In un quadro di evoluzione delle dinamiche ambientali e competitive, delle modalità 
di organizzazione delle attività economiche e, infine, dei relativi sistemi di controllo 
trova collocazione logica il presente lavoro. 
Quest’ultimo, ben lontano dall’offrire soluzioni definitive su tematiche (network e 
Controllo Reticolare) sin troppo recenti, è preposto ad individuare le metodologie e 
gli strumenti di analisi più probabili. 
Articolato in quattro parti, lo studio che segue illustra e delinea il concetto di rete, 
esplicita i contenuti del connesso sistema di controllo, individuato con l’espressione 
di Controllo Reticolare, e si conclude con la presentazione del caso del “Centro 
Orafo Il Tarì”, che, tramite l’analisi empirica delle nozioni in questione, fornisce 
indicazioni e riflessioni ulteriori. 
 
Mi sia consentito di rivolgere il più vivo ringraziamento a tutti coloro che mi hanno 
assistito, moralmente e materialmente, in tutta la carriera universitaria e nella 
realizzazione del presente lavoro. In particolare, non posso esimermi dal formulare 
un grazie particolare ai miei genitori e ai miei più cari amici, al Prof. Luciano 
Marchi e alla Dott.ssa Daniela Mancini, al Presidente de “Il Centro Orafo Il Tarì”, 
Cav. Gianni Carità, e al Dott. Cutrì, responsabile amministrativo del centro. 
 
 
 
 
 
 CAPITOLO  I 
Aspetti concettuali e metodologici delle reti 
 
 
La recente nozione di networking e di controllo reticolare
1
 in modo particolare, rende 
necessaria una preliminare analisi e sistemazione dell’oggetto di studio. 
Nel corso del presente capitolo, l’attenzione è dunque rivolta alle reti, cercando di 
delineare e presentare gli elementi indispensabili per un’agevole e completa 
comprensione del fenomeno in questione, allo scopo di rendere più chiaro e lineare il 
successivo studio sul controllo di rete. 
Al tempo stesso, il polimorfismo empirico dei network dà adito a difformità 
interpretative e definitorie che, se da un lato complicano l’analisi, dall’altro, 
conferiscono valore logico e utilità strumentale alla presente trattazione.  
                                                 
1
    L’espressione di controllo reticolare è oggetto di specifica trattazione nel secondo capitolo. In prima 
approssimazione, essa racchiude la questione di se e come modificare l’attività di controllo qualora più attori siano 
avvinti da relazioni “particolari”, che configurano l’esistenza di un aggregato reticolare.  
1.1   Analisi introduttiva allo studio dei network 
La difficoltà di proporre una definizione del fenomeno in questione che possa 
considerarsi quantomeno accettabile è sicuramente elevata.  
Infatti, l’interpretazione del concetto di rete non sempre è univoca e convergente: 
diversi studiosi, con il proprio “bagaglio culturale” e con le proprie “esigenze 
investigative”, hanno messo in evidenza aspetti diversi, se non addirittura 
contrastanti, delle realtà reticolari. 
 
 
1.1.1   Il pluralismo interpretativo 
Ad esempio, gli studiosi di Economia Aziendale
2
, e di strategie in modo particolare, 
considerano la rete come una modalità di sviluppo esterno in grado di assicurare la 
riduzione del grado di ostilità dell’ambiente e il conseguimento delle economie di 
transazione
3
. Per tale via, le diverse imprese coinvolte incrociano le rispettive catene 
del valore
4
 e si concentrano su quelle attività in cui raggiungono elevati livelli di 
eccellenza. 
                                                 
2
   Si  consulti quanto  affermato al  riguardo da: G. AIROLDI,  G. BRUNETTI,  V. CODA, “ECONOMIA 
AZIENDALE”, IL MULINO, 1994. È peraltro pregevole il contributo offerto da: A.M. ARCARI, “IL 
COORDINAMENTO E IL CONTROLLO NELLE ORGANIZZAZIONI A RETE”, EGEA, 1996; D. MANCINI, 
“STRUTTURA ORGANIZZATIVA E SISTEMA DI CONTROLLO NELLE RETI AZIENDALI”, in L. MARCHI (a 
cura di), “IL CONTROLLO DELLA GESTIONE AZIENDALE – Dinamiche economiche, strutture organizzative e 
sistemi di controllo”, SEU–PISA, 1998; A. LAI, “LE AGGREGAZIONI DI IMPRESE – Caratteri istituzionali e 
strumenti per l’analisi economico aziendale”, FRANCO ANGELI, 1991. 
3
   Per economie di transazione si intende far riferimento alla riduzione dei costi di transazione, cioè del complesso 
degli oneri sostenuti da un soggetto per la realizzazione di una transazione.  
4
    Il termine originario è quello di value chain proposto dal Porter. A tal riguardo, si consulti M.E. PORTER, 
“COMPETITIVE ADVANTAGE: CREATING AND SUSTAINING SUPERIOR PERFORMANCE”, THE FREE 
PRESS, 1985. 
Si perviene dunque ad una sorta di divisione/specializzazione delle attività, con 
vantaggi e benefici per tutte le imprese operanti nella logica reticolare
5
. 
Su di un altro versante, si ritrovano i contributi degli economisti industriali che 
riconducono la nascita delle strutture reticolari all’inadeguatezza del mercato e della 
gerarchia
6
 a gestire livelli di complessità crescente nei rapporti azienda/ambiente. E 
se in un primo momento la rete è stata raffigurata come una delle tante variabili 
intermedie, individuabili lungo il continuum mercato–gerarchia, si è 
successivamente ammesso che il network è esso stesso una forma pura di 
organizzazione dell’attività economica, dotato della medesima dignità e valenza 
storicamente accordate alle altre.
7
 
In termini più ampi, secondo gli economisti industriali, l’agire, a volte congiunto, di 
molteplici fattori porta l’impresa ad avvertire, in misura viepiù crescente, il bisogno 
                                                 
5
    In   altri termini, “the strategic implications of a network arrangement are important. It allows a firm to specialize in 
those activities of the value chain that are essential to its competitive advantage, reaping all the benefits of 
specialization, focus and, possible, size.” J.C. JARILLO, “ON STRATEGIC NETWORKS”, in “STRATEGIC 
MANAGEMENT JOURNAL”, vol. 9, 1988. Ancora: “the division of labour allows network members to specialize in 
the value-creation activity supported by their own distinctive competence”. S. H. PARK, “MANAGING AN 
INTERORGANIZATIONAL NETWORK: A FRAMEWORK OF THE INSTITUTIONAL MECHANISM FOR 
NETWORK CONTROL”, in “ORGANIZATION STUDIES”, n. 17, Issue 5, 1996. 
6
  L’individuazione del mercato e della gerarchia come forma di governo delle transazioni è riconducibile alla Teoria 
dei costi di transazione, centrata sui lavori di O. Williamson. Per una più approfondita analisi si consulti: O.E. 
WILLIAMSON, “MARKETS AND HIERARCHIES: ANALYSIS AND ANTITRUST IMPLICATIONS”, THE FREE 
PRESS, 1975; “TRANSACTION COST ECONOMICS – THE COMPARATIVE CONTRACTIVE PERSPECTIVE”, 
IN “JOURNAL OF ECONOMIC BEHAVIOUR AND ORGANIZATION”, vol. 8, 1987; “THE LOGIC OF THE 
FIRM”, IFAP, PAPER PREPARED FOR THE CONFERENCE “THE NATURE OF THE FIRM”, YALE UNIV., 
1987; P. ZAGNOLI, “GLI ACCORDI DI COLLABORAZIONE FRA IMPRESE SECONDO L’ANALISI 
TRANSAZIONALE E NELLA REALTÀ INDUSTRIALE”, in “FINANZA, MARKETING E PRODUZIONE”, n. 4, 
1988.  
7
   “Il concetto di rete, così come ci viene restituito dalla teoria transazionale, è privo di significato teorico […] perché si 
scopre che è sempre composta di mercato e gerarchia, ossia di ingredienti ben noti […] La moda delle reti è alimentata 
da una ragione non effimera: la ragione è che l’evoluzione delle forme organizzative oggi eccede sia il mercato che la 
gerarchia.” E. RULLANI, “ECONOMIA DELLE RETI: I LINGUAGGI COME MEZZI DI PRODUZIONE”, in 
“ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE”, n. 64, 1989. In altri termini, il network “non è una delle tanti varianti 
intermedie tra mercato e gerarchia che sono osservabili sul piano empirico, ma è un principio di evoluzione 
organizzativa che segna il passaggio dal capitalismo sistemico della gerarchia al capitalismo flessibile delle reti.” B. DI 
BERNARDO, “LA RETE DEL CAPITALISMO FLESSIBILE: OLTRE LA DICOTOMIA GERARCHIA–
MERCATO”, in “ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE”, n. 64, 1989.  
di disporre in maniera sicura, sistematica e continua di un complesso di risorse e 
capacità disponibili soltanto all’esterno. E se è vero che negli attuali contesti non 
sussiste la possibilità e/o la convenienza a pervenire ad un controllo diretto delle 
risorse critiche, è altresì vero che le imprese possono assicurarsi un accesso 
privilegiato alle medesime tramite l’instaurazione di rapporti “particolari”. 
Con altre parole, “la varietà di risorse e di competenze di cui si può aver bisogno 
tende ad essere molto vasta anche nei casi di tecnologie poco complesse. L’impresa 
da sola non riesce a tenere il passo dell’innovazione in tutte le aree interessate allo 
sviluppo di un prodotto tecnologicamente avanzato.”
8
 
La soluzione a questo problema è, non a caso, di tipo reticolare, in quanto “la 
capacità dell’impresa di forgiare relazioni cooperative (e di network in modo 
particolare, n.d.a.) può in molti casi sostituire forme più complesse di integrazione”
9
, 
come le acquisizioni e le fusioni. 
 
 
 
 
 
                                                 
8
    D.J.   TEECE,   “INNOVAZIONE TECNOLOGICA  E SUCCESSO IMPRENDITORIALE”, in “L’INDUSTRIA”, 
Ott. 1986. 
9
  D.J.   TEECE,   “CONCORRENZA E  COOPERAZIONE  NELLE  STRATEGIE DI  SVILUPPO 
TECNOLOGICO”, in “ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE”, n. 64, 1989. 
 1.1.2   La rete come sistema socio-economico dotato di vita 
propria: nozioni di base per la comprensione del 
fenomeno 
 
In prima approssimazione, possiamo affermare che la rete è configurabile come un 
sistema aperto, autoregolato, evolutivo e socio-economico, dotato di vita propria 
rispetto alle sue unità elementari. 
La motivazione dell’enunciato può essere articolata nei seguenti passi: 
• sistema aperto, autoregolato, evolutivo   
L’idea di sistema costituisce, a nostro parere, una base particolarmente solida 
all’accezione più significativa di rete. Con altre parole, il network “è sicuramente 
un sistema caratterizzato da una precisa finalità economico–produttiva e di 
conseguente scambio col mercato. In quanto sistema la rete è costituita da unità 
separate” giuridicamente, economicamente e, talora, geograficamente. “Tale 
separazione ha un suo chiaro significato organizzativo poiché sottintende 
un’articolazione funzionale: le unità separate svolgono cioè, nell’ambito del 
sistema, dei ruoli diversi […] La rete si presenta perciò come unità nella 
molteplicità.”
10
 
 
                                                 
10
   G. PETRONI,  “ASPETTI  CRITICI NELLA GESTIONE ORGANIZZATIVA DELLE RETI DI IMPRESE”, in G. 
DIOGUARDI (a cura di), “SISTEMI DI IMPRESE – LE NUOVE CONFIGURAZIONI DELL’IMPRESA E DEI 
MERCATI”, ETAS, 1994. 
La nozione di sistema aperto è molto presente negli studi di Economia 
Aziendale
11
, ma è bene precisare che nel contesto reticolare si fa specificamente 
riferimento ai processi operativi integrati lungo un’intera catena di business e 
aperti all’interazione con il cliente
12
, in modo tale che il sistema sia in grado 
d’individuare tempestivamente i bisogni e di trasformarli in opportunità. 
L’integrazione si fa allora completa coinvolgendo in maniera totalitaria il 
complesso dei fornitori e dei clienti finali.
13
  
Il sistema reticolare è anche autoregolato
14
: contrariamente ad un sistema ancorato 
soltanto alle leggi del mercato, la cui regolazione è governata prevalentemente dal 
meccanismo dei prezzi, il network presenta un sistema di regolazione basato 
sull’interazione reciproca fra le parti, sullo scambio di informazioni e sulla rapida 
diffusione di stimoli, anche se il meccanismo dei prezzi non scompare.
15
 
 
                                                 
11
  Ai  fini  di  un’esaustiva  analisi si rinvia a  U. BERTINI, “IL SISTEMA D’AZIENDA”, GIAPPICHELLI, 1990. 
12
   Per  cliente s’intende far riferimento a qualunque soggetto che sia fruitore di un processo che si svolge a monte. 
13
   Questa    situazione  è concretamente   riscontrabile  con  una  certa  assiduità: in Piaggio, ad esempio, operano 
piccoli team interfunzionali, composti da più membri (da un minimo di sei ad un massimo di dodici), che coinvolgono i 
principali clienti e i fornitori-chiave. L’integrazione, sotto il profilo della clientela, è stata portata a livelli ulteriori 
grazie al collegamento “on line” dei Piaggio Center, che sono stati dotati di un sofisticato sistema informativo, il DB 
2000/ESA (si consulti M. RIGHERO, “LA STRATEGIA DI PRESIDIO DEL CONSUMATORE”, Seminario di 
Marketing: “Il caso Piaggio”, Dip. di Ec. Az., Univ. di Pisa, a.a. 1995/96). Lo stesso si verifica in Fiat, presso la quale 
sono state costituite le Ute (Unità Tecnologica Elementare) in cui i fornitori e clienti partecipano fattivamente alla 
soluzione dei problemi e all’individuazione di modalità nuove e migliori per lo svolgimento dell’attività lavorativa. 
Nelle realtà particolarmente evolute, dunque, il cliente stesso estende il proprio ruolo, trasformandosi da consumatore 
(consumer), soggetto sostanzialmente passivo di fronte all’impresa, in prosumer, ossia soggetto attivo che interagisce 
con l’impresa entrando direttamente nei processi operativi (si veda G. MERLI, C. SACCANI, “L’AZIENDA 
OLONICO–VIRTUALE”, IL SOLE 24 ORE LIBRI, 1994). 
14
  Tale carattere è presente nella definizione (v. Par. 1.1.3) di rete proposta da E. RULLANI, “ECONOMIA DELLE 
RETI”, op. cit. L’Autore parla di “sistema auto-organizzato tramite l’uso dell’informazione.” 
15
  Il concetto risulta chiaro quando, parlando di controllo reticolare, si ha modo di notare come l’interazione reciproca, 
lo scambio di informazioni e conoscenze, lo stimolo a comportamenti imprenditoriali confluiscono nella suddetta 
nozione, a livello di ruolo e meccanismi, anche se i prezzi, e più precisamente i prezzi di trasferimento, non perdono la 
loro rilevanza. 
Infine, è in evoluzione continua attraverso la sua interazione sistematica con 
l’ambiente: tale carattere è ascrivibile alle risposte fornite dal sistema ai segnali 
provenienti dall’esterno e al superamento radicale dei sistemi di interazione 
preesistenti, in virtù dei processi congiunti di apprendimento e di produzione della 
conoscenza (v. Par. 3.1.1)
16
. 
• socio-economico 
L’attribuzione del connotato sociale si riconduce, in primo luogo, al fatto che “il 
network approach è molto vicino alle teorie dello scambio sociale”
17
, nel senso 
che le articolazioni reticolari basano la propria efficacia sul forte coinvolgimento 
delle parti, sulla reciproca fiducia
18
 e sul dialogo. Per cui, se assume valore la 
natura più strettamente sociale dello scambio
19
, le relazioni trovano un più facile 
sviluppo in condizioni di affinità nella cultura, nei criteri di gestione e nello stile 
manageriale. Una cultura d’impresa e uno stile manageriale affini creano un clima 
di comunanza di valori, norme e principi che intensificano la comunicazione tra le 
                                                 
16
   Tra gli scopi principali di un network “vi è proprio quello di accedere a conoscenze e tecniche non sviluppabili 
all’interno dell’impresa, tuttavia complementari e necessarie ad una gestione più razionale e competitivamente utile del 
business. Lo scopo quindi non è quello di carpire ad altre imprese i loro segreti, ma quello di valorizzare le rispettive 
competenze, in un circuito di continua interazione e di progressiva comprensione ed armonizzazione delle rispettive 
caratteristiche.” F. FRONTERRE, “LE ALLEANZE INTERORGANIZZATIVE: FINALITÀ STRATEGICHE E 
PROBLEMI PRATICI”, in “STUDI ORGANIZZATIVI”, n. 3/4, 1991. 
17
   A. LAI, op. cit. 
18
   La fiducia può essere definita come “an assumption or reliance on the part of A that if either A or B encounters a 
problem in the fullfillment of his implicit or explicit transactional obligations, B may be counted on to do what A would 
do if B’s resources were at A’s disposal.” H.B. THORELLI, “NETWORKS: BETWEEN MARKETS AND 
HIERARCHIES”, in “STRATEGIC MANAGEMENT JOURNAL”, vol. 7, 1986. 
19
  La problematica dello  scambio sociale è affrontata da  A. TUNISINI, “AI CONFINI TRA INDUSTRIA E 
TERZIARIO: LA CAPACITÀ DI COOPERARE COME FONTE DI VANTAGGIO COMPETITIVO 
DELL’IMPRESA”, in “ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO”, n. 1, 1995. 
parti e lo sviluppo di relazioni personali, nonché proteggono maggiormente dal 
rischio di comportamenti opportunistici.
20
 
Ma secondo alcuni autori
21
, al requisito della similarità si può sostituire quello 
meno stringente di compatibilità
22
, laddove la cultura è ricondotta alle norme, ai 
valori ed ai principi che guidano l’impresa, mentre lo stile direzionale è inteso 
come il complesso dei criteri, meccanismi, codici, taciti e dichiarati, facenti parte 
del patrimonio aziendale. 
Al riguardo, ci sentiamo di condividere, per più ragioni, la seconda interpretazione: 
in primo luogo, è possibile, a seguito del pervasivo carattere di autonomia dei nodi, 
che le culture siano più semplicemente compatibili che affini; in secondo luogo, la 
compatibilità culturale rappresenta un motivo di ricchezza
23
, essendo la premessa 
per uno scambio e per un confronto di conoscenze e di comportamenti tra i vari 
elementi del network.  
Per cui, al fine di un’efficace collaborazione è indispensabile che i vari attori 
abbiano una sufficiente omogeneità e complementarità in  
                                                 
20
 L’importanza degli aspetti sociali, culturali e comportamentali sarà meglio compresa successivamente quando si 
prenderanno in considerazione le problematiche del controllo di rete, scoprendo che i suddetti elementi possono 
costituire un valido supporto per la gestione e il coordinamento del network.  
21
  Tra  questi  si veda M. BENASSI, G. COZZI, “L’EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE ORGANIZZATIVE 
DELLE IMPRESE DELLA GRANDE INFORMATICA. IL NETWORKING INTERNO–ESTERNO”, in 
“QUADERNI DI ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE”, 1989. 
22
   “Per collaborare efficacemente, in altre parole, è essenziale che i decision maker delle imprese partner abbiano una 
sufficiente omogeneità e complementarità di valori e di modelli di comportamenti.” G. PETRONI, op. cit. 
23
   In proposito, si veda G. PETRONI, op. cit. 
termini di valori e di modelli di comportamento
24
; al tempo stesso, le situazioni 
estreme, foriere di effetti negativi, vanno evitate: le differenze culturali, quando 
oltrepassano una certa soglia, generano forti disarticolazioni funzionali fino a 
superare il limite di rottura, così come un’eccessiva omogeneità finirebbe per 
appiattire le reti, che perderebbero i connotati di vivacità e mutevolezza. 
In materia sussistono però interpretazioni ulteriori, secondo le quali, a priori, né 
l’omogeneità/affinità, né la diversità culturale rappresentano fattori di successo o di 
insuccesso del network. Si tratterebbe infatti di elementi contestualmente necessari 
per un omogeneo sviluppo del rapporto cooperativo.
25
 
 
In secondo luogo, il carattere sociale si spiega con il fatto che, nelle reti e per il 
corretto funzionamento delle medesime, è necessario il contributo proattivo e 
quotidiano di tutti i diversi attori.  
E, soprattutto, cambia la mentalità alla quale i vari soggetti dovranno ispirarsi: i 
network presentano un diffuso carattere di spontaneità e di informalità, perciò la 
mancanza, quantomeno tendenziale, di coercizione implica che i comportamenti 
soggettivi dovranno discendere da principi e da “regole” nuove ed innovative 
                                                 
24
   Uno dei più rilevanti vantaggi connessi all’esistenza di una chiara complementarità/ omogeneità culturale è relativo 
alla possibilità di realizzare meccanismi di controllo sociale che consentono di eliminare moduli e strumenti di controllo 
particolarmente costosi e complessi (v. Par. 3.1.1). 
25
   “Per costruire e mantenere la rete occorre un confronto continuo fra i partner. Da tale confronto potrebbe emergere 
sia una diversità che un’identità di caratteristiche culturali. Di per sé né l’una né l’altra sono fattore di successo della 
collaborazione. È necessario che i partner siano fra loro culturalmente diversi laddove dall’originalità possono scaturire 
quei requisiti che la gestione congiunta dei business richiede […] così come è necessario che essi siano simili laddove 
riguardano alcuni elementi indispensabili per la collaborazione (fiducia, rispetto, volontà di cooperare). In ogni caso sia 
la diversità che l’identità culturale possono causare conflitti.” F. FRONTERRE, op. cit. 
(come ad esempio quelle connesse al controllo sociale, v. Par. 3.1.1), pena la 
scomparsa della struttura reticolare. 
In altri termini, se normalmente l’operato dei singoli è predeterminato e coordinato 
da qualcuno dotato di chiari poteri decisionali in tal senso, con la net–form ciò si 
attenua, ed è allora necessario che vi sia la diffusa consapevolezza del fatto che i 
comportamenti individuali, non più governati dai principi gerarchici tradizionali, 
dovranno essere opportunamente modificati e basati su una nuova “coscienza 
sociale”: questi saranno produttivi di effetti non solo per la propria unità ma anche 
per gli altri n-1 nodi
26
 e per la rete nel suo complesso e, su queste dimensioni, 
viene a mancare quella figura tradizionalmente preposta all’individuazione delle 
modalità ottimali, alla predeterminazione e al coordinamento dei comportamenti. 
“Il peso del coordinamento e, soprattutto, della non prevedibilità dei compiti a cui i 
rapporti fra imprese devono soddisfare è tutta scaricata sulle persone”
27
: proprio 
per questa ragione molti studiosi guardano ad un terzo concetto di network (rete 
interpersonale: v. Par. 1.2.3) chiamata a un governo delicato e impegnativo di 
relazioni, sia prevedibili sia di emergenza. Le persone, e in modo particolare le 
reti interpersonali, svolgono dunque un decisivo “ruolo di supporto nel disegno 
reticolare complessivo”.
28
 
                                                 
26
   Il nodo è l’unità elementare del sistema reticolare (v. Par. 1.1.3).  
27
  G. BOARI,   A. GRANDI,   G. LORENZONI,  “LE ORGANIZZAZIONI A RETE: TRE CONCETTI DI BASE”, in 
“ECONOMIA E POLITICA INDUSTRIALE”, n. 64, 1989. 
28
   G. BOARI, A. GRANDI, G. LORENZONI, op. cit. 
 • ... dotato di vita propria... 
La rete va considerata come una struttura dotata di una propria individualità e 
autonomia, con esigenze e caratteristiche diverse rispetto a quelle presentate dai 
nodi che ne fanno parte. In caso contrario, essa non rappresenterebbe altro che una 
confederazione di attori la cui capacità di conseguire gli obiettivi che si è posta 
dipenderebbe in larga misura dalla casuale convergenza delle finalità dei singoli 
soggetti. 
Più precisamente, il riconoscimento ai network di una vita propria passa attraverso 
l’attribuzione del carattere sistemico ed è confermata dalla possibilità di delineare, 
per un particolare aggregato reticolare, un determinato ciclo di vita.
 
29
 
Possiamo allora palesare la nascita di un organismo di livello superiore che assume 
carattere di autonomia e di indipendenza nei confronti delle vicende che 
coinvolgono i vari nodi; d’altra parte, l’esistenza di rapporti solidi ma temporanei, 
di una rotazione lenta ma continua dei vari attori confermano concretamente 
l’esistenza di una “macro–impresa virtuale”
30
 i cui caratteri di flessibilità e di 
                                                 
29
   Il sistema reticolare presenta un ciclo di vita autonomo e distinto rispetto a quello delle unità elementari. “There is a 
life-cycle in network management, eventually leading to the demise of networks. Even a long-surviving network with 
improved norms of equity and trust eventually experience a decline. In other words, the growth of a network through a 
dynamic cyclical process contains the seeds of disintegration.” S.H. PARK, op. cit. Per ulteriori approfondimenti si 
guardi:  T.A. D’AUNNO, H.S. ZUCKERMAN, “A LIFE–CYCLE MODEL OF ORGANIZATIONAL 
FEDERATIONS: THE CASE OF HOSPITALS”, in “ACADEMY OF MANAGEMENT JOURNAL”, n. 12, 1987; 
A.H. VAN DE VEN, G. WALKER, “THE DYNAMICS OF INTERORGANIZATIONAL COORDINATION”, in 
“ADMINISTRATIVE SCIENCE QUARTERLY”, n. 29, 1984.    
30
   L’espressione si giustifica in quanto l’esistenza di una pluralità di nodi, che agiscono in maniera coordinata per la 
realizzazione di un certo business e per il conseguimento di un fine comune, ci consente di palesare l’esistenza di una 
macro–impresa. Siccome il tutto non è agevolmente ravvisabile, se non tramite l’attenta analisi dei comportamenti 
strategici ed operativi degli stessi nodi, diviene possibile attribuire un connotato virtuale al suddetto aggregato.  
propensione all’innovazione sono superiori alla mera sommatoria di tali elementi 
riscontrabili nei vari nodi. 
Se la rete presenta carattere sistemico e appare come organismo autonomo e di 
grado superiore rispetto ai singoli nodi, vuol dire che si caratterizza per 
un’estrema labilità dei propri confini
31
, suscettibili di un allargamento o di un 
restringimento per effetto: 
- dell’entrata e dell’uscita degli attori; 
- del semplice mutamento della dimensione economica dei nodi, nell’ipotesi di 
costanza degli stessi. 
Peraltro, la sottrazione o l’aggiunta di nuove unità si realizza con notevole rapidità 
e senza modificare la struttura di base: i confini dell’organizzazione sono instabili 
ma l’intelaiatura è costante nel tempo e assorbe i cambiamenti. 
La rete, dunque, assume sembianze camaleontiche: è una struttura in continua e 
perenne evoluzione; le sue dimensioni sono variabili; si conforma continuamente 
all’ambiente e alle sue mutevoli caratteristiche, rappresentando la configurazione 
estrema di “impresa senza confini”
32
, di azienda “olonico-virtuale”
33
.   
                                                 
31
   “In linea di principio queste reti non hanno confini, ma l’osservatore (o un particolare agente) può, a scopo 
analitico, stabilire confini adatti. Tali confini possono essere tracciati in base alla tecnologia, al paese, a 
un’organizzazione fulcro, ecc. Tutti questi confini sono arbitrari: agenti diversi tracceranno confini diversi. Essi 
derivano da prospettive, intenzioni e interpretazioni diverse.” H. HÅKANSSON, J. JOHANSON, “LE STRATEGIE DI 
COOPERAZIONE FORMALE E INFORMALE NELLE RETI INDUSTRIALI INTERNAZIONALI”, in F.J. 
CONTRACTOR, P. LORANGE (a cura di), “LA COOPERAZIONE FRA IMPRESE”, ETAS, 1990. Con altre parole, 
“risulta critico il problema di determinare quali siano i confini del sistema, ovverosia quali imprese possano essere 
considerate come interne e quali come esterne al sistema; quale sia l’orizzonte temporale sul quale è traguardato il 
sistema in quanto tale (in cui i confini rimangono immutati). Il problema di determinazione dei confini e dell’orizzonte 
temporale del sistema è, in senso stretto, un problema senza soluzione.” Al tempo stesso, queste considerazioni “non 
precludono ovviamente – nella realtà – né l’uso della configurazione sistema né la possibilità di darne rappresentazioni 
operativamente utili.” U. BERTELÈ, “SISTEMI DI IMPRESE E DIFFERENZIALI COMPETITIVI”, in G. 
DIOGUARDI (a cura di), op. cit.  
32
   “Il crescente   ricorso   a forme  vecchie  e nuove  di  aggregazioni  interaziendali  fa sì che i “confini” di ciascuna 
azienda appaiono vari e variabili, assumendo differenti ottiche di osservazione. Con riferimento ai casi più complessi si 
In modo particolare, fattori come: 
- l’imprenditorialità diffusa e 
- la presenza di soggetti che perseguono propri obiettivi 
assicurano “una capacità di adattamento alla dinamica ambientale che trova 
difficilmente riscontro in strutture organizzative anche caratterizzate da un 
ampio potere di delega ai  responsabili dei vari livelli divisionali o funzionali.”
34
 
Proprio per questo motivo, i tentativi, sia pure apprezzabili, di ricondurre la net–
form a modelli predeterminati sono da accogliere con particolare cautela: calare 
sulla rete configurazioni standardizzate significa imbrigliarla e cristallizzarla per 
un periodo più o meno lungo, spogliandola dei suoi caratteri peculiari e distintivi. 
Queste osservazioni ci consentono di affermare che la rete è costituita da un 
aggregato sistemico, coeso, multiforme e cangiante.
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Il riconoscimento ai network di una vita propria implica che il diffuso carattere di 
autonomia sia riscontrabile sotto un duplice versante: 
a)  autonomia dei nodi verso il network, così come normalmente evidenziato dalla 
dottrina
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; 
                                                                                                                                                                  
può essere tentati di usare l’espressione “azienda senza confini” da intendersi in ogni caso come sintesi dell’espressione 
azienda senza confini definibili univocamente, ossia con riferimento ad uno solo degli elementi della struttura di 
azienda.” F. FRONTERRE, op. cit. 
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   Il termine,  che  solo  di  recente  ha  fatto la  sua  comparsa  in letteratura, sta ad indicare “un insieme di unità 
operative autonome che agiscono in modo integrato e organico per configurarsi ogni volta al meglio come catena del 
valore più adatta per perseguire le opportunità di business che il mercato presenta”. In altri termini, “prevede 
l’attivazione di un sistema di unità operative autonome, distribuite sul territorio, articolate in ruoli diversi, ma con una 
missione comune, per perseguire comuni finalità di business” G. MERLI, C. SACCANI, op. cit. Per ulteriori 
approfondimenti si consiglia D. ETTIGHOFFER, “L’IMPRESA VIRTUALE”, MUZZIO NUOVO MILLENNIO, 
1993. 
34
   A. LAI, op. cit. 
35
   Relativamente a quest’ultimo carattere, si noti come “allo scopo di sfruttare le opportunità, gli agenti possono 
cercare di stabilire nuove relazioni all’interno della rete, stabilire relazioni con altri agenti al suo esterno, mutare il 
b)  autonomia della rete verso i singoli nodi, in funzione del carattere sistemico 
attribuito alle reti e, soprattutto, in funzione della rotazione lenta ma costante 
delle varie unità elementari.
37
  
Si potrebbe però obiettare che un completo carattere di autonomia mancherebbe 
qualora sia presente una focal firm
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: il mantenimento in vita dell’aggregato 
dipenderebbe esclusivamente dall’esistenza dell’impresa leader. 
Ma si deve convenire che, qualora vi sia dipendenza 
• degli n-1 nodi da quello che occupa una posizione centrale; 
• dell’aggregato nel suo complesso dalla leader, 
s’ipotizza erroneamente l’esistenza di un network: la presenza di legami deboli e 
sviluppati soltanto da e verso l’azienda focale, e non anche lateralmente, non 
presagiscono l’esistenza di una rete correttamente intesa (v. Fig. 1).  
                                                                                                                                                                  
carattere delle vecchie relazioni o perfino liquidarle, oppure possono collegare tra loro reti diverse.” H. HÅKANSSON, 
J. JOHANSON, op. cit.   
36
 “La principale caratteristica dei nodi è l’autonomia, cioè la capacità di sviluppare comportamenti attivi, 
imprenditoriali, volti a valorizzare risorse interne e a ricercare complementarità e integrazione con altri nodi […] Per 
autonomia si intende un concetto più ampio della discrezionalità, poiché essa non si sostanzia nella semplice attuazione 
di decisioni assunte a livello centrale. D’altro canto non coincide neppure con le espressioni di indipendenza e 
autosufficienza, perché è fondamentale per ogni unità organizzativa attingere alle risorse possedute dalle altre unità per 
combinarle con quelle interne.” D. MANCINI, “SISTEMI DI CONTROLLO”, op. cit. Ancora: “Firms in the network 
are independent along some dimensions (i.e. they are not completely dependent on each other). Otherwise they would 
fall into a case of vertical quasi-integration.” J.C. JARILLO, op. cit. 
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  “Le reti sono elastiche, nel senso che i singoli agenti, rapporti o attività possono scomparire senza mettere a rischio il 
funzionamento globale della rete […] Altri agenti si adeguano e altri rapporti e attività vengono adattati a questa nuova 
situazione, mantenendo così intatto dal punto di vista funzionale il sistema delle attività. Esso è contemporaneamente 
stabile e mutevole.” H. HÅKANSSON, J. JOHANSON, op. cit. 
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  Per focal-firm s’intende quell’impresa che, disponendosi idealmente al centro dell’apparato internodale, determina lo 
sviluppo e, soprattutto, il comportamento strategico dell’intera rete (si consulti G. BOARI, A. GRANDI, G. 
LORENZONI, op. cit.). Alternativamente, si può parlare di impresa leader o anche di hub firm, “which is the firm that, 
in fact, sets up the network, and takes a pro-active attitude in the care of it.”  J.C. JARILLO, op. cit.