Introduzione 
 
2
batteriche, da eccessiva concentrazione di sostanze organiche, da elevata torbidità, dalla 
presenza di melme sul fondo e di materiale galleggiante in superficie. Ciò ha comportato 
addirittura che, nel periodo estivo, numerose coste non sono agibili ai bagnanti, con un 
danno rilevante non solo per l’ambiente, ma anche per la salute umana e per l’economia di 
numerosi paesi rivieraschi, basata principalmente sulle attività legate al mare, come lo 
sviluppo turistico e la pesca. 
Gli argomenti trattati nello studio intrapreso, vogliono quindi analizzare i potenziali 
rischi legati all’immissione di acque reflue in mare, tra cui quello principale della qualità 
delle acque e nello specifico della non balneabilità delle zone costiere, trattando come 
primo argomento i criteri e le norme in vigore che disciplinano appunto la qualità delle 
acque e la relativa balneazione, individuando quali siano quelle sostanze e quei parametri 
che meglio caratterizzano un eventuale inquinamento di tipo antropico. Importante è anche 
un’analisi delle leggi vigenti nella Comunità Europea e nel resto del mondo, soprattutto sui 
criteri che portano a definire se in una zona sia consentita o meno la balneazione, in modo 
da poter effettuare corretti e significativi confronti tra i vari Paesi.  
Uno studio delle diverse normative internazionali permette inoltre di capire quali 
siano, con l’evolversi delle tecniche e delle metodologie ma anche con i cambiamenti 
ambientali, quelle sostanze da utilizzare come indicatori di un potenziale inquinamento 
dovuto ad organismi patogeni. Infatti la presenza nelle acque di molti organismi, anche 
patogeni, non è di facile determinazione, anche per il loro numero ridotto. Si utilizzano 
allora degli indicatori (p.e. coliformi fecali e/o streptococchi) caratterizzati da maggiore 
resistenza all’ambiente esterno e la cui presenza sta ad indicare la possibile contaminazione 
delle acque da una serie di organismi dannosi alla salute umana.  
Tutti questi organismi, patogeni e non, non hanno lunga vita nell’ambiente esterno, 
soprattutto in mare, dove fattori fisici come la salinità e la radiazione solare, e fattori 
biologici come micropredatori e piccoli crostacei che si nutrono di essi, possono ridurre 
drasticamente la loro concentrazione. I problemi sono quindi la continua immissione di tali 
sostanze (riducibile in parte con efficaci trattamenti di depurazione a terra) ed il possibile 
ristagno degli stessi in aree modeste, senza una appropriata diffusione in mare aperto, la 
quale invece può evitare che i suddetti organismi possano essere ritrovati in elevate 
concentrazioni in prossimità delle coste, con il conseguente rischio per coloro che 
utilizzano le spiagge a scopo ricreativo. 
Introduzione 
 
3
Per tale motivo è necessario capire e studiare i fenomeni che permettono la 
diluizione delle sostanze inquinanti, precisamente quelle scaricate attraverso condotte 
sottomarine costruite allo scopo, nonché le cause che la determinano (venti, correnti 
marine). La diluizione di una sostanza immessa in mare è chiaramente dovuta a due 
fenomeni: la sua concentrazione presente nelle acque di scarico è diversa (molto maggiore) 
da quella in mare per cui si ha un naturale spostamento verso il liquido a minore 
concentrazione (fenomeno diffusivo), con l’ulteriore contributo dovuto alla differenza di 
densità tra i due liquidi, per cui l’acqua di fogna tende a risalire in superficie accentuando 
la  diffusione. Inoltre l’acqua del mare non è in genere in quiete, ma è soggetta a moti di 
diversa natura (correnti marine, maree), i quali contribuiscono ulteriormente alla diluizione 
(fenomeno convettivo o di trasporto). A tali situazioni si aggiunge infine un fenomeno di 
mortalità batterica legato a quei fattori a cui si è accennato precedentemente. 
È utile allora comprendere l’effetto e l’entità della diluizione primaria, dovuta 
all’immissione in mare del getto uscente dalla condotta sottomarina e dall’eventuale 
presenza di appositi diffusori (che servono a migliorare tale effetto), nonché il fenomeno di 
trasporto dell’inquinante, dipendente fortemente dalle condizioni di moto esistenti 
(direzione e velocità delle correnti). In relazione a quest’ultimo punto, bisogna rendersi 
conto delle cause che determinano tale trasporto, al fine di poter stimare particolari 
condizioni sfavorevoli che potrebbero comportare la presenza di elevate concentrazioni di 
sostanze patogene nelle vicinanze di aree destinate alla balneazione e ad altri scopi 
ricreativi: p.e. venti pressoché costanti in direzione della riva oppure scarico di acque 
reflue all’interno della zona dei frangenti, tratto di mare vicino alla spiaggia nel quale lo 
scambio d’acqua con il mare aperto è limitato. 
Di fondamentale importanza è, inoltre, la sorveglianza ed il monitoraggio delle 
zone costiere, a scopo di recupero e di prevenzione, e la possibilità di utilizzare strumenti 
tecnologici innovativi (personal computer, collegamenti via radio o tramite satellite) per il 
controllo dell’inquinamento di tali zone. Un adeguato e costante programma di 
campionamento, può permettere di indagare non solo sullo stato di qualità delle acque di 
balneazione, ma anche su un repentino decadimento della qualità delle stesse, individuando 
in pochissimo tempo le cause che lo hanno generato. In tal modo sarebbe possibile avere 
sotto costante vigilanza la situazione delle acque costiere, e quindi si potrebbe intervenire 
in tempo reale in caso di emergenza (rottura di una condotta sottomarina per lo scarico di 
Introduzione 
 
4
acque reflue, immissione puntuale non autorizzata di rifiuti liquidi in prossimità della 
costa). 
Inoltre, in virtù della recente normativa per la tutela di tutte le acque (superficiali, 
marine e sotterranee), il programma di monitoraggio, esteso in alcuni punti non solo in 
prossimità della costa, sarebbe in grado di valutare la qualità e lo stato ambientale dei corpi 
idrici significativi (nel caso di acque marine costiere sono significative quelle comprese 
entro la distanza di 3.000 metri dalla costa e comunque entro la batimetrica dei 50 metri). 
Utilizzando infine tecnologie avanzate, si può pensare di trasportare tale 
monitoraggio su supporti hardware, attraverso la realizzazione di un sistema di 
telecontrollo, ovvero di un Sistema Informativo Territoriale (SIT), in cui sia inclusa anche 
una fase di modellazione, in grado di definire diverse situazioni ipotizzabili, legate alla 
variazione di alcuni dati del sistema, fornendo gli scenari che si prospettano in funzione di 
tali differenti situazioni. In virtù di ciò è obbligatorio verificare le esperienze esistenti 
riguardanti sistemi informativi per il monitoraggio delle zone costiere, analizzando le 
intenzioni e il lavoro fatti in diverse parti del mondo, in modo di capire anche il livello 
conoscitivo e tecnologico a cui si è giunti in tale settore applicativo. 
Tutto ciò viene poi rapportato ad una realtà vicina al nostro territorio: la Costiera 
Amalfitana, rinomata per le sue bellezze paesaggistiche, purtroppo non più tutte 
incontaminate. Si analizzano allora le condizioni sociali del luogo (popolazione residente e 
turistica, eventuali attività industriali presenti, ecc.), utilizzando il concetto di abitante 
equivalente al fine di omogeneizzare i carichi di differente natura; si determinano poi i 
consumi ed i fabbisogni idrici per poter risalire successivamente all’entità del carico 
inquinante incidente sulla zona in studio. 
Si svolge inoltre un’indagine sulle infrastrutture esistenti sul territorio (presenza e 
condizioni di funzionamento degli impianti fognari e degli impianti di trattamento di acque 
reflue, situazioni critiche e illegali di scarichi diretti sul territorio, ubicazione e stato delle 
condotte sottomarine di smaltimento), per poter individuare l’abbattimento delle sostanze 
scaricate dovuto proprio a tali strutture. 
Ciò permette di poter determinare la consistenza dei carichi antropici incidenti sulla 
celebre costiera, valutando quindi l’accettabilità o meno degli stessi, ed effettuando un 
confronto tra il periodo invernale e quello estivo (caratterizzato da una forte presenza 
turistica).  
Introduzione 
 
5
Di conseguenza si potrà caratterizzare il grado di balneabilità della costa, 
individuando le zone a rischio, quelle che hanno già bisogno di interventi immediati di 
riqualificazione e quelle che sembrerebbero non destare problemi, confrontando i risultati 
ottenuti con quelli forniti dalle autorità preposte alla tutela delle acque costiere e 
ipotizzando delle circostanze particolari, tali da comportare condizioni critiche lungo la 
costa.  
Infine, sulla base delle analisi fatte sul territorio costiero amalfitano e in base ai 
criteri generali esaminati nella parte iniziale dello studio, viene effettua un’ipotesi di 
monitoraggio per la costa di Amalfi, individuando i parametri (statici e dinamici) da tenere 
sotto controllo e definendo un piano di campionamento che individui sia i siti da 
monitorare, sia la frequenza con cui effettuare tale monitoraggio. 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
6
1. QUALITÀ E BALNEABILITÀ DELLE ACQUE 
 
1.1 L’INQUINAMENTO MARINO E COSTIERO 
L’ambiente marino è purtroppo esposto a numerosi impatti antropici derivanti dalle 
diverse attività umane. Tali impatti possono comportare sfavorevoli cambiamenti 
all’ecosistema marino e alle sue risorse, spesso con conseguenze per la salute umana e lo 
sviluppo economico. 
Tra i più rilevanti impatti si segnala l’immissione di rifiuti nei mari, rifiuti per i 
quali l’oceano rappresenta spesso il recapito finale. Questi rifiuti possono raggiungere il 
mare in diversi modi: alcuni materiali sono scaricati direttamente e altri sono trasportati da 
regioni distanti per mezzo dei fiumi e dell’atmosfera. In generale le fonti sulla terraferma 
responsabili della massa di rifiuti scaricati negli oceani sono principalmente rappresentate 
da liquame, scarichi industriali, acque di dilavamento di suoli agricoli. Altre fonti di 
inquinamento includono scarichi di navi e piattaforme offshore per la produzione di 
energia. 
Molti rifiuti derivanti da fonti sulla terraferma vengono depositati in zone costiere, 
spesso in aree marine sensibili o produttive; i fiumi, per esempio, trasportano le sostanze 
inquinanti da sorgenti distanti situate a monte e le depositano negli estuari. Va quindi fatta 
una distinzione tra le zone costiere, aree sensibili e assai sollecitate che ricevono 
immissioni di rifiuti concentrati, e il mare aperto, una vasta zona che riceve meno rifiuti e 
da fonti più diffuse. 
Per molte sostanze la mancanza di informazioni è tale che è difficile determinare 
esattamente se la loro distribuzione nell’ambiente marino è diminuita, e se si, di quanto. Da 
un lato azioni nazionali ed internazionali hanno permesso che siano regolate le immissioni 
di talune sostanze, principalmente quelle derivanti da fonti puntiformi; di contro le 
immissioni di rifiuti da fonti distribuite rimangono in moltissimi casi non disciplinate. 
L’utilizzo del mare come luogo di raccolta di rifiuti è però in potenziale conflitto con le 
altre attività correlate a questa grande risorsa, attività come la pesca, il turismo e la 
balneazione, che ovviamente richiedono una salvaguardia della qualità delle acque ed un 
controllo continuo onde evitare situazioni critiche irreversibili o quasi. 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
7
Come già accennato, i liquami rappresentano la maggior parte del volume di tali 
rifiuti e consistono nella quasi totalità di materia organica e nutrienti, e possono contenere 
anche organismi patogeni, metalli e altre sostanze chimiche. I problemi legati ai liquami 
sono sostanzialmente dipendenti dalle caratteristiche e dal volume dello scarico, dal tipo di 
trattamento applicato, e dalle caratteristiche del corpo idrico ricettore. Gli organismi 
patogeni presenti nei liquami esprimono una minaccia per la salute umana e per l’attività 
economica. Il consumo di pesce (p.e. molluschi) può provocare problemi gastrointestinali, 
mentre il contatto con acque contaminate può causare infezioni ed allergie. Per tali motivi, 
le autorità sulla salute pubblica hanno spesso chiuso allevamenti di molluschi e aree 
balneabili che eccedono un livello tollerabile di contaminazione; ciò però ha comportato la 
perdita di grosse opportunità per le aree costiere. Molti dei problemi associati con il 
rilascio di liquami nell’ambiente marino possono essere controllati attraverso 
un’appropriata collocazione degli scarichi (in aree con particolari capacità di diffusione), e 
con appropriati trattamenti delle acque reflue: i trattamenti secondari sono in grado di 
ridurre i livelli di batteri, mentre i trattamenti terziari sono efficaci nel ridurre il contenuto 
di nutrienti. 
 
La tabella seguente evidenzia quindi le attività causa dello sversamento in mare 
delle principali tipologie di agenti inquinanti. 
 Nutrienti Patogeni Idrocarburi Composti 
organici 
sintetici 
Metalli Rifiuti 
Solidi 
Rifiuti 
Radioattivi
Smaltimento 
rifiuti e acque 
reflue 
 
• • • • • •  
Industria 
•  • • • •  
Agricoltura 
• •  •    
Acquacoltura 
•
Trasporti 
marittimi 
 
  •   •  
Test ed energia 
nucleare  
 
      • 
Altro   Inquinam. 
atmosferico 
ed urbano 
 
Silvicoltura
 
Ocean 
Dumping 
Ocean 
Dumping 
 
Tab. 1.1 – Attività umane ed inquinanti sversati nell'ambiente marino [1]. 
 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
8
Nella valutazione degli impatti sulla qualità delle acque marine prodotti da una 
qualsiasi  attività o insediamento, oltre all'esame puntuale degli input inquinanti (o dei 
benefici apportati) è indispensabile definire la "sensibilità" dell'area, ovvero la capacità di 
assorbire i carichi senza alterare e danneggiare gli usi prevalenti delle aree sulle quali 
ricadono gli effetti dell'intervento. 
Tale capacità è da valutarsi in funzione di una serie di caratteristiche fisiche e 
geografiche locali prevalentemente dipendenti dalla possibilità di diluizione (le correnti 
costiere, la stratificazione termica, la disposizione dei punti di scarico in relazione alla 
morfologia della costa, i tempi di ricambio per le zone estuarine), ma è soprattutto da 
esaminare in rapporto alla "destinazione d'uso prevalente" dell'area. E' infatti chiaro che 
una variazione negativa di qualità accettabile per le acque di un porto può non esserlo per 
una spiaggia. Le destinazioni di uso per le quali si è soliti schematizzare le zone costiere 
sono, [1]: 
    Navigazione  ed Usi industriali: per tali destinazioni d'uso i valori di riferimento sono 
basati in primo luogo su criteri estetici per i quali è richiesta la assenza di rifiuti visibili, di 
colorazione e torbidità dell'acqua, di cattivi odori e di sostanze tossiche.  
    Pesca: gli impatti delle attività dell'uomo sulle risorse della pesca possono essere 
diretti, e causare quindi mortalità o diminuzione della produttività, oppure possono 
risultare indiretti, ovvero evidenziarsi nell'alterazione degli habitat e in un graduale declino 
delle popolazioni. Per acque marine con tale destinazione d'uso sono di interesse 
prevalente le concentrazioni minime accettabili di ossigeno disciolto e i valori limite entro 
i quali è opportuno siano contenuti il pH e la temperatura. 
    Balneazione: per la cui destinazione è indispensabile, ai fini della tutela della salute 
pubblica, il controllo dei parametri microbiologici. In particolare, si fa riferimento ad 
indicatori fecali in quanto quelli patogeni sono di difficile caratterizzazione analitica. 
    Acquacoltura: per la cui destinazione sono auspicabili limiti batteriologici ancora più 
rigorosi di quelli per la balneazione e l'assenza di sostanze tossiche in concentrazioni e 
combinazioni tali da non essere nocive alla componente biotica marina. 
    Riserve marine a diversa gradazione di tutela: in tali destinazioni sono necessari 
controlli dei parametri bio-ecologici. Ci si riferisce, in particolare, ad indicatori dei diversi 
livelli di organizzazione biologica: popolazioni, comunità, ecosistemi. 
 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
9
In realtà la differenziazione della qualità delle acque costiere in rapporto alle 
destinazioni d'uso non è sempre possibile, a causa sia della contrapposizione comunemente 
esistente fra utilizzi diversi e consolidati, sia della scarsa significatività a considerare un 
tratto di mare segregato e tale da non risentire di una differente qualità di acque confinanti. 
Per caratterizzare quantitativamente e in modo chiaro gli impatti sulla qualità delle acque, 
almeno per i parametri chimico fisici, é allora possibile fare riferimento alle condizioni di 
background, ovvero alle condizioni riscontrabili ad una distanza dalla costa o dagli scarichi 
tale da poter ritenere trascurabile l'impatto delle attività costiere, e classificare la qualità 
delle acque in funzione delle differenze con tali condizioni. 
Di seguito si riporta un’analisi dei diversi indicatori chimico-fisici che permettono 
di definire il livello di qualità delle acque marine. 
BOD 
Il BOD esprime la quantità di ossigeno necessaria a biodegradare le sostanze 
organiche presenti. Esso fornisce così l’indicazione dell’ammontare di ossigeno che sarà 
consumato durante l’assimilazione biologica degli inquinanti organici. Il BOD permette 
quindi una misura della concentrazione di sostanze organiche ed è di estremo rilievo nel 
controllo degli scarichi di acque reflue. 
Il BOD è convenzionalmente misurato in mg/l in riferimento ad una incubazione di 
5 giorni ad una temperatura mantenuta a 20°C (BOD
5
). 
 
Ossigeno disciolto 
La concentrazione di ossigeno disciolto esprime la concentrazione di ossigeno 
molecolare che si trova allo stato di soluzione nell’acqua ed è di essenziale importanza nei 
processi metabolici degli organismi viventi. La solubilità dell’ossigeno è inversamente 
proporzionale alla temperatura e alla salinità dell’acqua. Assunto il valore della salinità 
pari a 35g/Kg, la quantità di ossigeno disciolto è di 8 cm
3
/l a 0°C e di 4,5 cm
3
/l a 30°C. 
L’ossigeno disciolto nelle acque marine proviene dall’attività fotosintetica della 
flora marina e dallo scambio con l’atmosfera. Le maggiori quantità di ossigeno elementare 
si trovano in superficie dove si raggiunge l’equilibrio fra l’O
2
 disciolto e l’O
2
 atmosferico. 
All’aumentare della profondità, col diminuire della luce, l’attività fotosintetica si riduce ed 
il consumo di ossigeno da parte del biota marino supera la produzione. 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
10
pH 
 L’acqua marina è una soluzione leggermente alcalina con pH variabile mediamente 
fra 7,6 e 8,4. Variazioni significative producono danni notevoli ed immediati alla vita 
acquatica. Nella scala di qualità delle acque, il pH è valutato con riferimento alle 
condizioni di background, assumendo che a spostamenti negativi  o positivi corrispondano 
alterazioni di qualità comparabili. 
 
Solidi disciolti 
L’acqua del mare è una soluzione estremamente complessa di cui il movimento 
ondoso e la legge di Boyle applicata alle soluzioni tendono a mantenere composizione 
costante. La maggior parte dei soluti è in forma ionica. 
La salinità, espressa dal rapporto fra il peso del soluto ionico in grammi ed il peso 
dell’acqua espresso in Kg, è considerevolmente variabile attorno ad un valore medio 
comunemente assunto di 35 g/Kg (nel Mediterraneo è leggermente superiore = 39 g/Kg). 
 
Nutrienti 
L’eccessivo apporto di nutrienti può provocare l’eutrofizzazione delle acque 
costiere ed estuarine con la abnorme produzione di alghe e la colorazione delle acque. 
L’eutrofizzazione di un estuario o di una zona costiera è dovuta alla eccessiva 
presenza di produttori primari. In altre parole, si ha eutrofizzazione quando il sistema 
acquatico produce più sostanza organica (biomassa di produttori primari) di quella che i 
consumatori nel sistema sono in grado di consumare. Se il surplus è eccessivo, 
l’ammontare di ossigeno necessario alla degradazione biologica eccede l’ammontare di 
ossigeno disponibile, gli strati profondi diventano anaerobici e ciò provoca l’effetto 
eutrofizzante, con la conseguente degradazione dell’ambiente e della qualità delle acque. 
L’azoto  è naturalmente presente nelle acque marine sotto forma di gas disciolto, di 
nitrati, nitriti e ione ammonio prodotti dalle attività biologiche. Secondo la legge del 
minimo, secondo cui il fattore presente in misura minore regola il tasso di sviluppo del 
sistema, in generale nelle acque marine, tranne che in sistemi confinati (quali ad es. il mar 
Adriatico o ancor di più il mar Baltico), l’azoto rappresenta il fattore limitante. 
Il fosforo è presente principalmente sotto forma di ioni ortofosforici ed in parte 
sotto forma di composti organofosforici. 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
11
Composti tossici 
 Lo spettro delle sostanze tossiche alla vita acquatica è estremamente vasto e 
produce effetti diversi. Fra tali composti sono di importanza prevalente i metalli pesanti e i 
composti organo-alogenati. 
 I metalli pesanti (rame, zinco, cadmio, manganese, mercurio, cromo, cobalto, 
nichel, piombo, ecc.) sono presenti nelle acque in forma ionizzata. Sono naturalmente 
presenti nelle acque di mare in concentrazioni limitate in diverse forme chimiche. In 
concentrazioni elevate esplicano azione tossica sul biota marino e possono produrre 
gravosi impatti sull’ecosistema. Le concentrazioni di fondo di alcuni metalli pesanti 
possono presentare notevole variabilità in funzione delle caratteristiche geochimiche 
naturali delle aree. I metalli pesanti possono incidere sull’organismo attraverso dosi acute o 
croniche. Gli organismi marini variano rapidamente la loro capacità di bioaccumulo di 
metalli: fitoplancton e molluschi bivalvi accumulano velocemente i metalli, mentre i 
crostacei e i pesci sono in genere capaci di regolare gli elementi essenziali come zinco e 
rame, ma tendono ad accumulare metalli non essenziali come mercurio, cadmio e piombo. 
Molti delle preoccupazioni sui metalli pesanti derivano dal potenziale impatto sulla salute 
umana; a riguardo il mercurio, seguito da piombo e cadmio, rappresenta il più serio rischio: 
l’ingestione di sufficienti quantità può causare seri effetti neurologici. 
I composti organo-alogenati costituiscono un vasto gruppo di molecole organiche, 
contenenti uno o più atomi di alogeni e cioè cloro oppure fluoro, bromo e iodio, utilizzate 
in agricoltura quali pesticidi e che pervengono in mare soprattutto per effetto del 
ruscellamento superficiale e del fall-out atmosferico. I composti organo-alogenati 
esercitano un’azione tossica selettiva sugli organismi marini alterando la composizione 
delle specie delle popolazioni naturali e possono provocare delle reazioni biochimiche di 
difesa di alcuni organismi marini. 
I composti organo-sintetici sono caratterizzati da una estrema stabilità e durata, 
tossicità e/o solubilità nei grassi; queste caratteristiche permettono di accumularsi nei 
tessuti grassi degli organismi acquatici. I composti di più grande importanza sono il DDT e 
i PCB (policlorobifenili), ma nell’ambiente marino sono presenti anche altri composti 
pericolosi. A partire dalla loro concentrazione in organismi come il plankton, molti 
composti organico sintetici vengono quindi assimilati rapidamente da pesci, mammiferi ed 
uccelli marini. Tra gli effetti derivanti si ritrova un ritardo nella crescita, la diminuzione del 
potere riproduttivo e il peggioramento della naturale resistenza alle malattie. 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
12
Idrocarburi  
L’inquinamento da idrocarburi in mare è una delle forme più visibili e discusse 
dell’inquinamento marino. Circa la metà degli idrocarburi scaricati in mare proviene dalla 
terraferma, mentre l’altra metà deriva da attività in mare. Le maggiori fonti sono 
rappresentate dagli scarichi industriali, dai liquami, dalle acque trasportate dai fiumi, e dal 
trasporto marittimo. L’immissione in atmosfera dall’incompleta combustione del 
carburante e gli incidenti marittimi sono quantitativamente fonti di minore importanza. 
Lo spargimento in massa può essere letale per molte forme di vita marine, inclusi 
gli uccelli ed i mammiferi marini. Molte delle forme croniche di inquinamento marino 
negli estuari o in prossimità degli impianti industriali possono danneggiare alcune 
popolazioni animali e vegetali, nonché habitat delicati, come aree in cui sono depositate 
uova di determinate specie. 
I prodotti petroliferi sono chiaramente visibili a partire da concentrazioni di 30 
l/km
2
. Lo spessore della pellicola dipende dalla temperatura dell’acqua e dalla 
composizione e dalla quantità dell’idrocarburo. 
Oli e grassi emulsionati o disciolti possono essere estratti dall’acqua per contatto 
con alcuni solventi organici, ma la limitatezza dei dati scientifici non permette di 
classificare la qualità delle acque contaminate sulla base di misure quantitative. 
 
 
 
Solidi sospesi 
I solidi sospesi sono le sostanze presenti in acqua sotto forma di particelle sospese e 
colloidali. Si determinano in laboratorio grazie a test di filtrazione. I solidi sospesi possono 
essere sedimentabili o meno e hanno natura sia organica sia inorganica. 
Il contenuto di solidi sospesi è responsabile della torbidità delle acque e pertanto 
direttamente responsabile della qualità “estetica” dell’acqua. 
 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
13
Temperatura 
La temperatura del mare in superficie ha un ruolo predominante nello scambio con 
l’atmosfera (temperatura superficiale) ed è un parametro di regolazione di tutti i processi 
chimici e biologici dell’ambiente marino.  
La temperatura marina in superficie varia con la con la latitudine e le isoterme 
seguono approssimativamente il decorso dei paralleli. Le isoterme sono soggette a 
variazioni stagionali che si aggirano sui 10°C. la temperatura diminuisce all’aumentare 
della profondità. Temperature maggiori diminuiscono la solubilità dell’ossigeno (in 
particolare in acque salate) e, provocando un incremento di attività biologica, impongono 
maggiori domande di ossigeno. 
Le alterazioni della temperatura hanno inoltre gravose conseguenze ecologiche sul 
biota marino, anche se le forme di vita che vivono in acque poco profonde, quali quelle 
costiere, sopportano variazioni termiche maggiori rispetto alle forme di vita delle acque 
profonde. 
 
 
Coliformi fecali 
Non sono indicatori fisico-chimici ma biologici; la loro presenza è una prova diretta 
di contaminazione fecale e rappresenta un rischio sanitario nelle aree destinate ad uso 
ricreativo o alla itticoltura. Gli indicatori fecali forniscono una misurazione solo indiretta 
della presenza di patogeni, nel senso che il loro numero è un indice presuntivo della 
presenza nelle acque di altri microrganismi anche patogeni di più difficile determinazione, 
anche per il loro numero più ridotto. 
 
Si riportano le definizioni e le scale di qualità di ogni parametro con una 
suddivisione in 5 classi di qualità decrescente, [1], corrispondenti a: 
1. acque incontaminate, condizioni desiderabili; 
2. acque incontaminate; 
3. acque contaminate; 
4. acque molto contaminate; 
5. acque molto contaminate; 
 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
14
 
Indicatori unità di misura 1 2 3 4 5 
BOD
5
 mg/l 1 2 3 5 >10 
Ossigeno 
disciolto 
% di saturazione 100 85 75 60 <60 
pH 
Spostamenti dalle 
condizioni di 
background 
0 0.5 1 1.5 2 
Solidi disciolti mg/l 500 o meno 1000 2000 5000 >5000 
Nutrienti 
mg/l di fosforo 
totale 
0.02 o meno 0.05 0.10 0.20 >0.20 
Composti 
tossici 
mg/l 
Non 
rilevabili 
Tracce Tracce Presenza Presenza 
Idrocarburi 
Patina superficiale 
oleosa, alterazione 
dell’odore del mare 
e del sapore della 
fauna 
edibile,copertura di 
banchi affioranti 
assente assente limitata significativa estesa 
Temperatura 
Alterazioni dalle 
condizioni di 
background 
0 2 4 6 >6 
Solidi sospesi Torbidità in NTU 
3 o meno 
campione 
limpido 
10 
campione 
limpido 
20 
campione 
limpido 
50 
campione 
lievemente 
torbido 
>100 
campione 
torbido 
Coliformi 
fecali 
Numero per 100 ml 50 5000 20000 250000 >250000 
Tab. 1.2 – Classi di qualità delle acque marine [1]. 
 
Per ciò che riguarda strettamente le zone costiere, il crescente inquinamento sta 
minando la struttura degli ecosistemi marini e di conseguenza lo sviluppo di pesca e 
acquacoltura; inoltre si stanno mettendo in pericolo le capacità attrattive dei territori 
costieri e l’industria del turismo, nonché la qualità della vita delle popolazioni costiere.  
Riguardo alla sicurezza del cibo, l’inquinamento del mare dovuto a prodotti chimici 
tossici comporta impatti nocivi sulla pesca. Basse concentrazioni di tali prodotti non 
uccidono immediatamente la vita marina, ma sono assorbite nella biomassa della flora e 
della fauna, dove possono essere sottoposte a bioconcentrazione o biotrasformazione;  tali 
fenomeni comportano la crescita della concentrazione man mano che si sale nella catena 
alimentare. Tuttavia i problemi principali derivano dalla contaminazione microbiologica 
delle acque marine da parte di organismi patogeni. Poiché la sopravvivenza di tali 
organismi nell’acqua del mare è limitata, questi problemi sono principalmente sentiti lungo 
le coste. Se i pesci ingeriscono germi, questi germi si concentrano nell’intestino e qualche 
volta nelle branchie, ma non nella carne, per cui il rischio di infezioni nell’uomo è limitato 
Qualità e balneabilità delle acque 
 
15
se il cibo è ben cotto e se si evita di mangiare le intestina. Il rischio maggiore di infezioni, 
però, deriva soprattutto dai molluschi e in minor maniera da alghe e crostacei; con 
particolare pericolosità in quei paesi dove è consuetudine consumare tale cibo crudo. 
Un altro problema è legato allo sviluppo turistico delle zone costiere; infatti non 
solo i turisti sono esposti ad intossicazioni se il cibo risulta in qualche modo contaminato, 
ma possono contrarre infezioni sulle spiagge e nel mare. Può infatti capitare un’accidentale 
ingestione di acqua del mare, o il contatto delle mucose o della pelle con patogeni assorbiti 
in microalghe e plancton, o ancora il contatto con particolari specie marine pericolose, 
come le meduse. Infine si possono sviluppare infezioni e irritazioni cutanee a contatto con 
sabbia contaminata o rifiuti abbandonati. 
I rischi di contaminazione si accrescono poi se si considerano particolari categorie, 
come i pescatori e i lavoratori impiegati nell’acquacoltura, comprese le loro famiglie. 
Infatti questi sono grandi consumatori di pesce e quindi più esposti a qualsiasi possibile 
infezione o intossicazione derivante da cibo contaminato. Inoltre tali categorie sono in 
continuo contatto con l’acqua del mare durante il loro lavoro: se quest’acqua è inquinata o 
abitata da specie che producono tossine, potrebbero essere esposti a seri pericoli per la 
salute. 
Come si può capire chiaramente, l’immissione di particolari sostanze (p.e. derivanti 
da scarichi industriali) può causare seri rischi per l’ambiente marino e per la salute umana, 
per cui tali immissioni vanno accuratamente valutate e monitorate. Di contro la capacità 
autodepurativa del mare può essere invocata nel caso di acque di rifiuto urbane, anche 
senza eccessivi trattamenti a terra, in quanto la grande diluizione è in grado da abbassare 
l’inquinamento a livelli tollerabili. Inoltre il mar Mediterraneo è un mare cosiddetto 
“oligotrofo”, cioè carente di sostanze nutritizie, per cui l’immissione delle sostanze 
organiche presenti negli scarichi domestici, non solo non recherebbe disturbi, ma 
porterebbe ad un miglioramento della redditività del mare, agli effetti dei risultati 
conseguibili con la pesca; questo con esclusione di particolari situazioni, quali lagune o 
golfi chiusi, o anche tratti di mare in cui si verifichi un ristagno di acque basse, o per i 
quali interessi salvaguardare una particolarissima limpidezza delle acque derivante proprio 
dalla loro “oligotrofia”, cioè ridotta presenza di sostanze nutritizie e biostimolanti. La 
realtà del grave stato di inquinamento di numerose coste che addirittura, nel periodo estivo, 
non sono agibili ai bagnanti, dimostra che l’utilizzazione della capacità autodepurativa del 
mare, potenzialmente così grande, non è in realtà immediata. Infatti, masse sempre più