VII
Nella prima parte del mio lavoro, ho ripreso alcune basi teoriche riguardanti la 
sociologia dell'arte sia  in senso lato sia con riferimento ad alcune sue applicazioni 
a discipline specialistiche, con riferimento ai problemi ed alle difficoltà da esse 
incontrate a causa delle difficoltà di definizione riconoscimento dei loro oggetti di 
studio.  
Nel primo capitolo ho, pertanto, analizzato questi limiti sottolineando, in 
particolare,  la difficoltà di fornire una definizione univoca del concetto di arte e 
la natura contraddittoria (ad un tempo sociale ed a - sociale) dello stesso. Proprio 
a partire da questa contraddittorietà e problematicità del fenomeno artistico ho poi 
messo a confronto, seguendo le linee tratteggiate da Vera Zolberg (1990), due 
opposte concezioni sull'opera d'arte: il punto di vista endogeno, cioè interno 
all'opera, tipicamente utilizzato dagli studiosi di discipline umanistiche, e il punto 
di vista esogeno, cioè esterno all'opera, adottato invece dai sociologi. 
Concentrandomi su quest'ultimo ho, successivamente, descritto il modo in cui una 
visione contestuale ha inciso sulla ridefinizione delle due figure sociali 
protagoniste della relazione artistica: l'autore, mettendo in evidenza il 
cambiamento di status che lo ha visto protagonista nel corso della storia, e il 
fruitore, con particolare riguardo alla nascita delle teorie della ricezione che gli 
hanno ri - conferito quella dignità intellettuale che la critica nei confronti della 
cultura di massa gli aveva, spesso, sottratto. Ho quindi fornito una descrizione del 
modo in cui i diversi elementi extra - artistici presenti nel contesto incidono sia 
sulla produzione dell'opera d'arte che sulla ricezione della stessa.  
 VIII
Per quanto riguarda l'influenza sulla creazione mi sono rapportata principalmente 
all'ottica proposta da Melucci e Neresini (1994) nella loro indagine sul fenomeno 
della creatività ed ho esaminato l'intervento del contesto sia al livello della fase di 
formazione dell'artista che quello del riconoscimento del suo lavoro. 
Relativamente al rapporto con la fruizione, invece, ho esaminato il contesto sia ad 
un livello macro - sociologico, riferendomi tra l'altro anche alla «teoria del 
capitale culturale» così come formulata da Pierre Bourdieu (1979), sia ad uno 
micro - sociologico con particolare riguardo all'influenza esercitata sulla fruizione 
da parte delle istituzioni artistiche e presentando lo studio qualitativo sul pubblico 
del London Science Museum svolto da Sharon MacDonald (1995) e fonte di 
ispirazione per la ricerca da me condotta. Mi sono infine soffermata brevemente 
sulla cultura di massa in quanto elemento problematico che ha segnato un punto di 
svolta nel rapporto del fruitore con il mondo dell'arte che, in questa fase, da 
distante ed élitistico è diventato vicino e, almeno teoricamente, alla portata di 
tutti. 
Nel secondo capitolo, ho invece preso in considerazione l'approccio sociologico, 
relativamente a tre forme artistiche (considerate sempre nella loro variante 
occidentale): musica, letteratura e pittura.  
Nel primo caso mi sono innanzitutto soffermata sulla specificità della musica in 
quanto arte evocativa per antonomasia e, pertanto, particolarmente complessa da 
analizzare da un punto di vista esogeno.  
 IX
Ho poi fornito alcuni elementi di informazione sulla produzione musicale 
occidentale (e sui cambiamenti intervenuti con particolare attenzione ai 
condizionamenti sociali) e, di seguito, sulla ricezione di questo particolare genere 
artistico facendo riferimento alla tipologia di fruitori musicali proposta Theodor 
W. Adorno (1963).  
Nel caso della sociologia della letteratura ho invece proposto un'analisi dei 
cambiamenti intervenuti nei due estremi coinvolti nel fenomeno letterario: 
l'autore, con riferimento ad autori come Michel Faucault (1969), György Lukács 
(1964) e Janet Wolff (1981) ed il fruitore.  
Per quanto riguarda infine la sociologia della pittura, ho invece proposto due 
visioni teoriche, a mio avviso, particolarmente significative: l'ottica di Pierre 
Francastel (1951), che ha proposto un'analisi dello spazio figurativo, utilizzato 
nell'arte pittorica occidentale, in connessione con il livello di civilizzazione e 
quella di Michael Baxandall (1972) che ha invece dimostrato come l'arte pittorica 
sia strettamente legata alla struttura sociale, alle convenzioni ed alle concezioni 
del mondo tipiche del periodo in cui si sviluppa. In questa sezione ho infine 
dedicato uno spazio al museo, in quanto istituzione - simbolo delle arti figurative, 
ed al recente fenomeno delle mostre temporanee. Queste ultime, nate su iniziativa 
dei musei per riconquistare pubblico, in un periodo di crisi dell'istituzione, si sono 
in realtà staccate da essi assumendo una fisionomia propria ed entrando in 
concorrenza con i musei stessi 
 X
Nella seconda parte del mio lavoro ho invece affrontato l'analisi, da un punto di 
vista prettamente contestuale, del movimento impressionista francese. Questa 
scelta è stata motivata principalmente da tre considerazioni: in primo luogo 
volevo fornire un esempio di un genere pittorico fortemente legato alla società in 
cui si è sviluppato. Infatti, nonostante alcuni elementi di novità apportati alla 
pittura dall'Impressionismo, quest'ultimo fu profondamente legato alla società 
borghese tardo - ottocentesca che venne ripetutamente immortalata nelle tele di 
questi pittori. In secondo luogo, la pittura impressionista fornisce un esempio 
pratico della veridicità di concetti quali quelli di «occhio del periodo» (Baxandall, 
1972) e di «casi di mancato riconoscimento» (Tota, 1997,1999). Aspramente 
criticato nella fase iniziale da critici e pubblico, che ritenevano questi artisti poco 
più che «imbrattatele», ai giorni nostri quegli stessi dipinti vengono battuti nelle 
case d'asta più famose per cifre esorbitanti. In terzo luogo, infine, mi premeva 
fornire alcuni elementi sull'Impressionismo in quanto oggetto della mostra 
bresciana sulla quale ho svolto la mia ricerca. 
Nella terza parte sono, da ultimo, passata ad illustrare la ricerca da me svolta sul 
pubblico della mostra svoltasi lo scorso anno a Palazzo Martinengo a Brescia, 
intitolata  «Impressionisti. Da Corot a Renoir».  
 XI
Nel quarto capitolo ho, innanzitutto, presentato il disegno di ricerca dal quale sono 
partita. Basandomi sull'approccio teorico e metodologico utilizzato dalla 
MacDonald (1995), ho condotto uno studio di tipo qualitativo sul pubblico della 
suddetta mostra muovendomi su un doppio binario: l'analisi degli intenti dei 
curatori e quella delle percezioni dei fruitori, al fine di descrivere le tecniche 
cognitive messe in atto dai visitatori e la loro conformità, o divergenza, rispetto a 
quelle pensate dai curatori. Ho, così, predisposto due tracce d'intervista in 
profondità (cfr. Appendice 1) volte proprio a esaminare tale aspetto. Inoltre, per 
avere informazioni aggiuntive sui punti di vista dei visitatori, mi sono avvalsa di 
un terzo strumento di indagine: tre grossi volumi, da me identificati come «libri 
degli ospiti», messi a disposizione dei visitatori dai responsabili di Palazzo 
Maritnengo, nei quali, questi ultimi, potevano liberamente esprimere il proprio 
giudizio o i propri pareri sull'esposizione bresciana. Ho successivamente 
effettuato una descrizione della mostra in questione proponendo anche quello che 
è stato il punto di vista della stampa su questo evento. 
Nel quinto capitolo, infine, ho riportato gli elementi emersi dalle interviste, 
suddividendo, la parte relativa al visitatore, in categorie che riprendevano le 
divisioni effettuate al livello dell'intervista, e in altre parole: i dati personali del 
soggetto, la sua carriera estetica e il suo rapporto con l'istituzione museo, le sue 
risorse culturali, le fonti d'informazione e le motivazioni alla visita, i 
comportamenti durante la visita ed, infine, il suo giudizio complessivo.  
 1
CAPITOLO 1: ELEMENTI PER UNO STUDIO 
SOCIOLOGICO E CONTESTUALE DELL'ARTE 
 
 
 
 
1. L'arte: definizione e problematicità del concetto 
 
 
1.1 Difficoltà di definizione 
 
Definire cosa sia l'arte è un'impresa molto complessa, dato che questa materia è 
vista, nell'immaginario collettivo, come qualcosa che non può e non deve essere 
spiegata, ma semplicemente gustata ed ammirata. 
Nell'introduzione al suo libro I linguaggi dell'arte, Omar Calabrese  ha definito 
l'arte come «una qualità intrinseca a certe opere dell'intelligenza umana, in 
generale oppure costituite da soli materiali visivi, che manifesti un effetto estetico, 
spinga ad un giudizio di valore sulle singole opere o su loro raggruppamenti o su 
loro autori, e che dipenda da specifiche tecniche o modalità di produzione delle 
opere stesse» (1985, p. III). 
Tale definizione è, sicuramente, molto chiara e completa, ma lascia comunque 
aperti molti punti cruciali inerenti l'appartenenza di un determinato oggetto al 
sistema arte. 
La problematicità del concetto è dovuta, in primo luogo, al fatto che l'arte ha a che 
vedere con dimensioni dell'animo umano, quali l'emozione ed i gusti personali, 
che sono molto difficili da indagare.  
 2
In secondo luogo, un altro elemento di difficoltà è rintracciabile  nell'eterogeneità 
della materia, dato che, nel termine generico di arte, possono essere fatte confluire 
una molteplicità di attività tra cui le cosiddette arti figurative (pittura, scultura, 
architettura, ecc.), la letteratura, la musica, il teatro, la danza.  
Infine, la mancanza, nella società contemporanea, di criteri fissi ed universali che 
permettano di definire stabilmente ed universalmente cosa sia arte e cosa invece 
no
1
, e la pluralità di significati assunti da questo termine nel coso dei secoli, 
rendono particolarmente ardua l'impresa di dare, al termine, una definizione unica 
(Hauser, 1958). 
Fino alla fine del XV secolo, infatti, il termine arte ha indicato tutte le attività, ed, 
in particolare, quelle manuali, che venivano esercitate, con maestria, da individui 
che non somigliavano certamente agli artisti intesi secondo  l'attuale concezione.  
Essi, infatti, non esercitavano la loro professione liberamente ed autonomamente, 
ma erano soggetti alle corporazioni
2
 ed erano costretti a sostenere un lungo iter 
nelle botteghe in cui erano assunti per poter raggiungere il livello  massimo, 
quello di maestro ( Wittkower e Wittkower, 1963; Wolff, 1981).  
                                                          
1
 In particolare A. Melucci (1991, 1994) nota come nella nostra epoca il mutamento non coinvolga 
più solo le istituzioni economiche, politiche e sociali, che peraltro mutano ad una velocità 
straordinaria, ma anche la percezione che gli individui hanno del mondo che li circonda e della 
propria individualità. Secondo l'autore la crisi di identità è diventata un tratto caratteristico del 
mondo contemporaneo e dell'uomo moderno e si riflette in tutti i campi e settori della vita socio - 
culturale. Anche nel campo artistico il mutamento di stili, gusti e funzioni è pertanto diventata la 
regola. 
2
 Le corporazioni ebbero il loro sviluppo massimo  durante l'età comunale e di esse facevano 
obbligatoriamente parte tutti i lavoratori dei centri urbani. Esse erano molto coercitive per i propri 
membri in quanto ne controllavano la vita sotto diversi aspetti: da quello religioso, a quello fisico e 
morale. Stabilivano leggi alle quali gli adepti dovevano sottostare, le applicavano e le facevano 
rispettare svolgendo quindi anche attività giurisdizionale. 
 3
L'attività artistica era considerata un'attività  lavorativa qualsiasi,  ma,  soprattutto,  
era un'attività collettiva, nella quale, elementi come il talento o la creatività, 
avevano un ruolo solamente marginale. Fu solo con l'avvento di artisti come 
Michelangelo (da molti considerato come il primo vero artista moderno) che 
rivendicavano una maggiore dignità intellettuale per il mestiere da loro svolto, che 
l'arte iniziò ad essere vista come una vocazione e l'artista passò, dalla condizione 
di artigiano, a quella di libero lavoratore intellettuale (Wittkower e Wittkower, 
1963). 
Va però precisato che, anche in questo caso, contrariamente ad una visione molto 
diffusa a livello popolare, il Rinascimento non ha significato un cambiamento 
radicale di prospettiva, una rinascita ed una liberazione repentina dell'arte, e degli 
intellettuali, dai pesanti condizionamenti esercitati dalle strutture sociali del tempo 
quali la Chiesa o le corporazioni.  
Questo processo, culminato con la nascita della concezione dell'art pour l'art (cfr. 
par. 2.1.1) fu in realtà estremamente lento e si realizzò pienamente durante 
l'Ottocento
3
. 
                                                          
3
 Particolarmente importante fu la fine del sistema del mecenatismo che obbligava gli artisti a 
subire forti pressioni politiche e finanziarie da parte dei mecenati che esercitavano un fortissimo 
grado di controllo  e di interferenza nel loro lavoro (cfr. cap. 2, par. 3.2). 
 
 4
Fu, infatti, solo con la nascita dell'individualismo, insieme alla rottura dei legami 
tradizionali tra arte e Chiesa, allo sviluppo del sistema capitalista e all'emergere 
della borghesia come classe dirigente, che l'artista ha raggiunto la completa libertà 
di espressione insieme ad una maggiore precarietà a livello di posizione sociale 
(Wolff, 1981). 
Questi cenni storici mostrano come non sia corretto assumere la nostra concezione 
di arte come universalmente valida, ma occorre invece cercare di assumere una 
visione meno rigida sul fenomeno artistico che, sia per le sue caratteristiche 
intrinseche, che per la presenza di elementi esterni che lo condizionano, si 
presenta difficile da definirsi in modo univoco.  
L'arte è una parte estremamente importante della cultura di un popolo, un 
linguaggio particolare con i suoi canoni e le sue convenzioni ed una forma di 
comunicazione, che presenta, appunto, la caratteristica di essere particolarmente 
ambigua e difficile da decodificare, perché si avvale dell'uso di simboli e metafore 
espressive (Argenton, 1998).  
Inoltre, come sottolinea Hauser (1958), l'opera d'arte si distacca dal suo creatore, 
entrando a far parte della memoria collettiva e diventando, a sua volta, base e 
strumento di comprensione per le opere future. Così, prosegue l'autore, l'opera 
d'arte si rivolge ai membri di una comunità culturale e può essere realmente 
compresa solo attraverso l'esistenza delle giuste premesse storico culturali
4
 
(Hauser, 1958). 
                                                          
4
 Su questo tema cfr. Baxandall (1972). 
 5
Essa è espressione dell'agire umano e della sua capacità creatrice ed inventiva ed 
eleva l'essere umano verso un tipo di produzione che, nella sua forma più pura, 
non è utilitaristica: l'espressione artistica ha lo scopo di creare oggetti che 
suscitino un effetto estetico e che non abbiano un valore d'uso
5
.  
 
1.2 L'ambivalenza del fenomeno artistico 
 
Un altro elemento che rende particolarmente problematico il concetto di arte è la 
sua naturale ambivalenza nel rapporto con la società. 
Nella presentazione del libro di Danila Bertasio Immagini sociali dell'arte, Franco 
Crespi ha sostenuto che «l'arte è una forma di comunicazione diversa da tutte le 
altre che presenta una caratteristica ambivalenza nel fatto che essa è al tempo 
stesso sociale e a-sociale» ( 1998, p.8). L'arte è, infatti, un prodotto sociale, in 
quanto si sviluppa all'interno di una società ed è da essa influenzata in tutti i suoi 
aspetti: da quello della produzione a quello della ricezione.  
Sul versante della produzione assumono rilevanza elementi come l'origine sociale 
ed il contesto di formazione dell'artista, la presenza e le politiche seguite dalle 
istituzioni sociali del sistema artistico (come per esempio i musei o il Ministero 
per i Beni Culturali) e le funzioni svolte da altri attori sociali come i critici o i 
mecenati (Wolff, 1981, Melucci, 1997; Tota, 1997). 
                                                          
5
 A tale proposito è interessante la visione di K. Marx il quale vede nell'artisticità il senso più alto 
di umanità in contrapposizione all'animale. Infatti, a suo avviso, mentre l'animale agisce solo sotto 
il dominio dell'impulso e del bisogno fisico immediato, l'uomo è in grado di produrre secondo un 
fine non utilitario, libero dagli impulsi e dal bisogno. 
 6
Dal punto di vista della ricezione sono invece fondamentali alcuni elementi come 
la composizione del pubblico di fruitori, la loro origine sociale, i gusti, le 
aspettative ed il contesto di appartenenza, nonché il contesto di fruizione delle 
opere stesse (Macdonald,1995; Tota, 1997, Zolberg, 1990). 
L'arte può farsi allora portatrice di una  funzione di celebrazione della società e di 
conferma dell'ordine sociale esistente (come accadeva durante il Medioevo o, in 
tempi più recenti, nei sistemi totalitari in cui l'arte era asservita all'esaltazione del 
capo) oppure può essere utilizzata per manifestare la propria critica alla società 
(come è accaduto nel caso delle avanguardie del primo Novecento e accade 
tuttora). 
A livello sociale, la funzione rappresentativa svolta dall'arte opera, secondo 
Gallino (1978), ad un doppio livello: uno manifesto ed uno latente. Le funzioni 
manifeste dell'arte sono quelle presenti nelle intenzioni dei soggetti che 
controllano la realizzazione dell'opera che possono essere, a seconda del periodo 
storico e del contesto sociale l'artista, il committente o altre agenzie come lo stato 
o la Chiesa (Gallino, 1978). 
Con funzioni latenti l'autore, invece, intende l'insieme degli effetti reali che gli 
oggetti artistici provocano sul pubblico che li fruisce e, conseguentemente, sulla 
società nel suo complesso e che non sono prevedibili da parte dell'autore o di chi 
ha il controllo sulla produzione dell'opera.  
 7
Come sottolinea anche Argenton (1998), la  funzione rappresentativa delle opere 
viene recepita dal fruitore ad un duplice livello: ad un livello intra - personale o 
interiore, mettendo in moto una serie di meccanismi cognitivi che hanno quale 
scopo quello di percepire l'opera e cercare di attribuirle un significato, e ad uno 
inter - personale e sociale, che porta l'individuo ad assumere un particolare 
atteggiamento nei confronti dell'arte stessa e della società nel suo complesso.  
Se l'arte può così diventare un mezzo attraverso cui vengono rafforzate credenze e 
valori o, al contrario, mediante cui viene manifestato un dissenso, non va neppure 
ignorato il fatto che essa presenta anche un aspetto a - sociale. 
L'arte  è, infatti, un particolare tipo di  linguaggio e mezzo espressivo che non 
mira alla semplice rappresentazione ma è anche «rinvio ad altro da ciò che 
rappresenta» ( Crespi, 1998, p. 8) e gode pertanto di una certa indipendenza ed 
autonomia rispetto alla società. 
Ecco allora che, al fianco della visione dell'opera d'arte in quanto documento 
storico - sociale, si affianca l'idea di evento, di rivoluzione ed anticipazione sulla 
società; l'arte  può  dunque celebrare il sociale  o  opporsi ad esso criticandolo, ma  
può anche anticiparlo portando nuove visioni e soluzioni mai pensate prima
6
. 
                                                          
6
 Interessante a tale riguardo è la visione di Lars Qvortrup (1998) il quale parlando dei nuovi 
multimedia interattivi, mostra come gli artisti  siano in grado di utilizzare tali mezzi in un modo 
non convenzionale. L'evento artistico, secondo lui,  può pertanto nascere anche dalla capacità di 
utilizzare mezzi entrati nell'uso comune in un modo a cui nessun individuo aveva pensato.