9 
Il GRUPPO GDA, il quale rappresenta oggi una delle più importanti realtà 
aziendali del Sud Italia, è il risultato dell’intuizione imprenditoriale della famiglia 
Di Carlo, titolare di un’omonima azienda nata oltre settant’ anni fa ed evolutasi 
rapidamente fino a raggiungere l’attuale livello di complessità, descritto nella tesi 
di laurea. 
Risultando estremamente complesso considerare l’intero sistema degli 
approvvigionamenti e la globalità delle relazioni con i fornitori/clienti del Gruppo 
aziendale summenzionato, con riferimento alla parte operativa, si è preferito 
focalizzare l’attenzione su un particolare reparto merceologico facendo quindi 
assumere al lavoro la veste di un progetto pilota. 
La categoria merceologica prescelta è quella ortofrutticola tenuto conto delle 
peculiarità che la stessa presenta in riferimento alla facile deperibilità dei prodotti 
ed alla funzione di veicolo di segnali qualitativi e di immagine che spesso svolge 
all’interno di una struttura distributiva. 
Inoltre, al fine di consentire un agevole approccio all’argomento in 
trattazione, si è ritenuto essenziale sintetizzare in primis il quadro generale di 
riferimento costituito dal concetto di Supply Chain Management, dai modelli 
teorici forniti dalla letteratura economica e dal relativo processo di 
implementazione. A conclusione di questa parte verrà illustrato, negli aspetti più 
salienti e di maggiore interesse ai fini del presente studio, il progetto Efficient 
Consumer Response il quale rappresenta un importante tentativo di concreta 
applicazione della filosofia gestionale sopra citata. Tale introduzione, oggetto 
 10 
della prima parte, servirà a delineare diversi concetti che verranno ripresi nelle 
successive analisi. 
Esaurita preliminarmente tale fase, comunque sostanziale, si analizzerà il 
ruolo fondamentale svolto dall’informazione all’interno di una catena della 
fornitura e come questa possa essere gestita in modo proficuo avvalendosi di 
appropriate tecnologie dell’informazione. 
  Dal quadro complessivo, in tal modo delineatosi, seguendo un 
procedimento che dal generale muove al particolare, si approfondirà da ultimo 
l’analisi del caso aziendale oggetto principale del presente lavoro. 
Una precisazione necessaria riguarda il significato di termini quali Supply 
Chain Management e Customer Relationship Management; avvertendo fin da ora 
il lettore che nella letteratura il confine tra l’aspetto meramente economico e 
quello tecnico-informatico risulta essere spesso fievole trovandosi, i due aspetti, in 
una condizione di forte simbiosi. 
Anche per questo motivo si è preferito trattare i due aspetti, quello economico 
e quello tecnico, in modo separato, illustrando nella prima parte le finalità che 
l’approccio gestionale si propone di perseguire, mentre, nella seconda, i mezzi 
necessari per farlo.  
 
 
 
 11 
 
 
 
 
PARTE PRIMA 
 
 
 
LA GESTIONE DELLA CATENA DELLA 
FORNITURA 
 
 
 
 
 
 
 
 12 
CAPITOLO I 
 L’APPROCCIO GESTIONALE PROPOSTO 
DAL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT 
 
 
I.1. La “parabola” del Supply Chain Management: 
precisazioni terminologiche 
 
Uno dei principi che regolano le organizzazioni sociali è quello dell’unicità 
che induce, come conseguenza, quello della codifica. In parole povere, ogni 
persona dispone di una serie di identificatori i quali garantiscono che si sappia 
sempre di chi o di cosa si stia parlando. 
Un nome o un numero seriale danno per certo l’univocità di un contatto, la 
precisione delle intenzioni o, semplicemente, rendono la vita quotidiana molto più 
comoda. Senza nomi o numeri, le società ed i sistemi non potrebbero funzionare. 
 I codici hanno dei significati precisi che vengono modificati solo 
eccezionalmente dato che, in caso contrario, diventerebbe molto difficile gestire i 
sistemi che li impiegano. 
 13 
Nel marketing, invece, a volte accade l’esatto contrario: i significati di nomi o 
termini ormai consolidati vengono deliberatamente rivisti e modificati, diventando 
così sempre più sfumati e confusi.  
Un esempio è dato da termini quali Supply Chain, Logistica, Supply Chain 
Management, Enterprise Resource Planning e Value Chain Management che si 
sono mescolati sempre più creando in questo modo un “caos terminologico e 
semantico”. 
Una breve rassegna storica mostra come questo fenomeno abbia coinvolto 
soprattutto il significato del termine Supply Chain Management. 
Durante la Seconda Guerra Mondiale il termine “supply”, letteralmente 
“fornitura”, rivestiva un particolare significato. Veniva infatti utilizzato per 
riferirsi al processo in base al quale le armi, le munizioni ed altri materiali erano 
trasferiti dalle retrovie al fronte o ai punti di fornitura intermedi. Allorché un 
esercito avanzava all’interno di un territorio nemico il processo di fornitura si 
faceva più complesso a causa della distanza che doveva essere coperta per 
effettuare i rifornimenti. Di conseguenza, la catena della fornitura svolgeva un 
ruolo fondamentale nell’economia delle guerre. 
Dopo la seconda guerra mondiale fu coniato il termine “logistica” per 
denotare i processi e le attività relative alla fornitura di mezzi e materiali. 
Inizialmente venne attribuito agli aspetti fisici della movimentazione dei materiali 
ma successivamente, soprattutto nei contesti economici e finanziari, si estese 
anche alle rappresentazione di funzioni come il trasporto e lo stoccaggio, 
 14 
comprendendo sia la movimentazione fisica sia la gestione della movimentazione 
delle risorse dalle retrovie (il fornitore) al fronte (il cliente). 
Alla fine degli anni Sessanta, esigenze sempre maggiori di pianificazione 
della produzione portarono alla nascita dei primi sistemi MRP (Material 
Requirement Planning). Questi strumenti, nati per razionalizzare l’impiego dei 
materiali nelle fabbriche, si trasformarono dapprima in MRP II (Manufacturing 
Resource Plannig), in grado di controllare tutta l’attività produttiva, ed infine in 
ERP (Entrerprise Resource Planning). Le prime versioni dei sistemi ERP 
fornivano ben poche funzionalità di pianificazione ed avevano come obiettivo 
principale l’automazione del ciclo attivo (produzione e vendita), del ciclo passivo 
(acquisti) e del ciclo di controllo (amministrazione, finanza, gestione del 
personale, qualità). 
Parallelamente, nel corso degli anni Sessanta e Settanta vennero gettate le 
fondamenta di ciò che sarebbe diventato il Supply Chain Management (SCM) 
ovvero la gestione della catena della fornitura. Con questo nuovo approccio le 
aziende si resero conto che si poteva guardare alla logistica aziendale da diverse 
prospettive. Poiché tutti i processi di business riguardavano i tre aspetti 
fondamentali di pianificazione, esecuzione e misurazione, anche la logistica 
avrebbe potuto essere esaminata e gestita secondo lo stesso paradigma. 
Il Supply Chain Management, così come era concepito in origine, si 
concentrava principalmente sul movimento e sul flusso di prodotti e di 
 15 
informazioni tra partner commerciali, quindi non sui processi interni ma bensì, su 
quei processi che esistevano tra business partner.  
Questa nuova visione gestionale, benché accolta con entusiasmo dai 
responsabili aziendali, mostrò anche i limiti dell’ERP. Infatti gli strumenti che 
stavano alla sua base era di ben poca utilità per “eliminare le barriere tra partner 
commerciali” dato che erano tutti focalizzati sugli aspetti interni dell’azienda. 
Poiché l’ERP continuava a restare un modello incentrato principalmente 
sull’azienda, i fornitori di strumenti ERP decisero di far proprio il concetto di 
SCM per poter sfruttare la filosofia che offriva e in tal modo allungare la vita ai 
propri sistemi software facendo in modo che sembrassero offrire tale tipo di 
soluzione. Così, per esempio, diverse Major hanno cambiato, di punto in bianco, 
il proprio messaggio di marketing trasformandosi da provider di sistemi ERP a 
provider di sistemi SCM senza in realtà aggiungere alcun prodotto o funzionalità 
caratteristica. 
La dimensione e la potenza delle Major hanno obbligato tutti gli altri vendor 
ERP a seguirne le orme e, da un giorno all'altro, il mercato del SCM è stato 
inglobato in quello dell'ERP. Questo riposizionamento ha spiazzato tutti i 
provider di nicchia specializzati in sistemi di pianificazione collegati alla logistica 
ed alla gestione delle relazioni con i partner, che si sono trovati dalla parte degli 
sconfitti nella guerra delle parole.  
Simmetricamente al SCM, di recente è stato introdotto nella terminologia del 
marketing il termine Demand Chain Management (DCM). Il DCM, ovvero la 
 16 
gestione della catena della domanda, riguarda tutti i processi (pianificazione, 
esecuzione e misurazione) associati ai clienti ed ai mercati di un'azienda che 
includono fattori esterni. Insieme, DCM e SCM formano la Value Chain
1
 
Management, la “serie di passaggi sincronizzati di generazione di valore aggiunto 
che si estende dalle materie prime fino al consumatore finale”
2
. 
 
 I.2.  Concetti generali 
 
Trattare l’argomento “supply chain” significa spaziare dall’insieme dei 
processi e delle risorse aziendali che presiedono alla trasformazione di un bene, 
partendo dalla materia prima per arrivare fino al prodotto finito, e che 
movimentano il medesimo per farlo pervenire al cliente finale. 
Il  Supply Chain Management include quindi le attività di 
approvvigionamento (procurement), di pianificazione della produzione, di 
gestione degli ordini, di controllo degli stock, di movimentazione delle merci, di 
immagazzinamento e di servizio al cliente. 
Notevole attenzione è stata data al SCM come ad un approccio per migliorare 
la coordinazione verticale e le performance di mercato sia dalla letteratura di 
commercio sia dagli economisti che operano nel settore agroalimentare. 
                                                 
1
 Il termine Value Chain spesso viene riferito anche all’insieme di alleanze verticali  o di network 
strategici tra un numero indipendente d’ imprese all’interno di una supply-chain. 
2
A questi due termini sono stati affiancati, nella terminologia economica, quelli di Supply Chain 
Collaboration e Demand Chain Collaboration i quali, in sostanza, pongono una maggiore enfasi 
sull’aspetto cooperativo delle relazioni quali il forecasting collaborativo o l’MRP collaborativo. 
 17 
L’implementazione di una strategia di SCM  ha come obiettivo principale 
quello di consentire ai fornitori di andare incontro alle richieste dei propri 
clienti/consumatori in maniera coerente e fidata, attraverso la creazione di un 
canale di offerta mutualmente vantaggioso dal lato dei costi. 
 La principale forza guida in ogni relazione commerciale è il consumatore, e 
soddisfare in maniera efficiente i suoi bisogni: offrendogli un prodotto con le 
caratteristiche, nel momento, nella quantità, nel luogo e con le modalità che 
desidera, nel rispetto dei vincoli legislativi e al minimo costo è l’obiettivo di una 
particolare supply chain. 
 Questo canale sarà originato dai suoi membri i quali saranno essi stessi 
fornitori e clienti/consumatori nelle inter-relazioni della supply chain. A tal fine i 
fornitori e i consumatori devono lavorare insieme, in partnership, così che 
entrambi i soggetti possano trarre beneficio dai miglioramenti apportati alla 
pratica di commercio. In questo modo tutte le parti diventano più “intimamente” 
allineate nel recepire le effettive richieste del mercato. 
Il buon uso e la condivisione delle informazioni rivestono un ruolo centrale 
all’interno del sistema, ed in modo particolare, al fine di consentire una gestione 
più efficiente dei flussi fisici, cioè della logistica
3
. Attraverso una gestione 
coordinata e complementare (integrata) della logistica inter-organizzativa, che 
                                                 
3
 Secondo la definizione fornita dall’ US Council of Logistics Management, la logistica 
rappresenta “quella parte del processo della supply chain che programma, gestisce e controlla in 
maniera efficiente ed efficace il flusso di beni e servizi e delle relative informazioni dal punto di 
origine al punto di consumo, con l’obiettivo di soddisfare le richieste del cliente”. 
 18 
presuppone anche l’integrazione di quella intra-organizzativa, si può ottenere un 
miglioramento del livello dei servizi e ridurre i costi. 
Facendo riferimento al settore di beni di largo consumo e, in particolare, ai 
prodotti agroalimentari, l’insieme di attività che vengono svolte dai diversi 
soggetti, produttore, distributore, fornitore di servizi e consumatore, possono 
essere ricondotte a 6 principali funzioni, riportate nel prospetto seguente. 
 
Prospetto n. 1 - Logistica integrata: funzioni, attività svolte e   tipologie di                                        
interventi per l’integrazione delle funzioni tra produzione e 
distribuzione 
FUNZIONI e attività Tipologie d’intervento 
GESTIONE DELL’ORDINE: 
raccolta, elaborazione, trasmissione, evasione dell’ordine e 
fatturazione 
EDI 
Pianificazione date e orari di 
consegna 
GESTIONE E CONTROLLO DELLE SCORTE: 
determinazione dei tempi e delle quantità di 
approvvigionamento, carico e scarico degli inventari, codifica 
delle referenze e degli imballaggi 
 
Codifica imballi e cartoni 
Procedure di riordino automatico 
Rifornimento Continuo 
MAGAZZINAGGIO: 
conservazione della merce, controllo qualitativo e 
quantitativo degli ordini predisposti per la spedizione 
 
Cross-docking
4
 
MOVIMENTAZIONE DELLA MERCE: 
concernente tutte le attività connesse allo spostamento interno 
dei prodotti dalla ricezione alla spedizione 
 
Utilizzazione di sottomultipli dei 
pallet 
(box-pallet e demi-pallet) 
IMBALLAGGIO E UTILIZZAZIONE: 
confezionamento dei beni in apposite “unità” che ne 
agevolano lo stoccaggio (pallet), movimentazione e 
trasferimento 
 
 
Standardizzazione delle 
dimensioni dei pallet 
TRASPORTO: 
spostamento della merce dal punto di origine a quello di 
destinazione 
Consegne/prelievi multipli 
Razionalizzazione nell’uso dei 
corrieri 
 
                                                 
4
 Il cross-docking è una tecnica utilizzata per la riduzione del volume delle scorte in magazzino. Il 
produttore invia la merce su richiesta dei punti vendita già preindirizzata a delle piattaforme, nelle 
quali converge la merce di più produttori, e dove vengono ricomposti i carichi per punto di 
destinazione (Covino e Mariani, 1999). 
 19 
A tal proposito, inoltre, una quantità maggiore di dati necessari deve essere 
resa disponibile dal commercio con i partner così che la dipendenza possa essere 
monitorata e resa affidabile. 
I benefici ed i rischi vengono attribuiti ed assunti mutualmente; la riduzione 
dei costi potrà portare benefici sia per i fornitori che per i consumatori se nel 
lungo periodo lo sviluppo ed il miglioramento diverranno sensibili. 
Da quanto precedentemente detto consegue che la realizzazione di una 
effettiva gestione integrata delle attività lungo la catena presuppone, 
necessariamente, un cambiamento nell’approccio ai problemi relazionali, 
passando da relazioni basate sul potere a relazioni basate sulla fiducia. 
Solo rapporti incentrati sulla fiducia possono consentire di realizzare i 
vantaggi potenziali insiti nella collaborazione, in quanto le parti sono disponibili a 
condividere le informazioni di valore strategico e investire risorse per adattarsi e 
interagire con le controparti. La capacità di sviluppare e mantenere, tra tutti i 
partecipanti, la fiducia reciproca è, quindi , un requisito fondamentale per poter 
ridurre il rischio di comportamenti opportunistici e i costi di transazione. 
Il prospetto che segue individua le differenze principali tra i due approcci ai 
problemi relazionali. 
 
 
 
 
 20 
Prospetto n. 2 – Differenze tra relazioni basate sul potere e sulla fiducia 
 Potere Fiducia
Modus operandi Incutere timore Creare fiducia 
Principio guida Il proprio interesse Ciò che è giusto 
Strategia negoziale Evitare la dipendenza, 
creando una concorrenza tra 
fornitori 
 
Mantenere la propria 
flessibilità ma bloccare i 
partner aumentando i costi 
di riconversione 
Creare interdipendenza 
reciproca, limitando il 
numero di fornitori 
 
Entrambi i partner 
manifestano il reciproco 
impegno attraverso la 
realizzazione di investimenti 
specifici 
Comunicazione Prevalentemente unilaterale Bilaterale
Influenza Attraverso la coercizione Attraverso la competenza 
Contratti “Chiusi” o formali, 
dettagliati, di breve periodo 
 
Utilizzo frequente dell’asta 
per fissare i prezzi 
“Aperti” o informali, di 
lungo periodo 
 
Confronto con i prezzi di 
mercato solo occasionale 
Gestione dei conflitti Si riducono le possibilità di 
conflitti con contratti 
dettagliati 
 
Ricorso al sistema legale 
Si riducono le probabilità di 
conflitto scegliendo partner 
con cui si condividono i 
valori ed aumentando la 
comprensione reciproca 
 
Ricorso a mediatori o arbitri 
Fonte: Kumar, 1996 
 
Inoltre, in un tale sistema diventa essenziale l’uso di “standard di accordo 
internazionali” per l’identificazione del flusso dei materiali, dei prodotti, dei 
servizi, delle unità di trasporto  e localizzazione. Gli standard introdotti e applicati 
dall’European Article Numbering
5
 (EAN) per l’identificazione attraverso 
scanning dei simboli a codici a barre possono essere utilizzati per un’accurata 
cattura dei dati e per un migliore trasferimento dell’informazione, particolarmente 
                                                 
5
 L’EAN è un’associazione internazionale costituita nel febbraio del 1977 con lo scopo di 
sviluppare e promuovere un sistema standard per l’identificazione dei prodotti, dei servizi e delle 
ubicazioni che permetta la gestione efficiente della supply-chain globale e multi-industria.  
 21 
attraverso l’uso dell’Electronic Data Interchange. Essi rappresentano una parte 
vitale nel miglioramento dei processi. 
 
I.3.  Motivazioni alla base del Supply Chain Management 
 
Storicamente le imprese hanno sempre fatto leva su molteplici fattori per 
differenziarsi dai loro diretti concorrenti, quali: 
- caratteristiche del prodotto; 
- prezzo del prodotto; 
- qualità del prodotto; 
- disponibilità del prodotto; 
- assistenza al cliente; 
Nel mercato attuale, contrassegnato da un’elevata dinamicità, le aziende non 
possono più focalizzarsi su singoli elementi distintivi per rimanere competitive. 
Diventa invece sempre più importante per ogni impresa la capacità di generazione 
di un valore complessivo; di ricerca delle modalità più appropriate per farlo e per 
trasmetterlo al cliente/consumatore finale.  Questo perché la natura stessa della 
concorrenza è in continua mutazione e i cambiamenti degli scenari operativi sono 
ormai all’ordine del giorno per effetto di molteplici fattori. 
 
 
 22 
I.3.1.  Riduzione del ciclo di vita dei prodotti 
 
Primariamente il “ciclo di vita dei prodotti” è in costante riduzione, in 
corrispondenza della loro più veloce e più frequente introduzione sul mercato, con 
conseguente accelerazione della loro obsolescenza. 
Da ciò consegue che: 
- un ridotto ciclo di vita del prodotto implica che le caratteristiche del 
medesimo forniscono un vantaggio competitivo di breve durata (una 
tecnologia considerata oggi innovativa, sarà matura se non obsoleta dopo 
pochi mesi); 
- lo sviluppo e la produzione di ogni nuovo prodotto devono essere 
fortemente accelerate per poter sfruttare ogni minimo vantaggio 
competitivo offerto dallo stesso; 
- le variazioni degli ordini di materiale sono molto più frequenti che in 
passato; 
- la gestione degli stock a magazzino deve essere molto più efficiente.