La presente tesi di laurea, infine, è corredata da un’appendice 
normativa riguardante le principali disposizioni legislative in materia 
contabile e fiscale proprie dell’indennità di fine rapporto. 
 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            1   
Capitolo Primo 
 
LA DISCIPLINA GIURIDICA DEL T.F.R.: DALL’INDENNITA’ 
DI ANZIANITA’ AL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO. 
 
 
Sommario: 1.1 Premessa. – 1.2 L’indennità di anzianità: origine e struttura. – 1.3 La 
crisi dell’istituto dell’indennità di anzianità. – 1.4 Dall’indennità di anzianità al 
trattamento di fine rapporto. – 1.5 L’istituto del trattamento di fine rapporto in seno 
all’art. 2120 del Codice civile. – 1.6 Il trattamento di fine rapporto: natura e 
funzione. – 1.7 Ambito soggettivo del trattamento di fine rapporto. – 1.8 Il Fondo di 
garanzia del trattamento di fine rapporto: ambito soggettivo ed oggettivo.  
 
 
 
 
1.1 Premessa 
 
L’art. 2120 del Codice civile regolava l’indennità di anzianità ed è stato 
radicalmente modificato dalla legge 29 maggio 1982 n. 297, che 
disciplina il nuovo istituto del trattamento di fine rapporto. 
Prima di passare ad analizzare le linee ricostruttive del trattamento di 
fine rapporto, appare opportuno riepilogare le vicende dell’istituto 
preesistente dell’indennità di anzianità per mettere a fuoco non solo le 
ragioni che hanno determinato l’attuale trasformazione dell’istituto, ma i 
diversi interessi che hanno soddisfatto nel corso del tempo istituti
1
 pur 
sempre consistenti nella corresponsione al lavoratore di una somma di 
denaro alla cessazione del rapporto di lavoro dipendente. 
 
 
                                                 
1
Vedi Regio decreto del 9 febbraio 1919 n. 1112 e R.D.L. n. 1825/1924, disciplinanti 
l’istituto dell’indennità di licenziamento preesistente all’indennità di anzianità. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            2   
1.2 L’Indennità di anzianità: origine e struttura. 
 
Il sistema del codice del 1942 prevedeva che in caso di cessazione del 
contratto a tempo indeterminato spettasse al prestatore di lavoro 
subordinato un’indennità proporzionale agli anni di servizio, salvo il 
caso di licenziamento per di lui colpa o di dimissioni volontarie
2
. 
Risultava escluso il personale assunto con contratto a termine. 
L’ammontare di tale indennità era determinato dagli usi e secondo 
equità, in base all’ultima retribuzione moltiplicata per gli anni di servizio 
ed in relazione alla categoria di appartenenza del prestatore di lavoro 
subordinato
3
. 
Il Codice civile, nella sua originaria formulazione, aveva 
sostanzialmente recepito l’istituto dell’indennità di anzianità derivante 
dalla legge sull’impiego privato (R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825
4
). 
Tale legge escludeva dal diritto all’indennità gli operai, mentre lo 
riconobbe a tutti gli impiegati di qualsiasi anzianità
5
, e ne previde 
l’ammontare in misura non inferiore alla metà dello stipendio mensile 
per ogni anno di servizio. 
I principali interventi legislativi, successivi al Codice civile, furono: la 
legge 18 dicembre 1960, n. 1561 che stabilì inderogabilmente la misura 
minima dell’indennità di anzianità (dovuta agli impiegati privati), 
nell’importo di tante mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio 
prestato. La medesima legge, introdusse anche il criterio del conteggio 
                                                 
2
Art. 2120 del Codice civile del 1942, comma 1°. 
3
Art. 2120 del Codice civile del 1942, comma 3°. 
4
La legge citata si riferisce all’istituto dell’indennità di licenziamento che spettava 
indipendentemente da qualsiasi anzianità agli impiegati, con esclusione della 
categoria degli operai. 
5
Il Regio decreto n. 1112/1919 prevedeva l’indennità di licenziamento solo per gli 
impiegati aventi una lunga anzianità di servizio. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            3   
per dodicesimi delle frazioni di anno e del computo come mese intero 
delle frazioni di mese superiori a 15 giorni. 
Successivamente la l. 18 aprile 1962, n. 230, riconobbe a favore dei 
lavoratori con contratto a tempo determinato, il diritto alla scadenza 
dello stesso ad un premio di fine lavoro proporzionato alla durata del 
contratto stesso, e pari all’indennità di anzianità prevista dai contratti 
collettivi
6
. 
Sempre sul piano normativo va, poi, ricordata la legge 15 luglio 1966, 
n.604 intitolata “Norme sui licenziamenti individuali”, che all’art.9 
disponeva: <<l’indennità di anzianità è dovuta al prestatore di lavoro in 
ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro>>. 
La legge 11 maggio 1990, n.108, recante la disciplina dei licenziamenti 
individuali precisò che la disposizione normativa relativa all’art.9 della 
l.n.604/1966 si applicava anche ai dirigenti. 
Il sistema del Codice civile del 1942, attribuì all’indennità di anzianità 
natura retributiva con funzione previdenziale, anzi più specificatamente 
di retribuzione differita, essendo la sua erogazione rinviata alla 
cessazione del rapporto di lavoro, mentre la precedente indennità di 
licenziamento (definita anche <<premio di fedeltà>>) aveva natura 
risarcitoria, in quanto collegata allo stato di bisogno del lavoratore in 
seguito alla perdita del posto di lavoro
7
. 
                                                 
6
Art. 5, comma 2° della suddetta legge così recitava: <<Alla scadenza del contratto 
verrà corrisposto un premio di fine lavoro proporzionato alla durata del contratto 
stesso, e pari alla indennità di anzianità prevista per i contratti collettivi>>. 
7
Romano De Blasi, “ Il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare”. 
Milano 1997, capitolo primo, paragrafo terzo: << In definitiva l’istituto 
dell’indennità aveva ormai perso la funzione di indennizzo compensativo per 
acquisire natura retributiva, anzi più specificatamente di retribuzione differita, 
essendo la sua erogazione rinviata alla cessazione del rapporto di lavoro>>. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
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Da ciò, si deduce, che l’indennità di anzianità apparve più finalizzata alla 
formazione di un risparmio e sempre meno finalizzata al sostentamento 
del lavoratore disoccupato. Essa assolveva ad una duplice funzione: 
costituiva una riserva finanziaria a vantaggio sia del prestatore di lavoro, 
che ne poteva usufruire dal momento della cessazione del rapporto di 
lavoro, sia del datore di lavoro per il quale era un mezzo costante di 
autofinanziamento. 
 
1.3 La crisi dell’istituto dell’indennità di anzianità. 
 
L’indennità di anzianità, mediante il ricalcolo degli accantonamenti, 
aveva portato ad un forte aumento del costo del lavoro, tanto che con la 
legge n.91/1977, che traeva origine dall’accordo interconfederale del 26 
gennaio 1977
8
, si escluse dalla base di calcolo gli aumenti dell’indennità 
di contingenza
9
 maturati successivamente al 1° febbraio 1977. 
Gli effetti del provvedimento furono devastanti, poiché, a causa 
dell’accelerazione del tasso di inflazione, si attuò, oltre all’erosione dei 
fondi accantonati presso le aziende, una progressiva svalutazione 
dell’indennità di anzianità. 
La legge n.91/1977 venne, quindi, impugnata per illegittimità 
costituzionale. La Corte Costituzionale, respingendo la questione di 
legittimità, risolse il problema con la sentenza n. 142/1980, mediante una 
scelta di “legittimità provvisoria”, avendo precisato che la normativa, al 
momento della pronuncia, non arrecava <<offesa in misura 
                                                 
8
Accordo tra Confindustria e la Federazione Sindacale Unitaria Cgil – Cisl – Uil  
<< sul costo del lavoro e produttività>>.  
9
Gli anni 70, a seguito dello shock petrolifero, furono caratterizzati da un forte 
aumento del livello medio generalizzato dei prezzi, tanto che per mantenere 
inalterato il potere di acquisto derivante dalla retribuzione mensile, venne introdotta 
l’indennità di contingenza.  
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
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censurabile>> al principio della retribuzione sufficiente, garantita dall’ 
art.36 della Costituzione Italiana, ma che in futuro tale esclusione poteva 
determinare squilibri più gravi di quelli in atto, che , ove non si fosse 
provveduto tempestivamente da parte del legislatore agli adeguati 
bilanciamenti, avrebbe portato violazione non solo degli art.3 e 36 Cost., 
ma anche dell’art.38 Cost. 
E’ noto che, successivamente, vi fu la richiesta di referendum abrogativo 
della disciplina del 1977, ritenuto ammissibile dalla Corte Costituzionale 
con decisione n.26 del 10 febbraio 1982, che fu evitato pochi giorni 
prima della data prevista del 13 giugno 1982, solo con l’emanazione 
della legge n.297 del 29 maggio 1982. 
Tale legge, come sottolineano diversi autori, ha profondamente innovato 
la disciplina preesistente, ma è priva di sufficiente chiarezza ai fini 
applicativi, avendo dovuto racchiudere, a causa della corsa contro il 
tempo per evitare il referendum, una complessa disciplina in pochi 
articoli. 
 
1.4 Dall’indennità di anzianità al trattamento di fine rapporto. 
 
La legge 29 maggio 1982, n.297 cambia radicalmente, i criteri di 
computo dell’indennità: infatti l’importo della stessa non è più calcolato 
moltiplicando l’ultima retribuzione per gli anni di servizio, bensì 
sommando per ciascun anno di servizio quote di retribuzione annua, 
ottenute dividendo quest’ultima per 13,5. Le quote via via maturate sono 
rivalutate ogni anno, con esclusione della quota maturata nell’anno, 
secondo misure previste dalla stessa legge. 
Il T.F.R. costituito dalla somma di quote di retribuzione annuale 
determinata a sua volta in funzione di somme corrisposte dal datore di 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
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lavoro durante l’anno, diversamente dall’indennità di anzianità, non 
misura l’anzianità di servizio bensì riflette la storia retributiva del 
dipendente
10
. 
Il sistema di computo supera la distinzione tra quota ordinaria e quota 
pregressa della indennità di anzianità che viceversa caratterizzava il 
sistema precedente. 
Secondo quel sistema alla quota ordinaria, che maturava per ciascun 
anno e che corrispondeva ad una mensilità o a quote dell’ultima 
retribuzione mensile, si dovevano aggiungere le quote c.d. pregresse, 
ossia quote aggiuntive, necessarie per commisurare ed adeguare 
l’indennità di anzianità all’ultima retribuzione. 
La misura del divisore fisso 13,5 per il quale deve essere divisa la 
retribuzione annua dovuta è evidentemente frutto di un compromesso tra 
opposte esigenze e riflette comunque il punto intermedio tra la 13 e 
14esima mensilità in cui è generalmente articolata la struttura della 
retribuzione in Italia. 
Il divisore fisso 13,5 non può essere derogato neppure in melius dalla 
contrattazione collettiva, attraverso la previsione di un coefficiente 
inferiore a 13,5, altrimenti verrebbe meno una delle caratteristiche più 
vistose della nuova legge: e cioè la sua funzione calmieratrice e 
perequatrice. 
                                                 
10
Vedi G. Santoro Passerelli, “il trattamento di fine rapporto”, Torino 1995. Cap. 1°, 
par.6°, pag. 16. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            7   
1.5 L’istituto del trattamento di fine rapporto in seno all’art. 2120 
del Codice civile 
 
L’art. 2120 del Codice civile al 1° comma recita: “In ogni caso di 
cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha 
diritto a un T.F.R. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun 
anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo 
della retribuzione dovuta per lo stesso anno divisa per 13,5”. Da tale 
comma si deduce che la quota di retribuzione annuale ai fini del t.f.r. 
deve essere determinata per ciascun anno di servizio, è possibile perciò 
determinarne l’esatto ammontare in ogni momento di svolgimento del 
rapporto, con l’avvertenza che la rivalutazione, come dispone la legge, 
non viene calcolata sulla quota maturata nell’anno. 
Il lavoratore, quindi, mentre è in grado di conoscere quanto ha maturato, 
non è in grado di sapere quanto maturerà alla cessazione del rapporto di 
lavoro dipendente. Ogni anno deve essere accantonata (contabilmente) 
per ogni lavoratore una data percentuale della retribuzione 
(1/13,5=7,41%), tenuto conto da parte del datore di lavoro, alla fine di 
ogni anno, del contributo di cui all’art. 3 della legge n. 297/1982, 
attualmente pari allo 0,50% dell’imponibile previdenziale
11
. 
Tale contributo, a carico del datore di lavoro, è previsto quale fondo 
miglioramento pensioni per i prestatori di lavoro subordinato, la cui 
finalità è quella di favorire un trattamento pensionistico ai lavoratori pari 
all’80% della retribuzione mensile dopo 40 di contribuzione. Il datore di 
lavoro ha diritto di rivalsa per tale contributo sulla quota annua di 
trattamento di fine rapporto, che deve essere decurtata dello 0,50% da 
                                                 
11
L’imponobile previdenziale è costituito dal Monte Salari e Stipendi lordo maturato 
a fine anno. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            8   
calcolarsi sulla retribuzione presa come parametro per determinare la 
quota annuale lorda di t.f.r. 
La precisazione, nella parte finale del 1° comma, art. 2120 che << la 
quota è proporzionalmente ridotta per frazioni di anno, computandosi 
come mese intero le frazioni uguali o superiori a 15 giorni >>, si riferisce 
al computo dei periodi lavorativi inferiori al mese, difatti, ne esclude il 
calcolo nel caso di frazione di mese inferiore a 15 giorni, mentre 
considera mese intero, le frazioni pari o superiori a 15 giorni.  
Il 4° comma dell’art. 2120 c.c. novellato recita: “Il trattamento di cui al 
precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, 
è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con 
l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5% in misura fissa e del 75% 
dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai 
ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre 
dell’anno precedente”. La norma fa riferimento al cosiddetto 
“meccanismo di indicizzazione delle quote annuali di t.f.r.”, al 31 
dicembre di ogni anno la somma complessivamente accantonata (F/do 
TFR di Bilancio), con esclusione della quota annuale netta di t.f.r., deve 
essere rivalutata mediante un meccanismo di indicizzazione a base 
composta
12
 costituito da 2 componenti: un tasso a misura fissa dell’1,5% 
ed un tasso a misura variabile pari al 75% dell’aumento, rispetto al mese 
di dicembre dell’anno precedente, del suddetto indice ISTAT. 
Tale rivalutazione si dimostra a coprire il processo inflativo solo quando 
l’inflazione non supera la soglia del 6%
13
. 
                                                 
12
Nel senso che non solo le quote, ma anche gli incrementi sono oggetto di 
rivalutazione. 
13
Infatti il 75% del 6%, è 4,5% che addizionato all’1,5% fisso, dà il 6%. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
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Pertanto, il valore reale del t.f.r. tende ad aumentare con un’inflazione 
inferiore al 6% (come avviene dal 1990) ed a diminuire quando è 
superiore (come è stato dal 1982 al 1989)
14
. 
L’art. 2120, al 5° comma dispone: “Ai fini dell’applicazione del tasso di 
rivalutazione, di cui al precedente comma, per frazioni di anno, 
l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di 
cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno 
precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni si 
computano come mese intero”. 
Questa disposizione normativa riguarda la rivalutazione (in misura 
variabile) del fondo t.f.r. per quei rapporti di lavoro che cessano nel 
corso dell’anno, ipotesi, peraltro, comunemente più ricorrente. In questi 
casi l’incremento dell’indice ISTAT da considerare è quello rilevato nel 
mese di cessazione del rapporto di lavoro che registra le variazioni 
intervenute a decorrere dal mese di dicembre dell’anno precedente: per 
esempio, se il rapporto di lavoro cessasse nel mese di marzo 1998, il 
fondo al 31/12/1997 verrebbe rivalutato dell’indice ISTAT risultante nel 
mese di febbraio o marzo dell’anno 98, a secondo che il giorno di 
risoluzione del contratto venisse a cadere prima del 15/03 o dopo il 
15/03. 
Relativamente al secondo elemento di rivalutazione, cioè al tasso fisso 
dell’1,5%, va sottolineato che è opinione prevalente che, così come 
previsto espressamente dalla legge per l’indice ISTAT, vada 
commisurato, nei casi di cessazione di rapporto di lavoro in corso 
d’anno, in ragione di tanti dodicesimi quanti sono i mesi considerati per 
                                                 
14
Romano De Blasi, “Il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare”,   
Milano 1997. Pag. 31 del capitolo terzo. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
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il t.f.r., quindi, corrisponderebbe in misura percentuale allo 0,125% 
mensile (1,5%/12=0,125%)
15
. 
Volendoci ricollegare all’esempio precedente, l’indice di rivalutazione 
fisso che verrebbe applicato, sempre sul fondo accantonato al 31/12/97, 
sarebbe dello 0,25% o dello 0,375%, da aggiungere ovviamente 
all’indice di rivalutazione variabile. 
Il 6° comma dell’art. 2120 c.c. dispone: “Il prestatore di lavoro, con 
almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, 
in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70% 
sul trattamento cui avrebbe diritto in caso di cessazione del rapporto alla 
data richiesta”. La normativa, nell’attuare una mediazione tra l’interesse 
del lavoratore, volto a rivendicare la corresponsione dell’anticipazione, e 
quello del datore di lavoro, interessato a mantenere nella sua 
disponibilità fondi utili all’autofinanziamento, circoscrive l’esercizio del 
diritto in ambiti ristretti, limitandolo a scopi socialmente apprezzabili. La 
prima condizione dettata dalla legge per usufruire dell’anticipazione è 
che il prestatore di lavoro, al momento della richiesta, abbia maturato 
almeno 8 anni di servizio
16
 presso lo stesso datore di lavoro, quindi, da 
ciò si deduce che non possono usufruire dell’anticipazione sul t.f.r. i 
lavoratori dipendenti a tempo determinato. 
                                                 
15
Romano De Blasi, “Il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare”. 
Milano 1997. Vedi cap. 11° par. 3.4 e 3.5. 
16
Romano De Blasi sottolinea: “Al riguardo non viene chiarito se per <<servizio>> 
debba intendersi l’attività effettivamente svolta dal lavoratore, o il periodo utile per 
la maturazione delle quote di accantonamento del t.f.r., o ancora l’anzianità di 
servizio”.  Si potrebbe ritenere che il legislatore, negli otto anni di servizio abbia 
voluto ricomprendere tutti i periodi utili al fine del computo del t.f.r. medesimo. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            11   
Occorre, ovviamente, che il prestatore di lavoro abbia lavorato in 
costanza di rapporto presso uno stesso imprenditore
17
, in quanto i periodi 
lavorativi svolti presso diversi imprenditori non sono cumulabili tra di 
loro ai fini dell’anticipazione. 
Dalla legge è stato fissato anche un tetto massimo di anticipazione 
concedibile, pari al 70% del trattamento economico di liquidazione, 
spettante al lavoratore al momento della presentazione della domanda. 
Il suddetto massimale va determinato sulla base dei seguenti elementi: 
1. Indennità di anzianità maturata al 31 maggio 1982, più il fondo 
t.f.r. di bilancio accantonato (e rivalutato) alla fine dell’anno 
precedente a quello della richiesta di anticipazione; 
2. Frazione di quota di t.f.r. inerente al periodo che va dall’inizio 
dell’anno in cui è stata presentata la domanda alla data della 
domanda stessa. 
Il comma 7 dell’art. 2120 c.c. prevede che “le richieste siano soddisfatte 
annualmente entro i limiti del 10% degli aventi diritto, e comunque del 
4% del numero totale dei dipendenti”. 
Il doppio limite del 10% e del 4% viene stabilito a favore del datore di 
lavoro, con la conseguenza che il numero delle richieste da soddisfare 
annualmente non dovrà essere superiore al minor valore tra le 2 
percentuali. 
Con qualche esempio si chiarirà meglio la norma: 
“ Azienda con un totale di dipendenti pari a 200, di cui 60 con almeno 8 
anni di servizio”. In questo caso il numero degli aventi diritto 
all’anticipazione è pari a 6 (difatti 4% di 200=8 e 10 % di 60=6). 
                                                 
17
La costanza del rapporto presso uno stesso imprenditore si mantiene anche nel caso 
di successione di un nuovo soggetto nella proprietà dell’azienda, come nel caso di 
trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 del c.c. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            12   
Si nota come la norma, come già sottolineato, sia posta nell’interesse del 
datore di lavoro, volto a mantenere congrui fondi per 
l’autofinanziamento. 
Come recita l’8° comma dell’art. 2120 c.c. le cause che giustificano 
l’anticipazione sono: 
1. eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari 
riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche
18
; 
2. Acquisto della prima casa per sé o per i figli, documentato con 
atto notarile
19
. 
L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto 
di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine 
rapporto. 
 
1.6 Il trattamento di fine rapporto: natura e funzione. 
 
Una delle questioni più largamente dibattute è quella della natura e della 
funzione giuridico-sociale del trattamento di fine rapporto. E’ noto che, 
per quanto concerne l’indennità di anzianità, si ritiene generalmente che 
l’istituto abbia avuto, attraverso passaggi successivi, una evoluzione che 
ne ha inizialmente evidenziato il carattere risarcitorio o di “premio di 
fedeltà”, per passare poi a quello di retribuzione differita. 
Per quando riguarda la natura del trattamento di fine rapporto, già 
inizialmente la stessa commissione Giugni, nell’affrontare il problema 
                                                 
18
La straordinarietà non si identifica con l’eccezionalità della terapia o 
dell’intervento, bensì nella particolare importanza che riveste, caso per caso, il 
trattamento terapeutico o l’operazione chirurgica. 
19
Per prima casa di abitazione deve intendersi “quella destinata a dimora stabile della 
famiglia”, con esclusione della casa per le vacanze. Si discute, in dottrina ed in 
giurisprudenza, se essa debba essere rilevante ai fini dell’anticipazione del t.f.r. 
Sembra, però, che i contrapposti orientamenti abbiano trovato una valida soluzione 
solo nei contratti collettivi di lavoro. 
Capitolo primo                                                           La  disciplina giuridica del T.F.R  
                                                                                                            13   
della riforma, indicò quale “ipotesi di lavoro” quella dell’evoluzione 
dell’istituto verso la natura di “risparmio forzoso del lavoratore”, fruibile 
nel momento della cessazione del rapporto di lavoro, salvo il caso 
dell’anticipazione. 
La tesi trova riscontro nelle varie relazioni al disegno di legge: ad 
esempio in quella del 17 marzo 1982
20
 si parla di “risparmio vincolato”, 
mentre nella relazione Romei si accoglie il termine “risparmio forzoso” 
precisando che si tratta di abbandonare il criterio della retribuzione 
differita sostituendolo con quello della retribuzione risparmiata 
obbligatoriamente e si aggiunge che “il lavoratore matura anno per anno 
il corrispettivo monetario globale della sua prestazione di lavoro, ma è 
obbligato a risparmiare una determinata percentuale, che presta al 
proprio datore di lavoro dietro remunerazione”. In termini analoghi si 
esprime, infine, la relazione Cristofori “risparmio che viene rivalutato e 
che si può in parte percepire in anticipo con vincoli rigidi e definiti dalla 
legge”. 
Nel dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza, che è seguito alla 
promulgazione della legge, sono emerse varie definizioni, non tutte 
concordi nel riconoscere al trattamento di fine rapporto la predetta natura 
di risparmio forzoso, sembrando, invece, prevalente la conferma di 
quella di retribuzione differita. 
                                                 
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L’iniziale disegno di legge, presentato dal Capo del governo in data 17 marzo 1982 
al Senato che  constava di 13 articoli, successivamente ridotti a 5, fu corredato da 
relazioni parlamentari rivolte a mettere in evidenza le ragioni della riforma e le 
caratteristiche essenziali del nuovo istituto.