CAPITOLO I
LA GENESI STORICA DELL'ART. 55 C.P.
1. Introduzione
La disciplina dell'eccesso colposo è prevista dall'art. 55 c.p. La 
disposizione in questione prescrive che: “quando, nel commettere 
alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono 
colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità 
ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni 
concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge 
come delitto colposo”.
Questo peculiare istituto non ha veri e propri precedenti 
legislativi
1
. Si consideri, infatti, che l'art. 50 del previgente codice 
Zanardelli prevedeva un'ipotesi di “eccesso scusabile” dai limiti 
“imposti dalla legge, dall'Autorità o dalla necessità”, senza fare 
alcuna distinzione in merito ai coefficienti soggettivi dell'eccesso 
stesso
2
. In sostanza, concedeva una riduzione della pena per tutti i 
reati che fossero stati realizzati nelle particolari circostanze 
indicate
3
, lasciando irrisolta la questione circa il titolo della 
1 P. SIRACUSANO, voce Eccesso colposo, in Dig. disc. pen., IV, p. 180. 
2 AA. VV., Introduzione al sistema penale, Torino, Giappichelli, 2001, II, p. 119; 
G. AZZALI, L'eccesso colposo, Milano, Giuffrè, 1965, p. 396; S. MALIZIA, voce 
Eccesso colposo, in Enc. dir., XIV, p. 117; P. SIRACUSANO, voce Eccesso 
colposo, cit., p. 180. 
3 C. SALTELLI – E. ROMANO DI FALCO, Commento teorico-pratico del nuovo 
codice penale, Torino, Utet, 1940, 2ª ed., I, p. 359: l'istituto si configurava nel 
caso in cui, commettendo un fatto nelle stesse circostanze atte a scriminarlo 
secondo l'art. 49 cod. abr., si fossero ecceduti i limiti citati.
1
punibilità dell'eccesso
4
. Il codice vigente risolve tale questione 
pronunciandosi per la punibilità a titolo di colpa, a condizione che 
il fatto “eccessivo” cagionato sia previsto dalla legge come delitto 
colposo
5
.
2. Dall'eccesso “scusabile” all'eccesso colposo
Dopo la parziale unificazione dell'Italia iniziarono i lavori per 
l'elaborazione di un codice penale unico e diverse Commissioni 
ministeriali furono attive. La prima Commissione (30 luglio 1867) 
stabilì che l'eccesso dovesse comportare una riduzione di pena 
soltanto nei casi di omicidio e lesioni personali. Nel disegno del 15 
aprile 1870 la diminuzione di pena fu mantenuta ma l'eccesso 
venne esteso anche al caso dell'uso legittimo della forza. Con il 
disegno Zanardelli del maggio 1883 si stabilì la riduzione di pena 
anche per l'eccesso dai limiti di una disposizione di legge o di un 
ordine della legittima Autorità. Nel secondo disegno Zanardelli (22 
novembre 1887) l'art. 50 era così formulato: “se ha ecceduto i 
limiti imposti dalla legge, dall'Autorità o dalla necessità, l'autore 
del fatto è punito [...]” (seguiva l'indicazione delle sanzioni 
ridotte); nel capoverso si aggiungeva che “tuttavia, se l'eccesso è 
stato l'effetto del turbamento d'animo prodotto dal timore della 
violenza o dal pericolo, l'autore del fatto va esente da pena”
6
. 
4 C. FARANDA, L'eccesso colposo. Errore di giudizio ed errore modale nell'art. 
55 c.p., Milano, Giuffrè, 1988, p. 52: l'art. 50 del codice Zanardelli disciplinava 
l'eccesso, “non come fattispecie autonoma, ma con un meccanismo di 
attribuzione di pena minore rispetto a quella applicata per il reato doloso 
corrispondente”.
5 M. GALLO, L'eccesso “scusabile” nel nuovo codice penale, in Riv. pen., 1932, 
I, p. 615; ID., p. 617: la condizione che nell'art. 55 c.p. è posta alla punibilità 
del soggetto era assente nel codice Zanardelli. Infatti, nel suo vigore, la 
diminuente era applicabile a tutti i reati, anche a quelli che non erano previsti 
nell'ipotesi colposa.
6 A. SANDULLI, Eccesso colposo, in Giust. pen., 1933, II, II, pp. 1970-1971. 
2
L'inserimento di tale capoverso venne contestato alla Camera dei 
deputati, nelle tornate del giugno 1888, e dalla Commissione 
senatoria giunse la proposta di soppressione. Il 26 febbraio 1889 
venne dato l'annuncio che il capoverso era stato soppresso: in 
proposito si osservò come la giustificazione fosse eccessiva e 
potesse portare all'impunità di qualunque eccesso
7
. 
Il testo definitivo del codice fu presentato al Re nel mese di giugno 
ed entrò in vigore il 1 gennaio 1890. Nella Relazione ministeriale 
che lo accompagnava, il Guardasigilli Zanardelli riconobbe la 
necessità della diminuzione di pena in quanto l'eccesso è sì 
“colpevole” ma “si riferisce ad una causa o ad un'azione che sono 
giuste per loro medesime”. Aggiunse di ritenere opportuna la 
soppressione dell'ultimo capoverso dell'art. 50 cod. abr. in quanto 
avrebbe dato adito a “imprevedibili apprezzamenti, considerando il 
concetto necessariamente vago ed elastico dell'espressione 
usata”
8
. 
Nel silenzio della dizione legislativa, i lavori preparatori non 
chiarirono il fondamento giuridico dell'eccesso. La Relazione 
ministeriale al progetto del 1887 stabiliva testualmente che, in 
quanto “l'eccesso di un'azione legittima è da imputarsi più a colpa 
che a dolo, è logico ed equo che, se la pena comminata per il 
Così il testo della Relazione ministeriale (n. XLVII): “In questo caso è 
universalmente ammesso che non si mandi impunito l'autore del fatto, ma lo si 
punisca per l'azione eccedente i limiti di quanto era richiesto dal compimento 
del proprio dovere o dalla tutela del proprio o dell'altrui diritto. La sanzione 
stabilita per il reato commesso deve perciò essere mitigata sensibilmente in 
proporzione del carattere originariamente legittimo del fatto; ciò che meglio non 
potrebbe farsi se non diminuendo la pena di una frazione determinata. E, 
poiché l'eccesso di un'azione legittima è da imputarsi più a colpa che a dolo, è 
logico ed equo che, se la pena comminata per il delitto fosse la reclusione, a 
questa vada sostituita la detenzione. Anche l'eccesso però deve andare 
impunito se non possa neanche imputarsi a colpa, quando cioè sia l'effetto dello 
sbigottimento prodotto dal timore della violenza o dal pericolo”.
7 A. SANDULLI, Eccesso colposo, cit., p. 1971.
8 A. SANDULLI, Eccesso colposo, cit., p. 1971. Il riferimento è alla Relazione al 
Re n. XXIX.
3
delitto fosse la reclusione, a questa vada sostituita la detenzione”
9
. 
Enunciava, in sostanza, un concetto di approssimazione e il 
richiamo alla pena irrogabile non valeva a chiarire il punto: il 
codice abrogato comminava la detenzione anche per ipotesi 
delittuose essenzialmente dolose (sebbene connotate da una 
minor gravità). La Relazione al Re, parlando di “eccesso 
colpevole”, sembrava in effetti insistere sul concetto di colpa ma la 
questione rimaneva aperta al dibattito della dottrina
10
.
Al riguardo, vi fu chi sostenne che la norma di cui all'art. 50 cod. 
abr. riguardasse esclusivamente l'eccesso doloso e che all'eccesso 
dovuto a colpa fossero applicabili soltanto le disposizioni relative ai 
reati colposi. Si osservava, in particolare, che nella dizione 
dell'articolo mancava l'espresso riferimento all'imprudenza, alla 
negligenza, all'imperizia, ecc.; mancava, cioè, la menzione della 
formula con la quale (anche) nel sistema dell'abrogato codice era 
definito il delitto colposo. Il rilievo, a fronte della riserva di legge 
in materia di responsabilità colposa (art. 45 cod. abr.), portava a 
concludere che nell'art. 50 cod. abr. si dovesse riscontrare il tacito 
richiamo alla volontarietà del fatto. L'eccesso doveva quindi 
consistere nell'aver voluto eccedere dai limiti imposti dalla 
necessità, ovvero nell'aver saputo di eccedere al momento 
dell'azione; la congrua diminuzione della pena era legata al motivo 
della necessità della difesa che spinse all'azione
11
. 
Contrariamente a tale isolata opinione, la maggioranza della 
dottrina ritenne che l'eccesso colposo dovesse essere ricondotto 
9 Per un richiamo completo, v. supra nt. 6.
10 M. GALLO, L'eccesso “scusabile”, cit., pp. 616-617.
11 M. GALLO, L'eccesso “scusabile”, cit., p. 617. Per ulteriori riferimenti 
bibliografici cfr. nt. 3 e 4. Al riguardo v. anche G. CONSO, Eccesso colposo e 
amnistia, in Giur. it., 1947, II, pp. 108-109: il più valido argomento a favore 
della tesi in esame si basava sul rilievo che la pena stabilita per l'eccesso ex art. 
50 cod. abr. presentava un carattere di maggior gravità rispetto alle pene 
previste per i singoli reati colposi.
4
all'art. 50 cod. abr. e che l'eccesso doloso dovesse essere punito, 
salva la diminuente della provocazione, come il reato comune. Era 
incontroverso che l'eccesso incolpevole meritasse piena 
giustificazione
12
. 
Ulteriori contrasti sorsero in merito al fondamento giuridico 
dell'eccesso colposo. La maggioranza concordò nel vedervi un 
reato riconducibile al genuino concetto della colpa
13
 ma vi fu anche 
chi vide nell'eccesso una figura di reato colposo sui generis; una 
specie di fictio iuris per la quale la legge avrebbe tramutato in 
colposi tutti i reati commessi nelle circostanze di cui all'art. 50 
cod. abr., anche se non espressamente previsti sotto l'ipotesi 
colposa
14
. Accanto a queste, vi fu la tesi di chi ravvisava nel reato 
commesso per eccesso colposo un reato informato a dolo. Il dolo 
era individuato nella coscienza di infliggere all'avversario un male 
non necessario alla propria difesa, in generale nella coscienza di 
agire oltre i limiti della necessità. In tali circostanze la legittimità 
del fine non era sufficiente a giustificare l'azione ma, funzionando 
come “causa scusante”, mitigava la sanzione stabilita per il reato 
commesso. In ciò era implicito che l'eccesso si configurasse solo 
rispetto ai mezzi e, quindi, che la piena punibilità dovesse essere 
ripristinata qualora l'azione avesse avuto un fine diverso da quello 
voluto dall'obbedienza alla legge o dalla necessità
15
. 
12 G. CONSO, Eccesso colposo, cit., p. 108: l'Autore concorda con questo 
orientamento dottrinale. Nello stesso senso M. GALLO, L'eccesso “scusabile”, 
cit., p. 616: il legislatore del 1889 intese sanzionare espressamente il solo 
eccesso dovuto a colpa, lasciando ricadere sotto i principi generali le altre due 
figure di eccesso. Al riguardo, per ulteriori riferimenti bibliografici cfr. ID., p. 
618, nt. 5-12.
13 G. CONSO, Eccesso colposo, cit., p. 108.
14 M. GALLO, L'eccesso “scusabile”, cit., p. 618. Per ulteriori riferimenti 
bibliografici cfr. nt. 9 e 13.
15 In questo senso V. POSITANO DE VINCENTIIS, Difesa legittima, stato di 
necessità, disposizione della legge e ordine dell'autorità, in Dig. it., IX, II, pp. 
450-451; contra M. GALLO, L'eccesso “scusabile”, cit., pp. 617,619: quando il 
soggetto eccede volontariamente non trae “motivo” bensì “occasione o 
5
La giurisprudenza di legittimità, benché chiamata raramente a 
pronunciarsi al riguardo, aderì alla tesi prevalente in dottrina 
ravvisando nella colpa il fondamento dell'eccesso di cui all'art. 50 
cod. abr.
16
. 
Le prime modifiche al codice Zanardelli vennero proposte dopo la 
fine della Prima Guerra mondiale. Nel settembre del 1919 il 
Guardasigilli Ludovico Mortara ne incaricò una Commissione 
ministeriale presieduta da Enrico Ferri. I lavori si concretizzarono 
nel 1921 con la presentazione del progetto di una nuova parte 
generale del codice penale. In tale progetto la figura dell'eccesso 
era individuata come causa di giustificazione incompleta. In 
particolare, l'art. 19, cpv., disponeva che quando il fatto non fosse 
completamente giustificato avessero vigore le norme dell'art. 76, 
ovvero il giudice, valutando le circostanze di minore pericolosità 
del reo, potesse applicare sanzioni più miti giungendo sino al 
perdono giudiziale
17
.
Nel 1925 fu delegata al Governo la facoltà di emendare i codici 
penale e di procedura penale e a tal fine il Ministro Alfredo Rocco 
nominò una Commissione ministeriale. Il progetto preliminare del 
codice penale fu predisposto da un Comitato presieduto dallo 
stesso Ministro e presentato alla Commissione nel 1927. In questa 
sede e ad opera dei cultori del diritto fu discusso ed elaborato il 
pretesto” dalla necessità di difendersi. La percezione esatta dell'azione 
“eccessiva” è logicamente incompatibile con una finalità difensiva, salva l'ipotesi 
dell'errore di calcolo.
16 V. in particolare Cass., 18 aprile 1907, in Cass. Un. Pen., XVIII, p. 1070. Per 
ulteriori riferimenti alla giurisprudenza di legittimità v. G. A. DI STEFANO, 
L'eccesso colposo, Bolzano, Arti grafiche R. Manfrini, 1964, p. 55, nt. 2.
17 G. A. DI STEFANO, L'eccesso colposo, cit., pp. 61-62: il giudice doveva, in 
altri termini, usare molta clemenza fino ad assolvere e a perdonare, qualora la 
buona fede dell'autore del fatto fosse resa certa dalla sua personalità e dalle 
circostanze del fatto stesso (tra le quali dovevano essere valutate anche la 
personalità e i precedenti dell'aggressore). Per un ulteriore riferimento 
bibliografico cfr. nt. 1.
6
progetto definitivo, indirizzato alla Commissione parlamentare nel 
1929. Il testo del nuovo codice penale fu presentato al Re nel 
1930 ed entrò in vigore il 1 luglio 1931. 
La disciplina dettata per l'istituto dell'eccesso colposo nel progetto 
preliminare (art. 57) confluì nel progetto definitivo senza 
sostanziali modifiche. L'art. 59 del disegno definitivo disponeva 
che “quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti negli 
articoli 55, 56, 57 e 58, si eccedano colposamente i limiti stabiliti 
dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla 
necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, 
se il fatto sia preveduto dalla legge come delitto colposo”
18
. 
Già nella Relazione introduttiva della Commissione ministeriale al 
progetto preliminare, si legge che nel caso di eccesso doloso la 
“diminuente” non si sarebbe potuta applicare. Il fondamento 
dell'istituto era individuato, infatti, nella “legittimità dell'atto 
iniziale” e nel “perdurante proposito di agire nei limiti imposti dalla 
legge, dalla difesa o dalla necessità”: presupposti, questi, 
incompatibili con la “deliberata volontà di agire fuori di tali 
limiti”
19
.
In senso ulteriore la Relazione al Re del Guardasigilli Rocco chiarì 
che l'eccesso poteva essere volontario, e quindi estraneo agli 
istituti richiamati dalla disposizione che lo disciplinava, oppure 
essere involontario in quanto cagionato per un errore nella 
valutazione dei presupposti dei citati istituti. In questa ipotesi le 
possibilità si sdoppiavano: l'errore poteva essere determinato da 
un caso fortuito (o essere comunque incolpevole), oppure poteva 
conseguire ad una condotta colposa. Nel primo caso il fatto era 
18 A. JANNITTI – PIROMALLO, Illustrazione pratica dei codici penale e di 
procedura penale, Roma, Soc. Ed. del “Foro Italiano”, 1931, I, pp. 390-391. 
19 Relazione introduttiva Appiani, in Lavori preparatori del codice penale e del 
codice di procedura penale, IV, I, p. 61.
7
giustificato e gli artt. da 55 a 58 si applicavano nonostante 
l'eccesso; nel secondo caso, invece, trovava applicazione l'art. 59. 
“Questi concetti sono espressi con l'avverbio 'colposamente', il 
quale scolpisce il sistema del progetto, che può riassumersi così: 
fuori della ipotesi di colpa nell'eccesso, non trova applicazione 
l'articolo 59”
20
. Il legislatore aveva, dunque, ricollocato l'eccesso 
doloso e l'eccesso incolpevole nel campo, rispettivamente, della 
piena punibilità e della non punibilità; l'ipotesi che rimaneva da 
disciplinare era quella colposa: la nuova disposizione normativa la 
sanzionava con l'applicazione delle “disposizione concernenti i 
delitti colposi”. 
In relazione alla dizione “delitti”, fu oggetto di discussione in sede 
di lavori preparatori se il legislatore intendesse o meno escludere i 
fatti contravvenzionali dalla norma disciplinante l'eccesso colposo. 
A favore della punibilità si osservò che il riferimento ai soli delitti 
colposi lasciava ricadere le contravvenzioni sotto la norma comune 
con la conseguente imputabilità delle stesse, tanto a titolo di dolo, 
quanto a titolo di colpa
21
. La Relazione al Re chiarì che, pur 
essendo sostenibile la tesi a favore, l'intenzione del legislatore era 
stata quella di lasciare impunite le contravvenzioni per una 
ragione di politica criminale: l'evidente iniquità di sanzionare un 
fatto indubbiamente meno grave rispetto a quello delittuoso
22
.
20 Lavori preparatori, V, I, p. 100. Nella Relazione si aggiungeva che: “la 
illustrazione del sistema adottato fa cadere le preoccupazioni di coloro che 
ritengono potersi applicare la disposizione anche quando il turbamento per 
l'aggressione patita o altre circostanze di fatto abbiano impedito di valutare 
adeguatamente quale dovesse essere, nella varietà episodica degli avvenimenti, 
l'azione da compiere, perché, se il turbamento è tale da far scomparire ogni 
ipotesi di colpa, l'art. 59 non è applicabile. E la illustrazione medesima conduce 
a respingere senz'altro la proposta di prevedere nell'articolo 59, accanto 
all'eccesso colposo, anche l'eccesso volontario”.
21 Lavori preparatori, VI, p. 91.
22 Relazione al Re, n. XXXVIII: “[...] poiché le contravvenzioni sono punibili 
tanto a titolo di dolo quanto a titolo di colpa, sarebbe stato possibile attribuire 
all'eccedente colposo la responsabilità per contravvenzione. Ma non tutto ciò 
8
In conclusione, nel nuovo sistema la disposizione normativa che 
disciplina l'eccesso ha una più ristretta sfera di applicazione e non 
si sostanzia più in una scusante. Il legislatore ha abolito la figura 
dell'eccesso “scusabile” nel senso tradizionale, ovvero come reato 
punibile con la sanzione prevista in via ordinaria sebbene 
notevolmente attenuata; ha ricondotto l'istituto sotto il dominio 
della colpa, dichiarando conseguentemente che nessuna sanzione 
sia ad esso applicabile se non quella prevista dalla legge penale 
per il correlativo delitto colposo
23
.
che è possibile, e che può sembrare logico, è altresì opportuno. Con lo stabilire 
la responsabilità contravvenzionale nel caso ipotizzato dalla Commissione, si 
sarebbe fatta, in verità, cosa eccessiva. Quando il fatto è commesso nelle 
condizioni presupposte dalla norma in esame, la legge, anche se siavi eccesso 
[…], non deve abbandonare il criterio d'una relativa indulgenza. Se anche il 
fatto costituisce contravvenzione, non è opportuno punirlo nei casi anormali in 
cui l'azione o l'omissione, anche se eccessiva, è nondimeno commessa, per così 
dire, in uno stato di necessità subiettiva, cioè dovuta ad un errore, sia pure 
inescusabile, di valutazione”.
23 M. GALLO, L'eccesso “scusabile”, cit., pp. 624-625.
9