Date queste premesse il presente lavoro cerca di contribuire ad analizzare i 
principali fattori che caratterizzano e condizionano l’organizzazione di 
professionisti che erogano servizi di consulenza alle imprese.  
Gli obbiettivi di questa tesi sono quelli di osservare il servizio consulenza come 
parte del più vasto fenomeno dell’economia dei servizi, offrendo gli strumenti 
teorici ed analitici per l’analisi delle soluzioni organizzative adottate dalle 
imprese del settore. 
Il primo capitolo cerca di collocare il servizio di consulenza nell’emergente e 
vasto fenomeno dell’economia dei servizi, individuandone, grazie ai recenti studi 
di “Service Management”, le peculiarità. In particolare, dopo alcune riflessioni 
sulla crescente importanza del terziario nell’economia postindustriale, 
l’attenzione si concentra sulle caratteristiche distintive del servizio di consulenza 
e sulle fasi del processo attraverso cui viene erogato. 
Nel secondo capitolo si completa il quadro di riferimento includendo il servizio di 
consulenza di direzione tra le attività dei “professionals”: definiti non tanto 
dall’attività svolta, ma dalla condivisione di particolari problemi gestionali. 
Vengono poi definite le dimensioni dello spazio economico in cui si è sviluppata 
l’offerta e si svolgerà la competizione tra le imprese di consulenza. L’intenzione è 
quella definire le tipologie di servizio offerte e le competenze professionali 
tipiche del settore per delineare un quadro della competizione passata e futura. 
Il terzo capitolo affronta il centrale e delicato tema della gestione e 
dell’organizzazione delle imprese di consulenza. Vengono indicati i modelli 
organizzativi più idonei a rappresentare la complessità e le dinamiche tipiche del 
settore. In particolare si presenta una visione della gestione delle imprese di 
consulenza basata sulla centralità delle risorse umane e della variabile conoscenza 
come fonte di vantaggi competitivi sostenibili. L’approccio di tipo situazionale 
 (contingency) e il modello organizzativo “ipertestuale”, mutuato dagli studi di 
“Knowledge Management”, completano l’insieme degli strumenti teorici ed 
analitici presentati in questa prima parte.  
Nella seconda parte della tesi si è cercato, alla luce degli aspetti teorici proposti, 
di verificare la tesi secondo cui la forma organizzativa adottata dipende in 
particolar modo dal tipo di servizio e dal sistema di erogazione adottato. 
Nella scelta delle realtà da analizzare si è cercato in particolare di prendere in 
esame imprese di consulenza che erogassero servizi con caratteristiche 
sostanzialmente diseguali per poter osservare la diversità delle forme 
organizzative e dei sistemi di gestione delle risorse umane adottati.  
Le due Società selezionate infatti, oltre ad appartenere a diversi
3
 segmenti 
specialistici della consulenza di direzione, si distinguono per la diversità della 
domanda e il tipo di relazione instaurata con il cliente. 
Mentre il servizio erogato da Gruppo PRO deriva la propria complessità dalla 
forte personalizzazione e dalla intensa interazione richiesta al cliente, l’offerta di 
GMPRgroup è molto ampia e diversificata, ma non esige una particolare 
partecipazione dell’impresa cliente.  
Il metodo di indagine e di raccolta delle informazioni utilizzato è stato quello 
delle interviste. Più precisamente, dopo un incontro preliminare con uno dei soci, 
nel quale sono stati presentati gli obbiettivi della tesi, si sono succedute interviste 
e colloqui, con dipendenti e collaboratori delle due Società, nei quali sono stati 
affrontati gli aspetti salienti dell’organizzazione e della gestione.  
L’analisi dei casi di studio non ha la presunzione di esaurire il dibattito sulle 
dinamiche organizzative tipiche delle imprese che erogano servizi di consulenza, 
                                                           
3
Il Gruppo PRO S.p.A. di Crespellano (Bo) è il leader a livello regionale nel campo dei 
sistemi informativi e delle tecnologie informatiche mentre la GMPR S.n.c. di Bologna è 
specializzato nel segmento dei servizi di consulenza di marketing e di relazioni pubbliche. 
 ma si ripropone di approfondirne alcuni aspetti e verificare la validità degli 
strumenti analitici e dei modelli teorici considerati. 
Questa ricerca, in particolare per l’analisi dei casi di studio, è stata resa possibile 
grazie all’aiuto di diverse persone. I primi ringraziamenti vanno all’ing. Rodolfo 
Vignocchi, presidente di Gruppo PRO, e al dott. Corrado Gualerzi, socio 
fondatore di GMPRgroup, che hanno dimostrato sin dall’inizio interesse per 
l’argomento della ricerca contribuendo a definirne il metodo. Un grazie sentito va 
inoltre a tutte le persone intervistate per la preziosa collaborazione e disponibilità 
dimostrata, sia all’interno di Gruppo Pro che in GMPRgroup.  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
PARTE PRIMA: 
 LA CONSULENZA NELL’ECONOMIA DEI SERVIZI. 
 
 
 CAPITOLO 1.    Il servizio nell’economia post-industriale. 
 
1.1 Il terziario nell’economia post-industriale. 
Partendo dal dato ormai consolidato che più della metà del prodotto nazionale lordo, 
nei paesi occidentali, viene prodotto nel cosiddetto settore dei servizi
4
, cerchiamo di 
capirne l’evoluzione. L’obbiettivo preliminare della ricerca è di chiarare i confini del 
fenomeno che viene definito con il termine economia postindustriale o economia dei 
servizi. 
I primi studiosi che si interessarono di servizi, indagarono principalmente sulla 
produttività delle attività terziarie nei confronti delle altre attività economiche. A 
questo filone di indagine Fisher 
5
 (1939) diede un contributo determinante definendo 
la tripartizione delle attività economiche che ancora oggi viene spesso usata come 
riferimento per descrivere e studiare i fenomeni economici.  
Egli definì primarie le attività estrattive di materie prime dell’ambiente fisico e/o 
utilizzabili per le altre attività economiche (agricoltura, pastorizia, caccia, pesca, 
silvicoltura, miniere, cave etc.. ); considerò un settore secondario, costituito dalle 
industrie manifatturiere, mediante le quali si producono beni tangibili ricavati dai 
beni primari; chiamò terziarie tutte le altre attività.  
Fisher individuò inoltre una relazione tra l’occupazione entro i tre settori definiti ed il 
livello di sviluppo del sistema economico. Secondo questo autore l’evoluzione del 
sistema economico di un Paese avviene seguendo tre stadi successivi, ognuno 
caratterizzato da un settore predominante. L’ultimo stadio dello sviluppo, quello più 
evoluto, sarebbe caratterizzato dalla preponderanza, in termini di forza lavoro 
occupata, del terziario rispetto alle altre due attività economiche. 
                                                           
4
Per ampliare si veda: GRÖNROOS CHRISTIAN, 1990, Service Management and 
Marketing. Managing the Moments of Truthin Servive Competition, Lexington 
Massachusetts/Toronto, Lexington Books (trad. it.: 1994, Management e Marketing dei 
Servizi, Torino, Isedi). 
5
 Si veda: FISHER  A.G.B., 1939, Production, Primary Secondary, Tertiary, in Economic 
Record, 15 June. 
 Intorno agli anni ‘40 poi, Colin Clark riprese l’analisi del processo di terziarizzazione 
e, in analogia con gli studi precedenti, definì le “service industries” in senso 
residuale: come attività economiche né primarie né secondarie 
6
. 
Questo primo periodo di studio del  terziario si concentrò sul teorico legame tra 
sviluppo economico e peso, misurato dalla ricchezza prodotta, dei diversi settori 
nell’economia. I risultati di queste prime sistematizzazioni vennero però vanificati 
dall’osservazione che Paesi il cui prodotto interno era simile mostravano gradi 
diversi di terziarizzazione
7
. 
A questi primi studiosi deve comunque essere riconosciuto il merito del tentativo di 
emancipazione dai condizionamenti degli economisti classici che relegavano le 
attività terziarie, commercio incluso, nella categoria delle attività improduttive. 
Un diverso e più recente orientamento nello studio delle attività e delle imprese del 
terziario ha superato l’approccio economico-evoluzionistico, proposto da Fisher 
8
, 
cercando di concentrarsi sulla natura degli aspetti innovativi della nuova economia 
dei servizi (post-industriale). Questo nuovo filone di ricerca si aggiunse all’esigenza 
più analitica e classificatoria delle “service industries”, quale settore in espansione e 
strategico per lo sviluppo di molte economie. 
Oggi però perde di significato parlare di settore terziario definito residualmente e 
diviene invece essenziale riconoscere le caratteristiche delle attività terziarie divenute 
strategiche per l’evoluzione del sistema economico. Per fare questo e comprendere la 
nuova economia dei servizi è importante partire da un concetto fondamentale: la 
principale differenza tra l’economia industriale e quella dei servizi è che la prima 
attribuisce sostanzialmente valore solo ai prodotti che esistono materialmente e che 
vengono scambiati, mentre nell’economia di servizio il valore è strettamente 
collegato alla performance e alla reale utilizzazione, da parte del singolo fruitore, di 
                                                           
6
Vedi: CLARK C., 1940, The conditions of  Economic Progress, Macmillan, Londra. 
7
 Il significato dato al termine terziarizzazione è come in VACCÀ S. (Il terziario nella 
società industriale, Angeli,  Milano, 1980) utilizzato per esprimere il fenomeno di un 
aumento del peso relativo delle attività di servizio (in termini occupazionali e di valore 
aggiunto) rispetto a quello delle attività industriali, pur in presenza di una tendenza alla 
crescita o perlomeno alla conservazione dei livelli assoluti raggiunti dalla produzione 
industriale 
 prodotti integrati in un sistema di erogazione in cui la componente immateriale 
riveste una grande importanza.  
Se durante la rivoluzione industriale il valore dei beni poteva essere in pratica 
identificato con i costi necessari per la loro produzione, il concetto di valore 
all’interno dell’economia dei servizi si orienta sempre più verso la valutazione dei 
costi in base ai risultati ottenuti nel periodo di utilizzazione. 
Mentre in passato i produttori di beni industriali potevano basarsi quasi 
esclusivamente sulle qualità tecniche offerte, senza il bisogno di offrire ai loro clienti 
servizi o altri accessori che oggi questa componente immateriale è divenuta 
indispensabile per differenziarsi e resistere alla crescente concorrenza.  
Oggi, a causa dell’emergere della società dei servizi e della concorrenza sui servizi, è 
cambiato il modo di ottenere e conservare il vantaggio competitivo. Capire il valore 
della componente servizio incorporata nell’offerta ed utilizzarla al meglio è la sfida 
che attende ogni impresa, qualsiasi sia l’attività intrapresa. 
Lo sviluppo dell’economia post-industriale coinvolge tutte le categorie di impresa, 
modificando le regole della competizione introducendo tre grandi temi 
9
: 
• la progressiva dematerializzazione delle attività della catena del valore delle 
imprese; 
• l’affermarsi di combinazioni di offerta complesse, composte di elementi tangibili 
ed intangibili; 
• l’evoluzione degli scambi tra gli attori del sistema economico: da transazioni 
isolate, di tipo spot a relazioni di medio/lungo termine. 
Date queste caratteristiche della nuova economia dei servizi appare chiaro come tutte 
le cifre relative alle dimensioni del settore dei servizi tendono a sottovalutarle, tanto 
che c’è chi assimila il terziario ad una “pattumiera statistica” 
10
.  
                                                                                                                                                                    
8
 Vedi: FISHER  A.G.B., Production, Primary Secondary, Tertiary, in Economic Record, 15 
June. 
9
Tratto da: Aiello G.M., 1995, Consulenza di direzione e creazione di conoscenza, CEDAM, 
Padova (Pag.2). 
10
Vedi: VOLPATO G., 1991, “ I servizi alla produzione in quanto espressione di un lavoro 
immateriale”, in Ascoli U. (a cura di), “La crescita del terziario per il sistema produttivo”, 
Marsilio , Venezia. 
 Nascono da questi problemi le ricerche sul cosiddetto terziario implicito. Si cerca di 
individuare la reale dimensione delle attività terziarie ignorando le precedenti 
classificazioni, dettate dai canoni dell’economia industriale, concentrando invece 
l’attenzione sulla natura dell’attività realmente svolta. Il punto di vista adottato ed il 
criterio distintivo non è più quello dell’output prevalente, ma quello della funzione 
svolta dai lavoratori, indipendentemente dal prodotto dell’impresa nella quale 
operano. Un interessante studio condotto da Martini e Vairetti nel 1989 invita a 
“ripensare” il concetto di servizio alla luce delle caratteristiche distintive di tali 
attività e mette a fuoco la reale dimensione del terziario, o meglio delle attività 
terziarie, nel primario e nel secondario. Martini e Vairetti fanno notare che se anche 
si ipotizzasse, con un ragionamento per assurdo, di accettare in via definitiva la 
ripartizione dell’attività economica in primario, secondario e terziario, bisognerebbe 
dimostrare che ogni macrosettore sia prevalentemente costituito da attività sue 
proprie: quelle legate all’estrazione e allo sfruttamento delle risorse primarie nel 
primario, quelle di trasformazione e di produzione di di beni fisici nel secondario e 
quelle di servizio nel terziario. 
Invece, “...le indagini statistiche e l’esperienza confermano che anche il “terziario 
inplicito”
11
 misurato in questo caso solo in termini di occupati, cresce di 
importanza, mentre diminuisce quella degli addetti alla produzione diretta”. 
In altre parole gli Autori pongono l’attenzione sul fatto che, con riferimento alle 
mansioni svolte dagli addetti nei tre settori, una rilevante quota degli occupati nel 
cosidetto primario e secondario di fatto svolgono attività di servizio, ausiliare alla 
produzione principale. Da ciò deriva la presenza di una quota di terziario all’interno 
dei primi due settori.  
Se si dubitasse della tesi di Martini e Vairetti, osservando che non è degli occupati 
che bisogna parlare, ma dell’ “output” caratteristico dei diversi settori, allora 
                                                           
11
Diverse sono le indagini sul terziario implicito condotte in Italia: Cfr. F.Fioretta e A. 
Giordano, Il terziario industriale implicito sull’area milanese, Assolombarda, Milano, 1983; 
ISCO, La diffusione dei principali servizi di terziario avanzato presso le imprese industriali, 
Roma, 1983; R. Camagni e L. Malfi, Innovazione e sviluppo nelle regioni mature, Milano, 
F. Angeli, 1986 (Nota tratta da Martini M. e Vairetti U., 1989 Terziario avanzato. 
Prospettive e modelli dell’impresa futura, Milano, Il Sole 24 Ore Libri, Pag 23).  
 risulterebbe interessante ciò che sostiene J.B. Quinn
12
.  Per Quinn le “service 
technologies”  sono ormai parte di tutti i contesti dell’attività economica sino al 
punto da rimettere in discussione i confini settoriali tra le imprese, evidenziando 
nuove dimensioni della concorrenza.  Per esempio, nel trasporto aereo le compagnie 
non competono più solo con i concorrenti tradizionali, ma anche con i tour operator, 
le agenzie di viaggio i servizi di prenotazione e noleggio di autovetture. Allo stesso 
modo per i produttori di beni tangibili la concorrenza ora include non solo le 
prestazioni fisico tecniche dei prodotti che commercializzano, ma anche gli aspetti di 
servizio ad essi collegati. 
La dimensione del servizio attraversa dunque i confini tradizionali con i quali si sono 
studiate le realtà aziendali.  
Può essere utile, ora che la separazione tra industria e terziario è stata resa labile dalla 
“contaminazione” del servizio in tutte le attività economiche, riconsiderare alcuni 
prodotti e le conseguenti offerte come un continuum di combinazioni beni 
materiali/servizi immateriali.  
La rappresentazione grafica elaborata da Shostack mostra appunto come ogni bene 
possa essere considerato un insieme di offerta composto da elementi tangibili 
(elemento fisico) e intangibili (servizi accessori e ausiliari)
13
.  
Sono sempre meno i beni che possono essere collocati alle estremità del continuum, 
secondo il tradizionale criterio della tangibilità, e sempre di più quelli all’interno 
della cosiddetta “area grigia”.
14
 
                                                           
12
Per ampliare si veda: Quinn J.B., 1992, Intelligent Enterprise, New York, The Free Press 
13
Per ampliare: SHOSTACK G.I., “How to design a service”, Vol. 16, n. 1, 1982. 
14
Il concetto di area grigia (tratto da DI BERNARDO B., 1992, La produzione neo-
industriale e i servizi in Sinergie, Ed. CUIEM, Verona, Settembre-Dicembre ) connota il 
fenomeno della terziarizzazione dell’economia non in senso tradizionale, di aumento della 
parte intangibile della produzione, ma di ripensamento della logica fordista di produzione di 
massa.  
  
Fig. 1- Continuum beni materiali/servizi immateriali  
        
          Cors diformazione 
        Asitenza medica 
      Agenzia dipublictà 
 
     Teatro 
 
   Viaggio aereo 
 
             Televisione 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
     Fast-Food  
 
              Automobile             DOMINIO DEGLI ELEMENTI TANGIBILI 
 
          Alimenti per cani 
                    Sale      
Fonte: SHOSTACK G. L., 1982, How to design a service, Vol. 16, n. 1 (Pag. 52) 
 
 
In conclusione si può affermare che la diminuzione di importanza della tradizionale 
distinzione tra beni e servizi impone un ripensamento della logica industriale della 
produzione di massa (fordista) considerata separatamente dall’economia dei servizi. 
Il servizio infatti non è più l’elemento aggiunto per rispondere ai bisogni di 
flessibilità e varietà richiesti dal mercato, ma è parte integrante del sistema di offerta, 
visto come momento della relazione produttore - utilizzatore.  
BENI MATERIALI 
SERVIZI 
 
DOMINIO DEGLI ELEMENTI INTANGIBILI 
 1.2 Cosa è un servizio e come lo si eroga  
 
Chiarita l’importanza e la valenza strategica che ricopre la gestione del servizio nelle 
attività dell’economia postindustriale, sembra utile riflettere sui significati e gli usi 
che i diversi autori e la lingua ha attribuito al termine.  
Una fonte di confusione circa i criteri di individuazione delle imprese del terziario, e 
alla connessa esigenza di separarle dalle imprese manifatturiere, è data dalla 
molteplicità di contesti in cui abitualmente si impiega il sostantivo servizio. Con la 
stessa parola ci si riferisce ai servizi pubblici (scuola, sanità, poste, treni etc. .) e a 
quelli privati (alberghi, turismo, distribuzione commerciale, l’informazione etc..), ma 
anche a quelli destinati alle imprese (consulenza direzionale, certificazione di qualità 
etc..). Cerchiamo di capire cosa accomuna tutte le diverse attività menzionate, 
cominciando dall’etimologia del termine. 
Il sostantivo servizio deriva dal verbo servire e dalla parola servo
15
.  
Servire presenta diversi significati, non tutti concordanti: in primo luogo esso 
rimanda ad una situazione in cui servire è compiere atti in subordine, facendo propri 
fini altrui, o ulteriori rispetto ai propri interessi. In secondo luogo, il verbo servire, si 
richiama al sostantivo servo, ossia schiavo, contrapposto alla controparte del 
padrone. A questo proposito dovrebbe far riflettere l’inversione di ruoli che in alcune 
circostanze di cattiva gestione del servizio si verifica: a volte infatti è il cliente che 
deve, per poter accedere e fruire del servizio, mettersi a disposizione e assecondare 
l’organizzazione. In terzo luogo vi è una interessante distinzione che si rileva tra il 
termine servizievole e servile: mentre servile deriva da servo, con accezione 
negativa, servizievole viene da servizio, con l’accezione di disponibilità all’aiuto. 
Esistono poi altri etimi più lati e derivati dall’uso quotidiano: essere utile o 
indispensabile, giovare. Si nota poi che la stessa percezione del disservizio sembra 
essere frequentemente associata all’assenza di aiuto da parte dell’organizzazione che 
presta il servizio o del suo personale, ad un sentimento di abbandono alle proprie 
esigenze e problemi irrisolti. 
 Dopo un breve approfondimento sul significato e sugli usi del sostantivo servizio 
nella lingua italiana, cerchiamo di definire meglio le caratteristiche distintive e le 
peculiarità delle attività terziarie, e del sistema di erogazione utilizzato. 
Tra i vari contributi, proposti su questo argomento dagli studiosi di Service 
management, cerchiamo una definizione di servizio. Quella più diffusa e rispondente 
alle esigenze di indagine sui servizi di consulenza di direzione, è senza dubbio quella 
proposta da Normann e dalla scuola franco-nordica. 
L’autore svedese ha individuato le principali differenze tra attività manifatturiere e le 
attività di servizio. 
 
Tab. 1  Principali differenze tra beni e servizi  
                  INDUSTRIA                                                    SERVIZI 
   Il prodotto è tangibile                                 Il servizio è immateriale  
        Con l’acquisto si ha il                             La proprietà non è trasferibile  
    trasferimento della proprietà     
    Il prodotto può essere venduto                   Il servizio non può essere venduto,  
                                                                         solo erogato 
    Il prodotto può essere mostrato                  Il servizio non può essere mostrato  
     prima dell’acquisto                                       in modo efficace   
     Il prodotto è immagazzinabile                     Il servizio non è immagazzinabile  
     Il consumo è preceduto dalla                       Erogazione e consumo del servizio 
     produzione                                                  coincidono  
     Produzione, vendita e consumo                   Produzione, vendita ed erogazione 
     avvengono in luoghi diversi                         avvengono nello stesso luogo  
Il prodotto è trasportabile                              Il servizio non è trasportabile, ma 
                                                                         gli erogatori spesso possono  
                                                                         muoversi 
     La produzione è dominio del                        Il cliente beneficiario (prosumer) 
     venditore                                                      prende parte alla produzione 
     Il contatto tra azienda e cliente                     Nell’erogazione il contatto  
     è indiretto                                                     azienda/cliente è necessario 
     Il prodotto può essere esportato                    Può essere esportato il sistema di 
                                                                          erogazione, non il servizio in  
                                                                          quanto tale 
Fonte: tratto da R. NORMANN, 1985, La gestione strategica dei servizi, Etas, Milano (Pag. 35). 
                                                                                                                                                                    
15
Per ampliare si veda: CAPRANICO S., 1992,  In che cosa posso servirla. Idee e cultura 
per le organizzazioni di servizio, Guerini, Milano. 
  
Egli ha concentrato la sua attenzione sull’intangibilità dei servizi
16
 intesi come 
prestazioni svolte a favore dell’acquirente, sulla inseparabilità del momento della 
produzione da quello del consumo e sul coinvolgimento attivo del cliente. Questi 
infatti partecipa all’erogazione del servizio sia come “partial employee”
 17
, ovvero 
risorsa produttiva utilizzata dall’impresa, che come consumatore, soggetto i cui 
bisogni vengono soddisfatti. 
Il servizio consiste dunque in una prestazione che tende a soddisfare il bisogno di cui 
è portatore il cliente, una interazione sociale che coinvolge più persone. Esplicita a 
tale proposito è l’espressione di Ratwell:“goods are produced, services are 
performed”
18
. 
Secondo la più complessa definizione di Grönroos: “ un servizio è un’attività o una 
serie di attività di natura più o meno tangibile che normalmente, ma non 
necessariamente, ha luogo nell’interazione tra cliente ed impiegato e/o sistemi del 
fornitore del servizio, che viene fornita come soluzione ai problemi del cliente.”
19
 
Alla luce delle diverse definizioni presentate e delle numerose presenti in letteratura, 
le principali caratteristiche delle attività di servizio possono essere così sintetizzate: 
• il servizio ha natura interattiva anche quando non vi sono contatti interpersonali 
tra dipendenti dell’impresa e cliente, l’utilizzo di interfaccie tecnologiche richiede 
comunque delle azioni da parte del cliente che cerca una risposta dall’impresa; 
• l’attività di servizio di per sé, non genera nulla di tangibile, ma può essere 
accompagnata da beni che vengono trasferiti al cliente prima, durante e dopo 
l’erogazione (il cosiddetto packadge del servizio); 
                                                           
16
Tra le tante caratteristiche segnalate come distintive del servizio, dai molti studiosi 
interessati al dibattito, l’intangibilità è l’unico dato universalmente riconosciuto come 
caratteristico. Da questo deriva poi l’inseparabilità tra produzione e consumo, l’impossibilità 
di costituire scorte, la difficoltà di standardizzazione e l’impossibilità di effettuare controlli 
di qualità precedenti al momento dell’erogazione (momento della verità). 
17
Espressioni come: “partial employee”o il neologismo “prosumer”, unione dei termini 
producer e consumer utilizzato da A. Toffler, vengono coniate per indicare il duplice ruolo 
di produttore e di consumatore che il cliente ricopre verso l’impresa di servizi. 
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Tratto da: RATHWALL J.M., 1974, Marketing in the service sector, Wintrop Publishers 
(Pag. 58). 
 • l’erogazione del servizio implica, in genere, un insieme di attività atte a risolvere 
il problema del cliente e, per ciascuna di esse, vi possono essere differenti 
modalità di interazione tra fornitore e cliente. 
Se il servizio come emerge dai punti sopra elencati è prima di tutto una interazione 
tra impresa e cliente: cerchiamo di approfondirne i contenuti. 
Esso può essere percepito e valutato solo dopo il momento del consumo, o meglio 
dell’erogazione, mai prima. Un prodotto, al contrario, si presta ad essere conosciuto 
già precedentemente al momento dell’acquisto e del consumo, poiché esiste come 
bene tangibile con caratteristiche fisico-tecniche e simboliche date. Il consumatore 
poi, normalmente, a fronte dei suoi bisogni, svolge attività di ricerca delle 
informazioni, quasi sempre insufficienti, e processi cognitivi e valutativi per 
formulare delle preferenze, prima dell’acquisto vero e proprio. Questi processi, nel 
caso dei servizi si dimostrano più complessi e vengono proposti al dopo acquisto di 
modo che conoscenza e valutazione delle caratteristiche del servizio dipendono 
dall’esperienza fatta al momento dell’erogazione
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. A tale proposito è utile 
richiamare il contributo di Nelson che ha introdotto una distinzione dei beni in base 
alla possibilità di acquisire informazioni rilevanti per la loro valutazione prima o 
dopo l’acquisto
21
. Si distinguono così i beni detti search da quelli experience. Se i 
primi hanno caratteristiche visibili, facili da ricercare e si prestano bene a valutazioni 
ante-acquisto, per i secondi invece è necessario procedere all’acquisto per poterne 
conoscere e valutare i requisiti. 
                                                                                                                                                                    
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GRÖNROOS CHRISTIAN, 1990, Service Management and Marketing. Managing the 
Moments of Truthin Servive Competition, Lexington Massachusetts/Toronto, Lexington 
Books (trad. it.:1994, Management e Marketing dei Servizi, Torino, Isedi). 
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L’acquisto di un servizio presenta difficoltà di tipo cognitivo, percettivo e valutativo a 
fronte delle quali, rispetto ad un bene tangibile, viene percepito un rischio dell’errore di 
valutazione maggiore, vengono utilizzate informazioni di seconda mano, da persone che 
hanno fatto esperienza diretta, e indicatori indiretti della qualità del servizio, come il prezzo, 
le infrastrutture e il supporto tecnico. Solitamente poi le valutazioni preacqisto per i servizi 
sono più profonde e articolate , ma meno estese nel numero di alternative considerate 
rispetto ai prodotti.  
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Per ampliare si veda: NELSON P., 1970, Advertising as information, Journal of Political 
Economy, July- August.