Oggi, invece, l’adozione internazionale nel nostro Paese è l’adozione
di minori stranieri appartenenti in prevalenza a Paesi sottosviluppati,
da parte di cittadini italiani.
L’adozione di minori stranieri in Italia ha cominciato ad affermarsi
negli anni sessanta, rappresentando il prodotto di una società in piena
evoluzione sociale ed economica e di una coscienza collettiva sempre
più matura ed aperta ad istanze solidaristiche, aliena da pregiudizi
razziali.
Successivamente, il fenomeno dell’adozione internazionale è andato
notevolmente ampliandosi, in relazione anche e soprattutto alla
drastica riduzione dei bambini italiani adottabili , per il concorso di
varie cause, fra cui: l’aumento della sterilità di coppia causato da
motivi sociali e psicologici; la severità dei controlli e la lunghezza
delle attese imposti dalla procedura di adozione nazionale; l’apertura
delle frontiere e la rimozione di antichi pregiudizi razziali.
In questo contesto, l’adozione internazionale che costituiva, all’inizio,
fatto eccezionale, è poi divenuto lo strumento principale attraverso cui
la coppia italiana, priva di figli e, a volte, anche con figli biologici,
cerca di appagare il suo legittimo desiderio di fecondità familiare,
aprendosi ai bambini stranieri,prima a quelli dei Paesi del Terzo
Mondo e ora anche a quelli dell’Europa dell’Est.
5
L’adozione internazionale appare di per sé fenomeno positivo:
l’apertura delle frontiere, il confronto, la comprensione e addirittura
l’osmosi tra diverse culture e tradizioni,non può che trovare consenso.
Tuttavia, lo sviluppo vertiginoso del fenomeno (le adozioni di minori
stranieri superano ormai il numero di quelle di minori italiani)
risponde spesso a ragioni meno nobili:la sproporzione già evidenziata
tra minori italiani in abbandono e aspiranti all’adozione, spinge talora
le coppie richiedenti a superare quelli che esse considerano ”ostacoli
burocratici”, rivolgendosi all’adozione internazionale, senza
particolari motivazioni verso un minore straniero, ma spinti soltanto
dalla volontà di ottenere comunque un bambino, e magari sollecitati
dall’idea di poterlo scegliere in loco.
L’accusa che si fa talora all’adozione tout court, quale istituto per i
minori poveri, una sorta di espropriazione dei fanciulli da famiglie
bisognose e impossibilitate ad assolvere i compiti educativi,a famiglie
facoltose pronti ad accoglierli, trova spesso un maggiore fondamento
proprio nell’adozione internazionale, che talora diventa una forma di
espropriazione dei minori, oltre che da famiglie povere a famiglie
ricche, anche da Paesi poveri a Paesi ricchi. Non si deve però ritenere
che l’adozione internazionale sia fenomeno sempre negativo: può
accadere che i richiedenti siano sinceramente motivati ad accogliere
6
un minore straniero e, certo, non va sottovalutata la grave situazione
economico-sociale di alcuni Paesi dell’Asia, dell’Africa, dell’America
latina,da cui proviene la maggior parte dei bambini adottati in Italia.
Allo stesso tempo, però bisogna verificare che la coppia disponibile
all’adozione di un minore straniero sia cosciente e preparata, sul piano
psicologico, pedagogico, emozionale, ad affrontare le difficoltà
connesse al trapianto, in un contesto non solo familiare, ma anche
sociale diverso, di un bambino che deve comporre in sé due culture
assi differenti.
Solo così al minore sarà garantito l’interesse e la tutela che sono
necessari nei suoi confronti, per il benessere della sua crescita.
7
CAPITOLO PRIMO
Excursus legislativo
dell’adozione internazionale in Italia
8
1. 1 Le norme del codice civile e il silenzio della legge
431/67
Storicamente l’istituto dell’adozione ha subito, a partire dal codice
civile del 1942, un’evoluzione notevole; infatti l’unica norma del
nostro ordinamento che all’epoca disciplinava le adozioni in presenza
di elementi di estraneità era l’art. 20, comma 2°, disp. prel. Cod. civ.,
in virtù del quale i rapporti tra adottante e adottato dovevano essere
regolati dalla legge del primo al momento dell’adozione. Qualora,
invece, non si fosse trattato di regolare un rapporto già stabilito, ma di
costituirlo, in applicazione della norma che disciplinava i requisiti
necessari delle parti (adottante e adottato), ovvero l’art. 17 delle
preleggi, si doveva fare riferimento alle leggi nazionali dei soggetti
interessati, con il rinvio cumulativo ad entrambe, se la loro nazionalità
fosse stata differente.
Successivamente con la legge 431/67, venne introdotta, accanto alla
disciplina dell’adozione ordinaria, l’adozione speciale, la cui finalità
era quella di garantire al minore di otto anni, che si trovasse in stato di
abbandono, il diritto ad una famiglia. Tuttavia, tale legge, non
conteneva disposizioni relative all’adozione internazionale, ad
eccezione dell’art. 5, il quale stabiliva che il minore di nazionalità
9
straniera, legittimato per adozione di coniugi italiani, acquistasse di
diritto tale cittadinanza.
10
1.2 La Convenzione di Strasburgo del 1967
Il 25 agosto 1976, a seguito della legge di ratifica 357/74, è entrata
in vigore, in Italia, la Convenzione europea sull’adozione dei minori,
firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967. La stessa, peraltro, pur se
studiatissima in dottrina e fonte di approfondite ricerche teoriche, non
ha innovato in alcun modo la legislazione vigente, né ha avuto
conseguenze di una certa rilevanza in tema di adozione internazionale.
Infatti l’art. 1 di tale Convenzione reca soltanto l’impegno delle parti
contraenti a rendere la propria legislazione conforme alle disposizioni
contenute nella seconda parte della Convenzione stessa, con la
conseguenza che fino a quando tale modifica non sarà attuata dal
nostro legislatore nazionale, continuano ad essere applicabili
esclusivamente le norme della legge italiana. Il carattere not self-
executing delle norme della Convenzione è stato recentemente ribadito
dalla giurisprudenza sia in tema di adozione da parte di persona
singola, espressamente ammessa dall’art. 6 della Convenzione ed
esclusa, invece, dalla legge italiana
2
, sia in tema di differenza di età
tra l’adottante e l’adottato rispetto anche ad uno solo dei coniugi
3
.
2
Cass.,21.7.95, n. 7950, in Guida al diritto, Il sole 24 ore, n. 31/95, pag. 26
3
Corte d’Appello Napoli, 27.12.96, in Diritto di Famiglia, 1997, pag. 989
11
1.3 La legge 184/83: l’introduzione dell’adozione
internazionale
Nei primi anni ’80 accanto alla generale necessità di predisporre
strumenti legislativi in tema d’adozione che maggiormente
rispecchiassero la trasformazione giuridica e sociale, fu oggetto di
particolare riguardo il fenomeno delle adozioni di minori stranieri da
parte di cittadini italiani, sulla scia di un movimento mondiale di
commercio di minori (provenienti soprattutto da aree geografiche
sottosviluppate), apparentemente a scopo di adozione ma, a volte, a
fini ben diversi. Tali adozioni che si costituiscono all’estero,
sembravano, da un lato, non garantire minimamente il minore, poiché
spesso non sottoposte nel paese di origine a controlli giurisdizionali o
amministrativi, dall’altro lato, non ne tutelavano il futuro, poiché gli
adottanti non venivano sottoposti ad alcun controllo preventivo di
“affidabilità”, con la conseguenza che, in alcuni casi, il minore
strappato al paese di origine, magari con il consenso dei genitori, non
si trovava poi a vivere una situazione di figlio, ma di sfruttamento
fisico o morale. Spinto da tali contingenze, il 4/5/83 il legislatore
introduceva nel nostro ordinamento la legge n. 184 sull’adozione e
l’affidamento dei minori, recante nel titolo III (artt. 29-43) un
12
complesso di norme ad hoc per l’adozione internazionale , non più
soggetta al richiamo internazionalprivatistico.
Lo scopo dichiarato del legislatore era quello di realizzare una
completa parità di trattamento tra minore straniero e minore italiano
ed eliminare i problemi di tipo tecnico giuridico derivanti dalla
coesistenza nell’ordinamento di due tipi di adozione diversi (ordinaria
e speciale), duplicità che evidenziava un diverso trattamento riservato
ai minori stranieri adottati a seconda che il giudice riconoscesse al
provvedimento straniero da delibare effetti riconducibili all’adozione
legittimante (adozione speciale) oppure a quella ordinaria.
“I punti fondamentali della nuova legge erano i seguenti: giurisdizione
del giudice italiano e competenza funzionale del tribunale per i
minorenni per i provvedimenti di adozione di minori stranieri (art.
29); identità dei requisiti degli adottanti per l’adozione nazionale e
internazionale (art. 30); rigida regolamentazione dell’ingresso dei
minori in Italia a scopo di adozione (artt. 31, 34 e 36); piena
applicabilità della legge italiana in materia di adozione al minore
straniero in abbandono in Italia (art. 37°9; possibilità per enti pubblici
o altre organizzazioni idonee di ottenere un’autorizzazione
ministeriale per svolgere attività di intermediazione nell’adozione
13