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INTRODUZIONE
In ogni campo di studi giuridici, nessuna corrente di pensiero, anche la più
rigorosa, razionale e legata strettamente all’esegesi della norma, può tuttora
sottrarsi alla suggestione di un nome, di una idea, la quale emergendo senza
dubbio alcuno con forza dalle fondamenta del diritto di ieri, sembra riallacciarsi
ancora oggi, alla più profonda delle aspirazioni del giurista, l’equità
1
.
Fonte di infiniti, acerrimi ed interessantissimi dibattiti fin dalle sue origini, forse
tuttora considerabile, in termini del tutto generali, come un labile ed immaginario
ponte interpretativo tra un diritto inteso come ius strictum ed uno come ius
naturale, rispettivamente fondanti una norma, l’uno applicata con oggettivo rigore
generale e previsione astratta e, l’altro, calata nell’interpretazione elastica e nella
soggettiva fattispecie del caso concreto.
Nel presente studio si propone da un lato, una generale ricostruzione storico-
giuridica del termine, evidenziando le principali disamine dottrinali in merito,
tenendo in considerazione che, come è stato autorevolmente affermato, “ tale
nozione è tra le più essenziali per la comprensione del diritto romano nel suo
sviluppo storico ma è nel contempo tra le più evanescenti ed incerte e
contraddittorie che le fonti romane ci offrono. Nella romanistica contemporanea
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Salvatore Romano, voce: principio di equità ( diritto privato ), in Enciclopedia del diritto,
Giuffrè, Milano, 1966, pgg. 83 e ss.
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essa è altresì fra le nozioni più discusse, sia per quanto attiene alla sua sfera di
applicazione, sia per quanto concerne la sua epoca di fioritura
2
“.
Dall’altro, si tenterà una ricerca dell’ aequitas dall’interno dell’attività creativa
giusdicente pretoria, fondata sull’imperium, espressione del supremo potere della
civitas, e l’editto anche alla luce di D.1.1.7.pr.-1 ( Pap. 2 def. ) tuttavia senza mai
perdere di vista il vitale ed imprescindibile parallelismo di essa col ius civile,
focalizzando l’attenzione, come si evidenzierà in seguito, sul processo formulare e
la sua evoluzione circoscritta il più possibile al periodo preclassico, anche
attraverso uno studio di opere letterarie, per tentare così di giungere in primis ad
una ricostruzione rivolta ad evidenziare nettamente, anche mediante l’ausilio della
casistica giurisprudenziale, il valore intrinseco di cui godrebbe il concetto in
parola. Infine, trasversalmente, verrà effettuata, in seno alle conclusioni tracciate,
una piccola valutazione circostanziata a quanto di esso sarebbe eventualmente
possibile ancora oggi riscontrare all’interno del presente ordinamento giuridico .
La prima impressione che si ha nell’affrontare una ricerca sull’aequitas nel diritto
romano, è quella determinata dalla sterminata mole di materiale presente nella
dottrina, prova del fatto che, molto si è discusso a partire dalla nozione stessa del
termine, giungendo peraltro a conclusioni spesso discordanti.
E’ pacifico ritenere che, per l’analisi del concetto di cui trattasi, non si potrà che
mantenere in primissimo luogo un punto di osservazione tripartito: fonti
giuridiche, letterarie e dottrina.
Le prime senza ombra di dubbio hanno la capacità di stabilire una visione più
immediata e tecnica dell’opera giusdicente pretoria la quale, parlandoci anzitutto
attraverso le parole dell’editto ed addentrandosi nella decisione del caso concreto,
ci concedono la possibilità di tentare una ricerca ed una ricostruzione basate
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Guarino, voce Equità ( diritto romano ), in NNDI, IV, Torino, 1960, pg. 619.
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sull’antitesi ius strictum ed aequitas, obbligatorio punto di partenza, individuando
il momento centrale della sua manifestazione più chiara nell’ultimo periodo della
repubblica e precisamente quando le antiche strutture, ancora dense di formalismi
del ius civile apparvero del tutto inadeguate alle esigenze della nuova città-stato
3
.
Le seconde, anch’esse possono essere considerate di grande importanza, in quanto
ci offrono una visione d’insieme certamente non univoca del pensiero del periodo
storico-giuridico relativo all’oggetto qui in esame, l’età preclassica. Ci si riferisce
in particolare agli scritti di Cicerone, dei quali ampiamente si tratterà, Tito Livio,
Ennio, Lucrezio, Catone, Plauto, Terenzio, citandone i più importanti.
Naturalmente non è superfluo sottolineare che gli spunti derivanti da questi
verranno considerati alla stregua degli altri testi, ovverosia, come documenti
attestanti l’esistenza della nozione di aequitas che da essi risulterà scaturire, la
quale potrà essere eventualmente considerata come l’evoluzione, la
trasformazione o il perfezionamento della giurisprudenza pretoria di epoca
preclassica
4
. Per quanto concerne, infine, lo stato della dottrina, è opportuno
sottolineare soltanto che, sulla base delle innumerevoli dissonanze che verranno
qui riportate in forma semplificata, si sono formati vari indirizzi di pensiero fin
dalla stessa genesi della nozione di aequitas, costituitasi in ambienti estranei al
mondo romano e vicino a quello ellenico per alcuni ovvero solo in quello romano
per altri; sono presenti anche sfumature non trascurabili di entrambi gli
orientamenti. Si potrebbe, consci di effettuare una grande generalizzazione,
identificare un nucleo comune di fondo che vede l’aequitas come un “ criterio
interpretativo esterno ” al di fuori del sistema delle norme positive, tuttavia
3
Letizia Vacca, Metodo casistico e sistema prudenziale, Cedam, Padova, 2006 pg. 7
4
Paolo Pinna Parpaglia, Aequitas in libera Republica, Giuffrè, Milano, 1973, pg. 2
7
presupposte per taluni, affiancate ad esso per altri
5
. L’intera questione storica può
essere impostata a partire dalla qualificazione della iurisdictio come funzione di
prerogativa del pretore poiché, è proprio dal titolo in virtù del quale questi la
esercita, che si costituisce la pienezza di quel potere determinante una attività
creativa del diritto. Tale potere, di cui la più evidente manifestazione è
riscontrabile nella interpretazione e discrezionalità della tutela giuridica, è da
considerarsi come il residuo, la sopravvivenza storica di una posizione sovrana
certamente già propria del rex di cui si ritiene l’imperium fosse la massima
espressione all’interno della civitas repubblicana, derivante dunque, dalle
costituzioni ad essa antecedenti. Non può essere pertanto trascurata l’origine e
l’evoluzione dell’aequitas tentando un approccio volto a ricostruire quali basi
storiche e giuridiche abbiano determinato, in maniera certamente non univoca, la
sua formazione in particolare nell’ambito del ius honorarium.
Ed è sulla base di tali premesse, che si vogliono cercare di circoscrivere per
quanto possibile, le tematiche circa il significato giuridico del problema storico
suesposto, con quali congegni ed alla luce di quali principi il ius honorarium
attraverso l’opera del pretore romano, sia venuto sviluppando, nel corrispettivo
esercizio della iurisdictio del magistrato, una concezione di aequitas, come
direttiva dominante di giustizia nel caso concreto, mediante un potere normativo,
di creazione del diritto
6
.
5
Gianni Santucci ( a cura di ), Aequitas, giornate in memoria di Paolo Silli, atti del congresso di
Trento, 11-12 aprile 2002, Cedam, Padova, 2006, in nota introduttiva.
Si sottolinea altresì che, le numerose citazioni qui riportate in merito al presente congresso sono
state ottenute non solo dal relativo volume, che riproduce non integralmente i lavori svolti, bensì
anche dalla relativa videoregistrazione integrale degli stessi, presente ad oggi nel sito internet
dell’Università degli studi di Trento, facoltà di giurisprudenza, in
http://www.jus.unitn.it/dsg/convegni/silli/home.
6
Emilio Betti, Iurisdictio praetoris e potere normativo, in Labeo,14,1968, pg. 7-23 .
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Capitolo primo
LA NOZIONE DI AEQUITAS
“summum ius summa iniuria”
( Cic. De off. 1,10,33 )
Un punto di partenza nella ricerca circa la nozione di aequitas potrebe essere
fissato nell’indicare quella che sembrerebbe la prima testimonianza archeologica
riscontrabile in merito all’ esistenza del termine, contenuta su di una patera con
molta probabilità riconducibile alla prima età arcaica, ritrovata a Vulci, antica
città etrusca posizionata nell’odierno comune di Montalto di Castro ( Viterbo ) ed
attualmente conservata presso il British Museum di Londra.
Anche detta phiale, si tratterebbe di una coppa usata per versare liquidi durante i
sacrifici rituali generalmente a forma di scodella o tazza poco profonda con
un'ansa di piccole o medie dimensioni avente la funzione di manico; questa la si
usava per versare liquidi, in particolare vino o latte, sulla testa delle vittime o
sull'ara prima del sacrificio.
L’iscrizione tratta di una invocazione alla dea Aecetia o Aequitia . Sulla base di
tale reperto, potrebbe ritenersi non illogico che, fin da tempi relativamente remoti
esistesse una chiara consapevolezza nelle popolazioni di tali luoghi, di un