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CAPITOLO 4 
Ricondizionamento 
l ricondizionamento, per definizione, è il processo di riparazione 
e manutenzione di un oggetto, da un punto di vista estetico o meccanico-
funzionale. Cercando di modellare tale definizione, applicandola al campo medico-
sanitario, potremmo definire il ricondizionamento come il processo attraverso il quale, 
organi provenienti da donatori marginali o inizialmente non idonei, vengono depurati e 
rigenerati attraverso una macchina per la perfusione altamente tecnologica. Questo, nella 
maggior parte dei casi, permette un recupero funzionale del 100% della fisiologia 
d’organo, rendendolo ottimale e di conseguenza idoneo per la donazione.  
 
4.1 Storia  
Storicamente, la macchina per la perfusione normotermica (NMP) è stata sviluppata per 
valutare la funzione degli organi prima del trapianto e per preservare gli organi dei 
donatori durante i trasporti. Pioniere in quest’ambito è sicuramente Steen che già negli anni 
’90 condusse alcuni studi preparatori fino al primo articolo, nel 2001, in cui reintrodusse la 
tecnica EVLP (ex vivo lung perfusion) per valutare i polmoni dopo la morte cardiaca 
(DCD) prima del trapianto, dimostrando che i polmoni possono essere trapiantati con 
successo dopo un periodo di ischemia calda, perfusione ex vivo e conservazione a freddo. 
Nel 2007, lo stesso gruppo ha eseguito il primo trapianto umano di un polmone rifiutato in 
base ai criteri del CNT (centro nazionale trapianti), dopo la valutazione con EVLP. I primi 
I
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studi sono stati in grado di ottenere solo tempi di perfusione inferiori a 6 ore in grandi 
modelli animali. Nel 2008, a Toronto, modificando la tecnica EVLP con bassa ventilazione 
a volume corrente, ridotta velocità di perfusione e perfusato acellulare (soltanto Steen 
solution), si riuscì ad estendere il tempo di perfusione fino a 12 ore nei polmoni dei suini 
con funzione polmonare stabile.  Nel 2011, lo studio clinico “help trial” eseguito dal 
gruppo di Toronto conferisce risultati grandiosi: dei 23 donatori ad alto rischio che sono 
stati sottoposti a EVLP, 20 sono stati ritenuti appropriati per il trapianto. Alla riunione 
ISHLT del 2013, i gruppi di Toronto, Vienna e Parigi hanno introdotto la loro esperienza 
EVLP. Complessivamente, 125 EVLP erano stati condotti con un tasso di trapianto 
dell'82,5%. Paragonabile ai rapporti precedenti, il verificarsi della PGD a 72 ore era al 5%, 
la mortalità di 12 mesi al 12%. Nel periodo successivo viene riconosciuto il vantaggio 
della perfusione ex vivo nel ridurre notevolmente la carica batterica, utilizzando il 
macchinario come piattaforma per somministrare diversi farmaci, osservandone quasi 
immediatamente gli effetti. Recentemente gli studi clinici mostrano come, dopo 
l'approvvigionamento, i polmoni sottoposti a ulteriori 4 ore di ischemia fredda e 
successivamente 4 ore di EVLP funzionavano notevolmente meglio rispetto ai polmoni 
sottoposti a sole 4 ore di ischemia fredda, mostrando al contempo tassi più bassi di lesioni 
polmonari istologiche e livelli più bassi di citochine infiammatorie dopo il trapianto. I 
riscontri ottenuti possono essere applicati anche per fegato e cuore, spianando la strada per 
un approccio comparato.
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4.2 Procedura classica di conservazione e trasporto dell’organo 
Static cold storage (SCS)  
Per decenni, il gold standard di conservazione degli organi nel trapianto è stato la 
conservazione statica a freddo (SCS) il cui obiettivo è ottenere l’ipotermia. Il trasporto 
dell’organo deve avvenire entro una soglia limite: 4-6h per il cuore e polmoni, 12h per il 
fegato, 16h per il pancreas, 18-24h per il rene. Per consentire il trasporto dell’organo e la 
preservazione in condizioni ottimali, senza che subentrino danni tissutali o di altra natura, 
gli organi vengono raffreddati, abbassando sensibilmente la temperatura naturale anche 
fino a molti gradi sotto lo zero, grazie all’immersione in una apposita soluzione chimica, 
all’interno di celle termiche a prova di contaminazione. Dopo il recupero, l'organo viene 
posto in sacchetti di plastica sterili riempiti di liquidi per il trasporto e conservato in 
soluzione di conservazione all'interno di una borsa termica fino al trapianto. La 
preparazione per la Static Cold Storage prevede di inserire l’organo prelevato in un 
sacchetto contenente la soluzione di conservazione cardioplegica, questo viene poi 
immesso in un secondo sacchetto sterile contenente 1000 cc di Ringer Lattato a 4° C, 
successivamente i due sacchetti contenti l’organo da trapiantare vengono immessi in un 
terzo sacchetto contente altri 1000 cc di Ringer Lattato a 4° C e posizionato in un 
contenitore rigido contenente soluzione fisiologica a 4° C. Il contenitore rigido è collocato 
in un quarto sacchetto e apposto in una borsa termica non sterile contenente ghiaccio 
tritato. Con questi accorgimenti la temperatura dell’organo viene mantenuta intorno ai 4-
10° C. Sebbene le soluzioni di conservazione disponibili differiscano nella composizione 
chimica, la loro funzione è essenzialmente la stessa. L'ipotermia mira a ridurre l'attività 
metabolica dell’organo e la soluzione di conservazione mira a ridurre il gonfiore cellulare. 
Il raffreddamento degli organi a 4 °C comporta una riduzione dell'attività metabolica al 5%
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e una successiva protezione dalle lesioni ischemiche. Finora, non è possibile inattivare 
completamente il metabolismo in modo che substrati energetici come il trifosfato di 
adenosina (ATP) diminuiscano linearmente nel tempo. È vero che le basse temperature 
mitigano le alterazioni fisiopatologiche che portano a lesioni d'organo indotte dal freddo, 
ma queste secondo alcuni studi sono maggiormente incisive e dannose negli organi 
marginali. È quindi importante sottolineare che gli organi ECD (donatori di criteri estesi) e 
DCD (donatori dopo morte circolatoria) sono stati identificati come particolarmente inclini 
all'IRI (lesione da riperfusione dell’innesto).  Questo metodo di conservazione, infatti, 
funziona bene per gli organi da donatori ottimali, ma è limitato dagli effetti dell'ipossia 
durante la conservazione. La mancanza di ossigeno ed il metabolismo anaerobico 
determinano un danno agli organi aumentando la probabilità di IRI che danneggia il 
ricevente dopo la riperfusione; per questo motivo per molto tempo è stato evitato l’uso di 
innesti che non tollerano l’ischemia fredda, ma la progressiva carenza di organi ha portato 
all'interesse per metodi di conservazione superiori. L’ischemia da riperfusione è un fattore 
importante che influenza il risultato dell'innesto. La fase ischemica subentra dall'inizio del 
processo di approvvigionamento e innesca una complessa cascata di eventi cellulari e 
molecolari tra cui il rilascio di mediatori dell’infiammazione e chemiotassi di tipi cellulari 
che avviano processi immunologici progressivi. Durante la fase di riperfusione, il 
"paradosso del riflusso" provoca infiltrazioni dei tessuti da parte di leucociti e si verificano 
lesioni cellulari attraverso una serie di processi che includono la perossidazione lipidica e 
l’accumulo di radicali liberi dell'ossigeno. La manifestazione più comune del processo 
ischemia-riperfusione è la funzione di innesto ritardato, la quale è l'incapacità dell'organo 
di soddisfare i bisogni fisiologici del ricevente ed è associata a insufficienza dell'innesto, 
ritrapianto e morte. La conservazione statica a freddo non è quindi in grado di invertire la 
lesione subita durante la morte e l'approvvigionamento del donatore, provoca lesioni
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dovute al processo di raffreddamento, limita i tempi di conservazione e non permette la 
valutazione fisiologica prima del trapianto. Per questi e altri motivi, oggi sono in 
sperimentazione tecniche innovative per prolungare la conservazione dell’organo a “tempo 
indeterminato”.  
 
4.3 Procedure di ricondizionamento in relazione al tipo di organo  
Il ricondizionamento ex vivo, chiamato così perché viene effettuato all’esterno del corpo 
del donatore e all’esterno del ricevente, è una procedura all’avanguardia che facilita il 
mantenimento del tono della microvascolarizzazione degli organi, la fornitura di ossigeno e 
sostanze nutritive a sostegno del metabolismo tissutale, oltre che la rimozione dei rifiuti 
metabolici tossici. Il meccanismo prevede la perfusione dell’organo in un circuito 
extracorporeo secondo lo stesso principio della CEC (circolazione extracorporea) 
impiegata attualmente negli interventi di chirurgia maggiore. Sappiamo che il metabolismo 
cellulare e la respirazione vengono ridotti fisiologicamente in relazione alla temperatura 
considerata: il metabolismo si riduce del 50% a 28°, del 67% a 25°, dell’80% a 20° e del 
95% a 10°. Sono state quindi studiate diverse temperature per la perfusione ex vivo, tra cui 
la perfusione normotermica (NMP) a 35-38 °C, la perfusione subnormotermica (SNMP) a 
20-34 °C, il riscaldamento ossigenato controllato (COR) a 8-20 °C e la perfusione 
ipotermica (HMP) a 0-8 °C. La HMP fornisce continuamente substrati metabolici per la 
generazione di ATP, che consente all'innesto di ripristinare l'energia tissutale; viene spesso 
utilizzata per il ricondizionamento renale. La NMP permette di perfondere gli organi in 
condizioni fisiologiche per mantenere l'attività metabolica e la vitalità, fornendo ossigeno e 
substrati essenziali; è la metodica più utilizzata per il ricondizionamento epatico,
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polmonare e cardiaco. La SNMP è un approccio intermedio tra la HMP e la NMP, nato 
dall’ipotesi di poter combinare i benefici citoprotettivi del ridotto metabolismo cellulare 
con un livello sufficiente di vitalità a fini valutativi e di riparazione dell’organo. Il COR è 
stato sviluppato in quanto, dopo la conservazione ischemica a freddo, il brusco 
cambiamento di temperatura potrebbe aggravare ulteriormente le lesioni da riperfusione. 
Quest’ultima metodica, infatti, comporta un lento e graduale aumento della temperatura del 
perfusato e viene spesso utilizzata nel ricondizionamento epatico.  
Tabella 1 Raffronto dei vari metodi utilizzati per la conservazione degli organi. 
 
Soluzione di perfusione 
Un perfusato ideale dovrebbe offrire capacità di carico di ossigeno, proprietà oncotiche, 
tamponi per mantenere il pH fisiologico, substrati metabolici e livelli fisiologici di 
elettroliti, fattori di crescita e ormoni; oltre che farmaci per mitigare l’insorgenza di IRI 
(lesione da riperfusione), gas terapeutici per ridurre la risposta infiammatoria e l’edema 
polmonare, e in un futuro non troppo lontano anche cellule staminali per trattare le lesioni 
polmonari indotte da endotossine e infezioni. Ad oggi distinguiamo due tipi di soluzioni 
impiegate: cellulari e acellulari. Gli studi hanno evidenziato che la soluzione cellulare a
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base di sangue è necessaria per trasportare ossigeno e soddisfare le esigenze metaboliche, 
tuttavia, l'uso di questa soluzione è oggetto di possibili reazioni avverse, ad esempio le 
risposte immuno-mediate, possibile emolisi, formazione di trombi, variazioni biochimiche 
e umorali e un rischio di trasmissione infettiva molto elevato.  Le soluzioni acellulari come 
la Steen
™
 solution riducono il rischio di emolisi, ma utilizzando il glucosio come unica 
fonte energetica che non è sufficiente per il metabolismo degli organi. Per prolungare 
quindi la NMP per la riparazione degli organi, dovrebbe essere presa in considerazione 
l'incorporazione di più nutrienti, come aminoacidi, vitamine, lipidi e altri.  
Analizzando la composizione della soluzione di Steen
™
 possiamo affermare che si tratta di 
una soluzione elettrolitica contenente un’alta concentrazione di albumina umana e 
destrano, che agiscono aumentando la pressione oncotica eliminando i prodotti di rifiuto e 
cataboliti per rivestire anche l’endotelio e determinare così una funzione protettiva da 
un’eccessiva funzione leucocitaria, creando allo stesso tempo le ideali condizioni di 
pressione e flusso, inibendo la coagulazione e l’aggregazione piastrinica, senza causare 
edema polmonare. Altri componenti della soluzione sono sodio cloruro, glucosio, bassa 
concentrazione di K (necessaria per evitare il vasospasmo), sodio fosfato e sodio 
carbonato, idrossido di sodio, magnesio. Il tutto è completato con acqua per preparazioni 
iniettabili. Abbiamo quindi una soluzione con un’elevata pressione colloido-osmotica al 
fine di evitare l'edema tissutale, e mimare il più possibile le condizioni fisiologiche di 
perfusione.
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Protocolli di ricondizionamento 
 
Lund: perfusato cellulare con aggiunta di globuli rossi, ematocrito tra 15-25%, con 
l’obiettivo di flusso del 100% della portata cardiaca calcolata nel donatore. LA (l’atrio 
sinistro e quindi il circuito) devono essere lasciati aperti per il drenaggio degli effluenti 
polmonari 
OCS
®®™
: perfusato cellulare con aggiunta di globuli rossi, un ematocrito tra 15-25%, con 
un flusso di 2-2.5 L (circa il 50% di CO). LA (e quindi il circuito) devono essere lasciati 
aperti per il drenaggio degli effluenti polmonari. 
Toronto: perfusato acellulare, soltanto Steen solution, l’obiettivo è di ottenere il 40% della 
portata cardiaca calcolata del donatore. LA chiuso suturando il bracciale atriale a una 
cannula di plastica appositamente progettata per consentire il mantenimento di una 
pressione LA positiva tra 3 e 5 mmHg.