5
la rinomata dieta Mediterranea. Quest’ultima è considerata da molti 
particolarmente preziosa per il nostro organismo, perché in grado di bilanciare 
i principi nutritivi dei vari alimenti. 
Nel quarto ed ultimo capitolo di questo lavoro di tesi, ho descritto il mio 
percorso di conoscenza e scoperta di un’importante iniziativa della Regione 
Campania attraverso un progetto attuato a Napoli presso Città della Scienza. Il 
progetto GNAM è incentrato interamente sull’educazione alimentare rivolta 
soprattutto ai bambini e ai ragazzi. Ho poi esposto l’iter ed i risultati della mia 
ricerca, che ho realizzato attraverso questionari sottoposti alle insegnanti ed 
agli alunni di alcune scuole che hanno seguito le attività del progetto. 
L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di scoprire ed esaminare un 
elemento di forza della mia città; un progetto che getta le basi per un 
cambiamento delle abitudini alimentari scorrette di molti cittadini della 
Campania e che cerca di formare una coscienza critica per scelte alimentari 
consapevoli e intelligenti, promuovendo i principi di una sana e corretta 
alimentazione, intesa come stile di vita e valore condiviso per la tutela della 
propria salute, dell’ambiente e del proprio territorio. 
 
 
 6
CAPITOLO PRIMO 
 
 
 
L’EDUCAZIONE ALIMENTARE 
 
 
 
 
1.1   La disciplina. 
 
 
L’educazione alimentare, se ne sente tanto parlare ma…cos’è esattamente? È 
a pieno titolo una disciplina scientifica, che ha il duplice ruolo di essere 
materia d’insegnamento didattico e strumento di prevenzione e promozione 
della salute. Questa doppia funzione è dovuta alla varietà delle tematiche 
abbracciate da questa dottrina e all’impatto che essa può avere sui 
comportamenti alimentari della popolazione, quindi sul suo stato di salute. Per 
questo essa è una materia molto importante, al pari della matematica e delle 
lettere: se non si è capaci di leggere, scrivere e contare non è facile orientarsi 
nel mondo, così come non si avrà certo vita facile e buona salute se non si è 
capaci di mangiare bene e se non si conosce ciò che si mangia.  
L’OMS
1
 (Organizzazione Mondiale della Sanità) e la FAO (Food and 
Agriculture Organization) hanno dato una precisa definizione di educazione 
alimentare come «processo formativo ed educativo per mezzo del quale si 
                                                          
1
 L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS, o World Health Organization, WHO in 
inglese), agenzia specializzata delle Nazioni Unite per la salute, è stata fondata il 7 aprile 
1948, con sede a Ginevra. L'obiettivo dell'OMS, così come precisato nella relativa 
costituzione, è il raggiungimento da parte di tutte le popolazioni del livello più alto possibile 
di salute, definita nella medesima costituzione come condizione di completo benessere fisico, 
mentale e sociale, e non soltanto come assenza di malattia o di infermità. L'OMS è governata 
da 193 stati membri attraverso l'Assemblea mondiale della sanità (WHA), convocata 
annualmente in sessioni ordinarie nel mese di maggio. Questa è composta da rappresentanti 
degli stati membri, scelti fra i rappresentanti dell'amministrazione sanitaria di ciascun paese 
(ministeri della sanità). Le principali funzioni dell'Assemblea consistono nell'approvazione 
del programma dell'organizzazione e del bilancio preventivo per il biennio successivo, e nelle 
decisioni riguardanti le principali questioni politiche. È un soggetto di diritto internazionale 
vincolato, come tale, da tutti gli obblighi imposti nei suoi confronti da norme generali 
consuetudinarie, dal suo atto istitutivo o dagli accordi internazionali di cui è parte. Cfr: 
Oronzo S., L’ordinamento e l’organizzazione della sanità, Franco Angeli, Milano, 2007.
 
 7
persegue il generale miglioramento dello stato di nutrizione degli individui, 
attraverso la promozione di adeguate abitudini alimentari, l’eliminazione dei 
comportamenti alimentari scorretti, l’utilizzazione di manipolazioni più 
igieniche degli alimenti ed un efficiente utilizzo delle risorse alimentari»
2
.  
L’obiettivo dell’insegnamento di una corretta alimentazione, in diverse forme 
e contesti (quindi non solo all’interno delle scuole), è essenzialmente quello di 
istruire la popolazione sulla conoscenza del settore agroalimentare, toccando 
tanto gli aspetti tecnologici quanto quelli nutrizionali e gastronomici, al fine 
di diffondere una cultura e dei comportamenti alimentari benefici per la 
salute. In poche parole si tratta di conoscere ciò che mangiamo e che effetti 
può avere sulla nostra salute. A livello globale l’educazione alimentare 
comprende svariate strategie d’intervento, che sfruttano diversi mezzi di 
comunicazione al fine di rendere più efficace possibile la diffusione di 
messaggi e modelli positivi. Fra le principali modalità di comunicazione 
dell’educazione alimentare, possiamo citare gli interventi nelle scuole, la 
distribuzione di opuscoli informativi alle famiglie, la promozione di giornate a 
tema (con manifestazioni, dibattiti ecc), la pubblicità progresso, le rubriche di 
alcuni giornali e alcune trasmissioni radiotelevisive. Purtroppo però molti altri 
canali mediatici (soprattutto la pubblicità commerciale) minano fortemente il 
lavoro di questa disciplina diffondendo informazioni e modelli sbagliati; non 
c’è bisogno di fare nomi o esempi per capire a cosa ci si riferisce poiché 
ormai tutti, chi più chi meno, sappiamo che l’affidabilità dei messaggi di 
educazione alimentare lanciati da alcune promozioni e da alcune trasmissioni 
televisive sono tutt’altro che veritieri e non sono basati su concetti 
                                                          
2 
  Lombardi  T. ,   Le  Nazioni  Unite  (ONU)  e  gli  istituti  specializzati,  Edizioni Giuridiche 
Simone, Napoli, 2008, p. 213.
 
 8
scientificamente validi. Per evitare che queste notizie fuorvianti continuino a 
incidere in modo negativo sui comportamenti alimentari della popolazione, 
soprattutto di quella giovane, sarebbe utile che il Ministero della Salute trovi 
il modo di regolamentare tali informazioni sbagliate, anche se sarà ancora 
lunga la strada da percorrere prima che si possa giungere a questo importante 
traguardo.  
Per monitorare gli effetti degli interventi di educazione alimentare, e quindi 
per valutarne il raggiungimento degli obiettivi prefissi, si può far riferimento 
alla sorveglianza nutrizionale, una disciplina che si occupa di descrivere, 
documentare e monitorare lo stato di salute e nutrizione della popolazione con 
riferimento ai comportamenti nutrizionali. In tal modo è possibile individuare 
e orientare opportunamente le strategie preventive e correttive, fra le quali 
rientra anche l’insegnamento di sane abitudini alimentari.  
In Italia si stanno attuando molte operazioni di comunicazione ed educazione 
alimentare. Ne sono esempio tutte le campagne di promozione della salute 
diffuse dal Ministero della Salute e dal Ministero delle Politiche Agricole e 
Forestali
3
 attraverso l’INRAN
4
 (fra cui spiccano le “Linee guida per una sana 
alimentazione italiana”
5
) ed i diversi interventi promossi nelle scuole. Tuttavia 
                                                          
3 
  http://www.nutrienergia.it/pag/index
 
4 
  L’Istituto Nazionale  di  Ricerca  per  gli  Alimenti  e  la Nutrizione  (INRAN),  fondato  nel 
1999 come riforma del precedente Istituto Nazionale della Nutrizione, è un Ente Pubblico di 
Ricerca  che  opera  sotto  la  vigilanza  del Ministero  delle  Politiche  Agricole  e  Forestali.  Il 
decreto  istitutivo dell’Ente  (art.11 del D.L.vo n.454 del 1999)  stabilisce che  l’INRAN  svolga 
“[...]  attività  di  ricerca,  informazione  e  promozione  nel  campo  degli  alimenti  e  della 
nutrizione,  ai  fini  della  tutela  del  consumatore  e  del  miglioramento  qualitativo  delle 
produzioni agro‐alimentari”.
 
5 
 Gli alimenti di cui disponiamo sono tantissimi, e molte sono anche le vie per realizzare 
una dieta salutare nel quadro di uno stile di vita egualmente salutare. Ognuno ha quindi ampia 
possibilità di scelte. Negli ultimi decenni Istituzioni pubbliche e Organismi scientifici hanno 
dato vita, nei principali Paesi del mondo, a Linee guida o Direttive alimentari. E nella stessa 
direzione si sono mosse le principali Agenzie internazionali che si occupano di alimentazione 
e salute. In Italia, fin dal 1986 l’INRAN (sottoposto a controlli del Ministero delle Politiche 
Agricole, Alimentari e Forestali) si è fatto carico di tale iniziativa e, con la collaborazione di 
 9
in Italia mancano un controllo centralizzato delle azioni ed una pianificazione 
a lungo termine delle stesse; questo porta ad una situazione disomogenea, 
nella quale troviamo regioni e province nelle quali l’educazione alimentare è 
poco diffusa, altre in cui invece è tenuta in alta considerazione, oppure altre 
ancora nelle quali si promuovono iniziative per uno o due anni e poi non si fa 
più nulla per diverso tempo. Purtroppo questa mancanza di coordinazione fra i 
vari interventi e la pianificazione a breve termine fa loro perdere 
notevolmente di efficacia. 
L’insegnamento di una corretta nutrizione, in qualsiasi ambito venga 
realizzato, non è però così semplice come si potrebbe pensare. Le tematiche 
correlate a questa disciplina sono infatti molte ed esistono poche figure 
professionali che possiedono un curriculum formativo adatto a poterle trattare 
tutte in modo sufficientemente completo. Per fare un esempio basta citare 
alcuni fra i temi principali di educazione alimentare: chimica, microbiologia, 
dietetica e nutrizione, tecnologie alimentari, valutazione sensoriale degli 
alimenti, storia e cultura alimentare, tecnologie della ristorazione, igiene, 
gastronomia, diritto alimentare, igiene dentale, zootecnia, botanica, ecc. 
Leggendo questo elenco si può facilmente dedurre che per pianificare e 
condurre un percorso di questa materia ci vuole il lavoro di squadra di diversi 
esperti oppure, nel caso delle scuole, di un team d’insegnanti motivati che 
lavorino in modo interdisciplinare, eventualmente coadiuvati da un esperto, ad 
esempio da un dietologo o da un tecnologo alimentare. Questo per dire che 
                                                                                                                                                               
numerosi rappresentanti della comunità scientifica nazionale, ha predisposto e 
successivamente diffuso le prime “Linee guida per una sana alimentazione italiana”. Nel 1997 
con analoghe modalità è stata predisposta la prima revisione, cui segue la presente revisione 
2003. Il motivo per il quale le Linee guida vengono compilate e diffuse in milioni di copie è 
proprio quello di fornire al consumatore una serie di semplici informazioni e indicazioni per 
mangiare meglio e con gusto, nel rispetto delle tradizioni alimentari del nostro Paese, 
proteggendo contemporaneamente la propria salute.  
  Cfr.: http://www.inran.it/servizi_cittadino/stare_bene/guida_corretta_alimentazione.
 
 10
non basta raccogliere e leggere opuscoli, libri e pubblicazioni per poter fare 
educazione alimentare. 
Importanti informazioni circa gli esordi di questa disciplina provengono da un 
Convegno tenutosi a Napoli nel 1961
6
, in cui si discusse il problema 
dell’alimentazione a livello nazionale ed internazionale e tutti gli interventi 
che si erano realizzati fino ad allora e quelli che si sarebbero dovuti attuare 
per arginare questa emergenza educativa, sanitaria, nutrizionale, ecc. Un 
primo passo, per la popolazione italiana fu fatto dall’Amministrazione per le 
Attività Assistenziali Italiane e Internazionali, che intraprese delle attività 
sperimentali di educazione alimentare dirette ai piccoli assistiti. Nonostante i 
risultati soddisfacenti, fu tuttavia, ancora una volta sottolineata la vastità del 
problema e l’impossibilità di risolverlo senza azioni più massicce ed 
organizzate. Perciò l'A.A.I. ritenne opportuno studiare l'estensione delle sue 
attività sulla disciplina assicurando ad esse la partecipazione di organizzazioni 
internazionali e la collaborazione delle amministrazioni e degli enti pubblici 
nazionali interessati al problema. Essa, quindi impostò un programma 
organico d’interventi educativi nel settore della nutrizione, nel quale 
coinvolse  i Ministeri della Pubblica Istruzione, dell'Agricoltura e Foreste, 
della Sanità, l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, l'Istituto Nazionale della 
Nutrizione, ognuno per l'aspetto più prossimo ai suoi fini istituzionali. Inoltre, 
poiché gli indirizzi degli organismi tecnici e assistenziali delle Nazioni Unite 
erano a quel tempo rivolti al miglioramento dell’alimentazione dei bambini 
nel mondo, l'A.A.I., sul piano internazionale  richiese per l'iniziativa il 
                                                          
6 
 Cfr.: Aspetti scolastici e sociali della educazione alimentare: Atti del Convegno di studi 
organizzato nel quadro della campagna mondiale contro la fame, proposta dalla 
Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (F.A.O.), Napoli 8-9-
10 dicembre 1961,  Tip. Pio X, Roma, s.d. 
  
 
 11
contributo finanziario del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia 
(U.N.I.C.E.F.) e la partecipazione tecnica dell'Organizzazione per 
l'Alimentazione e I'Agricoltura (F.A.O.). Il programma suscitò l'interesse 
dell'U.N.I.C.E.F., che assicurò un contributo complessivo di 24 milioni di lire 
per i previsti tre anni di attuazione del progetto; è risaputo infatti che gli 
interventi del Fondo per le attività di educazione alimentare hanno subito 
negli anni dal 1958 al 1960 un notevole incremento, passando da 417,000 
dollari, a 1.205.400 dollari.  
I motivi alla base di questo interesse da parte delle Istituzioni per 
l’alimentazione, la salute ed il benessere degli individui, scaturirono da 
indagini statistiche, effettuate in quegli anni, sui bilanci familiari e sui 
consumi alimentari, mettendo in evidenza le caratteristiche nutrizionali della 
popolazione italiana. Le conclusioni di queste indagini furono che nei gruppi 
di popolazione a basso reddito le spese per l’alimentazione costituivano il più 
importante capitolo del bilancio familiare. Ma il fattore economico incideva 
anche sulla scelta degli alimenti: ne derivava che la dieta abituale degli 
italiani appartenenti alle categorie meno abbienti era prevalentemente basata 
sui cereali e loro derivati, che sono prodotti meno costosi, mentre erano molto 
modesti sia i consumi di alimenti di origine animale ad alto valore proteico 
(carne, uova, latte e derivati), sia quelli di vegetali freschi (ortaggi e frutta), 
che assicurano l'indispensabile apporto di vitamine e sali minerali. Perciò, 
soprattutto nelle popolose zone sottosviluppate dell'Italia meridionale e nelle 
depresse aree montane, si notava che, anche quando l'alimentazione 
quotidiana era sufficiente dal punto di vista calorico, qualitativamente essa 
risultava squilibrata e carente in alcuni principi nutritivi importantissimi. 
Queste carenze hanno un'incidenza notevole sulla salute e sul benessere fisico 
 12
degli individui; ma particolarmente dannose risultano per l'infanzia, dato che 
proprio i principi nutritivi meno consumati dalle famiglie povere sono quelli 
che hanno la massima importanza ai fini di un regolare accrescimento e di un 
armonico sviluppo. Tuttavia per buona parte dei bambini bisognosi italiani 
che frequentavano le scuole materne ed elementari vennero attuati degli 
interventi assistenziali nel settore della nutrizione: «ma questo vasto e 
regolare programma di protezione alimentare dell'infanzia, che raggiungeva 
quotidianamente oltre 1 milione e 700.000 bambini e ragazzi di età compresa 
fra 3 e 12 anni, si svolgeva, in un certo senso, silenziosamente. Ne parlava un 
po' la stampa locale al momento dell'apertura delle scuole o in occasione di 
visite ai centri di assistenza da parte di Autorità; assai meno ne parlavano i 
quotidiani nazionali a grande tiratura e meno ancora la stampa a rotocalco»
7
. 
Eppure si trattava di un'attività imponente, che giunge fin nei più sperduti 
Comuni montani, dove la stessa maestra che faceva lezione, o a turno, le 
madri dei pochi bimbi che frequentano la scuola ed il refettorio, 
provvedevano alla preparazione del pasto scolastico. La grande importanza di 
questo massiccio programma - svolto, appunto, dall'Amministrazione per le 
Attività Assistenziali Italiane e Internazionali - stava essenzialmente nel fatto 
che ai bambini venivano distribuiti quei prodotti che difettavano nella dieta 
abituale delle famiglie di modeste condizioni economiche e che più 
facilmente potevano quindi integrare le carenze dell'alimentazione familiare. 
In tal modo si otteneva il duplice scopo di abituare i piccoli a mangiare 
regolarmente alcuni cibi nutritivamente molto importanti e di permettere loro 
un più sano accrescimento, proteggendone la salute e parallelamente 
                                                          
7 
 Aspetti scolastici e sociali della educazione alimentare: atti del Convegno di studi 
organizzato nel quadro della campagna mondiale contro la fame, proposta dalla 
Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (F.A.O.), cit., p. 152. 
  
 13
migliorando anche il loro profitto scolastico. Ma l'esperienza dimostrò che 
l’abitudine ai nuovi cibi facilmente si perdeva quando il ragazzo aveva 
terminato la scuola elementare e con questa la frequenza al refettorio, poichè 
in Italia la mensa scolastica nella scuola media non era ancora organizzata. 
Nonostante tutte le difficoltà incontrate, questo primo passo, da parte 
dell’A.A.A.I., fu decisivo per dare una svolta all’alimentazione italiana e 
soprattutto agli interventi didattico-formativi per i bambini italiani nelle 
scuole. 
Il Fondo per l'Infanzia ritenne, quindi di attivarsi per il progetto italiano in 
quanto esso poteva avere un valore dimostrativo per zone più ampie, ad 
esempio per tutto il bacino mediterraneo è noto infatti che l'U.N.I.C.E.F, ha 
interesse ad appoggiare quelle iniziative che abbiano valore di esempio per 
altre zone: nel settore particolare dell'educazione alimentare, i provvedimenti  
sono limitati a pochi Paesi, nei quali non vi siano livelli di nutrizione tanto 
bassi da poter essere risolti soltanto con la distribuzione di massicci 
quantitativi di viveri e medicinali, ma in cui si verifichino condizioni 
economiche tali da poter consentire un miglioramento dell'alimentazione 
attraverso un'opportuna opera educativa e questo è stato appunto il caso 
italiano. Inoltre il progetto attuava pienamente la direttiva principale degli 
interventi delle Organizzazioni internazionali, che richiedevano come 
contropartita ai propri contributi la realizzazione di programmi congiunti e 
coordinati tra tutti gli organismi nazionali interessati ad un dato problema. E' 
stato così varato il «Progetto nazionale di educazione alimentare con la 
partecipazione dell'U.N.I.C.E.F.»
8
, che, nei suoi tre anni di attivazione, aveva  
                                                          
8 
 Aspetti scolastici e sociali dell’educazione alimentare, cit., p. 154. 
 14
lo scopo immediato di venire incontro, in via dimostrativa, alle esigenze più 
sentite nel settore dell'educazione alla nutrizione, cioè la preparazione o 
l'aggiornamento in questa materia di operatori di varie categorie e 
l'approntamento di sussidi didattici, e come obiettivo futuro la creazione di un 
substrato sul quale organizzare attività permanenti ed estese a tutto il Paese. Il 
progetto nazionale di educazione alimentare a favore dell'infanzia doveva 
quindi immediatamente far fronte alle più impellenti esigenze del Paese in 
fatto di sana nutrizione, cioè preparare personale qualificato e realizzare 
sussidi didattici. Il suo obiettivo a lunga scadenza era invece l'impostazione di 
un vero e proprio “servizio”, destinato ad affiancare permanentemente il 
programma d’integrazione alimentare per l'infanzia bisognosa: le iniziative 
intraprese ancora in via sperimentale ed in misura limitata nel quadro del 
progetto U.N.I.C.E.F. dovevano quindi essere moltiplicate, perfezionate, 
estese a tutto il territorio nazionale. Le attività di educazione alimentare 
previste dal progetto iniziarono già nel 1960 secondo una linea ben definita: 
nel primo anno di realizzazione fu necessario preparare del personale ad alto 
livello, cui affidare, in periferia, 1'addestramento degli insegnanti e degli altri 
gruppi di operatori sociali. A tal fine l’A.A.I., valendosi della collaborazione 
tecnica dell’Istituto Nazionale della Nutrizione,  organizzò un corso di 
formazione della durata di 4 mesi presso lo stesso Istituto, all'Università di 
Roma: per l’ammissione al corso fu bandito un concorso nazionale per 
laureati in scienze biologiche ed in medicina e chirurgia; attraverso colloqui 
collettivi furono ammessi al programma formativo 15 elementi, ai quali fu 
anche assegnata una borsa di studio.