INTRODUZIONE Il presente lavoro si propone di affrontare e argomentare un tema di grande attualità e 
allo stesso tempo molto legato al significato più profondo dell’intermediazione bancaria, 
ovvero il rischio di liquidità. Nonostante gli studiosi di economia siano d’accordo sull’unicità 
della definizione della “liquidità bancaria”, non si può certo affermare la stessa cosa per 
quanto riguarda la definizione delle tecniche di previsione e misurazione di questa risorsa che 
sono oggi adottate dalle banche. Le difficoltà che da sempre si palesano nel raggiungere tale 
conformità, sono indice della fragilità che si nasconde dietro la definizione stessa di questa 
risorsa tanto volatile quanto importante per l’operatività di ogni istituto di credito.
Il panorama economico degli ultimi quattro anni è stato dominato da una forte 
instabilità e incertezza circa la solvibilità di numerosi istituti finanziari e l’irrequietudine dei 
mercati si è riversata totalmente sull’operatività delle banche, mettendo a dura prova la loro 
resilienza. Il sistema è stato scosso tanto a fondo da far vacillare la credibilità di tutti gli 
istituti e congelare totalmente il mercato interbancario. Le singole banche sono state incapaci 
di far fronte a tale disagio e solo le banche centrali e le autorità di vigilanza dei vari paesi 
sono stati in grado di favorirne l’operatività e garantire ancora oggi, a quattro anni dalla crisi, 
la loro affidabilità. L’illiquidità sistemica è stata causa e allo stesso tempo effetto del grave 
disagio in cui versa il sistema bancario, rappresentando lo scenario ultimo che tutte le banche 
avrebbero voluto evitare.
Questa tesi ha lo scopo di descrivere e argomentare il significato di “liquidità 
bancaria” e gli effetti di una sua improvvisa evaporazione, sottolineando come l’operatività 
del mercato interbancario sia assolutamente dipendente dalla capacità delle banche di evitare 
situazioni di cronica illiquidità. A tale scopo, la ricerca che completa questo elaborato 
dimostra come i nuovi indici per il calcolo delle riserve liquide bancarie proposti dal Comitato 
di Basilea siano uno strumento adeguato e veritiero per rappresentare i livelli di liquidità a 
breve e a lungo termine. In particolare, la tesi è composta di tre capitoli, articolati nel seguente 
modo.
Il primo capitolo ha l’obiettivo di approfondire l’analisi del ruolo del mercato 
interbancario, considerato come “punto di arrivo” della crisi finanziaria, focalizzando 
l’attenzione sulle modalità di contagio del rischio di liquidità tra i vari istituti di credito. Non 
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solo, ma il canale dell’interbancario viene studiato anche dal punto di vista della finanza 
“ombra”, come spesso viene definita, dato il clamore che ha suscitato l’utilizzo spregiudicato 
dei prodotti finanziari strutturati da essa generati. La descrizione della nuova corsa agli 
sportelli a causa delle difficoltà di finanziamento nel segmento wholesale ha come fine ultimo 
quello di sottolineare quanto diffusa e radicata tra le banche fosse la paura di dover far fronte 
a situazioni di illiquidità.
Nel secondo capitolo vengono invece proposte alcune riflessioni sulle linee guida delle 
teorie della gestione della liquidità bancaria, argomentando la loro attenzione, sempre attuale, 
agli equilibri economici, finanziari e patrimoniali che le banche devono rispettare. Non a caso, 
le crisi che il sistema bancario ha attraversato sono il frutto di una sempre più distratta 
applicazione di tali principi, sacrificata a favore di una compulsiva ricerca della 
massimizzazione dei profitti. Il capitolo prosegue con l’analisi del market liquidity risk e del 
funding liquidity risk , soffermandosi sulle conseguenze che loro correlazione può comportare 
per ogni banca, ma soprattutto per l’intero mercato interbancario. La digressione sull’odierna 
situazione di panico che sta mettendo a dura prova il sistema bancario, ha lo scopo di 
interpretare questa nuova realtà proprio dal punto di vista della correlazione di queste due 
tipologie di rischio di liquidità, sottolineando le forti pressioni cui sono sottoposti molti istituti 
di credito, tra cui quelli italiani.
Proprio la centralità delle nostre banche in questa nuova fase di estrema incertezza nei 
mercati finanziari ha offerto lo spunto per realizzare lo studio che viene presentato nel terzo 
capitolo di questa tesi. Il fine ultimo di questa ricerca è quello di testare la capacità del 
Liquidity Coverage Ratio e del Net Stable Funding Ratio nel verificare il livello di liquidità 
presente nelle banche. Il test è stato effettuato sui tre principali istituti di credito italiani, 
Unicredit banca, Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena. Per la costruzione dei due 
indici sono state seguite le direttive fornite dalla nuova regolamentazione del Comitato di 
Basilea e le voci da utilizzare sono state ottenute studiando i bilanci delle tre banche, per gli 
anni che vanno dal 2005 al 2010.
I risultati finali sono molto interessanti e offrono dei singolari motivi di riflessione 
sulla consistenza di questi nuovi indici e sulla loro capacità di “misurare” il rischio di liquidità 
di ciascun istituto. Dalla possibilità di classificare i tre istituti e studiare le differenze per i 
valori ottenuti nelle tre banche, nascono le considerazioni finali del terzo capitolo. A queste 
ultime seguono le conclusioni della tesi, che riassumono e riprendono i concetti centrali di 
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questo lavoro, sottolineando i risultati più importanti che lo studio complessivo del rischio di 
liquidità ha prodotto.
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CAPITOLO 1
1.1 Il mercato interbancario: ultimo stadio della crisi finanziaria Quando nel 2007 il settore immobiliare americano ha cominciato a dare segnali di 
irrequietudine a seguito dello scoppio della bolla immobiliare 1
, nessuno avrebbe potuto 
immaginare che l’ultimo interessato di tale crisi sarebbe stato il mercato interbancario. Ultimo 
in ordine di tempo, ma indiscutibilmente primo in quanto a effetti collaterali che lo hanno 
sconvolto dal Settembre del 2008 a causa della crisi finanziaria.
Il mercato interbancario ha assistito all’avvicinamento del pericolo inesorabilmente, 
come fosse il punto di arrivo di  un programma prestabilito che, da un certo momento in poi, 
nessuno è più stato in grado di modificare. I mutui sub-prime, i tassi di morosità del comparto 
immobiliare, l’incapacità di rifinanziare i prestiti tramite nuove emissioni obbligazionarie, i 
titoli spazzatura prodotti attraverso la cartolarizzazione, i fallimenti dei grandi istituti di 
credito americani e infine il mercato interbancario. Tutti fenomeni avvenuti in sequenza con 
una linearità tanto scontata quanto terrificante per i risvolti che ha causato. Seppur ormai 
ampiamente trattati da molti studiosi ripercorrere brevemente i motivi del panico bancario 
durante la crisi mi sembra quanto mai opportuno e doveroso. Anche perché rappresenta 
l’introduzione naturale al tema centrale di questa tesi, ossia la descrizione del rischio di 
liquidità che ha minato le basi del funzionamento del mercato stesso. Un utile punto di vista 
da utilizzare, a mio avviso, è quello che prevede l’analisi delle diverse tipologie di rischio e di 
come quest’ultima abbia portato alla crisi del mondo bancario.
La paralisi del mercato interbancario, pervasa dalla mancanza di fiducia degli 
operatori, è avvenuta nel momento in cui il rischio di credito si è trasformato in rischio di 
mercato e infine il rischio di liquidità. Ma procediamo con ordine. Quando dagli inizi del 
2005 lo sviluppo del mercato mobiliare USA cominciava ad assumere i lineamenti di una 
cash-cow 2
 per il settore dell’ investment banking americano, la necessità di continuare ad 
espandere i propri attivi da parte delle banche erogatrici dei mutui ben si è sposata con gli 
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 Per una dettagliata descrizione delle caratteristiche del mercato mobiliare statunitense, e dei 
punti critici che hanno causato lo scoppio della bolla immobiliare, rimando a Minafra A. , La 
crisi dei mutui immobiliari negli USA: analisi e considerazioni, Banche e Banchieri, n.1, 2010.
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 Definizione ripresa dalla matrice del Boston Consulting Group.
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strumenti della finanziaria innovativa e la tecnica della securitization 3
. Gli Special Purpose 
Vehicle (SPV) creati dalle banche hanno così riempito il proprio attivo con i mutui ai privati, 
finanziando tali mutui con le emissioni di Asset Backed Securities (ABS), e in particolare 
delle Residential Mortgage Backed Securities (RMBS), titoli venduti sul mercato finanziario e 
diffusisi largamente, grazie alla “protezione” del rating di tripla A assegnato loro dalle agenzie 
di rating. Non solo, ma la garanzia fornita dalle banche originator agli attori coinvolti nella 
securitization , ha rafforzato ancor di più le convinzioni sulla bontà dei titoli messi in 
circolazione tramite questa tecnica.
Proprio questo stretto legame tra banche, creditori e debitori dei mutui cartolarizzati ha 
rappresentato la via principale di trasformazione della crisi immobiliare in crisi finanziaria. Il 
rischio di credito cui sono state sottoposte le banche originator si è infatti manifestato in due 
fattispecie: la prima, derivante dalla morosità dei mutuatari, i quali si sono trovati 
nell’impossibilità di onorare i propri impegni per il rimborso dei mutui. La seconda, ben più 
grave, derivante dalla loro posizione di banche garanti dei titoli cartolarizzati.  Nel momento 
in cui gli operatori di mercato hanno percepito il venir meno della sicurezza dei titoli 
cartolarizzati e delle capacità di rimborso dei loro emittenti, è cominciata una massiccia 
vendita di tali titoli, tale da manifestare pienamente il rischio di mercato implicito in questi 
prodotti finanziari, realizzatosi attraverso una continua caduta dei prezzi e l’aumento degli 
spread richiesti sul mercato secondario.
A finire sotto accusa è stato evidentemente il modello di intermediazione che le 
banche e gli istituti finanziari hanno seguito nell’operare le loro scelte. Originate to distribute 
(Otd) è diventato sinonimo di sregolatezza, avidità, insufficienza. E le motivazioni che 
sorreggono tali accuse partono dal più generale principio secondo cui la visione speculativa di 
breve periodo, con l’obiettivo di eludere il principio di adeguatezza patrimoniale, e di 
massimizzare il Return on Equity (Roe)
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, si sia da troppo tempo, e con pericolosi risvolti, 
impadronita del management bancario. Un’interessante analisi viene fatta, a mio avviso, in un 
articolo di Bancaria 5
 in cui l’attenzione viene spostata sull’errore cui sono andati incontro gli 
originators dei titoli cartolarizzati, ossia la mancata attenzione nel distinguere trasferibilità e 
negoziabilità dei loro titoli. Perché, obiettivamente, la differenza è netta.
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 Per una lettura e una descrizione approfondita della tecnica della securitization rimando a 
Ashcraf A.B., Schuermann T ., Understending the Securitization of Subprime Mortgage Credit, 
Federal Reserve Bank of New York, March 2008 .
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 Tancredi B. , Considerate la vostra semenza, Banche e Banchieri, n.3, 2010 .
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 Gualandri E., Landi A., Venturelli V., Crisi fnanziaria e nuove dimensioni del rischio di 
liquidità: implicazioni per regolamentazione e controlli, Bancaria, n.7-8, 2009.
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