INTRODUZIONE In questo lavoro d’indagine ho abbracciato, sfogliato ed elaborato un tema raramente 
discusso nel contesto internazionale della ricerca teorica e critica cinematografica, ovvero 
l’amicizia femminile nel cinema narrativo e contemporaneo realizzato da donne. 
In una simile sporadicità è stata presa in considerazione l’amicizia tra donne così 
come è rappresentata cinematograficamente nel complesso. L’argomento in esame è di 
notevole interesse e ampiezza, riconducibili a una serie di ragioni, qui dispiegate non in 
ordine di importanza teorica, piuttosto perché in parte corrispondenti a criteri e scelte di 
delineazione dell’area di ricerca.
In primo luogo i testi filmici contemporanei diretti da registe e con l’amicizia 
femminile al centro della propria narrativa, ai quali sono risalita con un lungo percorso di 
documentazione, sono numerosi (una trentina di film, limitandosi al periodo dagli anni ‘80 
ad oggi). In realtà il mio primo interesse era quello di occuparmi delle relazioni amicali tra 
donne nell’intero spettro cinematografico. Tuttavia sia la notevole quantità di film emersi 
(circa 70 diretti da registe a partire dagli anni ‘30, compresi alcuni film sperimentali, senza 
sommarvi  un’ottantina di testi diretti da registi lungo l’equivalente periodo) sia lo spazio 
relativamente ristretto previsto per una simile indagine mi hanno portato a focalizzare solo 
sui film contemporanei diretti da donne, anche in consonanza con il mio percorso di studi e 
personale. Ho comunque ritenuto importante ritagliare nei seguenti svolgimenti di tale 
ricerca momenti di raffronto tra le produzioni filmiche degli uni e delle altre.  
Una seconda ragione dell’alta consistenza del tema scelto è la sua disseminazione a 
livello internazionale, la varietà dei contesti produttivi, intesi in senso lato, che ricoprono, 
sconfinando fuori di esso, quasi tutto il territorio del cosiddetto ‘occidente’. Il termine, 
ques’ultimo, le cui insidie e/o attualità saranno discusse nel corpus della tesi sulla scia di 
incredibilmente numerosi studi, ricerche, produzioni di vario tipo che si sono moltiplicati al 
livello internazionale dagli anni ’70 in poi. Un territorio trans-occidentale, in questo caso, si 
estende dal Nord-America (Canada, USA) a molti stati dell’Europa (Germania, Regno 
Unito, Irlanda, Olanda, Francia, Austria), all’Australia e Nuova Zelanda, altresì a parti di 
Sud-America (Argentina, Messico, Perù, Brasile), Corea, stati del Medio-Oriente (Iran, 
Israele, considerato da molte parti per la verità un paese ‘occidentale’) e del Nord-Africa 
(Algeria, Libano, Egitto, Marocco). Prima di proseguire, è necessario fare più di una 
precisazione. Innanzitutto ho limitato ulteriormente l’area di ricerca per la mancanza di 
reperibilità di molti testi filmici. Inoltre, a mio avviso, si può parlare di contesti produttivi a 
carattere manifestamente nazionale, solo riguardo ai film realizzati all’incirca fino alla fine 
3
degli anni ‘80 e agli inizi degli anni ‘90, sia in generale a causa di quella serie di fenomeni 
rubricati sotto il nome di globalizzazione, sia in ambito cinematografico per i conseguenti 
scambi culturali e umani e per la tendenza ormai predominante di co-produzioni 
internazionali. Una caratteristica che resta evidente, nonostante sembrino porsi delle 
eccezioni, di cui posso ora solo accennare (ad esempio, gli Stati Uniti per una forte e ben 
riconoscibile produzione cinematografica). Collegandomi a questi ultimi aspetti, è utile 
notare l’esistenza di una discreta quantità di film sulle relazioni femminili realizzati da 
donne che si possono definire in una parola, forse abusata e non poco ambivalente, 
“diasporiche” o “in diaspora”. Donne che, come tutte le persone migranti, possono lasciare 
per diverse ragioni di vita i loro paesi d’origine, ma non i loro legami affettivi e le loro 
culture d’afferenza, integrandole, modificandole, confermandole con quelle in(s)contrate 
negli attuali luoghi di permanenza. I loro ‘nuovi’ paesi sono per la maggior parte di queste 
cineaste alcuni degli stati occidentali più ricchi (USA, Canada, Regno Unito, Francia). Tali 
registe, o autrici di cinema a vario titolo, hanno trasmesso nei loro film quegli aspetti 
dell’esistenza sociale, culturale e individuale che la condizione diasporica riesce bene a 
mettere in luce, ma questo è un discorso a più teste che verrà sviluppato nelle pagine 
successive. Vorrei specificare brevemente un altro fattore di circoscrizione del campo di 
ricerca: la selezione soltanto di film appartenenti a quel cinema descritto con relativa 
stabilità come “narrativo”. Il criterio della “narratività” si è imposto in parte perché a tale 
cinema aderisce la stragrande maggioranza dei film da me monitorati (di tutti i periodi e 
contesti, di ogni genere, sia in senso di gender che di genre 1
). D’altro canto l’eventuale 
scelta di film sperimentali non solo richiedeva uno specifico studio teorico e critico, ma 
1
 In tutto il corpo di questa ricerca farò uso dei due termini inglesi gender e genre laddove riterrò necessario 
fare una distinzione tra genere “sessuale” e genere cinematografico che il solo termine italiano “genere” non 
permette agevolmente in situazioni linguistiche di compresenza dei due livelli semantici. Inoltre vorrei 
precisare che nella teoria femminista in generale si è delineata una differenziazione tra l’area di studi anglofona 
e quella europea riguardante la relazione tra sfera biologica e sfera discorsivo-culturale. Come ben sintetizza la 
filosofa italiana Adriana Cavarero, nel femminismo di lingua inglese si è assunta per molto tempo una forte 
distinzione tra sesso e gender , dove il primo termine indica la natura biologica della differenza tra uomini e 
donne e il secondo la sua natura discorsivo-culturale. Diversamente nel femminismo europeo, a partire da 
quello francese e successivamente anche in quello italiano, è stato egemone il pensiero della “differenza 
sessuale” che ha considerato il dato biologico di tale differenza inscindibile dalla sua costruzione culturale, 
dall’ordine simbolico e dall’immaginario. La riflessione sul gender , in particolare le elaborazioni di Judith 
Butler, hanno messo in luce anche le caratteristiche parodistiche e di performatività del genere, una direzione 
che secondo altre autrici rischia di sottovalutare le condizioni storico-sociali. Il punto di criticità dell’altra 
prospettiva è invece la possibilità di ricadere in trappole essenzialiste. Personalmente concordo con la necessità 
di una posizione di mediazione condivisa più ampiamente e è in questo senso che qui uso il termine gender . 
Sembra andare in questa direzione l’elaborazione del concetto di “tecnologia di genere” da parte di Teresa De 
Lauretis, per la quale, rielaborando anche il pensiero foucaltiano, il genere è il punto di incontro tra sfera 
semiotica e materiale. Cfr. per una sintesi del dibattito internazionale: CAVARERO Adriana, RESTAINO 
Franco, Le Filosofie Femministe , Milano, Mondatori, 2002 e BRAIDOTTI Rosi, Dissonanze. Le Donne e la 
Filosofia Contemporanea , Milano, La Tartaruga Edizioni, 1994. Anche DE LAURETIS Teresa, “La 
Tecnologia di Genere” in ID., Sui Generis. Scritti di Teoria Femminista , Milano, Feltrinelli Editore, 1996, pp. 
131-163.
4
poneva ulteriori difficoltà per la loro scarsa disponibilità e esiguità numerica (sono meno di 
una decina, osservando sempre una distinzione di gender , quelli diretti da donne, e non 
comprendendovi le ancor più disperse produzioni filmiche nate all’interno dei movimenti 
femministi). Inoltre ho cercato, laddove possibile, di sopperire alle mancanze determinate 
dalla tendenza ad attribuire un’esclusiva prerogativa di autorialità a chi si occupa del lavoro 
di regia, limitando o addirittura negando il ruolo svolto da altre figure nella realizzazione di 
un film. Aspetto che bisogna considerare se si intende lavorare intorno a un’ipotesi di 
autorialità femminile, soprattutto alla luce del fatto che a causa di quella prerogativa si è 
tenuta nascosta per decenni l’importanza dei contributi apportati dalle donne nel cinema. Per 
esempio, le sceneggiatrici  non sono state fondamentali nella costruzione solo di singoli film, 
ma addirittura di interi corpus di film e dell’aura autoriale di diversi registi, in particolare nel 
cinema classico statunitense. Allo stesso modo in cui è stato notato tale apporto femminile, 
reso secondario e spesso invisibile anche in alcuni dei film di maggior successo sull’amicizia 
femminile diretti da registi, riconosco che si possa verificare la situazione inversa nei 
corrispondenti film realizzati da registe, presentandola dove ne ho avuto possibilità. Ho dato 
peso inoltre alle eventuali collaborazioni tra donne o al fatto che una stessa persona possa 
essere stata centrale in più di un ruolo creativo. Anche quest’ultima precisazione si riferisce 
in modo diretto all’ipotesi di autorialità femminile, una delle tante domande ipotetiche 
emerse dalla ricerca sull’argomento prescelto, descritte più avanti.
In terzo luogo la ricchezza del tema di questa indagine si riscontra pure in quella 
densità di aspetti tipica delle amicizie tout court e femminili in particolare, realmente vissute 
e così come espresse nei film studiati, una molteplicità tale da rendere quasi o del tutto 
impossibile una definizione precisa dell’amicizia. E’ proprio quest’obiettivo chimerico che si 
sono date e dati una folta schiera di pensatori, filosofi, scienziati sociali e della psiche, 
storici, letterati di entrambi i sessi, o meglio di tutti i gender . Si è andate-i quasi sempre per 
esclusioni, commettendone, nel versante maschile, anche di molto gravi (per le quali, ad 
esempio, le donne od altri gruppi sociali non sarebbero all’altezza di instaurare amicizie) e/o 
contraddicendosi in maniera più o meno palese. Uomini e donne non hanno mai smesso di 
pensare, scrivere, rappresentare (e dal secolo scorso anche “filmare”) l’amicizia, 
rincorrrendosi nei secoli, proponendola come una virtù o come un modello ottimale di 
collaborazione sociale, sostenendone il suo status culturale e la sua storicità, cercando di 
restare funambolescamente sul confine tra rapporto amicale e amore, passione, e così via 
quasi all’infinito. Una varietà di forme, elementi, figure che ha posto la necessità di indagare 
5
l’amicizia, questa volta femminile, in modo dettagliato e ha reso ancor più urgente un 
approccio pluri-metodologico nel corso della presente indagine.
Infine un'altra ragione di complessità dell’argomento in esame si intravede nella 
diversità dei genres filmici a cui si è fatto ricorso, in compresenza o singolarità, 
apportandovi o meno modifiche e riscritture nella realizzazione dei film selezionati. 
Quest’ultimo fattore di ricchezza non può essere scisso da una delle linee di lavoro di questa 
ricerca, che a questo punto richiedono di essere affrontate più da vicino.
Infatti anche a una semplice visione dei testi filmici qui di interesse emergono 
immediatamente una serie di questioni, ipotesi e traiettorie di ricerca. 
₪ Utilizzando per comodità la lingua inglese e rifacendomi a un’espressione di Karen 
Hollinger, unica altra studiosa che ha dedicato una ricerca organica sull’amicizia di 
donne nel cinema, con quali approcci e interessi le precedenti seppur non copiose analisi 
hanno affrontato i female friendship films ?
₪ Riguardo a temi di genre : in che rapporto tali film nel loro complesso sono con la storica 
produzione dei woman’s films , considerati altresì (come pure soap operas e alcuni 
serials televisivi) nel loro indirizzo specifico a un pubblico di donne, sia nel senso di 
spettatrice che di audience femminili? I women’s contemporary female friendship films 
(rielaboro la frase di Hollinger), così come l’intero insieme di female friendship films 
(ovvero compresi i film diretti dai registi), si possono definire un sottogenere del 
woman’s film oppure, quest’ultimo, nella sua eventuale identità di genre , viene dai primi 
travalicato, prolificandolo e disseminandolo? E ancora, per quanto concerne solo alcuni 
singoli o piccoli corpus di testi, come si relazionano ad esempio con il melodramma, con 
le sue specificazioni di familiare e materno, e con il genere della commedia? Ci sono dei 
generi che sono stati e/o sono prerogativa dei registi e altri invece delle registe? Infine, a 
parte casi più evidenti, si può ancora parlare di strette pertinenze di genre o di categoria 
per i female friendship films e, più limitatamente, per il corpus di testi filmici realizzati 
da donne?
₪ Quali sono le tipologie che sono state applicate e quali altre sono applicabili ai film 
sull’amicizia tra donne nel loro studio? Le specifiche tematiche da loro narrate sono un 
prioritario criterio organizzativo o ce ne sono altri più pertinenti oppure, a fianco ad essi, 
si devono tenere in conto anche le prime? Ha una sua utilità stabilire delle tipologie?
₪ Come e a partire da quali esigenze vengono rappresentate le amicizie femminili nell’area 
cinematografica in esame? Quali sono gli elementi di tali relazioni maggiormente 
6
espressi? Queste rappresentazioni in che modo si relazionano ai loro rispettivi contesti 
sociali di produzione o, più recentemente, a un panorama glolocalizzato?
₪ Si può parlare di autorialità, scrittura, specificità cinematografica femminile o bisogna 
rinunciarvi, pena il rimanere soffocate-i da un’illusione essenzialista? O sarebbe invece 
proponibile indicare delle ‘differenze’ contestualizzabili e anche tra loro ricollegabili, 
sospendendo un giudizio univoco e complessivo e aprendo così una delle vie d’uscita da 
un’eventuale impasse ,  peraltro già verificatasi in certi ambiti teorici? 
A tutte queste domande tenterò di dare risposta nel percorso di tale ricerca, sintetizzando per 
quanto possibile nella sezione riguardante le conclusioni.
Riprendendo il discorso sull’urgenza di un approccio pluri-metodologico, 
l’argomento di questa ricerca è stato affrontato in costante riferimento a un insieme teorico-
critico composto di studi più generali, ricerche specifiche, analisi testuali, messo a frutto in 
pubblicazioni individuali e collettive, in conferenze e convegni e che ha ricevuto molteplici 
e capillari elaborazioni in produzioni artistiche (quali film sperimentali e video, installazioni 
e performances ), in contesti educativi, comunicativi e istituzionali (quali scuole, istituti di 
ricerca, università) di tutto il mondo e globalmente in Internet. Mi sto riferendo a un enorme 
gomitolo ricco, non senza problematicità e conflitti, di intrecci tra diverse prospettive 
metodologiche e ambiti di studio (semiotica, strutturalismo, psicoanalisi, post-strutturalismo, 
decostruzionismo, sociologia, cultural studies , mass media studies , women’s studies , 
gender’s studies , studi gay e lesbici, studi sul postmoderno, studi queer , studi storici, 
neostilistici, studi etnici e studi post-coloniali, come le teorie sulla nazione, sulla diaspora o i 
subaltern studies, la cui rielaborazione nell’ambito cinematografico ha portato ad altre aree 
quali world e transnational cinema , e così via). Un osmotico ambito di ricerca carico di nodi 
categoriali quali gender , sessualità, classe, race ,
2
 nazione, tempestato di svolte, passi lenti e 
veloci, di vissuti paralleli, incroci e separazioni (penso ai suoi rapporti con i movimenti delle 
2
 In questo caso preferisco il sostantivo inglese a quello italiano, “razza”, perché quest’ultimo ha subìto 
storicamente connotazioni insopportabilmente negative, tali da congelarne la produttività  e da non poter 
tradurre adeguatamente le sfumature che il suo corrispondente nelle aree anglofone ha permesso. Rimane 
tuttavia un’insoddisfazione di fondo per qualsiasi termine di comodità, anche sostitutivo, che possa essere 
utilizzato, ad esempio per race , perché è noto che la specie umana è una sola e la “razza” è una costruzione 
eurocentrica e razionalistica, discorsiva e con conseguenze tragicamente materiali. Oppure, basandosi su un 
cromatismo più che problematico, il termine “di colore” è quanto meno discutibile perché cancella le 
differenze, così collassate in un unico attributo e il suo opponente, la persona “bianca” semmai è una 
variamente rosata. Di questo cromatismo se ne fa un riferimento normocentrico, il Sé “bianco”, che è incolore, 
da cui staccare, aggiungere l’Altro, di un indefinito colore, uno solo anche se ne cambia il nome. Lo stesso 
discorso, e forse ancor più, varrebbe per “nero-a”, e così via per le altre infinite terminologie. Per una 
discussione più approfondita su tali problematiche cfr. il cap. 3 di questa trattazione. Comunque in sintesi tutte 
queste difficoltà linguistiche dimostrano la costruzione socio-culturale e situata e le dinamiche di potere alla 
base altresì dei discorsi sulla nazione, etnicità, race , come di gender .
7
donne e politici identitari a livello internazionale). Una babele che è stata riassunta ai suoi 
inizi nell’acronimo F.F.T. (Feminist Film Theory ), ma che ora sembra non poter più esser 
contenuta in denominazioni così nette, e per ovviare si potrebbe forse riprendere i titoli di 
due recenti numeri della rivista SIGNS, rispettivamente del 2004 e del 2006: Film 
Feminisms e New Feminist Theories of Visual Culture . 
Inoltre ho preso in considerazione studi critici e teorici nati in diversi ambiti di 
ricerca: nella psicoanalisi di orientamento femminista, che mostra un’attenzione particolare 
per il periodo pre-edipico e altri temi legati alla soggettività femminile, avvicinandomi 
soprattutto alla teoria intersoggettiva;
3
 nella critica femminista letteraria, con uno specifico 
focus sull’amicizia femminile e sull’autorialità femminile;
4
 nella sociologia e psicologia 
sociale, quando rivolgono il loro interesse all’inserire le relazioni amicali tra donne nella 
relativa contestualità e alla loro molteplicità, riferita a una serie di variabili;
5
 un’esigenza di 
contestualizzazione risonante anche in ricerche effettuate da alcune storiche;
6
 nel pensiero 
filosofico e non solo quello delle donne, in cui si riscontra un’urgenza di rivedere le 
riflessioni storiche sull’amicizia al fine di aprirla alle sue cogenze con la contemporaneità e 
di riconoscerne le sue inflessioni femminili e le loro valenze genealogiche.
3
 Cfr. § 1,  cap. 2.
4
 Cfr. § 2,  cap. 2.
5
 Cfr. § 3,  cap. 2.
6
 ibidem.
8
CAPITOLO 1
Donne e relazioni femminili su e al di qua dello schermo:
       legami generici tra female friendship films e new/woman’s film Come accennato nell’introduzione a questa ricerca, i film che narrano l’amicizia 
femminile, sia diretti da donne che da uomini, nonostante la loro numerosità, complessità e 
le qualità artistiche frequentemente raggiunte, hanno ricevuto una rara attenzione critica, 
ovvero una che sia fondata sulla riflessione teorica. E quando questa ha avuto luogo, se ne 
sono interessate particolarmente studiose femministe per lo più in ambito statunitense o 
comunque anglofono. Non sono mancati comunque momenti di acceso dibattito, esploso 
maggiormente all’interno della critica cinematografica (sia sulla carta stampata che in 
televisione), all’uscita nelle sale di alcuni esempi di questo corpus di film, per quanto 
discutibili e discussi. Alla fine degli anni ’70 Julia 7
 e The Turning Point 8
 sono stati spesso 
ritenuti film di inaugurazione contraddittori e Girl Friends 9
, diretto da una donna, Claudia 
Weill, è stato parzialmente accolto come una pellicola di rottura rispetto all’appena iniziato 
corpus (inizio almeno per quanto riguarda il periodo contemporaneo, come vedremo più 
avanti). Mentre nei primi anni ’90 su Fried Green Tomatoes 
10
 soprattutto le critiche 
femministe lesbiche hanno potuto ulteriormente affinare e sviluppare i loro strumenti e 
materiali. Per non parlare del putiferio di interventi prolificatisi intorno a Thelma and 
Louise ,
11
 basti pensare che due note riviste cinematografiche come Cineaste 12
 e Film 
7
 KUHN Annette, Women’s Pictures. Feminism and Cinema , London/Boston/ Melbourne and Henley, 
Routledge & Kegan Paul, 1982, pp. 134-140 (anche in BRUNSDON Charlotte , Films for Women , London, 
BFI, 1986, pp. 125-130); CHARBONNEU Claudette e WINER Lucy, “‘The Bell Jar’. ‘Julia’. ‘The Turning 
Point’. ‘Windows’. Lesbians in ‘Nice’ Films, Jump Cut , n. 24-25, March 1981, pp. 25-26, ora in 
http://www.ejumpcut.org/archive/onlinessays/JC24-25folder/NiceLesbianFilms.html ; HOLLINGER Karen, 
“The Sentimental Female Friendship Film” in ID., In the Company of Women: Contemporary Female 
Friendship Films , Minneapolis, University of Minnesota Press, 1998, pp. 42-82, in particolare pp. 43-53.
8
 CHARBONNEU Claudette e WINER Lucy, “‘The Bell Jar’. ‘Julia’. ‘The Turning Point’. ‘Windows’. 
Lesbians in ‘Nice’ Films, cit.; HOLLINGER Karen, “The Sentimental Female Friendship Film” in In the 
Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., pp. 42-82, in particolare pp. 59-63.
9
 KUHN Annette, Women’s Pictures. Feminism and Cinema, cit., pp. 134-140; GERAGHTY Christine in 
BRUNSDON Charlotte , Films for Women , London, BFI, 1986, pp. 138-145, originalmente su Movie , n. 27-28, 
Winter/Spring, 1980-81, pp.85-90; HOLLINGER Karen, “The Sentimental Female Friendship Film” in In the 
Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., pp. 42-82, in particolare pp. 53-59.
10
 VICKERS Lu, “Fried Green Tomatoes. Excuse Me, Did We See the Same Movie?”, Jump Cut , n. 39, June 
1994, pp. 25-30, ora in www.ejumpcut.org/archive/onlinessays/JC39folder/FrGreenTomatoes.html; 
BERGLUND Jeff , "‘The Secret's in the Sauce’: Dismembering Normativity in ‘Fried Green Tomatoes’", 
Camera Obscura: Feminism, Culture, and Media Studies, n. 42, 9/30/1999, p. 125-159. 
11
 Cfr. per una sintesi del dibattito sul film: STURKEN Marita , Thelma and Louise , London, BFI Modern 
Classic, 2000.
12
 DOWELL Pat et al., “Should We Go Along for the Ride?  A Critical Simposium on ‘Thelma and Louise’ ” , 
Special Section, Cineaste , vol. 18, n. 4, 1991 , pp. 28-36.
9
Quarterly 13
 a questo cult di Ridley Scott hanno addirittura riservato nelle rispettive pagine 
un simposio di riflessioni da parte di diversi critici e anche teoriche, come Linda Williams e 
Carol J. Clover. Su questi film e sui vari materiali di riflessione prodotti intorno a e su di essi 
ritornerò brevemente più avanti, cercando di ancorarli a un discorso più teorico che critico e 
alle varie questioni sollevate dalle teoriche femministe che hanno fatto riferimento all’intero 
corpus di film incentrati sull’amicizia e sulle relazioni tra donne.
L’unica autrice che ha preso in esame tale produzione filmica in uno studio 
interamente dedicato a essa, intitolato In the Company of Women. Contemporary Female 
Friendship Films e pubblicato nel 1998, è la statunitense Karen Hollinger. In questo testo 
l’autrice ha coniato la denominazione female friendship films , utilizzata con o senza 
un’indicazione di contemporaneità. Designazione, come anticipato in introduzione, da me 
presa in prestito per una questione di comodità, facendone anche derivare un’altra, ovvero 
women’s contemporary female friendship films , che sintetizza efficacemente l’argomento 
della mia trattazione e, in quanto tale, verrà impiegata nei seguenti capitoli. Sono 
consapevole delle problematicità insite nell’uso di tali denominazioni, ma credo che 
procedendo si chiarisca la complessità delle entità filmiche a cui vengono applicate. 
Hollinger limita il suo campo di ricerca ai female friendship films realizzati da registi e 
registe dentro il contesto produttivo statunitense, sia mainstream , hollywodiano che 
indipendente, nel periodo compreso tra la fine degli anni ’70 e la seconda metà degli anni 
’90, definendo tali testi come contemporanei. A ogni modo Hollinger ha considerato 
necessario stabilire una serie di collegamenti storici e d’appartenenza di genre , da me 
integrati quando ritenuto opportuno, tra da una parte i contemporary female friendship films 
e dall’altra le loro origini, rintracciate dall’autrice nel woman’s film hollywoodiano degli 
anni ’30 e ’40, e anche l’insieme contemporaneo di new woman’s films . Nella parte 
introduttiva del suo studio Hollinger delinea una poliedrica sintesi descrittiva delle teorie 
psicoanalitiche relative allo sviluppo della soggettività femminile, di quelle prodotte da 
alcune teoriche cinematografiche femministe sulla spettatrice e degli studi di altre studiose 
sulle modalità di rappresentazione delle relazioni amicali in letteratura e della figura 
femminile nel cinema, con particolare riferimento al woman’s film e al new woman’s film .
14 
Il libro di Hollinger prosegue con l’esame di numerosi esempi di contemporary female 
friendship films , che l’autrice in prima battuta suddivide in gruppi, stabiliti applicando e 
13
 GREENBURG H arvey, CLOVER Carol J., WILLIAMS Linda, JOHNSON Albert, CHUMO Peter N., et al. , 
“T he Many Faces of ‘Thelma and Louise’”, Film Quarterly , vol. 45, n. 2, Winter 1991, pp. 20-31. 
14
 HOLLINGER Karen, In the Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., pp. 1-41.
10
modificando la tipologia creata da Janet Todd,
15
 una delle critiche letterarie che hanno 
analizzato la rappresentazione dell’amicizia e delle relazioni tra donne nella finzione 
letteraria. Todd, nel suo studio di romanzi francesi e inglesi del Settecento, sia di scrittori 
che di scrittrici, individua cinque categorie di amicizia femminile: sentimentale, erotica, 
manipolativa, politica e sociale. Ho preferito posticipare, nel paragrafo rivolto al campo 
letterario, la discussione approfondita dello studio e tipologia di Todd , unitamente agli 
adattamenti realizzati da Hollinger nell’applicarla ai contemporary female friendship films , 
non solo per permettere un confronto ravvicinato tra le due autrici, ma soprattutto per dar 
spazio nell’immediato ad altri aspetti del lavoro di Hollinger, nello specifico i collegamenti 
storici e generici tra i contemporary female friendship films e i due corpus di woman’s film e 
new woman’s films . Ho l’impressione che il volenteroso progetto di Hollinger di stabilire 
una presunta appartenenza di genere del female friendship film ai più ampi insiemi di opere 
del woman’s film e del new woman’s film non arrivi a un’esaustiva e adeguata conclusione, 
soprattutto dal punto di vista linguistico-stilistico. Sembra che questa difficoltà teorica nello 
studio di Hollinger in parte derivi dalla vastità, complessità, diversità e variabilità 
d’estensione dei corpus di testi filmici, denominati rispettivamente woman’s film, new 
woman’s film , contemporary female friendship film e female friendship film , dalla 
molteplicità dei punti di vista e approcci metodologici utilizzabili e utilizzati dalle varie 
studiose che di volta in volta hanno rivolto la loro attenzione teorico-critica almeno ai primi 
due insiemi di film e conseguentemente dalle loro divergenze nel tentativo di definirli come 
generi. Ci si può anche chiedere se non si tratti delle fisiologiche conseguenze di un 
processo di “rigenerificazione”, così come indicato da Rick Altman, nello specifico caso del 
woman’s film, sviluppatosi a partire da alcuni iniziali cicli cinematografici, ai quali la critica 
femminista avrebbe poi successivamente e progressivamente attribuito uno status di genre 
tale da farlo funzionare pure in epoche successive (arrivando a comprendere i film e video di 
donne) e attraverso media diversi (come la soap opera e alcune serie tv).
16
 In effetti 
Hollinger non parte da un’indagine teorica approfondita che abbia come oggetto diretto 
l’identità di genre del woman’s film e del new woman’s film , seppur la proponga in quanto 
tale. Hollinger realizza una rassegna introduttiva delle autrici che si sono interessate dei due 
corpus di film, descrive le linee essenziali dei loro interventi, mettendole sinteticamente a 
confronto.
17
 Hollinger non risponde in modo esauriente alla domanda se i female friendship 
15
 TODD Janet, Women’s Friendship in Literature , New York, Columbia University Press, 1980.
16
 ALTMAN Rick, Film/Genre , Milano, Vita e Pensiero, 2004, pp. 101-121, in particolare il paragrafo 
“Rinascita di un Genere Fantasma”, pp. 108-115.
17
 HOLLINGER Karen, In the Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., pp. 1-6, 27-
41; anche ID., “From Female Friends to Literary Ladies: The Contemporary Woman’s Film” in NEALE Steve, 
11
films possano essere considerati un sottogenere del woman’s film e new woman’s film . 
L’autrice semplicemente assume come valida quest’ipotesi in base alla condivisione da parte 
di tali tre corpus filmici di una centralità di temi e personaggi femminili e di un indirizzo 
specifico a un pubblico di donne. 
Nelle sue analisi dei contemporary female friendship films da lei selezionati, 
Hollinger sembra applicare, a volte quasi schematicamente, due approcci e inseguire due 
finalità diverse. Da un lato, Hollinger applica a ogni film una o più categorie psicoanalitiche 
tra le tre individuate dalla critica letteraria Judith Kegan Gardiner 18
 e da questa applicate 
nello studio dei testi di finzione letteraria incentrati sull’amicizia e le relazioni femminili. 
Categorie che riguardano le modalità di identificazione tra personaggi femminili e, per 
Hollinger, anche il rapporto che si viene a instaurare tra la spettatrice e le protagoniste dei 
film da lei analizzati. Nella presente indagine ho preso in esame dettagliatamente i lavori di 
Gardiner nel paragrafo dedicato all’ambito letterario, a cui rimando per un’analisi altresì 
delle tre categorie psicoanalitiche sopra accennate. Dall’altro lato, nel suo testo Hollinger si 
riferisce indirettamente ai due concetti di progressive text e recuperative text , elaborati 
all’interno della teoria cinematografica femminista da Claire Johnston nel suo lavoro sulla 
regista statunitense Dorothy Arzner a partire dal noto saggio Cinéma/Idéologie/Critique di 
Narboni e Comolli, pubblicato nel 1969 sui Cahiers du Cinema e tradotto in inglese su 
Screen nel 1971 sull’onda della critica ideologica diffusasi in diversi campi del sapere sia nel 
contesto europeo che statunitense.
19
 Inoltre Hollinger si ricollega in modo più diretto al 
successivo dibattito teorico-critico svoltosi soprattutto nell’ambito dei cultural studies al fine 
di mettere in discussione il dualismo reciprocamente esclusivo dei due concetti di “testo” 
sopra citati e ad affermare invece una qualità polisemica dei testi. Infatti la tesi principale 
che Hollinger propone n el suo studio è che i female friendship films non possono definirsi 
unicamente né sfide progressiste alla realtà sociale, né reazionari sostenitori dell’ideologia 
patriarcale, ma piuttosto essi sono “complessi prodotti di un intricato processo di 
ed., Genre and Contemporary Hollywood , London, BFI, 2000, pp. 77-90.
18
 GARDINER Judith Kegan, “The Heroine as Her Author’s Daughters”, citato in HOLLINGER Karen, In the 
Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., p. 16.
19
 Si deve a Claire Johnston, che rielabora il lavoro di Narboni e Comolli, l’utilizzo della categoria e locuzione 
di progressive text , il cui aggettivo è spesso sostituto con un altro, subversive , come fa notare e a sua volta 
preferisce usare Veronica Pravadelli (in ID ., La Grande Hollywood : Stili di Vita e di Regia nel Cinema 
Classico Americano , Venezia, Marsilio, 2007, pp. 19-22). L’uso del secondo termine-frase, recuperative text , 
corrisponde approssimativamente a quello di “testo realista classico” proposto da Comolli e Narboni. 
JOHNSTON Claire, “Dorothy Arzner: Critical Strategies” in KAPLAN E. Ann, ed., Feminism and Film , New 
York, Oxford University Press, 2000, pp. 139-148, originariamente in JOHNSTON Claire, The Works of 
Dorothy Arzner: Towards a Feminist Cinema , London, BFI, 1975. Cfr. il prossimo § per una sintesi del saggio 
di Johnston. Anche Brunsdon, come Hollinger, parla di recuperative text nelle parti introduttive dell’antologia 
da lei curata, Films for Women , London, BFI, 1986. 
12
negoziazione”.
20
 Così procedendo, Hollinger trasferisce al suo oggetto di studio idee 
sviluppate precedentemente non solo da altri studiosi come Antonio Gramsci con la sua 
teoria dell’‘egemonia’, che fu uno dei maggiori riferimenti teorici di Stuart Hall, un pioniere 
dei cultural studies con la sua proposta teorica di preferred , negotiated , oppositional 
readings e del paradigma-modello di encoding/decoding , ma anche da altre teoriche e 
critiche cinematografiche femministe, avvicinatesi progressivamente o cresciute nell’appena 
citato ambito di studi, con particolare riferimento al lavoro di Hall, studiose quali ad esempio 
Christine Gledhill, Tania Modleski, Julia Lesage e Jacqueline Bobo.
21
 Per Hollinger i 
contemporary female friendship films si differenziano dai loro predecessori, i woman’s films , 
poiché nel caso di quest’ultimi “solo la spettatrice resistente che interpretava i film ‘contro 
grana’
22
 poteva decostruire i loro aperti progetti ideologici e costruire una lettura liberatoria 
di fenditure e difetti nella loro costruzione testuale.” Per un verso, entrambi i corpus di film, 
secondo Hollinger, hanno in comune una mistura di elementi progressisti e regressivi per le 
donne e i film sull’amicizia femminile contemporanei spesso mettono in gioco posizioni 
masochistiche, associando piacere spettatoriale alla vittimizzazione e a una valorizzazione 
della femminilità consacrata socialmente. D’altro canto i contemporary female friendship 
film non richiederebbero necessariamente una lettura ‘contro grana’ perché 
offrono molta più polisemia e [...] lasciano molto più spazio a diverse possibilità di lettura […]; 
alla spettatrice è largamente permesso di costruire i significati che preferisce, di qui la notevole 
popolarità dei film tra ampi e diversi pubblici femminili. In aggiunta, i film sull’amicizia 
femminile sono per le donne sostanzialmente più affermativi dei loro predecessori.
23
Mettendo da parte i problemi riscontrati nella ricostruzione di Karen Hollinger, la sua 
esigenza di partire da ed esaminare, in diversi settori della conoscenza, precedenti 
teorizzazioni in qualche modo riferibili alla raffigurazione dell’amicizia femminile nel 
cinema e a chi ne usufruisce è non solo lodevole, ma compatibile con e importante anche per 
la presente trattazione. A ogni modo, nel seguire il percorso delineato da Hollinger, ho 
ritenuto necessario svilupparlo e integrarlo con indicazioni su aspetti e letteratura critica non 
contemplati dall’autrice. Mi preme ricordare, ad esempio, che Hollinger si occupa soltanto 
del cinema statunitense, prevalentemente mainstream e diretto da cineasti, e solo in misura 
20
 HOLLINGER Karen, In the Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., p. 6, T.d.a.
21
 MCCABE Janet, Feminist Film Studies. Writing the Woman into Cinema , London/New York, Wallpaper, 
2004, pp. 38-64; LUTTER Christina, REISENLEITNER Markus, Cultural Studies. Un’Introduzione , Milano, 
Bruno Mondadori Editori, 2004, pp. 64-65, 74-76.
22
 Anche questo concetto è stato proposto da Narboni e Comolli ed è legato a quello di lettura sintomatologica 
di Louis Althusser.
23
 HOLLINGER Karen, In the Company of Women: Contemporary Female Friendship Films , cit., pp. 246-247, 
T.d.a.
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minima da cineaste. E’ da far presente che nel periodo selezionato da Hollinger i female 
friendship films diretti da donne vengono realizzati inizialmente in misura maggiore fuori dal 
contesto statunitense e che soprattutto a partire dagli anni ’90 essi si prolificano e si 
disseminano dentro e ben oltre gli ambiti statunitensi ed europei, superando la relativa 
produzione maschile. 
Come vedremo, la ricognizione sulla questione dei rapporti tra i female friendship 
film e i due corpus di film a essi affini procede simultaneamente a una parziale ricostruzione 
dei lavori e idee proposti e circolanti all’interno della teoria cinematografica femminista.
Inizio a esporre dettagliatamente tale questione da una prospettiva più descrittiva e 
cronologica. Innanzitutto per Hollinger, e di certo non solo per lei, a un primo sguardo i 
female friendship films si presentano come la versione femminile, seppur differenziata, dei 
male buddy movies , per il loro focus sulla relazione d’amicizia tra le protagoniste. In modo 
simile il noir e il woman’s film del cinema statunitense anni ’40 sono stati messi in 
collegamento perché entrambi assumono il punto di vista di un solo gender , l’uno la 
prospettiva maschile, l’altro quella femminile. Il male buddy movie cycle , centrato su una 
coppia di personaggi maschili, affiatati e scorrazzanti al di fuori della legge, paterna, con 
conseguenze fatali, è un congruo filone del cinema mainstream statunitense negli anni ’60 e 
’70. Esso comprese film popolari quali Butch Cassidy and the Sundance Kid (George Roy 
Hill, 1969), Midnight Cowboy (Un Uomo da Marciapiede - John Schlesinger, 1969) and The 
Sting (La Stangata - George R. Hill, 1973), capostipiti di tale ciclo cinematografico, 
continuato fino ad oggi, attraverso gli anni ’80 e ’90, durante i quali emerse la serie di 
Lethal Weapon (Arma Letale - Richard Donner, 1987, 1989, 1992), che tra l’altro inaugura 
un sottotipo del ciclo, il biracial buddy films dell’epoca reaganiana.
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 E al buddy movie , 
aggiungo, faranno in qualche modo riferimento, o a esso verranno ricollegati criticamente, 
diversi film sull’amicizia femminile,  ma non tutti e ancor meno la maggior parte di quelli 
realizzati da donne. La formula del buddy movie viene applicata ai female friendship films 
soprattutto in ambito statunitense, in film diretti da registi e incentrati su una diade amicale 
di donne. Tuttavia tra le altre diversità, i male buddy movies e i female friendship films , 
secondo Hollinger, si differenziano per il loro orbitare nell’area di due distinti generi: i primi 
nel cinema d’azione e d’avventura; i secondi nel woman’s film , di cui possono esser 
considerati un sottogenere. 
24
 GUERRERO Ed, “The Black Image in Protective Custody: Hollywood’s Biracial Buddy Films of the 
Eighties” in DIAWARA Manthia, ed., Black American Cinema , New York, Routledge, 1993; WIEGMAN 
Robyn, “Bonds of (In)Difference” in ADAMS R. and SAURAN, eds., The Masculinties Studies Reader , 
Blackwell, London, 2002.
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