5 
1.1 Iconografia del leone marciano 
 
 
La rappresentazione di San Marco come leone alato, uno dei quattro 
Viventi, è una tipica iconografia cristiana che deriva dalle visioni profetiche 
descritte da San Giovanni nell’Apocalisse: 
 
Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva 
l’aspetto di un vitello, il terzo vivente, aveva l’aspetto d’uomo, il quarto 
vivente era simile a un’aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno 
ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi1. 
 
Successivamente i quattro Viventi saranno scelti come simboli dei 
quattro evangelisti. 
Un’antichissima leggenda delle Venezie narra che: 
 
Quando Marco ebbe, per incarico di San Pietro, fondato il patriarcato di 
Aquileia e, una volta compiuta la sua opera apostolica, fu tornato a Roma, 
una tempesta scoppiata subitaneamente sospinse la sua nave nella 
Laguna di Venezia, facendola incagliare proprio nella sabbia d’una delle 
solinghe e ancora disabitate isole di Rialto. L’evangelista, felicemente 
scampato alla furia dei venti, scese a terra e, stanco, si coricò presso la 
verde riva. E s’addormentò. Gli apparve in sogno un angelo del Signore, 
che gli disse: Pax tibi, Marce, evangelista meus, hic requiescat corpus 
tuum… Pace a te, Marco, mio caro evangelista, e sappi che qui un giorno 
riposeranno le tue ossa. Ti sta davanti un’ancor lunga via, o Evangelista di 
Dio, e molte fatiche dovrai durare ancora nel nome di Cristo. Ma dopo la 
tua morte il popolo credente che abita questa terra edificherà in questo 
luogo una città meravigliosa e si paleserà degno di possedere il tuo corpo. 
Gli tributerà la più alta venerazione2. 
 
 
 
 
1
 Apocalisse, IV, 1-11. 
2
 Cfr. REINHARD LEBE, San Marco approdò a Venezia. Il culto dell’Evangelista e il miracolo 
politico della Repubblica di Venezia, Roma, Il Veltro, 1981. 
 6 
Il leone di San Marco si trova incastonato negli emblemi della provincia 
di Venezia come segno della venezianità e della gloria della Serenissima. 
L’evangelista Marco, rappresentato simbolicamente dal leone nei sigilli dello 
Stato, nelle insegne e nei vessilli della Repubblica veneta, è stato testimone 
delle variegate vicende dei veneziani e della vita politica ed amministrativa 
di Venezia durante il corso della sua millenaria storia. È stato adottato 
anche come simbolo attuale del Comune e della Provincia di Venezia, 
nonché della Regione del Veneto e di numerosi altri enti ed amministrazioni 
civili e militari, come ad esempio nella bandiera navale della Repubblica 
italiana, sia mercantile che militare. Il leone marciano compare inoltre nella 
statuaria, in pittura e impresso sulle monete. 
 
 
Figura 1. Stemma della città di 
Venezia, con il leone in 
moleca. 
 
Figura 2. Stemma della 
provincia di Venezia, con il 
leone in moleca. 
 
Figura 3. Gonfalone della 
Regione Veneto, con il leone 
andante. 
 
Figura 4. Scultura marmorea 
del leone andante sulla 
colonna in piazza San Marco 
a Venezia. 
 
Figura 5. Leone di san Marco 
nell’iconografia religiosa. 
 
Figura 6. Osella veneziana, 
con il leone andante. 
 
Gli elementi distintivi del leone di San Marco (inteso anche come 
simbolo della forza della parola dell’evangelista), sono, in varie 
combinazioni: l’aureola sul capo, tradizionale simbolo cristiano della santità, 
un libro come metafora del Vangelo e una spada tra le zampe, con 
significato guerresco. 
 7 
Il leone esprime il significato araldico di maestà e potenza, quest’ultima 
sottolineata dalla coda felina alzata; il libro ben esplicita i concetti di 
sapienza e di pace; l’aureola conferisce un’immagine di pietà religiosa; la 
spada infine è simbolo di giustizia, ricorrente nelle descrizioni antropomorfe. 
Esso incarna dunque simbolicamente tutti i caratteri con cui Venezia ama 
pensare e descrivere sé stessa: maestà, potenza, saggezza, giustizia, 
pace, forza militare e pietà religiosa. 
Numerose sono le interpretazioni possibili riguardo la combinazione tra 
spada e libro: 
 il solo libro aperto è ritenuto simbolo della sovranità dello Stato: molte 
sono le raffigurazioni dei dogi inginocchiati davanti a tale 
rappresentazione; 
 il solo libro chiuso è invece ritenuto simbolo della sovranità delegata e 
quindi delle pubbliche magistrature; 
 il libro aperto (e a spada a terra non visibile) è ritenuto simbolo della 
condizione di pace per la Serenissima; 
 il libro chiuso e la spada impugnata è invece ritenuto simbolo della 
condizione di guerra; 
 il libro aperto e la spada impugnata sarebbe infine simbolo della pubblica 
giustizia. 
Tuttavia tali interpretazioni non sono universalmente accettate; la più 
diffusa si limita a ritenere il libro aperto simbolo di pace e quello chiuso con 
spada simbolo di guerra. Sono presenti, anche se rare, le raffigurazioni del 
leone privo sia del libro che della spada, e talvolta anche dell’aureola 
(soprattutto nella statuaria). 
Sono più frequenti le rappresentazioni in cui le zampe anteriori del leone 
appoggiano per terra – dove spesso compare anche una città turrita – e 
quelle posteriori nell’acqua: tale rappresentazione serviva ad indicare il 
duplice potere di Venezia sulla terra e sul mare. 
Il leone di San Marco può essere rappresentato in due diverse posture: 
andante e in moleca. Il leone è andante quando è possibile vedere il suo 
corpo di profilo per intero, volto a destra o a sinistra e con una delle zampe 
 8 
anteriori alzate. Il libro aperto mostra sul verso della pagina, in lettere 
maiuscole, le parole «Pax tibi Marce» su tre righe, ed «evangelista meus», 
in altrettante righe, sul recto3. È la raffigurazione usata solitamente nei 
gonfaloni e nelle grandi statue, dove vi era abbondanza di spazio per 
riportare il leone intero (cfr. Figg. 3, 4, 6). 
Si definisce in moleca il leone accovacciato, rappresentato 
frontalmente, che assume un aspetto che per forma delle ali appare simile a 
quello di un granchio4: una forma più utile da utilizzare negli stemmi e nei 
sigilli, che dà luogo ad una rappresentazione più raccolta (cfr. Figg. 2, 3). 
 
3
 Cfr. GIORGIO ALDRIGHETTI, MARIO DE BIASI, Analisi storica. Il "Leone" nelle sue varie 
raffigurazioni, in Il gonfalone di san Marco. Analisi storico-araldica dello stemma, gonfalone, 
sigillo e bandiera della Città di Venezia, Venezia, Albrizzi, 1998. 
4
 In veneziano moleca è il nome di piccoli granchi in periodo di muta. 
 9 
1.2 Il leone ligneo marciano di Alvise Bianco 
 
 
L’oggetto di questo studio è una scultura di legno dorato nota come 
‘leone marciano’ che risale al 14905; opera dell’intagliatore veneziano Alvise 
Bianco e collaboratori (in particolar modo Bernardino di Marco e Polidoro 
doratore), raffigura appunto un leone alato e dotato di aureola6. 
L’opera, attualmente custodita nel Museo Marciano, era originariamente 
posta a coronamento delle casse d’organo nella cantoria nord del 
presbiterio della Basilica di San Marco ed apparteneva ad un complesso 
scultoreo del quale faceva parte un altro leone ligneo, anch’esso dorato, ora 
conservato al Museo Correr.  
La coppia scultorea subì il medesimo destino di molte altre 
rappresentazioni del leone veneto, simbolo del decaduto governo 
aristocratico, dopo la rivoluzione francese: i giacobini a Venezia non 
osarono entrare negli edifici di culto a profanare e cancellare gli emblemi 
dell’antico regime, ma la loro campagna leontoclastica si limitò all’esterno, 
ovvero in ogni luogo ove esso potesse apparire pubblicamente7; di 
conseguenza all’interno delle chiese il simbolo marciano sopravvisse 
indisturbato. Per quanto riguarda il leone alato in questione, esso venne 
rimosso dal luogo originario dopo il 1797 dalla Municipalità provvisoria8. 
 
5
 Cfr. www.museosanmarco.it/index_ita.bsm. 
6
 Cfr. GIORGIO ALDRIGHETTI, MARIO DE BIASI, Tavole, schede di Giorgio Aldrighetti. Leone 
marciano in legno dorato, Museo Marciano, Venezia, secolo XV, in Il gonfalone di san 
Marco, cit. 
7
 Cfr. GIANDOMENICO ROMANELLI, Tamquam Leo Rugiens, in Il leone di Venezia. Studi e 
ricerche sulla statua di bronzo della piazzetta, a cura di MARIA BIANCA SCARFÌ, Venezia, 
Albrizzi, 1990. 
8
 Cfr. GIORGIO ALDRIGHETTI, La provincia di Venezia, in Il leone di san Marco, analisi storico-
araldica per lo stemma, gonfalone, bandiera e sigillo della Provincia di Venezia, Suppl. a 
«Provincia di Venezia», I/3 (1995). Con la caduta della Serenissima, il 16 maggio 1797, il 
nuovo Governo assunse la denominazione di «municipalità di Venezia», e il successivo 28 
maggio, da Milano, Napoleone decreterà la prima forma di provincia che si chiamerà 
«distretto». Con il passaggio del Veneto all'Austria, con Sovrana risoluzione, 19 gennaio 
1798, Francesco II d'Asburgo decreterà la creazione di un «Governo provvisorio»; nel 1804 
egli assumerà il nome di Francesco I imperatore d'Austria. Ritornati nuovamente a Venezia 
i francesi, il Commissario, generale Alessandro Law de Lauriston, con notifica del 18 
 
 10 
Il leone si presenta di profilo, con l’ala spiegata, l’aureola sulla testa e la 
zampa anteriore sinistra posata su un libro aperto che riporta le seguenti 
parole: 
 
«PAX / TIBI / MAR/CE // EVA/NGE/LISTA / MEUS», 
«Pace a te Marco, mio evangelista». 
 
La doratura superficiale è decoesa e del tutto mancante in molte zone; 
ciò è dovuto a diversi fattori: il distaccamento dallo strato preparatorio dato 
dall’umidità9 e dai naturali movimenti del legno di cui è fatto il supporto 
(probabilmente tiglio)10, l’azione dei tarli11 e le scritte incise nei secoli dai 
visitatori12. 
 
gennaio 1806, prescrisse che l'amministrazione della città di Venezia, del suo estuario e 
dogato, fosse affidata ad un «Governo provvisorio». 
9
 Cfr. GUIDO GIUBBINI, La scultura in legno, in Le tecniche artistiche, a cura di CORRADO 
MALTESE, Milano, Mursia, 1973. Il legno attaccato dall'umidità è caratterizzato da un 
essicamento che non avviene in maniera uniforme, in quanto le parti esterne si asciugano 
prima di quelle interne. Questo fattore determina nella massa lignea differenze di volume 
che esercitano sulle fibre una pressione intensa e disuguale, formando così delle fenditure 
longitudinali nel senso della fibra, e delle caratteristiche deformazioni, dovute alla tensione 
delle fibre più esterne che, a lungo andare, provoca la lororottura delle fibre con formazione 
di spaccature trasversali al senso della fibra. Questi movimenti del legno portano a gravi 
conseguenze sul rivestimento di gesso e sulla doratura. 
10
 Cfr. RAFFAELLO NARDI BERTI, La struttura anatomica del legno ed il riconoscimento dei 
legnami italiani di più corrente impiego. Contributi scientifico-pratici per una migliore 
conoscenza ed utilizzazione del legno, Consiglio nazionale delle ricerche, Istituto del legno, 
Firenze, 1979. Legno bianco e leggero, con una tessitura abbastanza fine, appartenente 
alla famiglia delle latifoglie. Di facile lavorazione, trova impiego soprattutto per sculture ed 
intaglio. 
11
 Cfr. G. GIUBBINI, La scultura in legno, cit. I legni più esposti a questi attacchi sono quelli 
dolci non resinosi. 
12
 Cfr. TIZIANO SCARPA, Vivere con un leone, in «Il Gazzettino», 10/12/2006: «E i nomi dei 
turisti. Stento a crederlo, ma questo leone è tatuato da decine di nomi: sui garretti, sulla 
schiena. C'è perfino chi gli ha inciso sul fianco una grande zeta di Zorro. Anna, Anto, 
Bruna, Dani, Lisa, Mario, Pina, Pucci, e tutti voi che avete lasciato il vostro graffito con la 
punta di una chiave: mi verrebbe da richiamarvi qui uno per uno, per scrivervi una parola 
poco gentile sulla fronte con un pennarello indelebile». 
 11 
 
Figura 7. Venezia, Basilica di San Marco. Leone andante marciano di Alvise Bianco e collaboratori, 
1490. Legno dorato, cm 220 x 139 x 45. 
 12 
1.3 Le materie prime 
 
 
1.3.1 Il supporto ligneo 
 
Il legno è stato spesso impiegato come supporto di manufatti artistici; la sua 
più singolare caratteristica è quella di essere un materiale ‘vivo’: in altre parole, 
anche con il passare degli anni esso mantiene una certa capacità di reazione 
all’ambiente, determinata sia dalla sua natura, sia dai trattamenti subiti.   
Il legno è un materiale anisotropo, ovvero caratterizzato da un differente 
comportamento alle sollecitazioni esterne lungo tre direzioni corrispondenti a tre 
delle sezioni più caratterizzanti del taglio del tronco (quella trasversale, quella 
radiale e quella tangenziale). 
È prodotto dalla proliferazione del cambio, un tessuto indifferenziato, il 
quale produce esternamente il floema o libro (corteccia interna) ed 
internamente lo xilema o legno, suddiviso in alburno e durame. Il cambio è 
responsabile della crescita secondaria o radiale della pianta, che avviene ogni 
anno, testimoniata dagli anelli di crescita. Lo spessore, la densità e, come 
conseguenza, il colore di questo strato sono variabili in base al periodo di 
crescita (ovvero la stagione), alla specie e all’età della pianta, oltre che alla 
composizione del suolo e alle condizioni climatiche esterne. La tipicità 
dell’accrescimento legnoso permette di ricostruire attraverso l’andamento degli 
anelli il clima dei luoghi di provenienza e utilizzare le informazioni per la 
datazione degli oggetti lignei (dendrocronologia). 
 
 13 
 
Figura 8. Struttura macroscopica del legno. 
 
Le essenze legnose utilizzate per le opere d’arte sono comprese in due 
grandi gruppi: conifere (gimnosperme) e latifoglie (angiosperme). 
Il legno dolce delle conifere (omoxilo) è uniforme nella struttura, costituito da 
fasci di cellule che formano i tessuti legnosi, i quali hanno funzione sia di 
conduzione13 che di sostegno14. I tessuti di sostegno contengono il parenchima, 
ovvero il tessuto di riserva, costituito da cellule disposte per lo più in senso 
radiale rispetto all’andamento del fusto. Caratteristica peculiare è la presenza 
dei canali resiniferi. 
 
 
13
 Cfr. GIUSEPPINA PERUSINI, Il restauro dei dipinti e delle sculture lignee. Storia, teorie e 
tecniche, Udine, Dal Bianco, 1985. Funzione di conduzione svolta da vasi di tipo aperto 
detti trachee, che portano l'acqua e i sali minerali alle foglie. 
14
 Ibidem. Funzione di sostegno svolta da fibre allungate in senso longitudinale con la 
parete molto ispessita e lignificata. 
 
 14 
 
Figura 9. Legno di conifera. 
 
Il legno duro delle latifoglie (eteroxilo) ha una struttura eterogenea, 
essendo composto, oltre che di tessuto parenchimatico, sia di fibre che di 
vasi con punteggiature, molto più semplici dei precedenti. 
 
 
Figura 10. Legno di latifoglia.