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Introduzione 
Un secolo è passato da quando l’illustre professore Francesco Carnelutti, 
scriveva una pietra miliare per le scienze giuridiche italiane ed in particolare per il 
diritto del lavoro e per quella che diverrà, col tempo, la materia della previdenza e della 
sicurezza sociale. I contemporanei dell’opera “Infortuni sul lavoro”, nonostante 
l’indubbia professionalità del Carnelutti, forse mai avrebbero immaginato che, a 
distanza di un secolo, tali considerazioni fossero ancora fondamentali ed essenziali per 
una maggiore ed approfondita conoscenza della materia riguardante l’infortunio sul 
lavoro. Dopo la prima normazione della materia
1
, nel corso degli anni, altri interventi 
del legislatore hanno modificato e approfondito l’argomento, tra cui sono da citare il 
“Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul 
lavoro e le malattie professionali”
2
 e la più recente modifica dello stesso, effettuata 
tramite delega legislativa
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, all’inizio del nuovo millennio.  
Nella storia evolutiva della materia non bisogna dimenticare il contributo 
fondamentale della copiosa giurisprudenza che ha modellato e ampliato i margini della 
tutela sociale per gli infortuni sul lavoro, e soprattutto, fino al citato decreto del 2000, 
una giurisprudenza che, approfondendo i confini della cosiddetta occasione di lavoro, 
ha introdotto e previsto la tutela per l’infortunio in itinere, e cioè per tutti quei sinistri 
che i lavoratori subiscono lungo il tragitto che li porta da casa al lavoro ovvero al loro 
ritorno tra le mura domestiche. L’opera riformatrice della giurisprudenza non si è 
conclusa con l’emanazione della norma sull’infortunio in itinere, ma ha continuato ad 
evolversi fino al punto di prevedere ed ampliare la tutela a favore di alcune figure 
lavorative, allargando i margini dell’identificazione dell’itinere protetto e tutelato, 
ovvero dell’utilizzo del mezzo consentito per il viaggio, comprendendovi anche 
l’utilizzo del mezzo privato o alternativo ai mezzi pubblici, delimitando i confini delle 
aree private, casa o pertinenza che sia, da cui identificare l’infortunio sulla via del 
lavoro, fino ad arrivare a definire le interruzioni di spazio e di tempo di un eventuale 
sinistro occorso sulla via da o per il luogo di lavoro. Inoltre la giurisprudenza ha dovuto 
                                                           
1
 L. n°80/1898 
2
 D.P.R. n°1124/1965 
3
 D. lgs. n°38/2000
4 
analizzare le situazioni limite definite dalla norma di legge, occupandosi di infortuni in 
itinere in occasione di spostamenti tra luoghi di lavoro differenti, in caso di pausa 
pranzo, ed approfondendo le ipotesi di esclusione della tutela previsti dalla legge nei 
casi d’abuso di sostanze psicotrope o stupefacenti o di alcool, ovvero in caso di mancato 
possesso della relativa abilitazione di guida richiesta per il mezzo guidato. 
Oggi la maggior parte della dottrina, sulla base della copiosa giurisprudenza e 
sull’idea di un ampliamento della tutela indirizzata indistintamente alla persona che 
lavora, trascurando le distinzioni di tipologia di attività ovvero d’incidente, richiede un 
adeguamento legislativo, anche sulle esperienze normative di altri stati stranieri, in 
un’ottica di tutela della persona in generale e non della persona che lavora, ovunque 
essa si trovi ovvero a qualunque attività sia addetta. Proprio da questa situazione 
emergono tuttora casi di mancata tutela assicurativa, situazioni che stridono nei 
confronti della tutela onnicomprensiva che si suole interpretare dalla Carta 
Costituzionale. Casi di mancata o difficile concessione della tutela pongono una ancor 
più profonda riflessione sulla reale efficacia ed adeguatezza della nostra normativa 
vigente.
5 
Capitolo I:  
“Infortunio per via come “occasione” dell’infortunio sul lavoro”  
 
Sommario: 1. Evoluzione storica e normativa. – 2. Infortunio sul lavoro e malattie 
professionali. – 3. Attività protette e rischio assicurato. – 4. Occasione di lavoro. – 
5. Causa violenta e causa efficiente. – 6. Soggetti tutelati. – 7. Altri soggetti, 
prestazioni ed aspetti procedurali. – 8. L’infortunio in itinere come “occasione” 
dell’infortunio sul lavoro. 
 
1 – Evoluzione storica e normativa 
Tutta la disciplina nazionale riguardante l’infortunio in itinere e una sua 
categoria, che è l’infortunio sul lavoro, ha sempre avuto a sostegno ovvero a stimolo 
della stessa produzione legislativa, una copiosa giurisprudenza interpretativa ed una 
frizzante dottrina. Nuove esegesi dottrinali o giurisprudenziali hanno, di fatto, impresso 
una maggior tutela a beneficio della figura del lavoratore, visti anche i radicali 
cambiamenti che il lavoro, ed in particolar modo la produzione industriale, ha affrontato 
dalla sua nascita post rivoluzione industriale, fino ad arrivare ai giorni nostri. Le 
modificazioni del lavoro, dalle miniere di zolfo o dai carri trainati dai buoi degli inizi 
del ‘900 ci troviamo davanti agli attuali call-center e ai treni ad alta velocità, hanno 
prodotto una variazione delle situazioni di tutela, dei soggetti meritevoli di tutela, fino 
alla stessa idea fondante di tutela. I ritmi, le tipologie, i lavoratori, i datori di lavoro, le 
tecnologie, le necessità e tanti altri fattori sono cambiati ed hanno inciso fortemente 
sull’impianto della materia, sulla sua evoluzione, sulle sue modalità e finalità. In questo 
fervore, dinamismo ed evoluzionismo dell’infortunio sul lavoro e della sua “costola” 
che è l’incidente occorso per la via del lavoro, l’unico elemento che, probabilmente, si è 
mosso attraverso i tempi con cautela, quasi in punta di piedi, è stato il contributo 
normativo. 
Con la legge n°80 del 17 marzo 1898 “Prevenzione degli infortuni nelle 
imprese e nelle industrie” nasceva, nel Regno d’Italia, la prima forma di assicurazione 
sociale obbligatoria sugli infortuni degli operai sul lavoro. Nonostante
6 
l’industrializzazione non fosse ai livelli dei più importanti paesi europei, l’Italia si dotò 
di una legge che allineava il nostro paese al resto d’Europa
4
. Nacque così 
l’obbligatorietà, in quanto esisteva già una legge che prevedeva un’assicurazione 
volontaria in caso di alcuni incidenti lavorativi
5
, con il versamento di un premio, da 
parte del datore di lavoro, per far fronte ad eventuali sinistri occorsi ai lavoratori nello 
svolgimento delle proprie mansioni. Legge, quella del 1898, che esula dallo stretto 
concetto di colpa, ricomprendendo quelli che erano al tempo la gran parte dei sinistri 
lavorativi e cioè quelli derivanti dal caso fortuito ovvero dalla forza maggiore, fino 
addirittura a ricomprendervi gli infortuni avvenuti per colpa dello stesso lavoratore. 
Veniva così introdotto il principio del rischio professionale: ≪…i tempi sono maturi, 
l’industria è ingigantita, il sentimento della solidarietà umana diventa sempre più 
pronto. Il qui iure suo utitur neminem laedit, che pareva fino a ieri la distillazione della 
giustizia assoluta, comincia a diventare un’ironia. Il casus fortuitus a nullo praestatur si 
rivela un troppo comodo paravento dell’ignoranza umana. L’implacabile regolarità delle 
cifre statistiche rivoluziona i concetti dell’impreveduto e dell’imprevedibile≫
6
. 
Si inizia così ad affrontare il concetto di rischio professionale, rischio che è in 
agguato anche per il lavoratore più diligente e scrupoloso e che potrebbe incidere sulla 
sua capacità produttiva e, primariamente, sulla sua integrità fisica. Per tutelare questo 
popolo lavorativo doveva essere introdotto un sistema che potesse garantire il 
sostentamento non più possibile a seguito del sinistro subìto. L’assicurazione 
obbligatoria era quindi il mezzo tecnico per permettere questa opera sociale a favore di 
chi aveva visto ridursi, anche indipendentemente dalla propria colpa, la capacità 
lavorativa e quindi il mezzo di sostentamento proprio e della propria famiglia. 
Rischio professionale e assicurazione obbligatoria iniziano ad essere due facce 
della stessa medaglia, accompagnati dal corollario dell’esclusione della responsabilità 
civile  del datore di lavoro. Infatti, se da un lato l’assicurazione sugli infortuni 
professionali permetteva un rimborso al lavoratore sinistrato, ricomprendendovi anche i 
casi di colpa o di caso fortuito ovvero della forza maggiore che avevano procurato 
                                                           
4
 Analoga legislazione era stata emanata in Germania nel 1884, nel Regno Unito nel 1897, in Francia nel 
1898 
5
 Legge n°1473 del 08 agosto 1883 
6
 Carnelutti, Infortuni sul lavoro, I, Roma, 1913, 20-21
7 
l’incidente, dall’altro la quantificazione del rimborso era notevolmente inferiore (in caso 
di morte o inabilità permanente, il risarcimento era pari a cinque salari annui) rispetto ad 
un eventuale rimborso ottenibile con le norme di diritto comune. Il datore di lavoro, col 
pagamento del premio assicurativo, veniva comunque esonerato da qualsiasi 
responsabilità civile per l’accadimento dannoso dovuto al rapporto contrattuale in essere 
col sinistrato, evitando così un esborso maggiore rispetto al quantum che avrebbe 
dovuto accordare al lavoratore secondo le norme civilistiche. 
Questa struttura di tutela antinfortunistica subì alcuni interventi legislativi più o 
meno importanti ed incisivi, diretti a modificare vari ambiti della tutela stessa. 
Interventi si ebbero in riferimento alle tematiche della tutela soggettiva ovvero 
dell’ambito oggettivo della materia stessa. Con l’emanazione del r.d. n°51 del 31 
gennaio 1904, si ha una prima modifica della materia antinfortunistica del 1898 con la 
formazione del “Testo Unico” della materia. Altra riforma, di diverso tenore rispetto 
alla precedente, fu quella del 1917
7
, nella quale si estendeva l’obbligatorietà 
assicurativa anche al settore agricolo, con l’automaticità della prestazione a favore degli 
infortunati semplicemente sulla base dello svolgimento dell’attività protetta. Si 
ampliarono, inoltre, i soggetti passivi della tutela, ricomprendendovi anche figure 
differenti dal lavoratore subordinato, quali i proprietari terrieri, i mezzadri ovvero gli 
affittuari e le loro relative famiglie. Altra innovazione introdotta fu quella del 
finanziamento, nell’assicurazione agricola, tramite un’imposta diretta, basata 
sull’estensione dei terreni, sulla tipologia di coltura effettuata e del numero di 
manodopera impiegata, sganciandosi così dal meccanismo in vigore nel settore 
industriale fondato sul pagamento del premio commisurato all’entità del rischio 
lavorativo.  
In pieno periodo fascista, la materia tende ad assumere un indirizzo di tipo 
pubblicistico e solidaristico per i lavoratori subordinati e, proprio in quel periodo, venne 
istituito l’Istituto Nazionale Fascista per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro
8
 
(l’attuale INAIL), ente pubblico che raggruppò ed unificò tutti gli istituti assicurativi 
privati. L’anno seguente, con il Regio Decreto n°1565 del 05 ottobre venne introdotto, 
                                                           
7
 D.l.lgt. n°1450 del 23 agosto 1917 
8
 L. n°860 del 29 giugno 1933
8 
solo per il settore industriale, il riconoscimento, e quindi la relativa tutela, di alcune 
malattie professionali, ben descritte nelle tabelle allegate al decreto, cioè di alcune 
tecnopatie contratte a causa di determinate lavorazioni rischiose che obbligavano il 
lavoratore a subire la lenta ma nociva azione di fattori ambientali rischiosi. Nel settore 
agricolo l’introduzione del riconoscimento delle malattie professionali avverrà 
solamente venticinque anni dopo, con il d.p.r. n°471 del 28 aprile 1959.  
Nel secondo dopoguerra, con l’emanazione della Costituzione Repubblicana, si 
riuscì a ricondurre nei nuovi ideali di sicurezza sociale espressi in essa
9
 l’impianto 
normativo esistente. Un esempio di questa sempre più pressante idea di tutela sociale in 
caso d’infortunio o malattia è ben comprensibile dall’impianto generale della Carta 
Costituzionale, ed in particolare dall’articolo 38: ≪Ogni cittadino inabile al lavoro e 
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza 
sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle 
loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, 
disoccupazione involontaria. [omissis]. Ai compiti previsti in questo articolo 
provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. [omissis]≫. Con 
questo articolo, i padri costituzionali, non solo hanno previsto il dovere sociale dello 
Stato di intervenire economicamente nelle situazioni di bisogno, ma hanno dato 
maggiore importanza alla tutela preventiva del soggetto lavoratore, legando al dettato 
dell’articolo 38, due primari e fondanti principi universali, quali il diritto al lavoro ed 
alla salute, rispettivamente negli articoli 4 e 32 della Costituzione. 
Si arriva così a un riordino della materia della sicurezza sociale, con 
l’emanazione del “Testo Unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro 
gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”
10
 che consolida l’impianto d’origine 
corporativistica pre-costituzionale, ribadendo il concetto dell’obbligatorietà del rapporto 
previdenziale e della relativa automaticità delle prestazioni in caso di sinistro, 
alleviando così l’infortunato dal dover provare la colpa del datore di lavoro al verificarsi 
dell’infortunio o della malattia professionale, ma innestandosi in una realtà mutata dalla 
Costituzione Repubblicana. Il concetto di rischio professionale, letto alla luce 
                                                           
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 Artt. 2, 3, 32, 38 Costituzione 
10
 D.p.r. n°1124 del 13 ottobre 1965