3
vista dell’elaborazione di una teoria generale dell’illecito penale 
orientata in senso costituzionale: finchè ci saranno le “emergenze” a 
rendere frammentario il quadro politico-istituzionale, ci saranno 
problemi per una riforma del nostro codice nel senso della teoria 
sopracitata
2
. 
Legato al problema della restrizione delle garanzie costituzionali si 
presenta il discorso inerente all’elemento soggettivo della fattispecie: 
infatti, la presenza della “finalità di terrorismo ed eversione”, oltre a 
costituire l’ elemento “specializzante” della fattispecie e il criterio di 
attribuzione di un trattamento sanzionatorio maggiore
3
, costituisce 
anche un fattore sul quale riflettere; questo poiché rappresenta una 
delle più evidenti espressioni della tendenza a dare maggiore spazio, 
nella formulazione normativa, al disvalore di azione piuttosto che al 
disvalore d’evento, ad evidente discapito delle garanzie di certezza e 
di legalità insite, al contrario, nella realizzazione dell’evento lesivo.  
Il secondo effetto prodotto dall’art. 270bis nei confronti 
dell’ordinamento penale globale è legato alla problematica della sua 
attuale applicazione.  
Invero, l’emergenza non costituisce una delle categorie fondamentali 
del sistema, anzi può, al più, essere ricondotta ad un “sottosistema” 
normativo
4
; di conseguenza, ci si interroga su quali siano i presupposti 
in relazione ai quali si continua a far riferimento a questa categoria al 
fine della disciplina di fatti assolutamente differenti da quelli per i 
quali sono state specificamente create le norme, sia nell’impiego degli 
strumenti processuali sia in quello degli strumenti sostanziali.  
                                                           
2
 G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, parte generale, Bologna 1996, XXXVIII. 
3
 N. Mazzacuva, Il “soggettivismo” nel diritto penale: tendenze attuali ed 
osservazioni critiche, F.I.1983, 45-64, 46.  
4
 M. Donini, Teoria del reato, voce Digesto disc. pen., Torino1987, 221-298, 296. 
 4
Il contesto nel quale si ricade è quello, vastissimo, del principio di 
legalità e dei suoi corollari, tra cui, in questo caso, rilevano 
maggiormente il principio di tassatività ed il conseguente divieto di 
analogia; il risultato finale di questa situazione consiste, puntualmente, 
nell’attuazione di una prassi, ormai anche consolidata, di elusione 
della legge.  
La sottile differenza esistente fra divieto di analogia ed interpretazione 
estensiva molto frequentemente permette ai giudici di operare delle 
vere e proprie “commistioni”, in nome dell’ “esigenza” di voler 
“sanare” il sistema normativo con un’interpretazione spregiudicata ed 
incerta, che mira esclusivamente a realizzare i bisogni di “giustizia 
sostanziale” dettati dalle carenze della nostra normazione, 
compensandole però con un’elusione vera e propria del divieto di 
analogia in malam partem
5
. 
In realtà, l’analogia prima ancora di essere un problema intellettuale, è 
un problema derivante dal conflitto fra poteri dello Stato: esso 
riguarda il rapporto, o meglio, lo scontro, fra potere legislativo e 
potere giudiziario, il quale, anziché sottostare alla legge, ne travalica i 
confini non solo “oltre”, ma anche “contro” la volontà della legge 
stessa; infatti, o si occupa di spazi che la legge non ha inteso punire, o 
colma lacune che realmente esistono, ma lo fa in malam partem.  
 
 
                                                           
5
 R. Rinaldi, L’analogia e l’interpretazione estensiva nell’applicazione della 
legge penale, RIDPP, Milano 1994, I, 195-226, 196.  
 
 5
 
CAPITOLO I 
 
 
PREMESSE DI ORDINE SOCIO-CULTURALE 
1.1 Profili storico-sociali. 
Nonostante l’emergenza derivante dal terrorismo possa ormai 
considerarsi cessata, altrettanto non si può dire per quel che concerne i 
problemi direttamente collegabili al “decennio dei terrorismi”
1
: infatti, 
si denota con una certa chiarezza che ancora, nonostante tutte le 
ricerche fatte sull’argomento, non sono chiari quelli che potrebbero 
essere stati gli elementi scatenanti del fenomeno. Le fonti che 
abbiamo a disposizione, dal canto loro, ci aiutano relativamente: 
molto spesso ci troviamo di fronte a materiale frammentario, ad 
interpretazioni, per così dire, “ ideologiche”, che fondano l’esistenza 
del terrorismo in base a teorie riguardanti la politica o il “sistema”. 
D’altra parte, queste notizie, seppur disorganiche, ci permettono di 
individuare alcuni punti saldi, dai quali si può far partire la nostra 
trattazione. 
 Si ritiene opportuno iniziare il lavoro dando una definizione del 
fenomeno: alla domanda “che cos’è il terrorismo” rispondiamo che il 
terrorismo non è altro che il frutto di una lotta tra due tipi di società: 
da una parte abbiamo la società globale, dall’altra abbiamo un 
“microcosmo” di individui che, per mezzo di azioni spietate, 
perseguono il loro ideale di società migliore
2
. All’interno di questo 
                                                           
1
 G. Pasquino, La prova delle armi, Bologna 1984, 9.  
2
 H.H.A. Cooper, La politica del terrore, Giustizia e cost., Roma 1978, 35-38, 35. 
 6
“microcosmo” si distinguono fondamentalmente due tipi di 
organizzazioni clandestine: un tipo professava il mutamento eversivo 
del sistema costituzionale mediante l’instaurazione di un regime neo-
fascista (c.d. terrorismo nero), l’altro tipo professava un’insurrezione 
da sinistra, ai fini dell’instaurazione di una “dittatura proletaria”. Ci si 
chiede molto spesso quale possa essere stato il fattore scatenante del 
fenomeno.  
In questi casi ciò che si rivela essenziale è l’esistenza di un’ampia 
pubblicistica a riguardo; tuttavia, la situazione che si presenta è 
piuttosto “varia”: mentre i terroristi di sinistra si sono sempre 
“preoccupati” di documentare e rivendicare le proprie azioni, 
fornendoci di conseguenza la possibilità di trarre spunti interpretativi 
dal materiale che c’è pervenuto, lo stesso non si può dire per i 
terroristi di destra. Spesso ci si chiede quale possa essere il motivo, 
ebbene, si ritiene che tutto si riduca ad una linea tattica: mentre gli 
eversori di sinistra ritenevano opportuno rendere pubbliche le 
motivazioni in base alle quali “erano tenuti ad agire”, gli eversori di 
destra sono stati sempre volutamente nell’ombra.  Ma ci sono anche 
altre possibili cause. Un fattore determinante è sicuramente quello 
della mancanza fra le fila dei “neri”, di quelli che sono definiti “pentiti 
di rilievo”, in altre parole di persone che, con l’atto del “pentirsi” per 
le azioni compiute, abbiano fornito un ausilio piuttosto notevole per le 
indagini giudiziarie.  
 Un altro fattore da non sottovalutare consiste nell’atteggiamento col 
quale si è posta la magistratura nei confronti del terrorismo di destra. 
 L’operato dei giudici è sempre stato nel senso di accertare “chi” ha 
piazzato la tale bomba, “chi” ha commesso quell’omicidio etc., il tutto 
in ossequio al principio costituzionale secondo il quale “la 
 7
responsabilità penale è personale”. Sul piano giuridico, l’aderenza da 
parte dei giudici a questo principio è stata sicuramente fondamentale 
ai fini di un “corretto” svolgimento dei processi; sul piano storico, 
invece, l’aver seguito prevalentemente questa linea ha in qualche 
modo pregiudicato la comprensione di alcuni elementi attinenti al 
profilo strutturale delle organizzazioni. 
 Un altro elemento che ha pregiudicato molto la conoscenza della 
destra eversiva è stato sempre l’atteggiamento dei giudici, però 
stavolta nell’impostazione delle indagini giudiziarie: infatti, la 
magistratura ha sempre perseguitato le associazioni eversive di destra 
in forza della “legge Scelba”, in altre parole la legge che punisce il 
reato di ricostituzione del partito fascista. I risultati di possono 
facilmente dedurre: la persecuzione di un fatto costituente reato ai 
sensi si una determinata fattispecie darà sicuramente risultati 
insoddisfacenti qualora, in un secondo momento, si riconosca 
l’erroneità della fattispecie applicata; nel senso che molti elementi 
relativi alla formazione o costituzione dell’organizzazione non sono 
stati considerati poiché si cercava di inquadrare giuridicamente le 
organizzazioni di destra dentro gli schemi che richiamavano il partito 
nazionale fascista di Mussolini. Quest’ultimo atteggiamento durò 
comunque fino al 1978: proprio in questo periodo la magistratura 
incominciò ad applicare anche ai terroristi di destra le normative che 
riguardano le associazioni eversive, inserite fra l’altro nel codice 
Rocco per la forte emergenza che stava creando il terrorismo di 
sinistra. All’interrogativo se esista effettivamente un legame tra il 
partito fascista e l’eversione di destra si risponde che, di certo, non si 
può negare una certa “contiguità biologica”
3
 con il vecchio fascismo, 
                                                           
3
 D. della Porta, Terrorismi in Italia, Bologna 1984, 26. 
 8
poiché diversi appartenenti al gruppo mussoliniano hanno continuato a 
fare politica anche durante gli anni settanta, ma allo stesso tempo è 
anche vero che gli stessi, per ragioni di età, proprio durante gli anni 
settanta terminarono le loro attività politiche; se guardiamo agli 
obiettivi poi, l’ipotesi politica attorno alla quale si raccoglievano era 
quella dell’eversione delle istituzioni democratiche e repubblicane, 
protagoniste della politica della nostra nazione fin dal dopoguerra. 
Protagonista del movimento eversivo sarà lo stato borghese, mediante 
l’ausilio di squadre approntate contro gli avversari. 
 Si ritiene che il legame ci sia e sia di due tipi: storico e politico. Una 
volta terminata la seconda guerra mondiale non si può di certo dire 
che terminò anche la generazione dei fascisti; tutt’altro, essi iniziarono 
una vera e propria attività politica, alla quale partecipava ampiamente 
una moltitudine di soggetti provenienti dalla c.d. Repubblica di Salò.  
Il fatto che molti partecipi provengano da Salò ha un suo significato: 
quelle che furono le sorti di Salò si trasformarono poi nei sentimenti di 
“ Patria svenduta” ed “onore tradito”
4
, costituenti a loro volta alcuni 
dei “tasselli” dell’ideologia eversiva di destra. I capisaldi 
dell’ideologia fascista sono “Potere” e la “volontà di rivoluzione”: per 
questo motivo il fascismo ha finito col configurarsi con un movimento 
che voleva imporre un regime autoritario irreggimentando la società di 
massa
5
. Ebbene, anche i capisaldi dell’ideologia eversiva di destra 
sono Potere e rivoluzione.  
Il legame politico invece si fa risalire alla nascita, nel 1946, del 
Movimento sociale italiano 
6
.  
                                                           
4
 D. della Porta, op. cit., 40. 
5
 D. della Porta, op. cit., 30 
6
 D. della Porta, op. cit.,  27. 
 9
Nel 1948 questo partito arrivò in Parlamento. Essendo  improntato 
chiaramente in senso fascista, più volte in sede parlamentare si è 
discusso dello scioglimento del Msi in quanto partito fascista e quindi, 
vietato dalla Costituzione. E’ interessante notare che questa situazione 
“ambigua” durò fino agli anni settanta: in questo periodo furono 
imputati ai sensi della legge Scelba diversi esponenti del Msi, per 
ricostituzione del partito fascista; da qui, a mio parere, può partire per 
la ricerca dei “legami” tra i terroristi di destra e i neo-fascisti 
organizzati in pubblico partito. Al di là di tutti i raccordi possibili, 
vediamo, per quanto in questa sede c’è possibile, quali sono i gruppi 
di destra e di ricordare anche alcune delle loro manifestazioni. 
Nel 1951 a Roma ha inizio un processo penale nei confronti di 36 
persone, accusati di aver creato il gruppo dei FAR, ovvero i c.d. 
“Fasci d’azione rivoluzionaria”
7
; fra gli imputati ritroviamo Julius 
Evola, che i posteri ci tramandano come uno dei più grandi ideologi 
dell’eversione di destra, Pino Rauti e Clemente Graziani: l’accusa 
principale era quella di aver effettuato diversi attentati utilizzando 
ordigni esplosivi. Le caratteristiche di questi attentati mostrano, come 
è del resto inevitabile che accada, anche le caratteristiche 
dell’eversione di destra che ha operato nel periodo fra il ’45 e il ’68 : 
l’individuazione dell’ “atto terroristico” è difficile da ritrovare, poiché 
l’azione muore nel suo significato al momento in cui questa è 
espletata. Non avendo, a mio parere, le idee chiare sul significato da 
attribuire alle proprie azioni, e dimostrando invece di provare un 
chiaro senso di “rabbia” nei confronti delle Istituzioni, forse è proprio 
in quest’ultima quella che costituisce la motivazione in base alla quale 
si sono formate le associazioni eversive di destra: affermare “a tutti i 
                                                           
7
 D. della Porta, op. cit., 30.  
 10
costi” la propria esistenza, nei confronti di un governo retto dalle 
masse cattoliche e social-comuniste
8
. Tra il 1969 e il 1970 fu fondato 
un nuovo gruppo, denominato “Ordine nuovo”. La nascita di Ordine 
nuovo trova le sue radici  nel lontano 1956, quando un gruppo di 
giovani “nostalgici” del fascismo si staccarono dal Msi per dare vita 
ad una situazione corrispondente ai propri ideali. Il fondatore ufficiale 
di On fu Clemente Graziani, il quale con l’aiuto di altri fondatori 
costruì un’organizzazione che partiva, per poi ramificarsi, da Milano 
fino ad Agrigento. Il motivo principale in virtù del quale On si staccò 
dal Msi era il carattere non rivoluzionario del Msi; al contrario, così 
come afferma lo stesso Graziani nel 1969: “I gruppuscoli… hanno 
maggiore possibilità di manovra e di contrattazione politica”
9
. 
Nonostante il suo carattere illegale, On riuscì a impiantare 
un’organizzazione pressoché perfetta: propaganda, stampe, studenti 
medi, universitari, lavoratori, esteri..; questi soltanto alcuni dei vari 
settori in cui si suddivideva l’organizzazione, che a sua volta aveva 
come segretario nazionale Graziani. Un altro gruppo che ha anche 
segnato la storia dell’eversione di destra è Avanguardia nazionale. 
Anche An, come On, è stata costituita a seguito di un distacco dal Msi. 
Il fondatore di An è Stefano delle Chiaie, il quale a sua volta era un ex 
ordinovista. L’ideologia di fondo di An non è molto dissimile da 
quella di On: anche qui si parla della necessità di una rivoluzione 
nazionale, con la particolarità che, dovendo pervenire alla rivoluzione, 
si debba affrontare un momento di preliminare disordine provvisorio.  
                                                           
8
 D. della Porta, op. cit., 31.  
9
 D. della Porta, op. cit., 34. 
 11
Anche An era dotata di una considerevole direzione nazionale: 
contando un numero di cinquecento affiliati,  le sedi erano 
praticamente sparse in tutt’Italia; in questo caso, però, riteniamo 
opportuno fare una precisazione: un numero piuttosto consistente di 
sedi era in Meridione, con un’alta concentrazione in Calabria. Nel 
1970 la stessa città di Reggio Calabria fu il centro di una serie di 
rivolte, durate per quasi un anno e dirette da molti elementi 
appartenenti a An
10
. Successivamente, alcuni degli esponenti della 
ribellione reggina si spostano a Milano e compiono un'altra azione  
“eclatante”: presso la sede di piazza Fontana della Banca nazionale 
dell’agricoltura fanno esplodere un ordigno che uccide 17 persone e 
ne ferisce 88. 
I gruppi dei quali abbiamo accennato sono i più importanti 
dell’eversione di destra. Tuttavia, numerose azioni sono state 
compiute da gruppi che, o il loro nome durava “per il tempo dello 
scoppio di una bomba”
11
, o non firmavano le azioni, oppure le azioni 
erano firmate, però da gruppi rimasti praticamente oscuri. Un valido 
esempio a riguardo è costituito da “Ordine nero”. Dietro questa sigla 
alcuni pensano si nascondano esponenti di On, altri pensano ad un 
gruppo nato spontaneamente, però da soggetti prima appartenenti ad 
altri gruppi e riunitisi sotto questa sigla per distruggere On, il quale 
era l’unico gruppo a non essersi “macchiato” di fatti di sangue, con la 
finalità congiunta dell’esonero da responsabilità per le azioni 
precedentemente commesse. Sicuramente c’è dietro a tutto questo una 
ben precisa strategia di depistaggio, che si avvale delle “azioni 
                                                           
10
 I c.d. “boia chi molla”. In un primo momento questo gruppo era stato 
disprezzato dai neo-fascisti, ma non appena le rivolte iniziarono ad avere il loro 
peso, fu considerato un “braccio” piuttosto valido per la realizzazione degli intenti 
eversivi. Cfr. D. della Porta, op. cit., 48. 
11
 D. della Porta, Terrorismi in Italia, Bologna 1984, 51.   
 12
coperte”, ossia di quelle azioni che si prestano ad essere interpretate in 
molteplici modi, ma che allo stesso tempo costituiscono quelle nei 
confronti delle quali le Istituzioni rispondono con una certa 
imparzialità: infatti in questi casi si risponde all’eversione nella sua 
globalità. 
Durante il biennio 1974/75 incominciano a verificarsi dei sintomi di 
crisi all’interno dell’eversione di destra. Anzitutto, già nel dicembre 
del 1973 il Ministro dell’interno sciolse coattivamente con un decreto 
On, a seguito di un processo tenutosi a Roma contro On medesimo. I 
giudici iniziarono numerose istruttorie contro l’eversione di destra 
proprio in quegli anni; nel 1975 iniziò un  processo contro An, che 
portò a svariati arresti. Nel maggio del 1974 Giulio Andreotti, allora 
leader governativo e democristiano, durante un’intervista denuncia 
l’esistenza di un legame tra l’eversione di destra e i servizi segreti
12
: 
da ciò si deduce ulteriormente che iniziano ad esserci delle “falle” nel 
rapporto col Potere. Ma la crisi vera e propria gli eversori di destra la 
vivono a livello interno: quelli degli anni settanta sono i militanti della 
“nuova destra”, caratteristica non di una società nella quale gli 
“esempi” di vita erano quelli tramandati dall’ideologia cattolica e 
della famiglia patriarcale, ma di una società benestante e che vuole 
usufruire di questo benessere. Di conseguenza si comprende anche 
perché l’arruolamento delle nuove leve sia stato fatto anche con 
discorsi più “moderni” del mito di Salò e del nazismo. A tutto ciò 
basti aggiungere la presenza di un antagonista sempre più forte: 
l’eversione di sinistra.  
 L’ideologia in base alla quale si muoveva l’eversione di destra è, per 
certi versi, molto particolare. A parte l’evidenza del richiamo alla 
                                                           
12
 Si parla a riguardo dei c. d. servizi segreti “deviati”. 
 13
pubblicistica del nazismo tedesco con il nome dato ad “Ordine 
nuovo”
13
, caratteristica è la presenza del fattore magico-esoterico e di 
alcuni rituali legati ad esso; prima d’ogni colpo richiamavano una 
“segreta sapienza antica”, in virtù della quale avrebbero potuto 
conseguire ciò cui si aspirava, in altre parole una dittatura 
antiegalitaria, di tipo militare, che risolverà i problemi (mai ben 
definiti). Che valore potevano avere i vari rituali? La sociologia è 
piuttosto chiara a riguardo: tutto questo è indice del fatto che ci 
troviamo in presenza d’uomini suddivisi tra loro in vari gruppi, ma 
che sono pronti ad unire le loro forze quando si tratta di passare 
all’azione
14
. 
 Al contrario dell’eversione “nera”, l’eversione “rossa” si presenta 
molto meno coperta da “aloni di mistero”: vogliamo così apprestarci 
ad effettuarne la trattazione in relazione ai documenti di cui 
disponiamo. 
Le notizie che abbiamo ci sono pervenute fondamentalmente 
attraverso periodici della stessa sinistra eversiva, opuscoli, atti 
giudiziari e giornali
15
: iniziamo la trattazione analizzando alcuni degli 
scritti di Giangiacomo Feltrinelli, promotore della prima rete 
rivoluzionaria clandestina in Europa, al fine di avviare sulla strada 
della lotta il movimento comunista.  
Feltrinelli vedeva la lotta del proletariato sotto una prospettiva 
“strategica internazionalistica”, in altre parole voleva introdurre sia in 
Italia sia in Europa lo stesso tipo di lotta armata che il movimento 
rivoluzionario stava ormai attuando nei paesi sottosviluppati del terzo 
                                                           
13
 Hitler parlava della necessità di costituire un “nuovo ordine” per mezzo dei 
principi del nazismo. Cfr. D. della Porta, op. cit., 39. 
14
 D. della Porta, op. cit., 40.  
15
 Non appartenenti all’area eversiva. In D. della Porta, op. cit. , 77. 
 14
mondo; la particolarità di questo suo pensiero sta nell’intenzione di 
spostare l’epicentro della lotta: dalla “periferia” del terzo mondo alla 
“metropoli” 
16
. A Feltrinelli si affiancarono alcuni gruppi, tra i quali 
ricordiamo i Gruppi d’azione partigiana, organizzati dallo stesso 
Feltrinelli, il Collettivo politico metropolitano, le Brigate rosse e 
Potere operaio.  Per quanto riguarda però Potere operaio e Brigate 
rosse, l’unica protagonista della lotta antimperialista sarà la “classe 
operaia” e non il “proletariato”
17
. Per quale motivo dalla periferia la 
lotta si è spostata al centro del sistema? In un documento di Potere 
operaio risalente al 1970, si spiega tutto in base ad una teoria di Marx: 
il sistema è più debole dove la classe operaia è più forte. Visto che la 
classe operaia in quel periodo   si presentava molto battagliera, n’è 
nata la definizione dell’Italia quale “anello debole” del sistema 
imperialistico
18
. 
 Sembra corretto, a questo punto, fornire almeno una spiegazione, 
seppur minima, della “teoria dell’imperialismo”. Usando le parole di 
Toni Negri, noto ideologo dell’eversione di sinistra, si può affermare 
che l’imperialismo non è altro che il frutto dello stato capitalistico 
dell’epoca, caratterizzato “dall’unità del ceto capitalistico mondiale, 
organizzato dalle multinazionali”
19
 e diretto dal capitale americano.  
E’ in questo contesto che si radica il terrorismo di sinistra, ed è quindi 
nella dimensione ideologica e politica che ne va ricercata la “genesi”.  
                                                           
16
 D. della Porta, op.cit., 94. 
17
 Le Br cambiano il soggetto di riferimento volutamente, poiché volevano 
evidenziare la differenza del “proletariato”, ossia la classe posta più in basso nella 
“scala” sociale e la cui unica fonte di ricchezza era la “prole”, dalla “classe 
operaia”, comparsa con la rivoluzione industriale e vista nell’accezione marxista 
di “forza-lavoro” necessaria per il funzionamento degli ingranaggi industriali.    
18
 D. della Porta, op. cit., 95. 
19
 Tesi sulla crisi, appendice a Negri (1976a: 172) in D. della Porta, op. cit., 98. 
 15
 Il contesto storico durante il quale si sono sviluppate queste ideologie 
è quello delle tensioni sociali del 1967. Coadiuvarono molto l’elevato 
livello di presa sociale due fattori. Da una parte abbiamo il fanatismo 
e la violenza che caratterizzava le azioni dei movimenti di massa. 
Dall’altra parte abbiamo la risposta dello Stato, sia politica sia 
istituzionale. Essendo questa risposta piuttosto scarsa si comprende 
per quale motivo la violenza abbia trovato molto terreno fertile per 
assurgere a “condizione lecita”, ai fini del raggiungimento degli 
obiettivi.  
A questo punto vediamo quali furono i gruppi che segnarono la storia 
dell’eversione di sinistra. 
Tra il 1969 e il 1970, in altre parole alle origini, la svolta fu data 
fondamentalmente da tre gruppi: i Gruppi d’azione partigiana, il 
Collettivo politico metropolitano e Potere operaio. I Gap erano formati 
da poche persone, tra l’altro anche di varia provenienza politica: 
inutile dire che la loro unica fonte vitale fosse nella persona del loro 
capo, ossia Feltrinelli. Il Cpm e Po sono invece i gruppi che diedero 
vita al progetto di un “partito armato”. Tra i due però, ad avere una 
rilevanza decisiva ai fini della lotta armata fu sicuramente Po. Questo 
gruppo si distingue dagli altri anche per aver saputo creare 
un’organizzazione impeccabile: migliaia d’adepti provenienti dai più 
diversi ceti sociali e un gruppo d’esperti dirigenti che amministravano 
un intero organico. Il gruppo più importante della sinistra eversiva è 
quello delle Brigate rosse. Nella prima fase della sua attività il gruppo 
delle Br s’impegnò considerevolmente per le occupazioni delle case e 
i trasporti gratuiti; tuttavia, nel 1972 vi furono gli arresti di alcuni 
appartenenti all’organizzazione, e questa, ai fini della propria 
 16
sopravvivenza, dovette passare in “clandestinità totale”
20
. Fu proprio 
la svolta della clandestinità che creò la necessità di un “legame” con 
un’organizzazione parallela, che operasse a livello delle masse, al 
confine tra l’illegalità e la legalità: fu così che s’instaurò il c.d. “asse” 
fra Br e Po 
21
.Questo legame si fondava su una sorta di “contratto 
equo”: le Br utilizzavano Po come referente immediato per gli impulsi 
terroristici a livello delle masse, mentre Po vedeva nelle Br l’unica 
organizzazione capace di realizzare il rapporto, o meglio, la 
“dialettica” tra “azione combattente” e “illegalità di massa”
22
. Il 
processo dialettico di cui si parla tanto negli scritti dell’eversione di 
sinistra, si può instaurare soltanto attraverso l’organizzazione 
d’attacco del “partito armato”. In uno scritto attribuito a Toni Negri se 
ne chiarisce meglio il concetto: “Distinguiamo i due livelli della 
dialettica dell’avanguardia di massa- e cioè l’organismo di massa del 
potere operaio e proletario, come soggetto della lotta per il salario e 
per l’appropriazione, e l’organizzazione di partito come soggetto della 
lotta d’attacco, dell’aggressione al comando”
23
.Nel periodo 
intercorrente fra il 1977 e il 1979 inizia ad intravedersi il 
cambiamento; infatti, sono trasformate molte delle parole che le Br 
erano solite usare per identificare le proprie azioni: la “propaganda 
armata” diventa “guerra civile dispiegata”, le “azioni punitive” adesso 
sono rivolte “all’annientamento” etc.
24
; la situazione che si presenta è 
dunque la seguente: ad una trasformazione degli obiettivi fa riscontro 
dall’altra parte, l’allontanamento dagli strati sociali per i quali il 
gruppo  si era eretto a “paladino della giustizia”.   
                                                           
20
 D. della Porta, op. cit., 134. 
21
 D. della Porta, op. cit., 134.  
22
 D. della Porta, op. cit., 135. 
23
 D. della Porta, op. cit., 139. 
24
 D. della Porta, op. cit.,189.