3 
facendo riferimento alla classificazione di eroismo di Thomas Carlyle
2
, assume i 
significati di uomo semplice, indovino, poeta, scienziato, stregone, zar, seguace di dio. 
Chiunque, indipendentemente dall’età, dall’estrazione sociale, dal carattere, dal sesso, 
può attivamente contribuire all’edificazione della nuova era nella quale le idee 
prendono forma e diventano oggetti, eventi concreti. Se poi il portavoce ha un 
bagaglio culturale di stampo scientifico che gli permette di destreggiarsi e sentirsi a 
proprio agio nei meandri della tecnologia avanzata, tanto meglio. Per non parlare poi 
del fatto che possa avere in sé capacità di sentire proprie di un poeta. In tal modo non 
si ha più bisogno di credere in un’entità guida qualsiasi sia la sua natura, spirituale o 
terrena, perché l’uomo sa di non avere niente da invidiare neanche a dio. Basti pensare 
a questo proposito al battibecco tra Chiesa cattolica e Stato sovietico nel momento in 
cui il primo uomo nella storia non solo russa, ma anche mondiale è stato lanciato nello 
spazio. Lo speaker della Radio Vaticana annunciava che “l’evoluzione della tecnica, 
realizzata per mano dell’uomo, cela in sé un enorme pericolo: l’uomo può pensare di 
essere il creatore e che tutto ciò che è fatto con le sue mani sia frutto del suo intelletto 
e operato. L’uomo è semplicemente lo scopritore di ciò che Signore Dio gli ordina. Il 
progresso tecnologico deve far inginocchiare l’uomo e far credere in Dio con più fede” 
(Golosovskij 1961: 23). 
In terra russa, la risposta a tale annuncio viene pubblicata sulla «Izvestija», in 
termini a dir poco perentori, dalla concisione lapidaria. Si dice infatti: “Muori Papa – è 
meglio non parlare!”(ibidem). 
Il popolo, la scienza, la tecnica sovietici hanno aperto a un proprio figlio, che 
risponde al nome di Jurij Gagarin, le porte del cosmo, che per nulla al mondo verranno 
chiuse da minacce religiose. L’immagine di un superman bionico non si addice affatto 
alla personalità di quello che poi non è altro che un uomo sovietico uguale a milioni di 
suoi simili. Un bravo ragazzo, un figlio esemplare, un marito fedele, un padre tenero, 
evoluto, colto. Alla signora Gagarina è stato chiesto ripetutamente cosa abbia fatto di 
                                                 
2
 Storico e saggista scozzese del XIX secolo che, con matrice idealistica e conservatrice, 
concepì la storia come un’opera di grandi personalità eroiche. 
  
 4 
tanto speciale per far sì che suo figlio diventasse il primo cosmonauta dello spazio. La 
madre non perde occasione di sottolineare che ha trasmesso alla propria prole come si 
debba lavorare sodo affinché ogni cosa venga fatta al massimo, considerando anche il 
fatto che la famiglia ha origini squisitamente kolchoziane, contadine. È interessante la 
rapidità con la quale, invece, alcuni emigrati russi negli Stati Uniti, subito dopo la 
notizia del successo del volo spaziale, abbiano diffuso la voce che il cognome Gagarin 
fosse di stampo nobiliare legato alla dinastia di Nicola II. Leggenda che è stata subito 
smentita perché in disarmonia con l’ideologia politica Chruščëviana, secondo la quale 
si doveva considerare Jurij Gagarin un fenomeno del tutto sovietico. Il suo trionfo è un 
traguardo dell’Urss e del sistema socialista e nello stesso tempo è la manifestazione di 
tutte le qualità migliori della personalità dell’uomo come il coraggio, l’audacia e la 
modestia. Egli è l’eroe del nostro tempo che i sovietici aspettavano. I vecchietti si 
erano convinti di dedicare gli ultimi anni delle loro esistenze alla sperimentazione, per 
la “gioventù bruciata” il volo rappresentava uno sguardo ottimistico verso il futuro, 
arrivavano lettere di candidatura al training cosmico da sportivi, alpinisti, scienziati, 
insegnanti, operai, studenti e persino casalinghe che avevano trascorso ai fornelli la 
maggior parte del loro tempo. La parola d’ordine era la semplicità. Sebbene, infatti, 
Gagarin fosse stato soprannominato “il Colombo del XX sec.” o “l’Icaro russo”, non 
lo si riconosceva affatto nella figura del bogatyr’ delle byline. L’impresa che lo 
avrebbe reso famoso sembrava piuttosto essere stata un’escursione sulla Volga in un 
giorno di festa oppure una salita in ascensore ai piani alti di un palazzo. Quando a 
Parigi, in uno dei suoi viaggi celebrativi, venne riconosciuto per strada da una signora 
a passeggio col proprio figlioletto e dopo che, rispettivamente, il piccolo lo baciò, e la 
madre scoppiò in pianto folgorata come dalla visione di un santo, si comportò e reagì 
come se nulla fosse, rivolgendosi ai due con la preghiera di essere trattato come un 
comune mortale. Essendo la signora occidentale e per di più cattolica (al di fuori del 
contesto socio-politico, culturale sovietico), ebbe l’ardire di ribattere: «Cristo, mio 
figlio ha baciato l’uomo più santo del mondo. L’uomo che guarda la terra dal cielo, 
guarda con occhi da uccello, l’uomo che la osserva dal cosmo, la osserva con occhi di 
Dio. Mio figlio ha baciato Dio» (Zaljubovskaja 1984: 162). E pensare che il candidato 
 5 
cosmonauta Gagarin il primo posto se lo è aggiudicato grazie a un mal di testa. Infatti 
Korolëv
3
, prima di prendere la decisione definitiva su chi volesse spedire nel cosmo, 
pose agli ultimi tre cosmonauti rimasti in gara l’imbarazzante domanda: «Come vi 
sentite?». I primi due risposero che si sentivano in ottima forma, Gagarin invece 
ammise di soffrire di una forte emicrania, che non gli avrebbe comunque impedito di 
prendere il volo. A tali parole Korolëv reagisce animatamente dicendo loro: «So che 
siete tutti degli eroi, ma a me ora non interessa il vostro eroismo, voglio sapere da chi 
posso ricevere le più esatte informazioni» (Obuchova 1974: 46). Questo tipo di 
schietta sincerità, che tutti pensavano essere destinata a sparire dopo il meritato 
successo dell’atterraggio, non lo abbandonerà mai. 
 Il giornalista che per primo ha avuto la fortuna di intervistarlo definisce il loro 
incontro una conoscenza alla buona, avendo avuto l’impressione di un ragazzo 
ordinario, giovane, che nonostante indossasse l’uniforme aveva l’apparenza di un 
ufficiale che avrebbe presieduto l’ingresso dell’eroe. Accortosi dello stato d’animo 
alquanto confuso dell’intervistatore Jurij Gagarin sfodera quello che diventerà il 
sorriso più famoso del mondo dopo essere stato stampato su tutte le  riviste. Korolëv 
ha persino paragonato il suo sorriso a quello della Gioconda, solo che Monna Lisa 
sorride dalle tenebre dell’anima femminile, misteriosamente, mentre lui di un sorriso 
aperto, tenero, allegro, da cui traspare l’anima russa come se la pace sia stata 
raggiunta. Per capire quanto a Korolёv stia a cuore questo argomento basti pensare 
che, quando un regista gli si è presentato innanzi comunicando l’intenzione di girare 
un film su Gagarin, lo ha aggredito verbalmente mettendolo in guardia del pericolo di 
trovare un attore il cui sorriso non coincida con quello dell’astronauta. Qualora non si 
fosse seguito il suo consiglio, di fare cioè un film documentario in cui lo Jurij Gagarin 
autentico reciti se stesso, nessuno tra i suoi colleghi si sarebbe offerto di collaborare al 
montaggio. Per soddisfare la curiosità di coloro che volessero sapere l’esito di tale film 
dirò che si riuscì a trovare in tutta l’Unione sovietica soltanto uno scolaro moscovita 
                                                 
3
 Scienziato e costruttore generale nel campo dell’aeronautica e dell’astronautica. La sua 
preziosa consulenza fece sì che il Vostok fosse costruito a regola d’arte. 
 
 6 
con gli stessi occhi, le stesse labbra e, naturalmente lo stesso sorriso di Jurij che 
permise le riprese di un lungometraggio sulla sua infanzia.  Non ci si deve stupire che, 
quando il suo sorriso si è spento, tutti abbiano pianto, sia ricchi che poveri, credenti e 
non, bianchi e neri. Proprio perché il pensiero generale di quei tempi felici all’insegna 
delle concessioni Cruščëviane, era: in fondo si può piangere, però è meglio non farlo!.  
Il fenomeno che ruota attorno al discorso gagariniano deve essere considerato, 
inoltre, alla luce della nuova interpretazione delle due categorie estetiche di byt e di 
bytië. Se per byt si intende tutto ciò che riguarda la quotidianità, nei suoi aspetti 
materiali, tangibili, concreti, il bytië è la spiritualità russa, la духовность 
(duchovnost’). Il bytië ha la capacità di sollevare l’anima dal peso del corpo qualora il 
corpo sia visto come qualcosa di negativo, anche se il bytië non può sempre vantare di 
avere un aspetto positivo; l’idelogia sovietico-staliniana, per esempio, rappresentava 
un tipo di bytië che elevava tutto, qualsiasi oggetto, per portarlo a simbolo di 
perfezione socialista. Con la destalinizzazione si ha un’inversione di rotta che porta al 
recupero del byt, al godimento della vita per un piacere tangibile, non dimenticando, 
però, che l’estetica del dare valore alle cose da poco proclamava in realtà che non 
esistevano cose da poco, poiché ogni cosa aveva il valore per cui era stata creata. In 
questa ventata di cambiamento rientrano anche i valori concettuali di низкое (nizkoe) 
e высокое (vysokoe). Tutto il materiale culturale che era proprio di una visione del 
mondo dal punto di vista del nizkoe, cioè tutte le idee, i concetti, le visioni, i 
comportamenti volgari, rozzi che in epoca prestaliniana e soprattutto staliniana non 
erano nemmeno considerati “letteratura”, ora hanno libero accesso nell’ambito del 
vysokoe. Se prendiamo in considerazione l’aspetto comportamentale della грубость 
(grubost’), esso denota un tipo di approccio brusco, non affettato, senza concessioni 
alle convenzioni della “buona educazione
4
”, spoglio da sovrastrutture e finzioni 
                                                 
4
 Nel contesto del Realismo socialista, la kul’turnost’ (attributo dell’essere acculturato) si 
contrapponeva all’essere non-acculturato, non civilizzato, come poteva esserlo un contadino. La 
degenerazione di questo concetto risale al periodo del sistema di valori staliniano, dove la 
kul’turnost’ (versione derivata di kul’tura), diventa il meglio che la meščanstvo (volgarità) 
staliniana poteva fare, per riprodurre la “cultura alta”, un tempo, prerogativa dell’intelligencija 
russa. (Cfr. Sheila Cornell, The Cultural Front. Power and Culture in Revolutionary Russia, Ithaca 
and London, University Press, 1992, pp. 216-237).    
 7 
(лакировка), sinonimo di semplificazione cosciente e intenzionale di ogni cosa. 
All’interno della grubost’ si combatte l’intellettualismo e l’intellettuale di mestiere 
(professione tipica dello stalinismo), la cultura libresca e i discorsi solenni. Si 
apprezzava tutto ciò che era ricezione spontanea, immediata e sincerità diretta, fresca, 
anche rozza. Non ci si deve stupire quindi del fatto che Jurij Gagarin si esprimesse con 
un linguaggio in cui erano frequenti espressioni contadine, preferendo una perifrasi 
coordinativa a quella più complessa di stampo subordinativo, e che in lui si potessero 
incontrare tre componenti: “il preparato del kvas, la classe lavorativa e l’elemento del 
soldato” (Apresjan 1961: 16). Spostando le fila del discorso nella sfera dell’ufficialità, 
non ci deve turbare il fatto di leggere sui giornali dialoghi tra Chruščëv e Jurij Gagarin 
che danno l’immagine di due buoni amici che si incontrano in una stolovaja (mensa), 
davanti a una bottiglia di vodka a scambiarsi affettuose pacche sulla spalla, dopo un 
viaggio neanche troppo lungo di uno dei due. Riporto a tale proposito le parti chiave di 
un breve telegramma spedito dal presidente al maggiore Gagarin (si noti la scelta di un 
titolo di grado medio) e di un discorso del compagno Gagarin alla nazione. La prima 
testimonianza (Chruščëv 1961: 1) è caratterizzata da un incipit altamente 
confidenziale, ci si rivolge al non eroe chiamandolo per nome e patronimico senza 
alcun elenco interminabile di titoli politico-sociali, sottolineando il fatto che non è né 
un “товарищ
5
”, né un  “уважаемый
6
”, seguito da un corpo di lettera che evidenzia il 
coraggio e l’ardimento dimostrati, per finire con un commiato da pari a pari, 
“обнимаю Вас
7
”, che preannuncia un prossimo incontro a Mosca. Nel discorso 
(Gagarin 1961: 2) pronunciato dal mausoleo della Piazza Rossa, il 14 aprile del ’61, 
Jurij Gagarin si definisce un semplice pilota sovietico, a cui il partito ha affidato un 
compito che lui si è limitato soltanto a portare a termine. Incarico che, d’altronde, 
secondo una convinzione non solo sua, ogni suo collega avrebbe potuto effettuare in 
qualsiasi momento. La conclusione è tutta dedicata ai ringraziamenti “gerarchici” 
rivolti, primo fra  tutti, al “caro Nikita Sergeevič” perché fiducioso nelle sue 
                                                 
5
 “tovariš”, “compagno”. 
6
 “rispettabile”. 
7
 “Vi abbraccio”. 
 8 
possibilità, poi a ogni singolo moscovita per la calda accoglienza manifestatagli. Per 
aumentare l’enfasi del momento con una buona dose di pathos, tali ringraziamenti 
diventano, verso il finale, veri e propri slogan (lozungi) con un livello retorico 
notevole. Si inneggia “alla nostra patria socialista”, al “nostro popolo, potente e 
grande”, rendendo “gloria al Partito comunista dell’Unione sovietica e al Comitato 
centrale leninista”, suscitando, negli animi caldi di milioni di spettatori che si 
identificavano in lui, le più disparate seppur contenute manifestazioni di gioia, quali, 
solo per citarne alcune, ovazioni, applausi prolungati e fragorosi. Un vero e proprio 
accompagnamento musicale alle note scandite dalla bacchetta del direttore d’orchestra. 
Il rapporto fondamentale tra gli esseri umani, in questo clima in cui impera la 
carnevalizzazione
8
 del tutto, è senza ombra di dubbio l’amicizia, considerata più 
dell’amore. L’opposizione tra своё (svoë) e чужое (čužoe) assume confini più labili; 
infatti, nonostante lo svoё rappresenti la parte nota, interna, ordinata dell’essere 
(cosmo), e il čužое tutto ciò che non è né conosciuto né controllato (caos), poteva 
esistere tra queste due facce della stessa medaglia una sorta di comunicazione 
(общение). Dagli anni ’60 in poi, svоì erano gli amici, coloro che la pensavano allo 
stesso modo; čužiе, gli altri, coloro che la pensavano in modo diverso. Ma il grande 
desiderio di stare in compagnia, di frequentarsi e di confrontarsi, colmava il senso di 
vuoto dettato dal silenzio degli anni del terrore staliniano. Il Festival della gioventù 
organizzato a Mosca nel ’57 deve essere considerato come il “la” che dà il via a libere 
discussioni, dialoghi costruttivi al fine di elaborare una cultura molto più attiva di 
quello che era stata finora.  Jurij Gagarin, prototipo dell’uomo sovietico fino al 
midollo, non si limita a considerare i suoi colleghi russi degli ottimi compagni con i 
quali condividere momenti di gioia e momenti di dolore, ma, essendo al corrente del 
                                                 
8
 Termine che compare nel saggio di M. Bachtin, L’opera di Robelais e la cultura popolare 
(riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale), Torino, Einaudi 1979. 
Facendo riferimento in modo particolare al periodo medioevale-rinascimentale, l’autore vede dal 
Rinascimento in avanti una progressiva decadenza della purezza dei valori carnevaleschi, dovuta a 
un cambio di mentalità, e quindi una difficoltà di applicazione delle sue teorie. Tralascio ulteriori 
disquisizioni sull’argomento bachtiniano per citare soltanto un postulato che in questa sede 
interessa di più. «Il carnevale non ha alcun confine spaziale. Durante tutta la festa si può vivere 
soltanto in modo conforme alle sue leggi, cioè secondo le leggi della libertà» (ibid. 10). 
 9 
fatto che anche gli americani si stavano preparando al primo lancio dell’uomo nello 
spazio, era fermamente convinto che prima o poi si sarebbero tutti incontrati, 
conosciuti e scambiati le proprie esperienze. Perché il volo cosmico avrebbe 
ulteriormente avvicinato i loro paesi, più di quanto avesse potuto significare il duplice 
incontro di Chruščëv con Nixon, a Mosca nel ’58 e a Washington nel ’59. Ma Jurij 
Gagarin era anche consapevole del fatto di essere diventato un fenomeno pubblico e di 
dover sacrificare la sfera privata per la giusta causa. È sintomatico in questo senso il 
riservato silenzio in cui si era dovuto chiudere nei confronti della moglie nel periodo 
dell’allenamento al volo, dovendo nasconderle la causa principale delle sue numerose 
assenze, cioè l’interminabile trafila degli esami da superare. E nel momento in cui, 
dopo essere stato scelto come primo astronauta, ha dovuto lasciare l’ambiente 
familiare, ha semplicemente salutato i suoi cari, ignari della sua missione, come se 
dovesse assentarsi per un paio di giorni. Non pensando neanche per un istante 
all’eventualità che qualsiasi incidente potesse precludergli la possibilità di rivedere le 
persone che ama di più al mondo. Tutto può anche essere letto in un’altra chiave 
interpretativa, sia prendendo in considerazione il saluto ufficiale sulla pensilina di 
lancio pochi istanti prima del suo ingresso nella navicella spaziale, sia alla dedica del 
volo. Nel primo caso, le parole che proferisce sono dedicate al mondo intero: «Cari 
amici vicini e lontani, cittadini, popoli di tutti i paesi e continenti, ora vi dico 
arrivederci, come si è soliti dire prima di un lungo viaggio, a presto, vorrei 
abbracciarvi tutti!», nel secondo, afferma di dedicare la buona riuscita della sua 
esperienza al XXII congresso del partito. Converrete con me che l’idea trasmessa è 
anche quella di aver sempre avuto una sicurezza matematica, una convinzione 
esasperatamente ottimistica di un successo scontato, dimostrato, inoltre, dal fatto che il 
nostro Jurij Gagarin non si sia portato appresso nessun tipo di amuleto magico fuorché 
la tessera del partito n° 0890927, ricevuta “casualmente” poco dopo l’addestramento 
su esplicita richiesta dello stesso: «Prego l’organizzazione del partito di prendermi 
come membro attivo del Pcus». Non si deve per forza essere comunista per capire che 
i sogni personali di Jurij Gagarin erano un tutt’uno con le convinzioni ideologiche. 
Anche perché, è vero che si difendevano a spada tratta l’amicizia, la fratellanza, 
 10 
l’uguaglianza tra i popoli, ma Chruščëv urlava nello stesso tempo: “Stai attenta mucca 
dell’Iowa!”, per ribadire non solo il concetto che gli Stati Uniti d’America stavano per 
essere raggiunti da un punto di vista esclusivamente economico (basti pensare alle 
pretese velleitarie di battere l’America nella produzione del granoturco), ma anche che 
“il gigante dai piedi d’argilla” aveva tagliato il traguardo per primo nella corsa al 
progresso. Forte di sé, l’Unione Sovietica non perde occasione di pubblicare articoli in 
cui si sottolinea la superiorità di un sistema socialista che mette a disposizione del 
mondo i propri traguardi. Vengono riportate sui giornali situazioni che hanno molto 
dell’assurdo. Per esempio quella in cui un ragazzo di Tokyo confessò a un 
corrispondente americano di sapere da sempre che l’Urss ce l’avrebbe fatta per prima, 
perché la scienza socialista è più all’avanguardia di quella occidentale; oppure quella 
che vede uno studente africano a Parigi esclamare ad alta voce: “Gli Usa 
chiacchierano tanto, mentre i russi stanno zitti fin quando non ottengono risultati 
concreti. Ora tutto parla da sé!”; per finire poi con le parole al vetriolo che un ragazzo 
di New York rivolge a un giornalista, prendendosela molto a cuore per il fatto che si 
fosse investito un tale capitale da far pensare che gli americani facessero le scarpe ai 
russi. Seppur si affrontino questi argomenti con un accento di superbia, non dobbiamo 
dimenticarci che tutto sommato il periodo della guerra fredda era lungi dall’essere 
riproposto, perché la sovrapposizione di čužoe e svoё permetteva che fosse lecita 
qualsiasi forma di discussione animata, purché la menzogna ne fosse esclusa. Si tratta 
più che altro di una forma di retorica all’interno del contesto sovietico, altrimenti Jurij 
Gagarin non avrebbe detto di aver realizzato il volo solo perché era un comunista, che 
significa avere alle spalle le imprese di eroismo esemplare della sua gente sovietica. 
Oppure di essersi ricordato, negli istanti precedenti al decollo, quando gli è passata 
davanti agli occhi tutta la sua vita, che la prima parola che è stato in grado di scrivere a 
scuola era il nome di Lenin. Naturalmente il padre della Rivoluzione è da quel 
momento in poi non solo onnipresente nella dimensione terrestre dell’Unione 
sovietica, ma anche in quella universale, poiché la navicella cosmica porta con sé le 
sue idee. Facendo riferimento a una serie infinita di strane coincidenze, si arriva a 
capire quale livello di perfezione si sia raggiunto al fine di presentare agli occhi del 
 11 
mondo uno dei più begli esempi di “sovieticità”. Lo sputnik in cui Jurij Gagarin ha 
circumnavigato la terra per 108 minuti è stato chiamato Vostok, cioè Oriente, per 
sottolineare la caratteristica asiatica dell’evento che esclude a priori qualsiasi accenno 
di occidentalismo. L’era cosmica è sì nata cronologicamente il 4 ottobre del ’57, ma 
dal punto di vista storico è convinzione di tutti che sia iniziata nell’autunno del 1917, 
dopo il colpo di cannone dell’Aurora. Nel mese in cui il Vostok ha preso il volo cade il 
compleanno di Lenin. L’atterraggio della navicella spaziale avviene nel campo del 
kolchoz “Il viaggio di Lenin” nella campagna di Smelovka, praticamente in quella 
stessa parte di Russia dove Jurij Gagarin ha trascorso la sua infanzia. Il 26° tomo delle 
opere complete di Lenin è stato pubblicato l’11 gennaio del ’62. A Tali coincidenze si 
devono poi aggiungere tutte le occasioni in cui Gagarin stesso si pone agli altri come 
esempio incomparabile di modestia dimostrando che, indipendentemente dalla fama, 
rimane quello che è sempre stato: un giovane ragazzo di campagna senza alcun tipo di 
pretese. Quando, infatti, gli viene assegnato dal Mossovet un grande appartamento di 
quattro stanze ammobiliato sulla prospettiva Kutuzovskij, lo rifiuta, preferendo a 
questa soluzione lussuosa i suoi vecchi penati di due stanze, al quinto piano di una 
casa standard. Anche a chi vuole brindare, prima di ogni altra cosa, in suo onore, Jurij 
fa presente che la priorità spetta al partito. E se si allude al fatto che ormai sia 
diventato una star internazionale cui spetta un periodo di meritato riposo, Gagarin 
indispettito fa presente che in Urss tutte le persone devono lavorare, soprattutto quelle 
famose come gli eroi del lavoro socialista, in modo da trascinare gli altri con il proprio 
esempio. Per questo motivo, che sembra essere quello che gli sta più a cuore, nel suo 
viaggio in Inghilterra, chiede se fosse stato possibile accompagnarlo al cimitero di 
Highgate dove è sepolto Karl Marx. Pur essendo una visita non ufficiale, al suo 
seguito si potevano contare migliaia di lavoratori anglosassoni che, in rispettoso 
silenzio, osservavano il loro ospite incantato di fronte all’iscrizione sul piedistallo 
della lapide che dice: “Proletari di tutti i paesi unitevi!”. Insomma, alla resa dei conti, 
il primo fra tutti non poteva che avere le sue stesse qualità: amante della vita, energico, 
semplice, umile, esigente verso se stesso e verso gli altri compagni di viaggio che 
come lui hanno realizzato uno dei sogni più ricorrenti di Lenin: sfruttare il tempo, le 
 12 
possibilità potenziali del paese, l’entusiasmo del popolo liberato dal giogo dello 
zarismo, del capitalismo e della proprietà privata. Dopo che al posto delle vecchie 
ferrovie furono costruiti nuovi sistemi di elettrificazione, si vide in Russia un nuovo 
cielo e una nuova terra. Dal красный угол
9
 era stata tolta l’immagine di Stalin (che 
aveva a sua volta sostituito quella dell’icona e di Lenin), al popolo non veniva più 
imposto dall’alto un esempio da venerare, sebbene si avesse ugualmente bisogno di 
una figura a cui rivolgersi e fare riferimento. Secondo questo principio, si può 
facilmente comprendere il modo in cui alcune frasi di Jurij Gagarin sono diventate dei 
modi di dire comunissimi. “Cамочувствие отличное, настроение бодрое”
10
, è ora 
ritenuta una citazione mitizzata, mentre il “поехали”
11
 pronunciato prima del lancio 
nello spazio è entrato nel linguaggio parlato nell’ambito della bevuta. Jurij Gagarin 
racchiude in sé, sia  alcune componenti tipiche di un’anima simbolista, ma anche 
caratteristiche (non molte in verità) proprie di un spirito più futurista. È simbolista 
perché imposta la sua esistenza come se fosse un’opera d’arte, dove ha senso il 
sillogismo secondo il quale volare è un’arte, vivere coincide al volare, per cui vivere è 
arte. Egli stesso più volte ha l’occasione di ripetere che non volare per lui significa non 
essere, e che la sua vera vita si svolge in cielo. Ha  nello stesso tempo una componente 
futurista perché, contrariamente allo stile di vita dei simbolisti di inizio secolo, non si 
chiude nella “torre d’avorio” con pochi intimi per mettere in pratica le teorie 
pseudoreligiose di Solovёv
12
, ma scende in piazza, costruendo intorno a sé un 
fenomeno di massa che poco si allontana da quello scatenato negli anni ’20 da 
Majakovskij & co. Se infatti il poeta antiborghese per eccellenza se ne andava per le 
strade di Mosca con la faccia pitturata, la camicia gialla e un cucchiaino all’occhiello, 
Jurij Gagarin dopo ogni discorso ufficiale faceva prendere il volo a una candida 
                                                 
9
 Il krasnyj ugol era l’angolo solenne dell’izba, dove venivano poste le icone. Dopo la 
Rivoluzione, giocando anche sul doppio senso dell’aggettivo красный – che vuol dire sia “rosso” 
sia “bello”, “luminoso” – il krasnyj ugol è diventato l’angolo comunista dove si metteva il ritratto 
di Lenin, e poi di Stalin. 
10
 L’umore è buono, lo stato d’animo è gagliardo.
 
 
11
 Letteralmente “andiamo” nel senso di dirigersi da qualche parte 
12
 Teorico “filosofo”, che profetizzava l’avvento dell’uomo nuovo che aveva caratteristiche 
androgine. Doveva essere il frutto di rapporti sessuali senza fine procreativo, tra una donna ed un 
uomo omosessuali.  
 13 
colomba bianca, e ispirò tutti i neogenitori a chiamare i propri pargoli con il suo nome. 
È innegabile che tra le due personalità esista comunque un abisso. L’abisso tra colui 
che è consapevole delle proprie azioni, che si spoglia di tutte le convenzioni borghesi, 
e chi invece non si rende conto di essere intrappolato proprio nella ragnatela di tali 
convenzioni borghesi. In altre parole, volendo usare una terminologia che appartiene a 
una sfera specifica della filosofia, cioè l’estetica, definiremo il fenomeno di Gagarin 
“kitsch”. Eviterò di inoltrarmi in argomenti squisitamente filosofici per sviluppare 
meglio un solo aspetto specifico del kitsch chiamato “della seconda lacrima” (Franzini 
1997: 3-5), che aggiunge al puzzle un tassello fondamentale per capire fino in fondo 
l’atmosfera creatasi intorno al protagonista di questo capitolo. La seconda lacrima 
implica che, prima, ce ne sia un’altra. La prima lacrima è strettamente personale, 
rappresenta cioè la commozione che una persona prova alla fruizione di qualsiasi tipo 
di situazione. La seconda lacrima, invece, solca il viso di tutti coloro che assistono a 
tale situazione e che, per un sentimento di cum patire, si addossano sulle spalle un 
dolore che non appartiene affatto a loro. Quando Jurij Gagarin visita a Londra il 
museo della storia prova un profondo intenerimento nel vedere ammucchiate in una 
modesta vetrinetta gli oggetti che un tempo abbellivano la slanciata figura della 
ballerina russa Anna Pavlova
13
. Invece, prorompe in un vero e proprio pianto durante 
una sosta in una taverna austriaca, non perché abbia appena visitato, in Polonia, il 
campo di concentramento di Auschwitz e si sia ricordato degli orrori della guerra, che 
per altro ha vissuto in primo piano durante l’occupazione nazista della regione in cui 
ha trascorso la sua infanzia, ma per un motivo molto più futile: un bambinetto, inserita 
una monetina nel juke-box, fa in modo che alle orecchie sensibili di Jurij giunga una 
canzoncina popolare austriaca dal titolo Il volo sulla luna, portandolo naturalmente  a 
rivivere le emozioni provate nel fatidico giorno dell’ascensione spaziale. Con questo, 
non voglio affatto sminuire le potenzialità (tante, a dire il vero) che Jurij Gagarin vanta 
di avere, o meglio che gli vengono attribuite a gran voce. Rimanendo nell’ambito della 
filosofia che si occupa del gusto e dell’arte, è risaputo che Gagarin aveva in sé delle 
                                                 
13
 Diva dei Balletti Russi di Djagilev (1882-1931).
 
 
 14 
notevoli doti, proprie di un esteta. Non avrebbe altrimenti esclamato “крaсoта-то 
какая!”
14
, mirando il panorama dall’oblò della navicella spaziale. Facendo pensare che 
di cose belle egli se ne intenda eccome! Se poi l’apprezzamento è riferito alla sua 
patria, vale ancora di più, perché alla bellezza si aggiunge la grandiosità e lo splendore 
di ciò che è, per ogni cuore sovietico, più prezioso al mondo. È noto, infatti, che i russi 
traspongano il concetto di patria a quello di madre, alla quale è legato tutto ciò che 
viene raggiunto in vita. Non rimane neanche indifferente alla disputa che si era venuta 
a creare tra le retroguardie degli scrittori a proposito della letteratura contemporanea 
(si tenga presente che Jurij Gagarin, a detta di tanti, se non fosse diventato un 
astronauta, avrebbe potuto benissimo vestire i panni dello scrittore). Il pomo della 
discordia consisteva nella consapevolezza di essere in possesso di una letteratura che 
fino a quel momento non aveva rispecchiato affatto l’eroismo del periodo in cui 
veniva scritta. In quel periodo ci si lamentava, della mancanza di personaggi letterari 
aventi lo stesso spessore di figure esemplari del passato, come hanno potuto esserlo i 
vari Маtrosov
15
,  Vlasov
16
, Коrčagin
17
, Меres’ev
18
, Кrivor
19
, (per non parlare poi di 
Čapaev, il più mitizzato e noto fra tutti) che incarnano la pura essenza della 
“истина
20
”. Perché la convinzione di Jurij Gagarin era che si potesse trovare ardore in 
qualunque pilota, oppure nell’anima di qualsiasi aviatore sovietico, il quale doveva 
essere di buon esempio per la preparazione di nuove imprese eroiche e per 
l’acquisizione di nuovi slanci di maestria. La linea di demarcazione tra физики (fiziki) 
                                                 
14
 “Che bellezza!”. 
15
 Eroe dell’Unione sovietica. Morì nel periodo della grande guerra, salvando un altro soldato 
facendo scudo col proprio corpo. 
16
 Combatté nella Seconda guerra mondiale. Nonostante fosse stato gravemente ferito al petto, 
continuò a prelevare mine sul campo di battaglia.  
17
 Dopo aver partecipato alla guerra civile, contribuì alla costruzione della rete ferroviaria, 
sebbene soffrisse di una malattia alla schiena, incitando i compagni a superare il freddo glaciale e i 
morsi della fame. 
18
 Pilota di aerei nella guerra contro i tedeschi. Essendogli state amputate entrambe le gambe, si 
fa costruire delle protesi per tornare a volare per combattere il nemico.  
19
 Primo maestro metallista di Jurij Gagarin. Rientra nella categoria degli eroi pur essendo una 
persona comune. 
20
 La traduzione letteraria di istina è “la verità”, che però si distingue per significato dalla 
verità del termine russo “правда” (pravda). La istina ha un valore più profondo, non si tratta 
 15 
e лирики (liriki) è stata nettamente cancellata, non a favore di una cooperazione fra i 
rappresentanti delle due categorie, ma di una loro sovrapposizione. La meta unica da 
raggiungere era la stessa che a suo tempo profetizzò Majakovskij, сioè la “езда в 
неземное
21
”. Cosa ci poteva essere di più poetico del cosmo? Gagarin ricorda di aver 
letto, due anni prima del suo volo, un articolo sulla «Komsomol’skaja Pravda» in cui 
era in corso un’accesa discussione su quale potesse essere il ruolo dell’arte e quale 
fosse la sua collocazione nella vita. Una ragazza espresse alla lettera lo stesso pensiero 
che poi sarebbe appartenuto anche al nostro cosmonauta preferito, quando disse che 
all’uomo persino nello spazio sarebbe servito un rametto di lillà. E tutti gli astronauti 
concorderanno poi che la poesia è loro necessaria come l’aria nella cabina della 
navicella. Dunque, l’appello che tutti in coro sembrano rivolgere in primo luogo agli 
scrittori risuona di tali note: “Rappresentate nelle vostre opere l’uomo della nuova era 
così come è, forte, orgoglioso, intelligente, sicuro nella giustezza del proprio popolo e 
del proprio partito”, cosicché, facendo letteratura su traguardi reali della scienza, possa 
nascere un genere letterario scientifico-artistico che serva ad allevare (nel senso di tirar 
su), i costruttori del comunismo, persone di tutte le specialità, colti, consapevoli delle 
proprie possibilità.  
In codesto modo, se si scrivono racconti, si uguaglia la scienza alla musica o alla 
pittura, cioè a discipline artistiche nella norma, evitando di far apparire gli scienziati 
come una elite di extraterrestri, o di entità dai poteri ultraterreni con sembianze umane. 
Perché come disse Lenin: “Напрасно думают, что фантазия нужна только поэту. 
Это глупый предрассудок! Даже в математике она нужна, даже открытие 
дифференциального и интегрального исчисления невозможно было бы без 
фантазии. Фантазия есть качество величайшей ценности
22
”. 
                                                                                                                                     
semplicemente della verità (pravda) materiale, concreta, di tutti i giorni, ma della rivelazione 
assoluta che investe l’anima.  
21
 “Corsa verso l’ideale, il celeste”. 
22
 “Si pensa ingiustamente che la fantasia sia necessaria solo al poeta. È uno stupido 
pregiudizio! Persino in matematica è necessaria, anche la scoperta del calcolo differenziale e 
integrale non sarebbe stata possibile senza fantasia. La fantasia è la qualità di massimo valore”.