IL PUBBLICO MINISTERO NEL GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA’   2 
La Costituzione della Repubblica italiana, volendo affermare 
l’indipendenza del Pubblico Ministero dal Ministro di Grazia e Giustizia, 
sancisce la “obbligatorietà dell’azione penale” nel suo art.112. Pur 
prevedendo nell’ultimo comma dell’art. 107 l’assoggettamento del 
Pubblico Ministero alle sole garanzie previste dall’ordinamento giudiziario, 
ne mantiene intatta la qualifica di magistrato. Gli artt. 107 e 112 sono le 
uniche norme che delineano una configurazione costituzionale dei 
magistrati con funzioni requirenti2. 
Gli attuali profili costituzionali del Pubblico Ministero lasciano, 
pertanto, ampio spazio alla legislazione di rango ordinario, poiché 
l’esigenza che fu avvertita come primaria in sede costituente era stata in 
qualche modo soddisfatta: il Pubblico Ministero non era più sottoposto alle 
dipendenze del Governo. L’obbligatorietà dell’azione penale, sacralizzata 
nella Costituzione, sembrava all’Assemblea costituente valido strumento 
per evitare abusi ed ingiustizie in campo penale. E, in effetti, nel corso dei 
decenni seguenti il dopoguerra mai più si è verificato un esercizio 
arbitrario, da parte dell’Esecutivo, dello strumento-giustizia. 
Contestualmente, si ritenne che ricomprendere il Pubblico Ministero 
                                                          
2
 Galli G., Il Pubblico Ministero nella prospettiva del nuovo codice di procedura penale in Pubblico 
Ministero e accusa penale; problemi e prospettive di riforma, a cura di Conso G., Bologna, Zanichelli 
 
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nell’alveo della magistratura, fosse una garanzia efficace per fondarne 
l’indipendenza. Storicamente, nel quadro della Repubblica Francese e poi 
Napoleonica, è sempre esistita l’esigenza di creare un apposito organo 
pubblico che sostenesse l’accusa nei giudizi penali. Da ciò deriva la logica 
di creare un organo a sé rispetto al giudice, che davanti a questo, in 
posizione di parità con l’accusato, agisse per chiedere l’applicazione della 
legge. 
Il soggetto che riveste questo ruolo è il PM che è portatore degli 
interessi pubblici ed è assoggettato al principio di obiettività (imparzialità) 
nel processo, dove veste il ruolo di parte che contrapposta all’accusato e 
alla difesa agisce in contraddittorio davanti al giudice3. Il PM è anche 
soggetto al principio di indipendenza dagli altri poteri dello stato e ha 
l’obbligo di agire secondo legalità4. A garantire l’indipendenza del PM è 
prevista l’obbligatorietà dell’azione penale. Il PM gode dell’autonomia e 
dell’indipendenza della Magistratura nonché delle garanzie 
dell’inamovibilità  dell’indipendenza. L’Art. 104 della cost. sancisce che la 
magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro 
potere. L’Art. 107 sancisce che i magistrati sono inamovibili. Non possono 
                                                          
3
 Tonini P., Manuale di procedura penale, Milano, Giuffrè, 2001, 3°edizione, 
 
4
 Raoul Muhm, Gian Carlo Caselli, Roma, Vecchiarelli Editore Manziana, 2005. 
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essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni 
se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura. 
Alla figura del Pubblico Ministero è connesso l’istituto della Corte 
costituzionale, la cui su prima e fondamentale funzione è quella di 
esercitare il controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi. Oggetto di 
tale controllo non sono solo le leggi approvate dal Parlamento, ma anche 
gli atti aventi forza di legge dello Stato (decreti legislativi, decreti legge, 
norme di attuazione degli statuti delle Regioni ad autonomia speciale, gli 
statuti delle Regioni di diritto comune) e delle Regioni (le leggi regionali e 
le leggi di Trento e Bolzano). Non sono stati compresi, invece nella 
categoria degli atti sottoposti al giudizio della Corte i regolamenti, nella 
convinzione che essendo questi, in quanto fonti secondarie, subordinati alla 
legge, non potessero direttamente apportare alcuna violazione alla 
Costituzione (questo non vale per i regolamenti indipendenti, il cui 
contenuto è slegato da una normativa precedente). Non rientrano tra gli atti 
sottoponibili al giudizio della Corte neppure i regolamenti parlamentari e 
degli altri organi costituzionali. Vi rientrano, invece, sia le leggi 
costituzionali e di revisione costituzionale, sia gli atti normativi comunitari 
per il tramite della legge di attuazione dei Trattati. Per ciò che attiene al 
referendum abrogativo esistono dei dubbi che riguardano non tanto la 
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natura dell’atto, quanto i vizi che la Corte sarebbe chiamata a sindacare, 
posto che la stessa Corte interviene in via preventiva, in sede di giudizio di 
ammissibilità. Si tratterebbe qui, allora di vizi diversi e connessi o 
all’eventuale violazione delle regole procedimentali che disciplinano il 
ricorso al referendum o alla situazione normativa che si determina a seguito 
dell’effetto abrogante dell’istituto, la quale potrebbe presentare dei profili 
di illegittimità costituzionale. Nel primo caso, tuttavia, va ricordato che 
l’Ufficio centrale per il referendum ed il Presidente della Repubblica hanno 
già il compito di accertare l’avvenuto rispetto delle regole procedimentali, 
mentre nel secondo caso, risulta assai problematica l’individuazione 
puntuale dei profili di illegittimità dei quali la Corte si vedrebbe investita e, 
soprattutto, non è chiaro se, in questa ipotesi, ad essere sottoposto alla 
Corte dovrebbe essere l’atto conclusivo del procedimento referendario o 
non piuttosto la disciplina normativa di quella determinata materia, così 
come risultata amputata dall’effetto abrogante del referendum stesso. Per 
ciò che attiene alle leggi di esecuzione dei trattati internazionali , il 
problema nasce dal fatto che si ritiene che esse dono dotate di una 
particolare forza di resistenza passiva, nel senso che si ritiene che esse non 
possano essere abrogate da un’altra legge successiva, proprio per la 
connessione che le lega al trattato internazionali, i cui effetti 
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nell’ordinamento interno potrebbero esser fatti cessare, in tutto o in parte, 
solo attraverso un’azione internazionale dello Stato diretta alla denuncia del 
trattato stesso. Di qui l’interrogativo circa la loro sottoponibilità o meno al 
controllo di legittimità della Corte, che potrebbe provocarne la caducazione 
totale o parziale, qualora il contenuto del trattato, cui la legge dà 
esecuzione, risultasse in contrasto con la Costituzione. Sempre in ordine 
all’oggetto del giudizio della Corte, resta da chiarire il problema se esso 
debba svolgersi solo sulle disposizioni legislative che le vengono sottoposte 
o anche sulle norme che, in via interpretativa, se ne possono desumere. 
Oggi nessuno mette in discussione che il controllo di legittimità delle leggi 
investa tanto le disposizioni, quanto le norme da esse comunque 
desumibili. 
Il particolare ruolo riconosciuto al giudice a quo nell'ambito del 
processo di legittimità costituzionale delle leggi è frutto della scelta per un 
sistema di giustizia costituzionale "misto", posto a metà strada tra quello 
accentrato, di origine austriaca, e quello di tipo diffuso, di stampo 
statunitense. Come nel modello accentrato, si affida ad un apposito organo 
costituzionale, autonomo e indipendente, il compito di garantire il rispetto 
della rigidità della Costituzione; vengono, invece, mutuate dal modello 
diffuso l'estensione del sindacato della Corte ai profili di legittimità 
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sostanziale della legge e, soprattutto, il coinvolgimento nel processo dei 
giudici comuni, attraverso il procedimento in via incidentale5. La soluzione 
cui si è pervenuti è stata determinata da motivi in parte tecnico giuridici, in 
parte politici: da un lato, occorreva tenere presenti la struttura regionale 
dello Stato e l'inesistenza di un principio analogo a quello dello staredecisis 
che caratterizza i sistemi di "common law": in assenza del vincolo dato dal 
precedente, affidare la decisione delle questioni di legittimità costituzionale 
ai singoli giudici avrebbe comportato inevitabili difformità di giudizio e, 
quindi, conseguenze negative sul piano della certezza del diritto; dall'altro, 
vi era un atteggiamento di forte diffidenza nei confronti della classe dei 
magistrati che, essendosi formata sotto il regime fascista,  non si reputava 
in grado di garantire l'attuazione dei principi della nuova Carta 
repubblicana. Ne è scaturito un sistema sostanzialmente accentrato che, se 
da una parte dà alla sola Corte il potere di sindacare la legittimità 
costituzionale delle leggi, dall'altra attenua i suoi effetti con la previsione di 
una iniziativa a "livello diffuso", riconosciuta ad ogni giudice; questi, 
qualora dubiti della conformità ai principi costituzionali della legge che è 
                                                          
5
 Tra le forme di investitura della Corte, essendo del tutto eccezionale l'instaurazione di un conflitto di 
attribuzione tra poteri dello stato e svolgendosi la via diretta essenzialmente con riguardo a problemi di 
competenza, è stata quella incidentale ad assumere, sia sotto l'aspetto quantitativo, sia sotto quello 
qualitativo, una posizione di assoluta preminenza sulle altre, ed è su questa che la Corte ha principalmente 
costruito il proprio ruolo e la propria legittimazione. 
 
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chiamato ad applicare nel suo processo, deve sospendere il giudizio che si 
svolge dinanzi a sé e adire la Corte perché sciolga il dubbio di 
costituzionalità, posto che la soluzione di esso è pregiudiziale rispetto alla 
decisione del caso concreto. Non prevedendo un ricorso diretto del 
cittadino, come tale o come portatore di un interesse qualificato, delle 
minoranze parlamentari o di un Procuratore della Costituzione, il sistema 
valorizza il ruolo del giudice e dell'iniziativa a questi riconosciuta nel 
ricorso alla Corte, connotandola di una sostanziale esclusività: nella 
maggior parte dei casi, infatti, l'ordinanza di remissione è frutto della 
sensibilità del giudice e l'istanza di parte, quando c'è, svolge il ruolo di 
semplice stimolo. Nella concreta attuazione della disciplina relativa alla 
fase di instaurazione del processo costituzionale sembra, infatti, esser 
venuta meno la duplice configurazione della funzione attribuita al giudice: 
la figura del giudice "promotore" ha soppiantato quella del giudice 
"controllore" delle istanze ad esso rivolte dalle parti del giudizio a quo6; ciò 
essenzialmente in considerazione della posizione e delle garanzie 
riconosciute al giudice nel nostro sistema costituzionale, tali da poter 
                                                          
6
 Il radicamento della Corte nell'assetto costituzionale e il riconoscimento della essenzialità delle funzioni 
da essa svolte, ha reso superflua la garanzia offerta da un giudice che funge da filtro rispetto alle questioni 
promosse dalle parti al fine di evitare, da un lato, che giungano alla Corte questioni speciose, 
accademiche e astratte oppure prive di qualsiasi reale consistenza, e di riaffermare, dall'altro, il valore 
della legge da parte di un organo dello Stato contro il rischio di una ribellione del cittadino contro la legge 
stessa. 
 
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assicurare la sua idoneità a valutare e ad individuare meglio di ogni altro 
l'interesse pubblico sotteso alla questione di costituzionalità. Quindi, nell' 
ordinamento italiano la soggezione del giudice alla legge, che si evince 
dall' art. 101, secondo comma, Cost. , vale solamente quando questa sia 
stata approvata nel rispetto delle regole e dei principi stabiliti dalla 
Costituzione; il giudice chiamato a fare applicazione di una legge rispetto 
alla quale abbia dubbi di costituzionalità , deve necessariamente investire la 
Corte della questione. 
In un assetto del genere, dove l'iniziativa del giudice è elevata al 
rango di presupposto per il giudizio di costituzionalità delle leggi davanti 
alla Corte, la eventuale insensibilità dello stesso ai nuovi principi introdotti 
dalla Costituzione e il conseguente non rilevante utilizzo dell'eccezione di 
costituzionalità, avrebbero potuto portare al fallimento del nostro modello 
di giustizia costituzionale. Fortunatamente, l'esperienza ha rivelato 
l'esistenza di una profonda sinergia tra Corte e giudici e la propensione di 
questi ultimi a far funzionare il sindacato di costituzionalità. Si ribadisce, 
così, una posizione già esplicitata dalla Corte in occasione della pronuncia 
di una delle sue prime sentenze quando, nel valutare la questione di 
costituzionalità sollevata in via incidentale da un giudice, essa non si era 
IL PUBBLICO MINISTERO NEL GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA’   10 
ritenuta vincolata all'interpretazione da questi seguita nel presentare 
l’eccezione di legittimità costituzionale. 
Nel periodo più recente il rapporto tra la Corte e i giudici comuni si è 
ulteriormente evoluto in ordine al riconoscimento concreto, in capo a questi 
ultimi, di risolvere direttamente i dubbi di costituzionalità attraverso 
l' attività interpretativa, e di procedere, quando possibile, ad una diretta 
applicazione della Costituzione. Il giudice, infatti, non può ricorrere 
all'eccezione di costituzionalità per sciogliere i dubbi interpretativi inerenti 
alle disposizioni rispetto alle quali non si è ancora formato un diritto 
vivente, essendo il giudizio di costituzionalità preordinato ad eliminare le 
norme viziate e non a valutare l'incertezza circa la loro applicabilità. In 
questi casi il giudice stesso deve superare il dubbio mediante una 
interpretazione adeguatrice conforme ai principi costituzionali. 
La recente giurisprudenza mostra quindi una Corte costituzionale 
impegnata a valorizzare l'attività interpretativa della legge e della 
Costituzione da parte del giudice, e che si riserva un ruolo di intervento 
esterno rispetto ad essa, specie in presenza di un diritto vivente. Inoltre, a 
fronte dell'inerzia del legislatore, la Corte chiama il giudice a porre 
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rimedio7 alle omissioni legislative attraverso l'applicazione diretta dei 
principi costituzionali generali da essa forniti per offrire tutela alle nuove 
istanze sociali8; ciò determina una maggiore "concretizzazione" della 
questione di costituzionalità, in particolar modo quando le fattispecie 
concrete presentano elementi di notevole specificità, consentendo di 
raggiungere il risultato voluto solo riguardo al caso specifico, nell'ambito 
del quale la questione di costituzionalità è stata sollevata; attraverso l'opera 
interpretativa del giudice (sollecitata dalla Corte) si limitano gli effetti al 
caso deciso, mentre una dichiarazione di incostituzionalità della norma 
avrebbe inevitabilmente un effetto demolitorio definitivo e valido erga 
omnes. 
Alla luce del giudizio positivo dato fino ad ora all' operato della 
Corte costituzionale quale unico organo inserito nel sistema per fare da 
contrappeso al potere politico, può dirsi consolidata e ben riposta la fiducia 
                                                          
7
 Cade definitivamente il principio del carattere programmatico delle disposizioni costituzionali, il quale, 
in difesa del formalismo giuridico, tendeva ad escludere l'applicazione giurisprudenziale di disposizioni 
costituzionali non del tutto determinate e ad evitare che il contenuto fosse stabilito caso per caso dal 
giudice. 
 
8
 Un primo gruppo di decisioni attraverso le quali la Corte ha operato l'apertura alla applicazione diretta 
della Costituzione da parte del giudice è costituita dalle pronunce additive di principio, v. in proposito la 
sent. n. 11/1998 relativa alla sanzione penale prevista per coloro che rifiutano il servizio militare di leva. 
La Corte ha ottenuto analogo risultato anche attraverso decisioni di infondatezza o di carattere 
processuale, v. sent. n. 347/1998. In entrambe i casi, di fronte all' accertata assenza di una disciplina da 
applicarsi al caso specifico, la Corte ha invitato il giudice a trovare una soluzione attraverso l'applicazione 
diretta dei principi costituzionali da essa indicati. 
  
 
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nutrita nei confronti del giudice come "portiere" della Corte e dunque vinta 
la scommessa relativa alla scelta di fare di questo soggetto l'unico detentore 
della sensibilità necessaria per smuovere i macchinosi ingranaggi del 
processo in via incidentale9. 
Se in un primo momento l'utilizzo dell'eccezione di costituzionalità 
da parte 
del giudice ha consentito di svecchiare e depurare il corpus 
legislativo italiano da leggi contrarie allo spirito e ai principi cui si ispira la 
Costituzione, in seguito ha dato voce alle istanze innovatrici che 
prendevano le mosse dal profondo radicamento dei nuovi valori nella 
società civile. L’impostazione del nostro modello di giustizia costituzionale 
ha quindi soddisfatto le aspettative dei suoi ideatori e ha contribuito alla 
definizione in senso più democratico e garantista del rapporto che lega la 
Corte all'autorità giudiziaria. 
Nel processo costituzionale, la posizione del Pubblico Ministero in 
relazione al giudizio di costituzionalità è controversa. La figura del 
Pubblico Ministero appare disciplinata da una serie di disposizioni 
dell’ordinamento giudiziario del 1941 (art 69), della Costituzione  e del 
                                                          
9
 DOGLIANI ha in proposito rilevato che "la Corte ha effettivamente riprodotto il ruolo della iurisdictio, 
come potere politico in forma giurisprudenziale, solo stabilendo un legame virtuoso con i giudici, nella 
tutela e nell'approfondimento dei diritti costituzionali tanto di libertà che sociali". 
 
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nuovo codice di procedura penale  (artt 101, 102, 104 e art 107 comma 3 
Cost).  
Quanto alla sua posizione processuale, la giurisprudenza 
costituzionale ha escluso il suo potere di emettere provvedimenti decisori e 
la natura di parte dialettica nel giudizio, pur riconoscendogli la natura di 
potere di Stato. 
Riguardo alle attribuzioni riservati al Pubblico Ministero nel giudizio 
di legittimità costituzionale in via incidentale, la giurisprudenza non 
aggiunge nulla di nuovo, ma richiama l’art 1 L. 1/1948 che prevede che la 
questione di legittimità possa essere sollevata  d’ufficio dal giudice innanzi 
al quale pende il giudizio principale o da una delle parti nel corso del 
giudizio stesso. 
L’art 23 L. 87/1953 dispone che una delle parti o il Pubblico 
Ministero, nel corso del giudizio, possano rivolgere istanza al giudice, 
contenente le disposizioni violate, per sollevare la questione di 
costituzionalità, che se manifestamente fondata, compete all’autorità 
giudiziaria l’emissione dell’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte 
Costituzionale o può essere sollevata d’ufficio dall’autorità giudiziaria 
innanzi al quale pende il giudizio principale. 
IL PUBBLICO MINISTERO NEL GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA’   14 
Riassumendo, è possibile analizzare il ruolo rivestito dal Pubblico 
Ministero nell’ambito del processo costituzionale nelle sue varie fasi: 
 Eccepire l’illegittimità costituzionale di una disposizione di 
legge nel corso di un giudizio dinanzi all’autorità giudiziaria; 
 L’inammissibilità della legittimazione del Pubblico Ministero 
a promuovere il giudizio di costituzionalità innanzi alla Corte 
Costituzionale; 
 L’inammissibilità della costituzione del Pubblico Ministero 
dinanzi alla Corte Costituzionale. 
La presenza del Pubblico Ministero nei giudizi davanti alla Corte 
Costituzionale è circoscritta nel caso di conflitti di attribuzione tra i poteri 
dello Stato, in qualità di titolare dell’attività d’indagine finalizzata 
all’esercizio dell’azione penale. Ciò significa che il Pubblico Ministero ha 
la competenza a dichiarare la volontà del potere giudiziario cui appartiene e 
può sollevare un conflitto di attribuzione solo quando agisce a difesa 
dell’integrità della competenza inerente all’esercizio dell’azione penale, di 
cui all’art 112 Cost. 
 
 
IL PUBBLICO MINISTERO NEL GIUDIZIO DI COSTITUZIONALITA’   15 
Capitolo Primo  
Il Pubblico Ministero nell’ordinamento 
giuridico 
 
1.1 Il significato dell’espressione “Pubblico Ministero” 
 
 
 Il Pubblico Ministero(detto anche pubblica accusa) è un organo 
appartenente alla magistratura  istituito presso la Corte di Cassazione, le 
Corti d’Appello, i Tribunali ordinari e  per i minorenni. 
 La formula “Pubblico Ministero” indica la funzione esercitata da 
magistrati addetti agli uffici del Pubblico Ministero,previsti dalle leggi di 
ordinamento giudiziario e da organi appositamente costituiti per lo 
svolgimento di analoghe funzioni con riferimento a procedimenti per reati 
ministeriali e per i reati presidenziali. Usata in forma tanto generica 
l’espressione “Pubblico Ministero” non dà conto del fatto che essa qualifica  
la funzione che viene esercitata da magistrati che   ad uno specifico ufficio 
giudiziario.