4
Si tenga conto che, anche le imprese non immediatamente 
destinatarie dei principi contabili internazionali, finiranno  per utilizzarli, in 
quanto la Comunità europea sta modificando le direttive contabili al fine di 
adeguarle agli IAS. La conseguenza sarà l’adeguamento delle disposizioni 
interne dei singoli Paesi membri ed in particolare per l’Italia del Codice 
Civile. La riforma si è già mossa in tal senso: oltre l’eliminazione delle 
interferenze fiscali  anche gli altri interventi sul bilancio sono tutti ispirati ai 
principi contabili internazionali. 
Tuttavia le norme che regolano il bilancio sono di emanazione della 
VII Direttiva comunitaria e quindi non possono essere modificate 
direttamente dal legislatore nazionale. La riforma societaria, quindi, per 
quanto riguarda il bilancio d’esercizio si è trovata di fronte ad un vincolo 
ineludibile che ha impedito modifiche sostanziali agli schemi di bilancio. Il 
legislatore ne è cosciente e nella relazione di accompagnamento alla 
riforma scrive: “Posto che le norme attuali non possono essere soppresse , 
modificate o sostituite, esse non vengono variate, per mancanza di specifica 
delega, ma non per questa ragione è vietata un’informazione aggiuntiva, 
lasciando invece com’è la disciplina attuale”. 
L’informazione aggiuntiva a cui si fa riferimento è quella contenuta 
nella Nota Integrativa nella quale troviamo la maggior parte delle modifiche 
introdotte dalla riforma mentre sono pochi i cambiamenti  negli altri schemi  
del bilancio. 
 5
Quanto detto vale anche per il punto 3-bis della Nota Integrativa che 
è dedicato al trattamento contabile delle immobilizzazioni immateriali e in 
particolare dell’avviamento. Al punto 3-bis è   previsto un ulteriore obbligo 
informativo senza alcun cambiamento sostanziale riguardo al peso che gli 
oneri assumono rispetto ai valori dell’attivo patrimoniale né  in ordine ai 
riflessi della loro valutazione sul risultato di esercizio. 
L’informazione aggiuntiva riguarda: “La misura e le motivazioni 
delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni immateriali di 
durata indeterminata, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro 
concorso alla futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile 
durata utile e, per quanto determinabile, al loro valore di mercato, 
segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi 
precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici 
dell’esercizio e sugli indicatori di redditività di cui sia stata data 
comunicazione”. 
Essa prende come riferimento il principio contabile internazionale 
IAS 38 dedicato agli Intangibile Assets, o, per essere più precisi,   una sua 
nuova versione che lo sostituirà molto presto e che è contenuta nell’ 
Exposure Draft 3, un documento propositivo dello IASB. 
Quest’emendamento dello IAS 38 riprende un principio contabile 
statunitense, lo standard FAS 142, e prevede che l’avviamento e le attività 
immateriali che hanno una vita utile la cui durata non possa essere 
 6
determinata con precisione non vengano ammortizzate  e siano soggette 
unicamente ad un impairment test annuale (cioè una verifica di valore per la 
quale la svalutazione deve essere rilevata quando il valore contabile 
dell’attività non può essere recuperato), mentre le altre attività immateriali 
che presentano una vita utile definita, oltre al suddetto test, siano oggetto di 
ammortamento. 
La realtà economica è cambiata e le risorse immateriali 
rappresentano la fonte del vantaggio competitivo delle imprese; di qui la 
volontà a livello internazionale e nazionale di darne un’adeguata 
misurazione e classificazione.  
 
 7
 
CAPITOLO PRIMO 
La riforma societaria e le novità in tema di bilancio 
 
 
1.1  I PRINCIPI ISPIRATORI DELLA RIFORMA 
 
 
 
 La crescente “interconnessione”
1
 tra gli stati del mondo occidentale,  
stimolata dall’espandersi del commercio internazionale  ha una diretta 
influenza sulla legislazione degli stati. Essi diventano consapevoli che gli 
investimenti tendono a dirigersi laddove si trovano le condizioni giuridiche 
più favorevoli, scatenando così una “concorrenza” tra gli ordinamenti. 
Negli ultimi anni si è sentita sempre di più l’esigenza di una riforma 
del diritto societario proprio perchè era fondamentale portare la legislazione 
del nostro Paese al medesimo livello di quella degli altri stati europei. 
                                                 
1
“Tra esitazioni e tentennamenti, i Paesi del mondo industrializzato si avvicinano l’un l’altro, 
stimolati dai progressi tecnologici e dall’espandersi degli scambi reciproci. La “globalizzazione” 
ha i suoi momenti di tensione, ma inesorabilmente il mondo si avvicina a piccoli passi ad una 
nuova intimità internazionale”.  Con queste parole Mario Cuomo descrive la crescente 
“interconnessione” tra gli stati del mondo occidentale che ha una diretta influenza sugli 
ordinamenti legislativi e in particolare sulla necessità di rendere comparabili fra di loro i bilanci 
delle imprese di diverse nazioni.. Cfr. MARIO M. CUOMO,ex governatore dello Stato di N.Y.,  
La globalizzazione aiuta i bilanci, da IL SOLE 24 ORE del 26 novembre 2002 p. 30 
 
 8
 
Con la riforma che è entrata in vigore dal 2004,  si è voluto conferire 
duttilità e flessibilità al sistema del diritto societario, in luogo della 
previgente rigidità, in modo da disporre un insieme di opzioni da cui 
attingere a seconda delle diverse situazioni concrete in cui le aziende 
vengono a trovarsi
2
. 
 I soggetti dell’attività economica italiana potranno  utilizzare queste 
nuove strutture più agili, flessibili ed efficienti, disegnate dal legislatore 
secondo alcuni principi fondamentali. Il primo è quello della libertà di 
auto-organizzazione, che si traduce  nel maggior potere contrattuale dei soci 
e in un’ampia autonomia statutaria. L’intento perseguito è quello di lasciare 
che l’autonomia privata  stabilisca le regole che governano la “vita” delle 
società, riducendo quanto è più possibile lo spazio delle norme inderogabili 
e rendendo il diritto societario un regime sostanzialmente dispositivo.  
Questa scelta di apertura verso l’autonomia appare dettata da un 
apprezwwzamento del legislatore nei confronti dei meccanismi di selezione 
affidati al mercato. Nella concorrenza globale sono i caratteri fondamentali 
dell’istituto societario, tradizionalmente comuni, che orientano i principi del 
diritto delle società nelle diverse legislazioni. Invece, sono destinate a 
cadere le particolarità nazionali quando non sono coerenti con questi  
                                                 
2
 A. BUSANI, Il nuovo diritto societario scommette sull’autonomia, in Diritto Societario obiettivo 
riforma, in allegato a IL SOLE 24 ORE del 24 Novembre 2003 
 9
 
principi comuni, ed in particolare quelle dovute all’intervento e alla 
direzione dello Stato, nell’economia mista (Francia e Italia), o alla 
concentrazione delle gestioni, nell’economia sociale (Germania)
3
. 
 Le regole che governano la società sono intese come uno degli 
elementi apprezzati dal mercato nella valutazione della singola impresa 
sociale, lasciare che i soci possano stabilirle in autonomia significa 
avvantaggiare le imprese italiane nella lotta  concorrenziale con quelle 
estere (o, se la si guarda da un altro punto di vista, non costringere 
un’impresa estera che voglia stabilirsi in Italia ad accettare un gran numero 
di norme inderogabili)
4
. Però se è vero che gli investimenti si dirigono dove 
trovano condizioni giuridiche più favorevoli, bisogna ammettere  che 
cercano anche certezza del diritto e capacità di far osservare le regole poste 
in tempi brevi, di qui la riforma del processo societario. Ma, il legislatore 
non poteva raggiungere l’obiettivo di rendere più competitive le società 
italiane sacrificando la tutela degli interessi dei terzi, la trasparenza e la 
concorrenza del mercato, in altri termini: la stabilità dell’economia. Ecco 
perché gli obblighi da osservare diventano più stringenti se la società si apre 
al mercato del capitale di rischio, sono presenti  tutele per i creditori e si 
moltiplicano quelle per i soci di minoranza.  
                                                 
3
 Cfr. G. VISENTINI, I principi della società per azioni come istituto giuridico delle economie di 
mercato: confronti con la recente riforma, Archivio Ceradi, Luiss, www.luiss.it   
4
 Cfr. M. STELLA RICHTER JR, op. cit., p. 5 
 10
 
Non si tratta, quindi,  di una  de-regolamentazione ma di una  ri-
regolamentazione.  La riforma non si ispira al liberismo ottocentesco né 
nasce da una contrapposizione stato - mercato ma cerca di creare nuovo 
mercato laddove esso sia inesistente e di rafforzarne le regole dove esso già 
operi.
5
 
Altro principio fondamentale della riforma è la semplificazione della 
disciplina societaria. Tale obiettivo mira ad abbattere costi e rigidità 
strutturali ed operative, ormai non più adeguati alla moderna realtà 
dell’attività economica. 
Infine il legislatore ha perseguito il valore della tutela dei soci e dei 
terzi, che richiede maggiore controllo e trasparenza, valore al quale, oggi 
più che mai, non si può rinunciare in seguito ai recenti scandali finanziari 
che hanno interessato  alcuni fra i più importanti colossi industriali ed 
economici dell’economia statunitense (Enron, Worldcom, ecc.) 
danneggiando i loro numerosi soci ed interlocutori, e che hanno portato alla 
revisione in vari paesi delle regole riguardanti argomenti come i diritti degli 
azionisti o il controllo contabile; la riforma ha cercato di rispondere anche a 
queste esigenze. 
 
                                                 
5
 Cfr. M. VIETTI, op. cit. 
 11
 
 
1.2 LE PRINCIPALI NOVITÀ INTRODOTTE 
DALLA RIFORMA  
 
 
L’intervento riformatore
6
  è di grande portata, interessa tutto il Titolo 
V del Libro V del Codice civile e apporta modifiche alle regole che 
governano ogni momento della vita  delle imprese. Tutte queste novità 
incidono sulla forma giuridica cioè  “il vestito” con cui l’azienda
7
 si 
presenta all’ambiente esterno.
8
  
                                                 
6
 La riforma è contenuta nei due decreti legislativi , n. 6 del 17 gennaio 2003 recante  “Riforma 
organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative” in attuazione della legge 
delega 3 ottobre 2001, n. 366  e n.5 del 17 gennaio 2003 recante “definizione dei procedimenti in 
materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria 
creditizia”, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001 n. 366  pubblicati nella 
Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2003 che rivoluzionano l’intera materia del Diritto 
Societario che finora era stato modificato da interventi importanti ma di settore (si pensi alla 
riforma delle società quotate, portata dal D. Lgs. 24 febbraio del 1998, n. 58 d’ora in avanti 
T.U.F.) La Riforma nasce dai lavori della Commissione Mirone appartenente alla passata 
legislatura ripresi poi dalla commissione presieduta da Michele Vietti, vero padre della Riforma 
che così scriveva il 4 Ottobre 2002 sulle colonne de Il Sole 24 Ore :” … Oggi il dato politico è 
l’aver collocato la disciplina delle società al centro del dibattito e delle concrete immediate 
iniziative di rilancio del paese… Alla base di questa impostazione c’è la ferma consapevolezza che 
l’economia vada aiutata non soltanto con misure di carattere strettamente materiale, ma anche con 
provvedimenti che aiutino i soggetti dell’ attività economica a darsi nuove strutture, agili ed 
efficienti, flessibili e proattive, in un quadro ordinamentale che sappia dare certezza e semplicità”. 
Cfr. M. VIETTI, Una garanzia per lo sviluppo, da IL SOLE 24 ORE di venerdì 4 ottobre 2002 p.1 
 
7
 Sul concetto di azienda cfr. D. AMODEO, Ragioneria generale delle imprese, Giannini Editore 
1994, pp. 7 e seguenti 
8
 Cfr. E. VIGANÒ, L’economia aziendale e la ragioneria,  evoluzione - prospettive internazionali, 
CEDAM, Padova 1996, p. 29 “La forma è il vestito con cui l’azienda si presenta all’ambiente: per 
esempio la società per azioni, la company, la corporation  in varie accezioni legali. La sostanza 
economica è l’azienda in sé: essa non ha bisogno del diritto, se non, come ogni organismo 
autonomo, per i suoi contatti con l’ ambiente”. 
E sempre sulla distinzione tra società giuridica ed azienda cfr. D. AMODEO, Ragioneria generale 
delle imprese, Giannini Editore 1994, pp. 16 - 17 “ Si è visto come l’azienda è un istituto 
(segue pagina successiva) 
 12
 
E uno dei problemi affrontati dal legislatore riguarda proprio il 
rapporto tra i modelli organizzativi  delle società, così come sono previsti 
dalla legge, e le diverse realtà economiche sottostanti.  
In particolare nel nostro paese si riscontra un ricorso eccessivo al 
modello della società per azioni rispetto  ad altre realtà come ad esempio 
quella tedesca (più di sessantamila s.p.a. contro le circa tremila società 
azionarie tedesche), pur essendo la nostra economia connotata dalla 
presenza di imprese medie e piccole per cui sarebbe stato più coerente un 
largo utilizzo della società a responsabilità limitata.  
Si rileva poi che solo uno scarso numero di queste numerose s.p.a. ha 
azioni quotate su di un mercato regolamentato (oggi meno di una su 
duecento, mentre, ad esempio, in Germania i quattro quinti delle società 
azionarie sono quotate).
9
 Un “riallineamento” delle forme giuridiche alle 
diverse realtà economiche non poteva che essere concepito attraverso un 
ripensamento delle discipline legali, rendendo il modello della società a 
responsabilità    limitata      più     distante    da     quelli    delle       società  
                                                                                                                                     
economico posto in essere e tenuto in vita per una finalità di soddisfazione diretta od indiretta di 
bisogni. Ente è la persona fisica o giuridica che promuove la formazione dell’azienda o che 
comunque la conduce come strumento atto a realizzare i suoi fini… Ora è certo che quella 
confusione” tra ente ed azienda “ non ha senso: perché è l’ente che ha scopi, propositi e finalità per 
raggiungere i quali si avvale dell’azienda.”. 
9
 Cfr. M. STELLA RICHTER JR, Linee generali della riforma del diritto delle società di capitali, 
intervento durante il seminario sulla riforma del diritto societario organizzato da Assogestioni a 
Milano il 16/06/2003, www.assogestioni.it, pp. 1-2 
 13
 
azionarie
10
 e  riducendo lo “scalino normativo” tra s.p.a. quotate e non 
quotate.
11
Alcune novità, come visto, sono ispirate dal principio 
dell’accresciuta autonomia e  spiccano tra queste per il loro carattere 
innovativo le discipline che regolano finanziamenti, patrimoni destinati ad 
un unico affare e patti parasociali. 
Il principio dell’autonomia  e dell’auto-organizzazione  è alla base 
anche  di un altro intervento che è tra i più caratteristici e discussi della 
riforma, quello con cui il legislatore detta nuove regole per la Corporate 
Governance. Con questo termine  si intende l’insieme di principi e di 
meccanismi con cui si governa e si controlla l’impresa; è proprio tenendo 
conto delle regole stabilite dalla corporate governance che il soggetto 
economico può conseguire i suoi obiettivi. 
                                                 
10
 Occorreva quindi creare una netta distinzione tra s.p.a. ed s.r.l. al fine di rivalutare quest’ultimo 
modello di società, d’altro canto l’assimilazione dei due tipi di società porta anche 
all’inconveniente di scoraggiare l’adozione della forma societaria di “capitale” per le imprese di 
minori dimensioni . Il legislatore quindi riforma la disciplina della società a responsabilità limitata 
lasciando al socio o ai soci che vi partecipano grande libertà nel dettarne le regole di 
funzionamento  .. Per i caratteri della nuova s.r.l. cfr. V. BUONOCORE, S. PESCATORE, A. 
BASSI, La Riforma del Diritto Societario commento ai d. lgs. n. 5 – 6 del 17 gennaio 2003, 
Giappichelli, Torino 2003, pp. 137 - 140 
11
 Il legislatore interviene riducendo lo “scalino normativo” tra società quotate e non, che si era 
venuto a creare dopo il T.U.F. del 98 che può essere giustamente ritenuto il primo passo della 
riforma del diritto societario italiano e che riguarda solo le società con titoli negoziati su mercati 
regolamentati. La presenza di regole stringenti dettate appunto dal T.U.F. per le società quotate 
rischiava di trasformarsi in un disincentivo alla quotazione. La riforma riduce il distacco non 
avvicinando l’intero regime delle società azionarie a quello delle quotate ma introducendo un 
sotto-tipo di s.p.a. cioè quella con titoli semplicemente “diffusi” presso il pubblico, alla quale si 
applicheranno alcune regole comuni alle società con titoli negoziati su mercati regolamentati.  Cfr. 
M. STELLA RICHTER JR, op. cit., p. 3  e per un’esatta determinazione di quando le azioni siano 
da considerarsi “diffuse”  presso il pubblico cfr. gli artt. 111-bis disp. att. c.c, 116 TUF, e 2, lett. f, 
deliberazione Consob 14 maggio 1999, n. 11971, da ultimo modificata con deliberazione Consob 
12 giugno 2002, n. 13616. 
 14
 
 Alla tradizionale struttura organizzativa della nostra società azionaria, 
fondata sulla presenza di un consiglio d’amministrazione e un organo di 
controllo, entrambi scelti dall’assemblea l’ordinamento oggi si presentano 
due alternative. Da un lato il diverso modello dualistico di ispirazione 
tedesca caratterizzato dalla presenza di un consiglio di sorveglianza che 
nomina un consiglio di gestione a cui competono, oltre che compiti di 
controllo, alcune funzioni di indirizzo che nel sistema tradizionale 
sarebbero state dell’assemblea dei soci. Questo modello sembrerebbe essere 
indicato nel caso in cui l’azionariato  vuole lasciare la gestione in mano ai 
managers, limitandosi attraverso i suoi rappresentanti eletti dall’assemblea a 
una funzione di controllo e di indirizzo
12
 . 
 Dall’altro lato troviamo il secondo modello innovativo, cioè quello 
monistico di ispirazione anglosassone che prevede il consiglio di 
amministrazione, all’interno del quale sia costituito un comitato per il 
controllo interno sulla gestione, che sarà composto in maggioranza da 
amministratori non esecutivi in possesso di specifici requisiti di 
                                                 
12
 Eppure il modello dualistico rischia di non poter rispondere a queste attese , per essere appetibile 
l’azionariato ha bisogno di riservare al consiglio di sorveglianza non solo una mera funzione di 
controllo ma anche qualche potere di amministrazione anche se di mero indirizzo, è così sia in 
Germania che Francia. La riforma italiana non prevede tale possibilità ed è molto dubbio che nel 
silenzio della legge gli statuti possano attribuire al consiglio di sorveglianza il potere di intervenire 
nella gestione, il controllore non può esso stesso, si dice, dettare o approvare le condotte gestorie 
che dovrà poi controllare. Il modello così come è appare carente, e si spera che venga modificato 
con degli interventi chiarificatori previsti prima dell’entrata in vigore delle leggi.  Su questo 
argomento cfr. N. CAVALLUZZO, S. SPECCHIULLI, La governance ricomincia da tre, da IL 
SOLE 24 ORE del 17 gennaio 2003, p. 20 e P. MARCHETTI Modello dualistico in panne, da IL 
SOLE 24 ORE del 27 settembre 2003, p. 23 
 15
 
indipendenza e con l’attribuzione di adeguati poteri di informazione ed 
ispezione.
13
 Per ognuno dei modelli e per ogni diversa forma societaria 
viene poi introdotto un sistema di controlli
14
, importanti ai fini della 
trasparenza che nell’economia di oggi  non è solo un adempimento di un 
dovere da parte della società ma uno dei valori maggiormente apprezzati dal 
mercato.
15
 
 
Si è parlato di semplificazione del diritto societario ed infatti sono 
molte le discipline che vengono  semplificate  ed innovate al tempo stesso,  
tra queste spiccano quella dei conferimenti
16
 e delle trasformazioni. Il 
legislatore ha inteso garantire a la tutela dei terzi la certezza dei 
conferimenti (introducendo regole sulla stima da parte di esperti) ma 
rendendo comunque possibile che oggetto del conferimento medesimo sia 
                                                 
13
 Riportiamo un’espressione critica  su questo modello, tra l’altro si tratta dei punti più innovativi 
della riforma e perciò soggetti a tante critiche costruttive e discussioni, è quella dell’Assonime 
espressa nel corso dell’audizione alle commissioni Giustizia e Finanze della Camera il 7 novembre 
2002.  Secondo l’associazione il modello non corrisponde appieno a quello di matrice 
anglosassone, in cui la gestione è affidata al management, che assume le principali decisioni 
operative, mentre le funzioni di controllo sono esercitate in parte dal Cda, cui competono funzioni 
di orientamento strategico e di sorveglianza sull’operato del management per conto degli azionisti, 
e in parte a un organo di consiglio (audit commitee) composto da amministratori indipendenti e 
che ha funzioni di controllo interno. Nel modello italiano invece le funzioni dell’audit commitee e 
quelle tradizionali di competenza del collegio sindacale sono state interamente attribuite al 
comitato per il controllo, costituito all’interno del Cda. Quindi alcuni componenti del Cda, 
partecipano alle sue deliberazioni, e ne contempo sono chiamati su questi atti ad esercitare il 
controllo di legalità, ed in alcuni casi anche quello contabile, finora esterni al consiglio.. Cfr. R. 
BAUER, op. cit., pp. 136 - 137 
14
  . Cfr. R. BAUER, op. cit., p. 140 
15
 Cfr. M. DAMIANI, Corporate Governance, Il Giornale dei Dottori Commercialisti, Ottobre 
2002 
16
 l Cfr. R. BAUER, op. cit., p 14 , e  cfr. A. BUSANI, Nelle srl conferimenti a tutto campo, da IL 
SOLE 24 ORE di venerdì 7 gennaio 2003, p. 27 
 16
 
qualsiasi utilità funzionale al proficuo svolgimento dell’impresa. In 
particolare per la s.r.l. dal 2004 sarà possibile anche conferire servizi o 
prestazioni d’opera purchè garantiti da una polizza d’assicurazione o da una 
fideiussione bancaria (art. 2464 c.c.). 
Per le trasformazioni, invece, la nuova normativa  consente anche un 
altro tipo di operazione e cioè la trasformazione eterogenea (e questa è una 
rilevantissima novità) in cui sono coinvolti soggetti societari e non 
societari. Quest’ultima possibilità è stata fino ad oggi totalmente negata, 
sulla base della considerazione  secondo cui la trasformazione è un  
“cambio d’abito”  per un corpo che rimane sempre identico, la nuova 
normativa invece permette che società di capitali (s.p.a., s.r.l. e S.a.p.a.) 
possano trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative, 
comunioni d’azienda, associazioni non riconosciute, fondazioni e viceversa. 
L’introduzione di concetti completamente nuovi nel campo delle 
trasformazioni si affianca ad una specificazione di concetti lasciati nella 
genericità dalla precedente normativa, in particolare con la riforma viene 
risolta la questione della liceità del leveraged buy out (acquisizione di una 
società ricorrendo alle capacità d’indebitamento della stessa struttura 
societaria acquisenda), che dal 2004 sarà ammesso nel caso siano