosciute a fondo, le teorie rimangano tali se non 
vengono vissute come fondanti della propria formazione: non si tratta di 
conoscenze razionali, ma di un profondo sentire che solo sulla base di tale 
premessa può farsi prassi educativa.  
Per quanto possibile, inoltre, ogni teoria presentata è stata introdotta dalle 
parole del suo pensatore, o da uno dei maggiori aderenti alla corrente, per 
affidare alla testimonianza diretta quanto si è andato a sviluppare 
successivamente. 
Nel succedersi dei paragrafi, infine, non si è tenuto conto del solo avvicendarsi 
cronologico di teorie e prospettive. Infatti, l‟incipit dei cenni teorici ha preso 
avvio dal contributo di Vigotskij, poiché a partire dal suo approccio si riconosce 
il sottile filo rosso condiviso nel progetto di tirocinio: le conoscenze sono frutto di 
costruzione sociale e si modificano attraverso l'interazione. Sono stati 
successivamente presi in esame i contributi provenienti dalla psicologia della 
                                                          
5
 Vedi BONOTTO, Quotidianizzare la matematica, Cit., p. 103. 
 3 
Gestalt, dall'approccio della psicologia genetica, dalla teoria cognitivista, per 
concludere con alcuni aspetti del pensiero di J. Bruner (la mente a più 
dimensioni) e di H. Gardner (le formae mentis). Ognuna di queste teorie è stata 
presa in esame in quanto rilevante all'interno dell'economia del progetto, poiché 
ha permesso di mettere in luce diversi aspetti importanti: dalle capacità di 
risoluzione dei problemi - attraverso quella che potrebbe essere definita come 
intelligenza percettiva - della Gestalt, agli stadi di sviluppo dell'intelligenza di J. 
Piaget, dalle riflessioni sui linguaggi di J. Bruner, alle intelligenze multiple di H. 
Gardner. 
 Il capitolo secondo è stato dedicato interamente all'apprendimento 
matematico nei suoi aspetti generali e specifici, considerando in particolar modo 
l'attività di problem  solving, in quanto in tale ambito si è collocato l'intero 
percorso. Il primo paragrafo tratteggia l'affresco normativo che ha 
accompagnato i programmi di matematica nel corso degli ultimi anni. Il secondo 
e il terzo paragrafo riguardano rispettivamente l'ambito della quotidianizzazione 
della matematica e le abilità cognitive impiegate nei processi di problem-
solving. Infine, l'ultimo paragrafo offre una breve panoramica sulle dinamiche 
relative alla motivazione in matematica, poiché da più parti si riconosce la 
difficoltà degli studenti a sentirsi a proprio agio con tale disciplina. 
 Nel terzo capitolo, invece, è stato presentato e discusso tutto il percorso 
di tirocinio svolto che ha trovato giustificazione da quanto fin lì esposto. I nove 
interventi effettuati in una classe quinta del Terzo Circolo Didattico di Treviso si 
sono dipanati sulla base di un progressivo approccio verso una tipologia di 
problemi matematici che la classe fino ad allora non aveva ancora incontrato. 
Sulla base delle rilevazioni iniziali, è stato possibile porre in essere un confronto 
a fine del percorso che ha messo in luce una maggiore presa di coscienza, da 
parte degli alunni, delle connessioni tra matematica e realtà. Le attività proposte 
sono state pensate con l'obiettivo di fungere da stimolo motivante e al 
contempo da punto di partenza per le riflessioni. Per questo si è optato affinché 
gli alunni potessero operare il più possibile concretamente attraverso proposte 
manipolative (come la realizzazione di dolcetti), ma anche offrendo la possibilità 
di simulazioni per immedesimarsi nella situazione-problema. 
 All'aspetto dell'apprendimento in ottica professionalizzante è stato, 
invece, dedicato l'ultimo capitolo, che ha voluto evidenziare anche gli aspetti 
 4 
biografici, proprio sulla scorta di quanto detto finora, ossia sulla convinzione che 
le finalità educative si possano raggiungere solo se queste sono sentite come 
appartenenti ad un proprio percorso formativo. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 5 
Capitolo I 
Il supporto teorico 
 
 
Nel presente capitolo, come già accennato nell'introduzione, si evidenzieranno 
gli aspetti teorici più rilevanti per inquadrare il percorso di tirocinio all'interno di 
una cornice che esplori le implicazioni degli studi sull'apprendimento in campo 
educativo.  
In questo itinerario si è partiti dal lavoro di Lev S. Vygotskij che, mettendo 
l'accento sulla natura sociale dei processi psichici superiori, ha evidenziato 
come l'individuo utilizzi strumenti di significazione nei suoi rapporti sociali.  
Successivamente si è esplorato il contributo apportato dalla psicologia 
della Gestalt che, contrapponendosi ad un apprendimento basato soprattutto su 
processi di condizionamento ambientali, ha avuto il merito di esplorare il campo 
della percezione, ponendo l'accento sull'opera attiva della mente, come 
evidenziato anche dagli studi sulle scimmie di Köheler. 
Dell'approccio della psicologia genetica è stata sottolineata in modo 
particolare l'idea di intelligenza che è andata delineandosi, ossia quella dello 
sviluppo dei processi di adattamento mentale. J. Piaget ha, inoltre, indagato in 
modo specifico l'ambito matematico esplorando le strutture operatorie che 
vengono messe in atto in funzione delle condizioni d‟ambiente fisiche e sociali. 
La teoria cognitivista ha posto, invece, l'accento sui processi psichici che 
regolano l'elaborazione delle informazioni, tanto che spesso per spiegare il 
funzionamento della mente è stata adottata come metafora privilegiata quella 
del computer. 
Tra le altre metafore adottate per descrivere l'attività mentale, sono state 
scelte anche quelle della mente a più dimensione di J. Bruner e quella delle 
intelligenze multiple di H. Gardner. Questi due contributi, seppur diversi, hanno 
avuto il merito comune di evidenziare le peculiarità del pensiero umano nonché 
le sue potenzialità, con l'occhio rivolto proprio alla pluralità. 
 
 
 
 6 
1.1  Il contributo di Vygotskij 
 
“Ciò che il bambino può fare oggi con l‟aiuto degli adulti, lo potrà fare da solo 
domani”6 
 
L‟opera di Vygotskij ha una ricaduta importante ai nostri fini poiché chiarisce 
che nelle azioni formative sono rilevanti non tanto i processi che abbiano già 
raggiunto un certo livello di maturazione, quanto quelli in via di formazione.  
Non solo, il nostro autore ci chiarisce anche che l‟apprendimento del bambino 
inizia molto prima della scolarizzazione e che ogni apprendimento ha una sua 
“preistoria”. L‟apprendimento dev‟essere, quindi, “congruente col livello di 
sviluppo del bambino”7, inteso, però, non solo come sviluppo effettivo, cioè 
quello già raggiunto, ma anche come quello potenziale, latente, che è in 
divenire. “La differenza tra il livello dei compiti eseguibili con l‟aiuto degli adulti e 
il livello dei compiti che possono essere svolti con una attività indipendente 
definisce l‟area di sviluppo potenziale del bambino”8. Le funzioni psichiche 
superiori appaiono, quindi, due volte nella storia dell‟apprendimento: la prima 
nelle attività collettive, la seconda nelle attività individuali, come frutto di 
interiorizzazione. È il processo di apprendimento a determinare la zona di 
sviluppo prossimale e non viceversa.  
Nel tentativo di dimostrare che le forme psicologiche superiori sono frutto 
di un processo di mediazione, Vygotskij nel 1929 tracciò la storia dell‟attenzione 
del bambino che divise in sviluppo naturale e sviluppo culturale, insistendo 
sull‟analisi del secondo. “Lo sviluppo culturale di qualsiasi funzione […] sta nel 
fatto che, durante il processo del vivere e dell‟agire nella collettività, l‟uomo 
sociale elabora tutta una serie di segni-stimoli artificiali: sono questi stimoli che 
rendono possibile la regolazione del comportamento, sono questi segni che 
divengono il mezzo fondamentale per cui l‟individuo acquista il dominio dei 
                                                          
6
 VYGOTSKIJ LEV S., Il problema dell’apprendimento e dello sviluppo intellettuale nell’età 
scolastica, in VIGOTSKIJ LEV S., Lo Sviluppo psichico del bambino, Giunti Barbera, Firenze 
1974, p. 158.  
7
 Ivi, p. 155. 
8
 Ivi, p. 157. 
 7 
propri processi di comportamento”9. Sulla base degli studi compiuti notò che i 
bambini in età prescolare per risolvere un problema si servono dell‟attenzione 
immediata, mentre successivamente, a partire dall‟età scolare, fanno sempre 
maggior ricorso a stimoli ausiliari capaci di stabilizzare l‟attenzione e dare 
maggiore padronanza dei processi in atto. Tutto ciò è importante, per quanto 
riguarda il nostro lavoro, perché giustifica l‟utilizzo degli artefatti culturali quali 
strumenti adeguati all‟età presa in considerazione, ma anche perché spiega che 
la formazione delle forme psichiche superiori, per dirla come Vygotskij, quali ad 
esempio l‟attenzione, parte dalle reazioni esterne per arrivare ai processi di 
interiorizzazione. Nell‟approdare a tali conclusioni lo studioso russo aveva 
anche accertato che uno dei mediatori primari del linguaggio e dell‟attenzione 
volontaria è l‟atto indicativo. Attraverso l‟indicazione si ottiene una 
catalizzazione di alcuni processi già a partire dai primi mesi di vita del neonato, 
quando sono le parole degli adulti ad avere un valore indicativo e ad attrarre la 
sua attenzione, oltre all‟ambiente concreto. Allo stesso modo anche le prime 
parole del bambino vogliono richiamare l‟attenzione esterna: “cosicché, la storia 
dell‟attenzione volontaria dev‟essere tracciata incominciando da quella del dito 
indice”10. 
Sempre Vygotskij scrisse che “lo sviluppo del pensiero è determinato dal 
linguaggio, cioè dagli strumenti linguistici del pensiero e dell‟esperienza socio-
culturale del bambino”11 In questa frase sono raccolte le fila delle sue indagini 
riguardanti la formazione del linguaggio e del pensiero e la loro connessione. Il 
punto di partenza per l‟analisi del problema è la constatazione che pensiero e 
linguaggio hanno origini genetiche diversificate e, in particolar modo, si possono 
riscontrare “una fase prelinguistica nello sviluppo del pensiero e una fase 
preintellettuale nello sviluppo del linguaggio”12. Verso i due anni le curve delle 
due funzioni in esame si incontrano e generano una nuova forma di 
comportamento: il pensiero diventa verbale e il linguaggio razionale. Lo 
sviluppo del linguaggio passa da esterno a interno attraverso la fase del 
linguaggio egocentrico, così come lo aveva descritto J. Piaget. “I dati sul 
                                                          
9
 VYGOTSKIJ LEV S., Lo sviluppo delle forme superiori dell’attenzione nell’età infantile, in 
VYGOTSKIJ LEV S., Lo Sviluppo psichico del bambino, Cit, p. 112.  
10
 Ivi, p. 114. 
11
 VYGOTSKIJ LEV. S., Pensiero e linguaggio, Giunti, Firenze, 2007 (1966), p. 68. 
12
 Ivi, p. 57.