INTRODUZIONE 
Nell’ambito dell’approccio social-cognitivo, la teoria avanzata da Albert Bandura, 
costituisce uno dei più significativi contributi nel campo di ricerca della psicologia della 
personalità. Le persone contribuiscono a determinare il loro funzionamento psicosociale 
attraverso i meccanismi di agentività personale, ovvero, tramite la facoltà di far 
accadere le cose, di intervenire sulla realtà, di esercitare un potere causale. Secondo 
Bandura, l’espressione più diretta dell’agentività umana è rappresentata dall’ 
“autoefficacia percepita”, che corrisponde alle convinzioni che le persone hanno di 
essere capaci di dominare specifiche attività, situazioni o aspetti del proprio 
funzionamento psicologico e sociale (Bandura, 1986; Militello, 2005). 
Numerose ricerche hanno evidenziato che le convinzioni di efficacia personale risultano 
essere elementi decisivi del successo in una varietà di contesti di vita e di sfere del 
funzionamento umano, influenzando fortemente le decisioni sui tipi di attività da 
intraprendere e sulla natura degli ambienti da frequentare (Militello, 2005). 
Gli individui che più di altri riusciranno a trarre consapevolezza dall’esperienza, che 
sapranno regolarsi, dirigersi, motivarsi, e scegliere tra percorsi di azione alternativi, che 
riusciranno a interpretare, anticipare e generare eventi e situazioni, ed allo stesso tempo 
a controllare i propri processi di pensiero e i propri stati emotivi, potranno realizzare 
scenari futuri desiderati e prevenire il verificarsi di quelli indesiderati, saranno inoltre in 
grado di far fronte ad ostacoli e insuccessi quando gli si presenteranno davanti. 
L’ambito sportivo è uno dei tanti contesti in cui appare significativo il contributo delle 
credenze di efficacia personale per la spiegazione, la previsione e il cambiamento del 
comportamento, rivestendo quindi un ruolo critico nella regolazione dello sviluppo e del 
miglioramento delle competenze atletiche e nel consolidamento della prestazione di 
eccellenza e non solo (Bandura, 1997; Militello, 2005). 
Il senso di efficacia personale, infatti, risulta determinante sia in fase di preparazione e 
di allenamento, dove promuove la costruzione e il perfezionamento della prestazione 
d’alto livello, sia in fase di gara, in quanto ottimizza la scelta delle strategie, 
l’erogazione degli sforzi, e l’esecuzione e l’orchestrazione nelle diverse attività 
(Militello, 2005). 
Le ricerche sul ruolo delle convinzioni di efficacia nelle prestazioni sportive sono 
rimaste in gran parte confinate a livello individuale; tuttavia, nella maggior parte dei 
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casi, gli atleti non gareggiano per conto proprio, ma rappresentano elementi 
interdipendenti di una squadra, la cui prestazione è largamente condizionata dalla 
capacità del gruppo di operare in sinergia e di coordinare gli sforzi verso il 
perseguimento delle mete comuni. 
In questa prospettiva, l’“efficacia collettiva percepita”, cioè la credenza condivisa nel 
potere collettivo di realizzare i fini comuni desiderati, risulta tanto determinante per il 
successo e per il buon funzionamento di un gruppo, quanto la fiducia nelle proprie 
capacità personali. È, infatti, il senso di efficacia collettiva ciò che fortemente consente 
ai membri di una squadra sportiva di resistere e perseverare nei periodi in cui essa fatica 
a realizzare risultati positivi, di affrontare ostacoli e difficoltà senza scoraggiarsi e di 
mostrare l’impegno e la determinazione necessari a produrre buoni risultati (Bandura, 
1986; Militello, 2005). 
Insieme alle convinzioni di efficacia personale e collettiva, altre importanti tematiche di 
ricerca hanno stimolato la curiosità e l’interesse degli studiosi nel campo della 
psicologia dello sport. Fra queste, particolarmente rilevanti sono l’indagine sulla 
personalità degli atleti e sulle dimensioni maggiormente correlate al successo 
nell’attività agonistica; e la ricerca sulle dinamiche di gruppo e sui processi di coesione 
nella squadra sportiva (Militello, 2005). 
Il contributo empirico del presente elaborato di tesi, si rifà agli approcci teorici sopra 
discussi, con l’intento di approfondire il ruolo che le credenze di efficacia personale e 
collettiva rivestono nello specifico contesto sportivo della squadra di calcio, e della 
relazione che tali convinzioni hanno anche con la soddisfazione dell’allenatore. 
Attraverso la costruzione di due specifici questionari, si è cercato di valutare il grado in 
cui i giocatori si ritengono capaci di dominare e di gestire con successo i compiti e le 
difficoltà proprie della loro particolare attività agonistica, sia in quanto singoli atleti, sia 
in quanto squadra; le due dimensioni di efficacia percepita sono state, inoltre, messe in 
relazione ad altre variabili di interesse cruciale in ambito sportivo, quali la percezione 
della coesione di squadra, il profilo di personalità dei giocatori, e la soddisfazione 
generale e specifica degli allenatori. 
Il presente lavoro si struttura in 2 differenti capitoli: 
Il primo capitolo è dedicato all’esposizione della teoria socio-cognitiva di Albert 
Bandura, analizzando soprattutto le caratteristiche, le componenti, le fonti ed i processi 
dell’autoefficacia percepita. Successivamente viene indagato il ruolo delle convinzioni 
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di efficacia personale e collettiva nello specifico ambito sportivo, e le varie teorie e 
ricerche svolte negl’ultimi 40 anni; inoltre è stato dato ampio spazio alle varie 
dinamiche di gruppo, fondamentali all’interno degli sport di squadra, evidenziando 
nello specifico l’importanza ed il ruolo della coesione. 
Il secondo capitolo è dedicato, invece, alla presentazione di una ricerca empirica 
realizzata al fine di valutare le convinzioni di efficacia personale e collettiva nel gioco 
del calcio in relazione alla soddisfazione dell’allenatore, esaminando poi l’influenza che 
su di esse hanno le dimensioni personali degli atleti e la coesione di squadra. 
La valutazione delle convinzioni di efficacia personale e collettiva innesca un processo 
di riflessione sulle proprie capacità e su quelle della squadra in grado di stimolare il 
giocatore a prendere consapevolezza, ad elaborare o rivedere i giudizi relativi ad aspetti 
centrali della pratica del proprio sport, i quali possono non essere oggetto di riflessione 
e valutazione abituale e costante. 
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CAPITOLO 1 
"A man who doubts himself is like a man who would enlist in the ranks of his enemies 
and bear arms against himself. He makes his failure certain by himself being 
the first person to be convinced of it”. 
Alexandre Dumas 
1.1 LA TEORIA SOCIAL COGNITIVA DI ALBERT BANDURA 
Nell’ambito delle teorie social-cognitive, quella di Bandura è sicuramente quella che ha 
portato all’interno della psicologia della personalità il contributo più significativo in 
quanto caratterizzata da una vasta portata teorica e pratica. Essa ha infatti ampliato le 
conoscenze sui processi di apprendimento, richiamando l'attenzione sui diversi modi in 
cui le esperienze sociali contribuiscono alla personalità e alla regolazione della condotta 
(Militello, 2005). 
Nella teoria socio-cognitiva l’agentività umana opera all’interno di una struttura causale 
interdipendente che coinvolge una causazione reciproca triadica (Bandura, 1986). 
Questo principio stabilisce che il funzionamento della persona deriva dalle complesse 
interazioni che hanno luogo fra tre fattori strettamente correlati: l’ambiente fisico e 
sociale, i sistemi cognitivi e affettivi, che costituiscono la persona, e il comportamento 
individuale. 
Ognuno di questi fattori si influenza reciprocamente in modo bidirezionale, il che non 
significa che essi abbiano lo stesso peso, ma piuttosto che la loro relativa influenza 
varierà a seconda delle attività e delle circostanze. 
1. L’interazione bidirezionale “ sistema del sé - 
comportamento” riflette le transazioni che 
hanno luogo tra pensieri, stati affettivi e moduli 
Sistema Ambiente 
del sè 
comportamentali. Così, se da un lato, le 
credenze, le aspettative, gli obiettivi e le 
intenzioni delle persone orientano e dirigono la 
Comportamento 
loro condotta, dall’altro le conseguenze delle 
loro stesse azioni contribuiscono a determinare i 
loro pattern di pensiero e le loro risposte 
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affettivo-emozionali (Bandura, 1986). 
Il sistema del sé comprende anche le caratteristiche biologiche personali, quali sesso, 
etnia, predisposizione genetica, inoltre, le strutture fisiche, sensoriali e neurali 
influenzano ampiamente il comportamento e questo, a sua volta, può modificare i 
sistemi sensoriali e cerebrali (Greenough, Black e Fallace, 1987); 
2. La reciproca relazione tra “sistema sé - ambiente” riguarda le interazioni che si 
realizzano tra le caratteristiche personali e quelle ambientali. Le influenze ambientali, 
attraverso la persuasione sociale, il modellamento e l’insegnamento, sviluppano e 
modificano le competenze cognitive, i sistemi di credenze e le disposizioni emozionali 
(Bandura, 1986); dall’altro lato, quelle personali evocano differenti reazioni dal loro 
ambiente sociale, che dipendono dalle loro caratteristiche fisiche osservabili quali: l’età, 
il sesso, la razza, e dai loro ruoli o status conferiti socialmente. In questo processo le 
aspettative, le convinzioni e le conoscenze sono sviluppate e modificate dalle influenze 
sociali e dalla struttura fisica dell’ambiente; 
3. Infine, nel segmento “comportamento - ambiente” del sistema triadico il 
comportamento influenza l’ambiente ed è al contempo influenzato dalle stesse 
condizioni ambientali che egli contribuisce a determinare (Bandura, 1986). 
La scelta dell’individuo di compiere determinate azioni anziché altre in determinate 
situazioni, non è completamente e involontariamente determinata da eventi ambientali, 
ma piuttosto si avvale del pensiero riflessivo attraverso il quale viene esercitata buona 
parte dell’autoinfluenza (Bandura, 2000). 
L’esercizio della facoltà umana di produrre effetti implica la capacità di comportarsi in 
modo diverso da quello dettato dalle forze ambientali, piuttosto che credere 
inevitabilmente ad esse. Nelle situazioni in cui ci si sente attratti da qualcosa o costretti 
a fare qualcosa, l’agentività personale si esprime nella possibilità di astenersi dal 
compiere certi atti. Le persone costruiscono standard personali che poi utilizzano per 
guidare, motivare e regolare il loro comportamento (Bandura, 1986). L’autostima 
anticipatoria per azioni che corrispondono agli standard personali e l’autobiasimo 
anticipatorio per le azioni che non vi corrispondono sono fattori che regolano ad 
esempio il comportamento. Le persone fanno ciò che da loro un senso di soddisfazione 
e di valore personale e si astengono, invece, dal compiere atti che violano i loro 
standard personali, per evitare l’autobiasimo (Bandura, 2000). 
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Le analisi psicologiche dei meccanismi di agentività personale, dimostrano che le 
persone contribuiscono a realizzare il futuro desiderato sia utilizzando strategie 
cognitive e autoincentivi sia scegliendo e costruendo ambienti adatti ai loro propositi 
(Bandura, 1986). Quanto maggiori saranno la preveggenza, la competenza e i mezzi di 
autoinfluenza, tanto più si riuscirà a ottenere ciò a cui si aspira. 
Il secondo principio chiave della teoria social-cognitiva di Bandura riguarda quei 
meccanismi cognitivi attraverso i quali le persone sviluppano abilità e competenze 
sociali, conoscono e si adattano all’ambiente, valutano e regolano comportamenti, 
esperienze e sentimenti, cercando di gestire al meglio il proprio rapporto con la realtà, le 
capacità umane di base. 
Le capacità di base originariamente individuate sono cinque (Bandura, 1989): 
1. Capacità di simbolizzazione: consente di trasformare in simboli di tipo verbale 
e immaginativo le esperienze e può essere considerato come un potente 
strumento per comprendere e governare il proprio ambiente. La capacità di 
simbolizzazione consente all’individuo di trarre numerosi vantaggi, in primo 
luogo gli permette di regolare il proprio comportamento attraverso 
l’anticipazione di azioni e delle loro conseguenze. In ambito sportivo, ad 
esempio, il fatto che l’atleta immagini di svolgere correttamente una certa 
attività, migliora sia lo sviluppo che l’esecuzione di abilità motorie, questo 
ovviamente se associato oltre che al possesso delle necessarie abilità anche alle 
convinzioni. Inoltre, la capacità di simbolizzazione consente di comunicare con 
gli altri, di produrre idee che trascendono l’esperienza sensoriale, di porsi degli 
obiettivi e questo è essenziale non solo ai fini dell’apprendimento, ma anche 
per la motivazione; 
2. Capacità di apprendere per imitazione (esperienza vicaria): è la capacità di 
assimilare conoscenze ed abilità tramite l’osservazione del comportamento 
altrui e la rilevazione delle conseguenze che esso genera. In ambito sportivo 
questo è un fattore molto importante perché vedere persone, con competenze 
simili alle proprie, che eseguono con successo una certa attività accresce la 
convinzione di poter effettuare a sua volta quella particolare azione. Allo 
stesso modo, il fatto di vedere persone, con competenze presumibilmente 
simili alle proprie, fallire nonostante la profusione di impegno riduce i giudizi 
9 
di autoefficacia degli osservatori e ne diminuisce l’impegno. Attraverso 
l’osservazione si impara a perfezionare le proprie abilità confrontando le 
proprie prestazioni con quelle altrui e individuando le strategie e le soluzioni 
migliori che conducono al successo; 
3. Capacità di previsione: corrisponde alla capacità di proiettarsi nel futuro per 
anticiparne gli eventi, trascendendo i vincoli del passato e del presente. Gli 
individui stabiliscono standard personali, anticipano le probabili conseguenze 
dei loro comportamenti e selezionano e realizzano corsi d’azione volti a 
produrre risultati desiderati e ad evitare quelli indesiderati. La capacità 
d’anticipazione è legata alla simbolizzazione in quanto è il processo che 
permette di rappresentare eventi futuri; 
4. Capacità di autoregolazione: si riferisce alla capacità di stabilire obiettivi e di 
valutare le proprie azioni facendo riferimento a standard interni di prestazione. 
Le persone possiedono capacità autoregolatorie che permettono loro di 
monitorare e governare la propria condotta, i processi di pensiero, gli stati 
affettivi. In assenza di tale capacità le persone cambierebbero continuamente 
direzione, non avendo un principio stabile a cui rifarsi; 
5. Capacità di autoriflessione: consente di analizzare le proprie esperienze e di 
pensare ai propri stessi processi di pensiero. Riflettendo sulle loro esperienze e 
su ciò che sanno, le persone possono arrivare a una generica conoscenza su se 
stessi e sul mondo che le circonda (Caprara, 1997). Nella prospettiva social-
cognitiva, le persone non sono semplicemente agenti del proprio sviluppo, ma 
anche “autoesaminatori” del loro stesso funzionamento. È in parte valutando la 
propria efficacia che gli individui scelgono cosa fare, quanto sforzo mettere 
nelle attività e quanto perseverare di fronte agli ostacoli e ai fallimenti. 
Queste capacità, pur essendo funzionalmente distinte, operano in sinergia. Le persone, 
infatti, regolano la propria vita emotiva e sociale grazie al sistema interagente di 
processi autoreferenziali che derivano dalle capacità di base. Stabilire obiettivi, 
monitorare il comportamento in funzione di standard personali, prevedere gli esiti delle 
proprie azioni, valutare e riflettere sulle capacità di affrontare le sfide future, consentono 
alle persone di esercitare quella autoinfluenza alla base dei processi di causazione 
reciproca e rendono possibile il ruolo attivo dell’uomo. 
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1.2 IL SENSO DI EFFICACIA NELLA TEORIA SOCIOCOGNITIVA 
Nel corso degli anni sono state proposte molteplici teorie riguardo alla capacità di 
esercitare un controllo sugli eventi, data la notevole importanza di questa funzione nella 
vita umana. Il livello di motivazione, gli stati affettivi e i comportamenti delle persone 
sono basati più sulle proprie convinzioni che sulla realtà oggettiva delle cose (Bandura, 
1996). 
La maggiorparte delle teorie sostengono che gli individui sono spinti a controllare gli 
eventi della loro vita tramite una pulsione innata. Queste teorie limitano l’interesse per il 
processo di sviluppo dell’autoefficacia, in quanto le persone verrebbero al mondo già 
completamente dotate di essa. Il fatto che quasi tutte le persone cerchino di esercitare 
almeno un minimo di influenza su alcune delle cose che hanno un effetto su di loro, 
però, non indica necessariamente l’esistenza di un fattore motivante innato (Militello, 
2005). 
Con la scoperta dell’autoefficacia percepita prende corpo la nuova teoria sociale 
cognitiva, e con essa la convinzione di una mente proattiva, di un pensiero 
autoreferenziale, di un sistema personale di autoregolazione: cioè di una personalità 
attivamente impegnata a trasformare l’ambiente che crea le condizioni per la sua 
esistenza ed il suo sviluppo (Bandura, 1997). 
Le persone contribuiscono a determinare il loro funzionamento psicosociale attraverso i 
meccanismi di agentività (agency) umana, influenzando intenzionalmente il proprio 
sviluppo personale e le circostanze della propria vita. La caratteristica essenziale 
dell’agentività è la facoltà di generare azioni mirate a determinati scopi. Secondo il 
concetto di agentività personale, le persone si fanno agenti del loro comportamento, in 
quanto capaci di produrre un effetto, infatti se le persone non credessero di poter 
produrre con le loro azioni gli effetti che desiderano, avrebbero pochi stimoli ad agire. 
(Bandura, 1995). 
Bandura identifica nel senso di efficacia l'elemento chiave per l'analisi dell'agentività 
umana, in quanto dà una misura della capacità di orchestrare al meglio le proprie 
condotte e, perciò, le proprie relazioni con la realtà nei diversi contesti in cui si declina 
l’attività individuale (Caprara, 2001). 
Il senso di Autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di 
organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati 
risultati (Bandura, 1997). 
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Tali convinzioni giocano un ruolo molto importante nei vari contesti dell’esperienza 
individuale, dal momento che i modi in cui le persone decidono di agire e gli scopi che 
si prefiggono sono fortemente regolati da come e da quanto esse ritengano di essere 
capaci di affrontare le situazioni in cui si trovano. La motivazione ad agire e ad 
impegnarsi, infatti, trova scarsi stimoli se manca la percezione di essere all’altezza o di 
avere buone probabilità di successo. 
Si possono individuare tre variabili che distinguono il costrutto di autoefficacia: il 
livello, inteso come la difficoltà del compito da intraprendere e l’aspettativa di portarlo a 
termine; la forza, intesa come il sentimento di fiducia nelle proprie capacità relative al 
superamento del compito ed infine l’ampiezza, relativa al settore di cui il compito fa 
parte. L’autoefficacia è il mediatore tra l’individuo e la sua azione, e per Bandura 
influenza le attività che si intraprendono, lo sforzo che si fa, la perseveranza nonché le 
reazioni emotive legate all’azione e all’esito di essa. 
Bisogna notare, però, come il concetto di autoefficacia si differenzia, ad esempio, da 
quello di autostima per il fatto che riguarda giudizi di capacità personale, ovvero quanto 
una persona si sente capace di fare una determinata cosa, mentre il concetto di autostima 
riguarda giudizi di valore personale. Spesso però, erroneamente, vengono usati in modo 
intercambiabile. Tuttavia, non c’è una relazione definita fra le convinzioni circa le 
proprie capacità e il fatto di piacersi o non piacersi, una persona può giudicarsi 
irrimediabilmente inefficace in una data attività senza per questo patire una qualsiasi 
perdita di autostima (Bandura, 2000). 
Talvolta, anche il locus of control viene erroneamente scambiato per l’autoefficacia 
percepita, in quanto consiste nel grado in cui si ritiene che gli eventi siano determinati 
dalle proprie azioni o, piuttosto, da una forza al di fuori del proprio controllo. Un alto 
locus of control non coincide necessariamente con un elevato senso di benessere, a volte 
infatti i soggetti possono lo stesso sentirsi scoraggiati perché ritengono di essere privi 
dell’efficacia personale necessaria per produrre prestazione di livello superiore. 
Bandura, inoltre, distingue i giudizi sulla self-efficacy dalle aspettative per i risultati. 
La self-efficacy è una valutazione della propria abilità nel compiere un’azione di un 
certo livello, mentre l’aspettativa per i risultati riguarda la valutazione dei 
comportamenti che condurranno ai risultati desiderati. Ad esempio, una donna può 
credere che correndo una maratona in meno di due ore otterrà riconoscimenti sociali, 
denaro, soddisfazione personale (aspettativa), ma può chiedersi se sia realmente in 
grado di correre così veloce (ipotesi di efficacia) (Lombardo et al., 1994). 
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Sebbene il comportamento sia meglio previsto se si considerano sia le opinioni 
individuali sui propri risultati che quelli sulla self-efficacy, Bandura (1986) sostiene che 
quando le ipotesi sulla propria efficacia sono verificate, esse spiegano gran parte della 
variabilità circa il tipo di risultati che la persona si aspetta. 
1.2.1 LE FONTI DELLE CONVINZIONI DI EFFICACIA 
Le convinzioni delle persone riguardo alla propria efficacia costituiscono uno degli 
aspetti principali dell’autoconoscenza, e si possono originare da 4 fonti principali: 
Figura 2 
Fonti dell’autoefficacia percepita 
Esperienza diretta Esperienza vicaria Persuasione verbale Stati fisiologici 
Convinzioni di 
autoefficacia 
1. l’ esperienza di gestione efficace (esperienza diretta), costituisce la via più 
proficua per acquisire un forte senso di efficacia (Bandura, 1982). I successi, infatti, 
determinano una solida fiducia nella propria efficacia personale, i fallimenti, invece, la 
indeboliscono, in particolar modo qualora si verifichino prima del costituirsi di un saldo 
senso di efficacia. Se le persone sperimentano solo facili successi, però, in seguito 
tenderanno ad aspettarsi risultati rapidi, e si scoraggeranno facilmente di fronte agli 
insuccessi. Affinché il senso di efficacia sia resiliente, è necessario invece un tipo di 
esperienza diversa, e cioè quella del superamento di ostacoli grazie ad un impegno 
perseverante. Le difficoltà e le regressioni sono utili perché insegnano che 
normalmente, per avere successo, bisogna continuare ad impegnarsi, e permettono di 
imparare a trasformare gli insuccessi in successi, affinando la propria capacità di 
controllare gli eventi. Numerose ricerche hanno dimostrato come il padroneggiamento 
attraverso l’azione diretta produce convinzioni di efficacia più forti e generalizzate 
rispetto ai mezzi di influenza basati soltanto su esperienza vicarie, stimolazione 
cognitiva o insegnamento verbale. Bisogna notare, però, come i cambiamenti del senso 
di efficacia dipendono, più che dalle prestazioni in sé, dall’elaborazione cognitiva delle 
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