Capitolo I
Agostino d’ Ippona e le Confessiones: genesi ed analisi di una “storia di un’anima”.
§ 1.1  “[…] Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.”1. 
Agostino inizia a  scrivere  le Confessiones intorno al 400 d. C. circa, in un momento 
particolare del suo cammino terreno. Giunto ad un’età, circa cinquant’anni, in cui, spesso, ci 
si guarda indietro per fare un’ analisi del proprio vissuto, in cui certe domande si presentano 
sempre più assiduamente e trovare un senso alla vita passata diventa l’ esigenza fondamentale 
della vita stessa, sente il desiderio di fare una profonda introspezione, un’ autoanalisi,  alla 
ricerca delle basi dell’esistenza e della fede2. Agostino, uomo ricco di contraddizione interne, 
spirito ribelle, e con un “faustiano desiderio di conoscere tutto e provare”3, non ha ancora 
fatto  pace con se  stesso,  non ha ancora limato  gli  spigoli  del  suo carattere  incostante  ed 
irrequieto, e non ha ancora trovato quella saldezza spirituale che credeva ormai certa dopo il 
battesimo. Inoltre, si trova a doversi adattare ad una nuova esperienza, quella di vescovo e 
pastore di popoli, che lo porta ad impegnarsi spesso in questioni roventi, come quelle delle 
eresie. La ricerca di verità assolute per confutare tali  dottrine induce Agostino a profonde 
riflessioni sui dettami della religione cattolica, intaccando alcune tra le certezze della sua fede. 
Inoltre,  la tristezza dei tempi in cui l’ autore vive, contrassegnati da saccheggi ed invasioni e 
dal  disgregarsi  dell’Impero,  gli  dà  un  senso  di  disequilibrio  e  precarietà.  Per  tutti  questi 
motivi, decide di scrivere un’ autobiografia,  di ripercorrere passo per passo quella crisi che lo 
ha portato ad abbracciare la fede cristiana, quei percorsi tortuosi interiori che lo hanno piano 
piano indirizzato  alla “ricerca di un assoluto, che (diventa n. d. R.) ben presto (ricerca di n.  
d. R.) una Persona.”4. Agostino desidera costruire, assieme alla sua autobiografia, un’ opera 
che  solidifichi  anche  la  sua  fede,  che  faccia  chiarezza  su  quei  dubbi  lancinanti  che 
l’accompagnano, diversamente da quanto si possa pensare, per tutta la sua esistenza5. Questi 
conflitti  esistenziali  derivano  da  una  sorta  di  doppia  personalità/volontà   nell’anima  di 
Agostino: una, come si è visto, curiosa, amante delle gioie della vita, razionale, entusiasta e 
libera;  l’  altra  rigida,  autoritaria,  spirituale  e  colpevolizzante.  “[..]Lo spirito  lotta  con la  
carne, i desideri sono incompatibili, impulsi ostinati interrompono i piani più accuratamente  
deliberati, la vita è un lungo dramma di pentimenti e tentativi di riparazione”6. Per tutta la sua 
esistenza,  Agostino  cerca  di  far  prevalere  quest’ultimo  lato  del  suo  carattere7,  ma,  come 
magistralmente  si  svela  nella  lettura  delle  Confessiones 8,  “[…]  questa parte  ribelle,  che 
1
  Paolo, Lettera ai Romani, 7,19. Si veda nota 8.
2
 L’occasione concreta  che lo indirizza alla stesura del testo pare essere la richiesta di  un suo discepolo di 
narrargli le vicende di Alipio, il compagno di Agostino durante tutto il suo percorso spirituale. Si veda O’Meara, 
La jeunesse de Saint  Augustin: introduction aux Confession de Augustin ,  Fribourg (Suisse),  Paris,  Èditions 
Universitaires de Fribourg, 1988, pag. 4 e ss.
3
 Fontaine, Agostino di Tagaste, vescovo d’ Ippona, in La letteratura latina cristiana, Bologna, Il Mulino, 2000, 
pag. 101.
4
 Fontaine, op. cit. , pag. 101.
5
 Si vedrà come anche il Robinson maturo che scrive il suo racconto autobiografico sia un uomo che ancora non 
è  riuscito  ad  abbandonare  le  proprie  inclinazioni  per  dedicarsi  interamente  e  completamente  alla  religione 
protestante e come anch’egli  sia pieno di contraddizioni ed incongruenze. Quest’ultime hanno portato, come 
vedremo, una certa critica a giudicare apparente e utilitaristica la conversione di Robinson. Per approfondimenti 
si vedano le conclusioni di questa tesi.
6
 W. James,  The varieties of religious Experience, London, 1985, pag. 169 cit. da De Monticelli, in Agostino 
Aurelio, Confessioni, Milano, Garzanti, 1990, pag. IX.
7
 “[…] Non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.” è una famosa frase dell’ Epistola di Paolo ai  
Romani che illumina tutto il senso verso cui Agostino indirizza le proprie energie vitali. Si veda De Monticelli, 
Confessioni , Milano, Garzanti, 1990, pag. IX.
8
 “[…] ma volere con forza e integralmente, non coi rigiri e le impennate di una volontà mezzo acciaccata dalla  
lotta, una volontà che si rialza da una parte per crollare dall’altra.”, Agostino, op. cit. , Libro VIII, 8.19.  Per il 
testo in latino e la traduzione in italiano del testo di Agostino sono state utilizzate le edizioni a cura di  De 
6
riappare da ogni lato anche se viene umiliata,  soffocata,  (è n. d. R.)  ciò che scardina la  
costruzione dell’autoritratto agiografico che il santo avrebbe desiderato realizzare. […] Le  
Confessioni sono il  racconto di  questo Io diviso: di  questa lacerazione dolorosa che non 
riesce a ricomporsi e che lascia l’ uomo prostrato ed umiliato.”9. È importante, quindi, tener 
presente  lo  stato  d’  animo dell’Agostino  che  scrive  quest’opera,  i  desideri  e  le  divisioni 
interiori che l’ hanno generata, le contraddizioni, i conflitti, le incongruenze ed i contrasti che 
vi  sono alla  base.   Questa  “dialettica  dell’anima fra i  legami del  cuore e  i  giudizi  della  
ragione”10 rende  quest’opera  unica,  straordinariamente  semplice,  umana  e 
contemporaneamente sublime e divina, anche grazie al colloquio costante con la divinità11 ed 
all’uso  magistrale  della  lingua  latina,  che  Agostino  riesce  a  modellare   verso  questa 
introspezione;  opera  che  costituisce   l’  inizio  e  il  modello  del  genere  letterario 
dell’autobiografia, intesa in senso moderno12.    Agostino presenta, quindi, “il bilancio della  
sua vita passata […] (che n. d. R.) diventa un programma della sua vita futura”13. 
§ 1.2. “Ho promesso la storia della mia anima, e per scriverla […] è sufficiente […] 
che io penetri nel mio intimo.”14
La   storia  del  percorso  interiore  di  Agostino  si  articola  in  tredici  libri:  nei  primi, 
Agostino ripercorre cronologicamente le vicende che lo hanno portato alla conversione e al 
vescovato, negli ultimi fa un’ esegesi biblica, per dimostrare che l’ azione provvidenziale di 
Dio e l’ attività della Grazia non solo si  ritrovano nella storia di un semplice peccatore, ma in 
tutta la storia umana, a partire dalla creazione15. L’esperienza personale acquista, così, una 
dimensione cosmica16. 
Si parlava di cronaca di avvenimenti: occorre sottolineare che in questo testo la storicità 
e la fedele attinenza degli episodi alla realtà storica non sono verificabili. Questo libro non è 
un’autobiografia nel pieno senso del termine, né il racconto limpido degli avvenimenti di una 
vita, bensì la storia di un’ anima ed è raccontato come se l’ anima stessa, con i suoi ricordi, le 
sue emozioni, lo dettasse alla mano. È abbastanza inutile e superficiale cercare, quindi, un’ 
Monticelli, op. cit. e Confessioni, Milano, Fondazione Lorenzo Valla Arnoldo Mondadori Editore, 1992. Quest’ 
ultima è quella a cui l’autore di questa tesi ha fatto maggior riferimento; tuttavia, le citazioni sono tratte dall’ 
edizione a cura di De Monticelli , poiché l’autore vi aveva già lavorato in precedenti elaborati su Agostino.          
9
 Troncarelli,  Il ricordo della sofferenza: le Confessioni di Sant' Agostino e la psicoanalisi, Napoli, Edizioni 
Scientifiche Italiane, 1993, pag. 34.
10
 Fontaine, op. cit. , pag. 97.
11
 L’opera è costituita da un dialogo continuo dell’autore con Dio, il quale, paradossalmente, diventa il vero 
protagonista dell’autobiografia, che si propone, così, non come apologia di se stessi  e delle proprie azioni, come 
accade in Rosseau,  ma “come lode di un Altro”. Si veda  Pizzolato in  Il primo libro delle Confessiones di  
Agostino: ai primordi della “confessio”, in AA. VV., Le Confessioni di Agostino d’Ippona. Libri I-II , Palermo, 
Edizioni Augustinus, 1984, pag. 11.
12
 Si  veda Corsini  in,  Autobiografia e  storia della salvezza:  le Confessioni, in AA.VV.  Storia della civiltà 
letteraria latina e greca, Volume III: Dall’età degli Antonini alla fine del mondo antico, Torino, Utet, 1988, pag. 
699.  La  nascita  dell’autobiografia  moderna  si  deve  ad  Agostino  e  all’importanza  data  all’individuo  ed  al 
realismo  dalla  spiritualità  cristiana  nella  cultura  tardo-antica.  I  Greci,  infatti,  non  erano  molto  interessati 
all’evoluzione spirituale ed intellettuale dell’uomo, ma preferivano considerarlo  nel punto più pieno del suo 
sviluppo, nella sua ακμή. I Romani, seppur più interessati all’elemento individualistico e realistico nelle opere 
letterarie,  si esprimevano attraverso uno stile impersonale e protocollare, canonizzato nelle biografie ufficiali e 
nei commentari. Se si escludono alcune opere, come le lettere di Cicerone o il Τά έισ εαυτόν di Marco Aurelio, 
nella maggior parte delle opere latine si affacciano sporadicamente elementi autobiografici in senso moderno ed 
introspettivi.  Si  vedano  Auerbach,  Mimesis.  Il  realismo nella  letteratura occidentale.  Tomo Primo,  Torino, 
Einaudi, 1956 e Garbarino, Letteratura latina: Excursus sui generi letterari, Torino, Paravia, 1992.
13
 Mohrmann in Agostino, Confessioni, Milano, Bur, 1989, pag. 18.
14
 Rosseau,  Confessioni, Parte Seconda,  , Milano, Bur, 2000, pag. 312.
15
 Sono molte le critiche le polemiche riguardo agli ultimi libri del testo agostiniano, in particolare quelle di 
Courcelle in  Recherches sur les Confessions de Saint Augustin, Paris, Éditions E. De Boccard, 1968. Per un 
resoconto di tutte queste teorie, si veda Mohrmann in op. cit. .
16
 Si veda Chadwick, Agostino, Torino, Einaudi, 1989, pag. 68.
7
attinenza  precisa  dei  fatti  raccontati  a  ciò  che  accadde  veramente:  sappiamo,  infatti,  per 
esperienza personale, che la memoria e la sensibilità dell’animo umano trasforma i ricordi, 
dilata gli spazi temporali,  accentua i caratteri straordinari degli avvenimenti,  alcuni trattati 
sommariamente,  altri,  seppur  storicamente  meno  importanti,  approfonditi  con  una  ricca 
descrizione.17 Si  tratta,  quindi,  di  “une  interprétation  de  la  réalité  historique”18.  Le 
Confessiones,  tuttavia,  sono un vero documento storico,  in cui Agostino confessa i  propri 
peccati, loda Dio e ricerca, ripercorrendo la propria vita, i segni invisibili della Grazia, fin 
dagli albori della sua esistenza, dove i fatti sono raccontati secondo dei procedimenti interiori 
di autoanalisi, di meditazione, che forniscono un ulteriore motivo di lode a Dio e dei mezzi 
con cui fa agire la sua volontà sugli uomini19. L’ originalità dell’opera agostiniana consiste 
non solo “[…] nell’inedita capacità d’ introspezione psicologica che l’ ha portato a rivelare  
plaghe inesplorate dell’animo umano ma anche nella raffinata perizia con cui egli ha saputo 
mescolare generi letterari diversi, come il racconto, l’ esegesi, la meditazione filosofica per 
dar vita a un genere letterario assolutamente nuovo.”20.
§ 1.2.1 “[…] ed inquieto è il nostro cuore fin quando  non trovi pace in te.”21
Nel primo libro delle  Confessiones, Agostino parla della propria infanzia, non prima, 
però,  di  aver  introdotto  quello  che è l’argomento  principale  dell’opera:  la  lode  a  Dio.  L’ 
opera, infatti, si apre con il più famoso salmo di ringraziamento, il  Salmo 144, “Grande è il  
Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare.”22, a proposito del quale, 
Agostino  dice:  “Non pensate  di  stancarvi  di  questa lode.  La lode diverrà il  vostro cibo.  
Lodando acquisterete  nuove  forze  e  colui che  voi  lodate  diverrà  più  dolce”  23.  Agostino 
sceglie il migliore tra i passi biblici che possa spiegare la sua opera, in cui la confessione dei 
peccati e di lode  24 si mescolano in un unicum straordinario per lingua  25 e forma. Occorre 
lodare Dio, quindi, sempre e comunque: da Dio viene la forza per confessare le proprie colpe, 
da Dio viene la forza per guardarsi indietro e avanti; la stessa capacità di scrivere è un dono di 
Dio. Dio è ovunque e riempie tutto con la sua Grazia26: “Perché da te vengono tutti i beni,  
Dio, dal mio Dio mi viene tutta intera la salute.”27. Proseguendo con la lode di Dio e di tutti i 
suoi doni, fra cui, quello più incredibile è quello della vita stessa ed i suoi misteri per cui si 
nasce e cresce, Agostino inizia a raccontare la propria, fin dai suoi albori28. Egli nasce, cresce, 
prende il latte, sorride, piange, cerca il modo di comunicare i propri desideri: non ricorda tutto 
17
 La polemica sulla veridicità dei fatti narrati e la loro attinenza alla storia reale è una costante nei commenti alle 
autobiografie:   anche Jean Jacques Rosseau e  Le Confessioni furono ampiamente discusse riguardo a questo 
motivo, osservando che molti episodi  della sua vita erano stati trasformati e stravolti dalla fantasia e dal ricordo 
dell’  autore.   Si  veda  a  proposito  Courcelle,  op.  cit.  ,  per  quanto  riguarda  Agostino  e  Lejeunne, Il  patto  
autobiografico, Bologna, Il Mulino, 1986 per quanto riguarda Rosseau.
18
  Courcelle, op. cit. , pag. 29.
19
 Per questa parte si confronti Mohrmann in op. cit. 
20
 Si veda Corsini in  ,  Autobiografia e storia della salvezza: le Confessioni, in AA.VV.  Storia della civiltà  
letteraria latina e greca, Volume III: Dall’età degli Antonini alla fine del mondo antico, Torino, Utet, 1988, pag. 
700.
21
 t. d. R. Si veda nota 38.
22
 Salmo 144, 3.
23
 Citazione  da De Monticelli, op. cit. , pag. 595. 
24
 Il termine  confessio acquista in quest’opera tre significati: il primo è  confessio laudis, confessione di lode; 
confessio peccati, confessione dei peccati e confessio fidei, confessione di fede. Questa triplice confessione, che 
attinge  materiale dall’ indagine psicologica ed esistenziale della propria vita, è l’essenza stessa dell’opera di 
Agostino. Si veda in proposito Mohrmann, op. cit. pag. 18.
25
 Per uno studio della lingua di Agostino, in particolare per la trama di citazioni bibliche di cui è intessuto, si 
vedano Mohrmann,  Considerazioni sulle Confessioni di Sant’Agostino”, in  Études sur le latin des Chrétiens.  
Tome II: Latin Chrétien et Médieéval,  Roma, Edizioni di Storia e Letteratura,  1961, pp. 277/323 e Knauer, 
Psalmenizitate Augustins Konfessionem, Göttingern, 1955.
26
 “Pure ciascuna cosa che riempi, la riempi di tutto te stesso”, Agostino, op. cit. , Libro I, 3.3.
27
 Agostino, op. cit. , Libro I, 4.4.
8
questo, ma suppone sia così, come gli hanno raccontato e come ha visto fare di persona ai 
bambini  piccoli.  Anche  se  non  ricorda,  non  può  lasciare,  infatti,  fuori  i  primordia: 
significherebbe asserire che c’è un tempo della vita dell’uomo lontano dalla misericordia di 
Dio.  Nessun tempo della vita può essere tralasciato, perché anche i fatti che a noi sembrano 
insignificanti29 fanno parte del progetto di Dio. 
Uno dei momenti che più ha importanza nella vita di un futuro uomo è quello trascorso 
a scuola, ma, per il piccolo Agostino, l’ apprendimento della cultura e della disciplina passa 
attraverso le punizioni corporali dei maestri e dei genitori30. Fin dall’inizio, però, egli mostra 
il suo carattere ribelle e la tendenza a fare il contrario di ciò che gli viene imposto31. 
Una terribile occlusione di stomaco affligge Agostino in quegli anni: quando questa lo 
porta quasi in fin di vita, si decide in famiglia che gli sia imposto il battesimo cristiano, per 
non farlo morire nel peccato. Nella famiglia è la madre Monica  quella credente; è lei che, fin 
dai  primi  giorni  di  vita  di  Agostino,  desidera  che  diventi  cristiano  e  prega  assiduamente 
perché ciò accada. Il padre, Patrizio, un uomo aperto, estroverso, di buona compagnia,  civis  
romanus, non crede e la forte personalità della moglie non riuscirà mai, come invece accadrà 
nel figlio, a farlo avvicinare alla religione cristiana. Il battesimo, comunque, viene differito. 
Agostino guarisce; cresce e si appassiona alle materie  letterarie, in particolare a Virgilio e al 
teatro,  dal  quale  rimarrà  sempre  affascinato32,  detesta  la  grammatica,  in  particolare  quella 
greca,   si  fa  spazio  in  quell’  mbiente  di  futuri  retori,  di  invidie  e  vanità,  e  vi  si  trova 
perfettamente a suo agio.
In questo primo libro si possono già riscontrare alcuni tra i temi principali e portanti del 
testo  agostiniano.  In  primis,  fin  dalle  prime  battute,  Agostino  indirizza  il  discorso 
sull’inquietudo33, uno dei principali e più originali aspetti di tutta l’ opera. L’uomo è sempre 
morso da questa ansia34 durante la sua esistenza, sente come un pungolo a cercare, indagare, 
scoprire;  percepisce una qualche forza misteriosa che lo spinge ad allontanarsi dalle proprie 
terre35 in cerca di qualcosa, qualcosa che, tuttavia, non si riesce mai a trovare, restando con 
questo profondo senso di disagio esistenziale36. L’ irrequietezza è una delle caratteristiche del 
carattere di Agostino: il non riuscire a placarsi, ad accontentarsi di niente è uno dei motivi che 
lo porta spesso ad entrare in crisi con se stesso. Facendo suo uno dei temi principali della 
dottrina  di  Plotino37,  da  cui  Agostino  è  molto  influenzato,  giunge  alla  conclusione  che l’ 
anima sia senza pace perché lontana dalla propria casa, che altro non è che il regno dei cieli e 
che essa non trovi pace finché non vi ritorni:
28
  La trattazione dell’infanzia non era sconosciuta alle biografie del passato: tuttavia, in Agostino assume un 
senso nuovo, a dimostrazione del sostegno totale e globale che Dio offre alla vita dell’uomo nel suo insieme.
29
 Agostino muove, come detto, dal tentativo di leggere tutta l’esistenza, età dopo età, fatto dopo fatto,  per 
riscontrarvi l’intervento divino e la possibilità, nonostante i peccati - che non mancano neanche  in quell’età 
definita  “dell’innocenza”, in cui, invece, Agostino rintraccia il male - di un riscatto dall’oblio del peccato.
30
 Agostino vela, nel racconto delle punizioni corporali a cui venivano sottoposti gli alunni, una sottile polemica 
pedagogica: pur ammettendo l’esistenza del peccato nella disobbedienza ed affermando il valore della disciplina, 
vuol forse dimostrare che le punizioni corporali traumatizzano i fanciulli e fanno ottenere un risultato opposto a 
quello ottenibile con la dolcezza.
31
 “[…] Peccavo perché facevo il contrario di quello che i genitori e i maestri mi imponevano.”, Agostino, op. 
cit. , Libro I, 10.16
32
 Agostino rinnegherà la sua passione, condannando il teatro come primo fra i colpevoli della corruzione dei 
costumi ed istigatore al peccato. Nell’apologia cristiana la condanna agli spettacoli artistici è tipica, in quanto si 
riteneva, a causa della sua origine sacrale pagana, che fosse un’ istituzione demoniaca. Si veda De Monticelli, 
op. cit. , pag. 607.
33
 Per un’ analisi dell’ inquietudo, si veda il paragrafo 3.3.1.
34
 L’inquietudine dell’uomo era già stata analizzata nell’età classica: si veda il De rerum natura di Lucrezio, in 
cui si parla di tedium.
35
 Su questo tema, si veda anche il paragrafo 3.3.1.
36
 La pace si troverà solo quando ci si riunirà a Dio nel giorno del sabato eterno. Si veda pag. 64 e ss.
37
 Nelle Enneadi di Plotino si parla di una lontananza dell’anima dalla sua Origine, per diminuire la quale non 
servono né navi né cavalli. 
9
 “[…] perché te ci hai fatto ed il nostro cuore è inquieto finché  in te non trovi pace.” 38
“[…] quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te ” 39.
La sua innata inquietudine è uno degli aspetti più drammatici dell’uomo: la ricerca della 
felicità è assidua e costante, ma perennemente frustrata, in quanto ci si rivolge sempre dove 
essa  non può trovarsi,  cioè  in  terra.  La  disperazione  dell’uomo aumenta  non solo  per  la 
consapevolezza delle proprie delusioni “ma anche del fatto di esserne l’ unica vera causa”.40
Il primo contatto con gli altri e con il mondo circostante si ha a scuola, ed è proprio lì 
che il piccolo Agostino inizia a rendersi conto dell’ambiente in cui vive ed è chiamato ad 
operare. Tra gli alunni c’è invidia e vanità, cattiveria e presunzione, ma è proprio così che i 
maestri insegnano loro ad essere, per essere degni cittadini di un mondo spietato:
“[…]  quando ancora bambino mi proponevano come ideale di  vita l’obbedienza a 
quelli che volevano fare di me un uomo di successo e un vincitore nelle arti della chiacchiera,  
che servono a procacciare prestigio e false ricchezze.”
“ […] quandoquidem recte mihi vivere id proponebatur, obtemperare monentibus, ut in  
hoc speculo florentem et excellerem linguosis artibus ad honorem hominum et falsa divitias  
famulantibus.”41.
Il  successo muove il  mondo, ed è il  traguardo più importante;  per questo i  bambini 
vengono mandati in rigide scuole, in cui neanche le prime amicizie sono prive di invidie e 
falsità;  per  questo i  genitori   non esitano  anche  ad indebitarsi  per mandare  il  figli  nelle 
migliori scuole di retorica42: 
“Loro infatti  non vedevano altro fine agli  studi cui  mi costringevano che quello  di  
saziare un insaziabile desiderio di miserabili ricchezze e d’ ingloriosa fama.”
“Illi enim non intuebantur, quo referrem quod me discere cogebant praeterquam ad 
satiandas instatiabililes cupiditates copiosae inopiae et ignominiosae gloriae.”43;
 “Sì, l’amicizia di questo mondo è un modo di prostituirsi via da te, e <<bravo! bravo!
>> lo si dice perché l’uomo si vergogni se non lo fa.”
“Amicitia enim mundi huius fornicatio est abs te et <<Eùge, euge>> dicitur, ut pudeat,  
si non ita homo sit.”44 ;
“E io bambino me ne stavo infelice sulla soglia di quella vita, ed era degna palestra di 
quel genere di competizioni la scuola, dove più ansiosamente mi guardavo dai barbarismi 
che dall’invidia di quelli che non ne commettevano, se capitava a me. E per questo, Dio mio,  
lo  dico e  lo  confesso a te,  ero apprezzato  da quelle  persone la  cui  approvazione  allora  
costituiva tutto l’onore della mia vita. Non la vedevo la voragine di bruttura in cui mi ero  
sprofondato lontano da tuoi occhi.”
“Horum ego puer morum in limine iacebam miser, et huius harenae palestra erat illa,  
ubi magis timebam barbarismum facere quam cavebam, si facerem, non facentibus invidere.  
Dico haec et confiteor45 tibi, Deus meus, in quibus laudabar ab eis, quibus placere tunc mihi 
erat honeste vivere. Non enim videbam voraginem turpitudinis, in quam proiectus eram ab 
oculis tuis. ”46.
38
 Per il testo in latino e la traduzione in italiano di Agostino sono state utilizzate le edizioni a cura di  De 
Monticelli,  Milano,  Garzanti,  1990  e  Confessioni Milano,  Fondazione  Lorenzo  Valla  Arnoldo  Mondadori 
Editore, 1992. Si veda nota 8. 
39
 Agostino, op. cit. , Libro I,1.
40
 Chadwick, op. cit. , pag. 66.
41
 Agostino, op. cit. , Libro I, 9.14.
42
  Si confronti Agostino, op. cit. , Libro II,3.5.
43
 Agostino, op. cit. , Libro I,12.19.
44
 Agostino, op. cit. , Libro I, 13.21.
45
 Tipico esempio di “confessione” agostiniana, per la quale si veda la nota 24.
46
 Agostino, op. cit. , Libro I, 19.30.
10
L’inserimento in questo ambiente e, il differimento del battesimo, conducono il piccolo 
Agostino già molto lontano dalla strada di  Dio. 
Agostino,  come vedremo47,  interpreta  la vita  terrena come un ritorno verso la patria 
celeste; l’ esistenza, quindi, è come un viaggio e l’ uomo è un novello Ulisse in rotta verso 
casa. “Tutte le Confessioni”, infatti, “possono leggersi come una variazione su questo tema 
del viaggiatore in cammino[…].”48 Il cammino dell’uomo è, però, impervio e ricco di pericoli, 
tentazioni, insidie. Il mare49, in primis, è il luogo per eccellenza dove mostri marini e potenze 
infernali si adoperano per impedire il ritorno al pellegrino navigatore. I naufragi e la potenza 
delle onde sono difficili  da combattere  e non raramente i  naviganti  soccombono prima di 
rivedere la propria patria:
“Ma  quante  onde  di  tentazioni,  altissime,  si  profilavano  già  minacciose,  oltre  
l’infanzia!”
“Sed quot et quanti fluctus imprendere temptationum post pueritiam videbantur[…].”50.
I  peccatori  che  affogano  nel  mare  magnum51,  simbolo,  anche,  dell’inconsistenza  e 
dell’incontinenza  della  volontà  umana,  possono salvarsi  solo  se  si  affidano  al  lignum,  la 
barca-Chiesa, che ha all’albero maestro la croce, per ricordo ed ammonimento del sacrificio 
di Gesù Cristo per l’umanità peccatrice:
“Ma guai a te, fiumana del vivere umano! Chi ti resisterà52? Quando sarai a secco,  
finalmente? Fino a quando trascinerai i figli di Eva nel gran mare irto di angosce, che a  
malapena riesce a traversare chi s’è imbarcato sul legno?”
“Sed  vae  tibi,  lumen  moris  umani!  Quis  resistet  tibi53?  Quamdiu  non  siccaberis? 
Quosque volves Evae filios in mare magnum et formidulosum, quod vix traseunt qui lignum 
conscenderit?”54.
Siamo  lontani,  quindi,  nel  tempo  e  nello  spazio  dalla  nostra  casa,  da  cui  ci  siamo 
allontanati peccando (peccato originale) e rinunciando a ciò che Dio, nostro Padre, ci aveva 
offerto  (paradiso  terrestre);  siamo  lontani,  sì,  e  per  tutta  la  vita  ci  affanniamo  in  questo 
viaggio di ritorno, pericoloso ed incerto. Siamo lontani, ma abbiamo la possibilità stessa di far 
ritorno ed essere di nuovo accolti  nel regno di Dio, così come il Figliol  Prodigo viene di 
nuovo accolto nella casa del padre55:
 “Non aveva bisogno di cavalli e di carri o di navi, […] quel tuo figlio minore, quello  
prodigo, per andare a vivere in un paese lontano, dove dissipare quello che alla partenza tu  
gli avevi dato.”
“Non enim […] abs te aut reditur ad te, aut vero flius ille tuus minor equos vel currus56 
vel naves quaesivit […], ut in longinqua regione vivens prodige dissiparet  quod dederas  
profiscienti[…]”57.
47
 Si veda paragrafo 1. 2. 10.
48
 De Monticelli, op. cit. , pag. 602. Per la vita vista come un pellegrinaggio verso l’aldilà si veda Knauer, op. cit. 
49
 Per la metafora del mare e della vita come viaggio si rimanda al Capitolo IV.
50
 Agostino, op. cit. , Libro I, 11.18.
51
 Agostino, op. cit. , Libro I, 16.25.
52
  I caratteri speciali che si riscontreranno nelle seguenti citazioni fanno parte del testo di riferimento, per il 
quale si veda nota 38.
53
 Si veda nota precedente.
54
 Agostino, op. cit. , Libro I, 16.25. 
55
 Per la spiegazione della parabola del Figliol Prodigo, per la quale si veda Luca 15, 11-32, si veda il Capitolo 
IV.
56
  Qui è palese l’influsso della dottrina plotiniana del ritorno all’Origine, anche nell’uso degli stessi termini. si 
confronti la nota 37.
57
 Agostino, op. cit. , Libro I, 18.28.
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Un episodio importante di questo libro è anche quello della malattia58 di Agostino. Un 
occlusione di stomaco lo porta vicino alla morte: di fronte alla paura, l’autore cerca in Dio 
una  speranza  per  il  futuro,  sia  di  vita  o  di  morte,  e  la  cerca  attraverso  la  richiesta  del 
battesimo:
“Tu lo vedesti, Signore, quando ero ancora un bambino e un giorno improvvisamente 
un’ occlusione di stomaco mi fece venire una febbre altissima e quasi  stavo per morire,  
vedesti, Dio mio, tu che fin d’allora m’ eri custode, con che emozione e con che fede chiesi il  
battesimo del tuo Cristo, del mio Dio e Signore, alla devozione di mia madre e della madre di  
noi tutti, la tua Chiesa.”
“Vidisti,  Domine,  cum  adhuc  puer  essem  et  quodam  die  pressu  stomachi  repente  
aestuarem paene moriturus, vidisti, Deus meus, quoniam  custos meus iam eras, quo motu  
animi et qua fide baptismum Christi tuum Dei et Domini mei, flagitavi a pietate matris meae 
et matris omnium nostrum, Ecclesiae tuae.”59.
Ma, al momento in cui guarisce,  si dimentica dei buoni propositi  e lascia perdere il 
battesimo, quasi come necessitasse di insozzare ancora di più la propria coscienza, di toccare 
il fondo, prima di purificare la propria anima:
 “E così la mia purificazione fu differita, quasi fosse stato inevitabile che mi insozzassi  
ancora continuando a vivere: perché certamente ritrovarsi nel fango di ogni colpa dopo quel  
lavacro avrebbe comportato uno stato d’accusa più grave e più pericoloso.”
“Dilata est itaque mundatio mea, quasi necesse esset, ut adhuc sordidarer, si viverem,  
quia  vidilicet  post  lavacrum  illud  maior  et  periculosior  in  sordibus  delictorum  reatus 
foret.”60.
§ 1.2.2.  “[…]È cosa buona per  l’uomo non toccare donna […]Sei  libero  da una 
donna? non andare a cercarla. […] Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io  
vorrei risparmiarvele.”61
Il  secondo  libro  inizia  col  racconto  dell’adolescenza  di  Agostino,  contrassegnata 
dall’amore  e  dall’erotismo.  L’autore  parla  dei  suoi  turbamenti  e  desideri  sessuali  e 
dell’impossibilità,  che  lo  tormenterà  per  tutta  la  vita,  di  non riuscire  a  resistere  a  questi 
impulsi. Mentre si attende che il padre trovi i soldi per mandarlo in una delle migliori scuole 
di retorica dell’Africa, Agostino scorrazza da un amore ad un altro e frequenta un gruppo di 
ragazzacci,  irrequieti  e scalmanati  come lui. Con loro, il nostro protagonista vagabonda in 
giro, combinando le peggiori birbanterie, tra le quali, quella del furto di alcune pere, per il 
quale Agostino si sentirà per tutta la vita in colpa.  Il desiderio di  libertà,  l’  incapacità  di 
resistere al proibito, la voglia di lasciarsi sedurre e di far parte di una compagnia di “bulli” e 
la paura di non essere alla “altezza” di tale nome, porta Agostino a lasciarsi andare al peccato, 
senza freni. I genitori di Agostino, vedendo i quei gesti solo  malefatte dovute all’età e, in 
attesa che egli parta per Cartagine, lo lasciano tranquillamente condurre questo stile di vita, 
seppur con qualche preoccupazione da parte della madre, desiderosa sempre più che il figlio 
si avvicini a Dio.
Il  tema centrale  di  questo secondo libro è  l’  amore,  amore  da cui  Agostino rimane 
indelebilmente affascinato  e da cui sarà tenuto legato da forti catene per tutta la vita:
“Niente mi deliziava quanto amare ed essere amato. Ma non ne mantenevo la misura,  
da anima ad anima, il luminoso limite dell’amicizia. Come una nebbia saliva dal limo del  
desiderio sensuale e dagli umori della pubertà e mi oscurava, mi offuscava il cuore, fino a 
58
  Sulla malattia ed il suo valore torneremo al Capitolo III, paragrafo 3.3.4.
59
 Agostino, op. cit. , Libro I, 11.17.
60
 Agostino, op. cit. , Libro I, 11.17.
61
 Paolo, Prima Lettera ai Corinzi, 7.1 e ss.
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