Premessa 
 IV
del convento di S. Domenico Maggiore di Napoli
1
. Una volta confluite nel 
Diplomatico del Grande Archivio fra i volumi del fondo Pergamene dei 
monasteri soppressi, le circa 32000 pergamene delle corporazioni soppresse 
sono state conservate in ordine cronologico, senza tener conto della loro 
provenienza, in 359 volumi distinti in due serie e un Supplemento: la prima 
serie comprendeva 648 atti in 14 volumi degli anni 703-1130, editi nei Regii 
Neapolitani Archivii Monumenta a cura degli archivisti napoletani negli anni 
Sessanta dell’Ottocento; la seconda contava 28851 atti in 340 volumi degli 
anni 1131-1798; il Supplemento comprendeva 401 atti in 5 volumi degli anni 
1165-1767
2
. La documentazione cartacea, invece, è stata raccolta nel fondo 
Corporazioni religiose soppresse (ex Monasteri soppressi), la cui consistenza 
attuale è di 6884 unità, all’interno delle quali non è raro rinvenire anche delle 
pergamene
3
. Il suo primo inventario, impostato sulla base dell’ordine con cui 
                                                 
1
 Sullo spostamento degli archivi appartenenti agli enti religiosi soppressi, avvenuto prima del versamento 
nell’Archivio di Stato di Napoli, cfr. La descrizione fatta da F. Trinchera, Degli Archivii napoletani, Napoli 
1955, rist. dell’edizione del 1872, pp. 555-556. 
2
 Cfr. J. Mazzoleni, Fonti per la storia della Chiesa distrutte nell’incendio dell’Archivio di Stato di Napoli 
nel settembre 1943, in “Rivista di storia della Chiesa in Italia”, I (1947), pp. 456-457. 
3
 Sul fondo, cfr. G. Coniglio, Gli Archivi dei monasteri soppressi napoletani nell’Archivio di Stato di Napoli, 
in “Rassegna degli Archivi di Stato”, XIX (1959), pp. 103-144; J. Mazzoleni, Le fonti documentarie e 
bibliografiche dal secolo X al sec. XX conseravate presso l’Archivio di Stato di Napoli, I, Napoli 1974, pp. 
253-281; Guida generale degli Archivi di Stato Italiani, vol. III, Roma, Ministero per i beni culturali e 
ambientali - Ufficio centrale per i beni archivistici, 1986, pp. 113-122. 
Premessa 
 V
era stato versato il materiale provenienti dai vari enti, quindi senza alcun 
criterio cronologico, è stato aggiornato e corredato da indici onomastici e 
toponomastici nel 1972, al termine di una revisione del fondo del fondo, 
operata da Luigi Pescatore sotto la guida dell’allora direttrice Jole 
Mazzoleni
4
. 
Si sa che, per i numerosi smembramenti subiti dalla sezione membranacea in 
seguito ad interventi strutturali non coordinati o per cause accidentali in 
momenti anche precedenti alle soppressioni napoleoniche
5
, e soprattutto per la 
sua quasi totale distruzione prodotta dall’esecrato incendio provocato dalle 
truppe tedesche nel settembre del 1943 di Villa Montesano a San Paolo 
Belsito – dove erano depositate, oltre al Diplomatico sua interezza, anche le 
serie più antiche dei fondi di maggiore importanza esistenti nell’archivio 
napoletano, proprio con l’intento di preservarle da eventuali disastri
6
 – la 
                                                 
4
 L’inventario manoscritto del Pescatore è il n. 137/I-II ed è consultabile nella Sala inventari dell’Archivio di 
Stato di Napoli. 
5
 A tal proposito, si rinvia a quanto dimostrato da Rosaria Pilone relativamente agli archivi dei monasteri di 
S. Gregorio Armeno e dei SS. Severino e Sossio. Cfr. R. Pilone, Il diplomatico di S. Gregorio Armeno 
conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1989; L’antico inventario delle pergamene del monastero 
dei SS. Severino e Sossio (Archivio di Stato di Napoli, Monasteri soppressi, vol. 1788), a cura di R. Pilone, 
Roma 1999, voll. I- IV (Istituto storico Italiano per il Medio Evo, Fonti per la storia dell’Italia Medievale). 
6
 Sulle vicende belliche del 1943 che riguardano i documenti dell’Archivio di Stato, oltre alla relazione 
generale redatta dal Filangieri e pubblicata nel Rapporto finale sugli archivi, a cura della Commissi Nione 
Alleata, Roma 1946, pp. 54 e 76, cfr.: E. Gencarelli, Gli archivi italiani durante la seconda guerra mondiale, 
Premessa 
 VI
memoria storica di quasi di quasi tutti i monasteri napoletani è oggi affidata 
esclusivamente ai fasci cartacei. 
È superfluo dire che la loro strutturazione e la completezza delle informazioni 
da essi trasmesse variano da ente a ente. Si tratta comunque di volumi legati il 
più delle volte alla gestione economica dei vari enti, per cui abbondano i 
registri contabili; ad essi, tuttavia, si affiancano in maniera ugualmente 
cospicua inventari di documenti, platee di beni e, in modo particolare, raccolte 
di copie semplici o autentiche di atti che, compilate per lo più a partire dal 
XVI secolo o dai procuratori laici ed ecclesiastici degli enti religiosi per 
esigenze legate alla tutela in sede giudiziaria dei loro beni o dagli archivisti e 
dagli eruditi napoletani per descrivere genealogie e storie delle famiglie, 
offrono non soltanto un largo campo alla ricerca storica, sociologica, 
                                                                                                                                                    
Roma 1979, pp. 39-40; 192-194; 210-215; R. Filangieri, L’Archivio di Stato di Napoli durante la seconda 
guerra mondiale, a cura di S. Palmieri, Napoli 1996; S. Palmieri, Archivio di Stato di Napoli: distruzioni 
durante la seconda guerra mondiale e successiva ricostruzione,in “Archivium”, 43 (1996), pp. 239-253; S. 
Palmieri, Degli Archivi napoletani, storia e tradizione, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Storici, 2002, pp. 
231-292. Sfuggirono alla sorte del Diplomatico dell’Archivio di Stato di Napoli soltanto quelle pergamene 
che, prima di essere depositate in esso, furono acquistate da eruditi napoletani, fra i quali gli storici e 
archeologi Salvatore e Giuseppe Maria Fusco, le cui raccolte documentarie furono successivamente vendute 
dagli eredi alla Società Napoletana di Storia Patria. Notizie sull’importante acquisto effettuato dalla Società 
sono in B. Capasso, Acquisto di manoscritti e pergamene, in “Archivio Storico per le Province napoletane”, 7 
(1882), pp. 802-804. 
Premessa 
 VII
finanziaria e topografica, ma rappresentano anche l’unica chiave di accesso 
alla documentazione originale andata dispersa.
7
 
Un cero raggruppamento nell’archiviazione presentano gli archivi superstiti 
dei monasteri benedettini, che, descritti fin’ora soltanto sommariamente dalla 
Mazzoleni
8
, sono attualmente oggetto di uno spoglio sistematico da parte di 
alcuni laureandi in Archivistica della Facoltà di Lettere e Filosofia 
dell’Università “Federico II”.  
                                                 
7
 Purtroppo soltanto di pochi di questi eruditi, come Gian Battista Bolvito, Pietro Vincenti, Carlo de Lellis, 
Camillo Tutini, si conoscono gli scritti, mentre di altri, più numerosi, sono rimaste solo anonime trascrizioni 
nonchè appunti disseminati in svariati codici e manoscritti. Soltanto dopo l’Unità d’Italia alcuni archivisti 
napoletani, tra i quali Camillo Minieri-Riccio, seguendo il loro esempio, ma con una metodologia più 
evoluta, pubblicarono numerosi documenti. In questo clima culturale nacquero le due edizioni fondamentali 
per la documentazione napoletana dall’VIII al XII secolo: i Regii napoletani archivi monumenta negli anni 
1845-61, cui seguirono i Monumenta ad neapolitani ducatus historiam pertinentiam di Bartolomeo Capasso 
(I- II, Neapoli 1881-1892). Fu soprattutto il Capasso a dimostrare l’utilità delle testimonianze riportate dalla 
tradizione erudita, servendosene largamente per i suoi studi riguardanti il ducato napoletano e l’antica 
topografia della città. 
8
 Cfr. J. Mazzoleni, Archivi di monasteri benedettini conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli, in 
Monastica IV, Montecassino 1983. Per quanto attiene all’archivio del SS. Severino e Sossio, si confronti 
invece J. Mazzoleni, L’archivio del monastero benedettino dei SS. Severino e Sossio conservato presso 
l’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1984. 
Premessa 
 VIII
La ricerca fin’ora condotta infatti, oltre a rendere palese la loro ricchezza, 
preziosità e insostituibilità, ha evidenziato che in tutti
9
, anche in quelli di 
scarsa consistenza come quello del monastero di S. Benedetto a Chiaia che 
qui si presenta, agli inventari solitamente fa seguito l’attestazione del 
movimento patrimoniale di introito ed esito. 
                                                 
9
 Si tratta degli archivi dei monasteri dei SS. Severino e Sossio, di S. Marcellino e Festo, di S. Gaudioso, di S. 
Maria di Donnaregina, di S. Maria di Donnalbina, di S. Maria di Alto Spirito o Monteverginella, di S. 
Benedetto a Chiaia, dell’Ascensione a Chiaia, di S. Pietro a Maiella. Di S. Arcangelo a Baiano, di S. 
Demetrio e Bonifacio, di S. Maria di Costantinopoli e di S. Maria di Monteoliveto. 
  
 
 
 
CAPITOLO 1
Il Monastero di S. Benedetto a Chiaia
Archivio
Capitolo 1 - Il Monastero di S. Benedetto a Chiaia - Archivio 
 2
I Il Monastero di S. Benedetto a Chiaia 
Archivio 
1  Cenni storici 
Il monastero di S. Benedetto a Chiaia apparteneva insieme con i monasteri dei S.S. 
Severino e Sossio, di S. Lorenzo di Aversa, della S.S. Trinità di Cava de’ Tirreni ed al 
monastero di Montescaglioso, alla Congregazione Cassinese dell’ordine Benedettino
1
. 
La sua storia, descritti sommariamente nel 1953 da Egildo Gentile
2
, è stata ampliata e 
documentata con successive ricerche ed indicazioni archivistiche e bibliografiche da 
Andrea Speme nel 1957
3
. 
Fondato nel 1601 nella villa o casale della Barra ed eretto ad abbazia nel 1607 da Pio V, il 
monastero fu trasferito nella regione di Chiaia, presso l’Arco Mirelli, dove, lungo la strada 
che conduceva al Vomero e detta Imbrecciata
4
, doveva esserci un monastero di 
Benedettini, divenuto poi il convalescenziario dei Cassinesi
5
. 
Da un atto rogato in Napoli il 4 aprile 1625 dal notaio Giovanni Scalese, si desume che la 
traslazione del monastero da Barra a Napoli fu resa possibile grazie ad una donazione 
                                                 
1
 La Congregazioni benedettine facenti capo ad un monastero-guida, nel nostro caso a quello di 
Montecassino, sono sorte prevalentemente dopo il Concilio di Trento per rafforzare la struttura gerarchica 
dell’ordine benedettino fondato da S. Benedetto da Norcia a Montecassino verso il 509. 
2
 Cfr. E. Gentile, I Benedettini a Napoli, a. 1953, pp. 35-36. 
3
 Cfr. A. Speme, Il monastero di S. Benedetto a Chiaia in Napoli, in “Benedectina”, a. 1957, pp. 236-274. 
4
 Così venivano definite le strade in ripido pendio e pavimentate con ciottoli (in napoletano, vrecce o brecce). 
5
 Cfr. C. Celano, Delle notizie del bello, dell’antico e del curiosi della città di Napoli per i signori forestieri, 
Napoli 1962, vol. IX, p. 272. 
Capitolo 1 - Il Monastero di S. Benedetto a Chiaia - Archivio 
 3
dell’area di un giardino e di una casa, del valore di 4000 ducati, fatta a don Gabriele 
Lapini, priore del monastero, dal notaio della corona Giulio Cesare Guadagno, il quale, 
devoto di S. Benedetto, si impegnò a versare per cinque anni al monastero anche 200 
ducati
6
. L’istrumento di donazione fu ratificato il 28 luglio dello stesso anno 1625 con un 
istrumento del notaio Marzio de Grisi, nel quale venivano fissati anche i patti da rispettare: 
per dieci anni il numero dei padri doveva essere stabilito dal presidente della 
Congregazione Cassinense; trascorsi i dieci anni, non dovevo essere inferiore a sei, 
compreso il priore
7
. 
Tra coloro che governarono il cenobio compare don Benedetto Laudati, uno dei più illustri 
benedettini di Napoli
8
, che, prima della sua morte avvenuta il 18 ottobre 1724, ne illustrò la 
vita. 
Fino alla soppressione, avvenuta il 13 febbraio 1807 in seguito al decreto di Giuseppe 
Bonaparte, la vita del cenobio si svolge oscura. 
                                                 
6
 Cfr. A. S. N., Monasteri soppressi, vol. 1331, f. 14. 
7
 Ivi. 
8
 Don Benedetto Laudati, nativo di Altamura, fu tra i più illustri uomini del monastero di S. Severino di 
Napoli, dove insegnò filosofia e teologia; eletto professore dello Studio pubblico di Napoli, insegnò sacri 
canoni nel collegio di S. Anselmo in Roma e fu priore e abate di S. Paolo. Cfr. E. Gentile, I Benedettini cit., 
p. 46. 
Capitolo 1 - Il Monastero di S. Benedetto a Chiaia - Archivio 
 4
2  Archivio 
L’archivio, che per la scarsa consistenza può essere considerato un frammento di una 
documentazione ben più vasta, è un esempio di un tipico archivio monastico organizzato, 
oltre che per una idonea conservazione, per una minuziosa consultazione, che è agevolata 
dalle stesse chiavi di ricerca unite ai volumi sotto forma di indici onomastici e per materia. 
La documentazione, tramandata dai volumi segnati con i numeri 1322-1131 del fondo 
Corporazioni religiose soppresse e cronologicamente compresa tra i secoli XV-XVIII, 
dimostra una costante organicità nell’archiviazione. Infatti, rispettando l’originaria 
successione della materia, all’indice generale, che riassume le scritture archiviate in ordine 
cronologico dall’anno 1578 all’anno 1793, seguono: l’attestazione del movimento 
patrimoniale di introito ed esito dal 1682 al 1767; i brevi originali e a stampa e gli 
istrumenti vari in copia che colmano la lacuna del secolo XV, al cui periodo risale una 
Relatio erectionis venerabilis monasterii S. Benedicti Congregationis Casinensis in Burgo 
Plaggiae con notizie dall’anno 1490 all’anno 1628; le notizie sui lavori ed i censi risalenti 
ai secoli XV-XVII. 
Sulla base delle indicazioni molto sommarie fornite dalla Mazzoleni
9
, lo schema 
dell’attuale ordinamento risulta essere il seguente: 
                                                 
9
 J. Mazzoleni, Archivi dei monasteri benedettini cit., p. 177. 
Capitolo 1 - Il Monastero di S. Benedetto a Chiaia - Archivio 
 5
 
1322- Indice generale delle scritture del monastero di S. Benedetto di Chiaia sotto il 
governo del rev. Abbate Costantino Mastrilli (aa. 1578-1793) 
1323- Introito ed esito - I - (aa. 1682-1696) 
1324- Introito ed esito - II - (aa. 1682-1696) 
1325- Introito ed esito - III - (aa. 1682-1696) 
1326- Introito ed esito (aa. 1699-1764) 
1327- Introito ed esito (a. 1760) 
1328- Libro di cassa del monastero (aa. 1686-1704) 
1329- Libro intitolato “Vacchetta10 del detto monastero” con “Nota delle robbe della 
chiesa” (aa. 1653-1657) 
1330- Libro come sopra (aa. 1764-1767) 
1331- Brevi originali e a stampa - Istrumenti in copia in volume - (secc. XV-XVIII) 
“Relatio erectionis ven. mon. S. Benedicti Congregationis Casinensis in Burgo 
Plaggiae” (con notizie dall’anno 1490 all’anno 1628) 
Notizie di lavori, censi - (secc. XV-XVIII) 
Per chiarire la reale consistenza e la natura diplomatica della documentazione e, quindi, 
offrire all’utilizzazione storica il contributo che la nostra valutazione ci fa intravedere, si 
ritiene opportuno proporre di seguito il dettaglio archivistico dei singoli volumi, con la 
consapevolezza comunque che esso resta soltanto una premessa ai più intensi interessi 
degli studiosi. 
                                                 
10
 Con il termine Vacchetta si indica un registro, per lo più di forma allungata e rilegato con pellame ricavato 
da pelli di vacca, impiegato per l’annotazione di dati contabili.