5
Nel territorio italiano esistono dei gruppi etnici, insediatisi 
molti secoli addietro, che quotidianamente portano avanti, con i 
loro usi e le loro tradizioni, un processo di conservazione e 
costruzione della propria identità. Il mio lavoro si concentra sulle 
comunità albanesi presenti in Italia, con specifico riferimento a 
quelle presenti nella Sicilia occidentale. Questi gruppi si spinsero 
nel XV secolo verso le coste italiane per sfuggire all’invasione 
ottomana che interessò in quel periodo le coste balcaniche. Negli 
anni si mossero all’interno del Meridione d’Italia cercando il 
posto migliore per loro dove, successivamente, stanziarsi 
definitivamente dando alla luce vere e proprie isole etniche 
all’interno delle quali è stato portato avanti un processo di 
conservazione e di difesa della propria identità. Proprio su 
quest’ultimo argomento  si rifletterà il proseguo della tesi 
cercando di trovare una definizione concreta ed univoca. 
Interrogherò i membri delle comunità arbëreshe sul senso di 
identità, sulla percezione che essi hanno di se stessi quanto degli 
“altri”, cercando di capire chi e come supporta il processo di 
conservazione già in precedenza menzionato. 
Tale esplorazione verrà condotta attraverso uno specifico 
studio seguito da una ricerca sul campo, in modo da fornire dati 
significativi e attuali, a partire dai quali tentare alcune 
considerazioni e interpretazioni. 
Precisato lo scopo e in parte il metodo che utilizzerò per la 
realizzazione di questo mio progetto di ricerca, ritengo dovuto 
adesso illustrare le singole componenti della tesi che raccoglie gli 
esiti del lavoro da me svolto. 
 6
Mi sono posta prima di tutto il compito di illustrare 
l’origine delle comunità albanesi in Sicilia: tale ricerca è stata 
condotta negli anni da diversi studiosi attraverso l’integrazione 
delle informazioni provenienti dai documenti storici e quelle 
provenienti dalle elaborazioni mitiche. In seguito ho illustrato 
quelli che rappresentano i fattori d’attrazione (pull factors) e di 
spinta (push factors) che hanno portato gli esuli albanesi a 
spostarsi dalla propria terra per approdare nel Meridione d’Italia. 
Tra i primi vi sono ragioni di carattere economico-demografiche 
legate all’esigenza di ripopolare numerosi casali abbandonati 
attraverso il reclutamento di braccia da lavoro, nonché la 
condizione socio economica degli esuli albanesi che avevano 
appena perso tutti i loro averi. Quanto ai fattori di spinta questi 
sono rappresentati soprattutto da eventi politici che hanno 
attivato un lento ma costante movimento migratorio dall’Albania, 
e non solo, verso il Mezzogiorno. 
Un ruolo fondamentale nella costituzione delle comunità 
albanesi è dato ai Capitoli di fondazione: si tratta di veri e propri 
atti notarili che stabilivano diritti e doveri dei contraenti e che 
oggi costituiscono una documentazione assai importante poiché 
forniscono rilevanti informazioni sui rapporti tra le popolazioni 
del luogo ed i nuovi arrivati. 
Segue dunque una breve precisazione sulle cinque colonie 
albanesi presenti nella Sicilia Occidentale: Piana degli Albanesi, 
Mezzojuso, Palazzo Adriano, Santa Cristina- Gela e Contessa 
Entellina. Saranno analizzate le origini dei cinque paesi cercando 
 7
di individuare similitudini e differenze attraverso l’aiuto di 
riferimenti forniti dai Capitoli di fondazione. 
Nella parte finale di questo primo capitolo si accennerà al 
processo di conservazione dell’identità albanese portato avanti da 
importanti soggetti e istituzioni a livello locale e non solo, e ai 
fattori che caratterizzano la cultura arbëreshe, ovvero quegli 
strumenti, quegli usi e quelle tradizioni attraverso i quali le 
comunità arbëreshë manifestano al proprio interno e verso 
l’esterno il proprio essere, la propria cultura e la propria identità. 
Tra i tratti che maggiormente contraddistinguono la cultura 
arbëreshë sono stati richiamati: la lingua, il rito, il calendario 
festivo e l’uso di abiti tradizionali in quanto questi elementi 
ricorrono più spesso nella vita quotidiana all’interno delle 
colonie greco-albanesi, e quindi segnano maggiormente chi vive 
al loro interno. 
Nel secondo capitolo l’attenzione sarà spostata su un piano 
maggiormente teorico: dopo un’introduzione sulle caratteristiche 
portanti della società moderna e sulla spinta omologante, pratica 
e teorica, dalla quale questa viene investita, saranno illustrati i 
punti di vista di diversi sociologi. Tra questi alcuni affermano 
che la globalizzazione pressa verso una generica uniformità, altri 
invece cercano di dimostrato come in realtà sempre più spesso le 
aperture e gli scambi tipici del villaggio globale portano alla 
riemersa delle particolarità. Per cui mentre alcuni vedono 
nell’annullamento delle comunità minori l’unica possibile 
conclusione di tale processo, altri sostengono il contrario e cioè 
che proprio grazie alle maggiori informazioni a disposizione, ai 
 8
sempre più potenti mezzi di comunicazione, le piccole comunità 
hanno la possibilità di rivendicare alcuni diritti fino ad allora 
ignorati dalle nazioni e da essi stessi. 
Saranno analizzate le cause che hanno portato, fino a pochi 
decenni fa, il disinteresse delle scienze sociali verso le comunità 
minori: tra queste riveste un’importanza fondamentale il 
Paradigma della modernizzazione [Allardt, 1979]. A partire dalla 
seconda metà del Novecento, però, l’interesse per le comunità 
etniche pare emergere con gran forza, il senso stesso di essere 
minoranza pare essere, negli ultimi decenni, cambiato 
radicalmente. 
Inoltre illustrerò i meccanismi che si attivano nel momento 
in cui una popolazione, con la propria cultura, la propria 
religione ed i propri costumi, viene spinta, a causa di fattori 
eterogenei, a dover approdare in una terra del tutto estranea che 
già presenta al suo interno un proprio patrimonio culturale. È 
possibile indicare tre fondamentali forme d’interazione tra due 
popolazioni etnicamente diverse (tra le quali una “dominante” e 
l’altra “minoritaria”): Assimilazione, Convivenza ed Integrazione. 
Infine, attraverso dei richiami sociologici, cercherò di 
definire il concetto portante di questa mia tesi: l’identità. Nelle 
molteplici definizioni date cercherò di individuare una base 
valida che le accomuni allo scopo di poter dare una spiegazione 
del termine nei tanti ambiti in cui esso viene utilizzato. Verrà 
anche definito il termine Etnia attraverso l’analisi dei problemi 
ad esso legati.  
 9
Sarà di fondamentale importanza capire il significato che 
l’identità rappresenta per ciascun individuo, gruppo, comunità; 
comprendere come attraverso le rivendicazioni identitarie si 
cerchi di elogiare se stessi e i membri del proprio gruppo a 
discapito, quasi sempre, di coloro i quali si trovano al di la dei 
confini, reali o simbolici, che lo delimitano. 
Dopo aver ricostruito il quadro storico di quanto accaduto 
e il quadro teorico che caratterizza il concetto di identità e gli 
aspetti ad esso legati, ho avvertito la necessità di procedere 
attraverso la ricerca di riscontri empirici, di cui darò conto nel 
terzo capitolo, tramite l’utilizzo degli strumenti metodologici 
delle scienze sociologiche. Per poter riuscire a dimostrare quanto 
le scienze sociali affermano ho cercato di realizzare un’intervista 
capace di cogliere le sensazioni e il senso identitario di alcuni 
membri di due delle cinque comunità albanesi precedentemente 
presentate. Per far ciò ho messo a punto un traccia d’intervista 
semi-strutturata sull’identità Arbëreshë e sul ruolo delle 
organizzazioni e dei mezzi di comunicazione nella sua 
promozione. 
Durante le interviste chiederò agli intervistati di indicarmi i 
tratti che rappresentano maggiormente la propria identità, 
cercando di capire la loro percezione sull’azione che questa 
esercita nel rapporto io-mondo esterno: in che modo influisce nei 
loro rapporti interazionali, nelle scelte lavorative che essi fanno, 
nei loro consumi divertimenti ecc.  
Infine indagherò su quali sono i soggetti e le istituzioni che 
contribuiscono al mantenimento della loro identità, cercando un 
 10
riscontro rispetto a quanto sostenuto nel primo capitolo proprio 
su questi soggetti e istituzioni. 
 I risultati di questa mia ricerca non pretendono di esaurire 
tutto sull’argomento, anche perché si tratta di processi ancora in 
atto che con molta probabilità non si esauriranno in breve tempo; 
è per questa ragione che alla fine tenterò di ipotizzare, in base 
alle interviste effettuate, in che modo questa promozione 
identitaria può essere portata avanti allo scopo di arrivare a dei 
risultati migliori, se possibile, rispetto a quanto fino ad ora si è 
ottenuto. 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 11
1. LA FONDAZIONE DELLE COLONIE ALBANESI IN SICILIA 
NEL XV SECOLO 
 
 
 
 
1.1 Vicende di esuli tra storia e mito 
 
Come premette il prof. Mario Gandolfo Giacomarra nel 
suo saggio sulla minoranza albanese in Sicilia
1
, la ricostruzione 
delle vicende degli esuli albanesi in Sicilia è un’operazione molto 
complessa; anzitutto è necessaria un’efficace integrazione delle 
informazioni provenienti dai documenti storici e quelle 
provenienti dalle elaborazioni mitiche. Quanto alle ultime, è 
importante ricordare che tra le popolazioni arberëshe è operante 
una ben elaborata tradizione orale relativa alle loro origini. Pur 
trattandosi di costruzioni della fantasia più o meno vere, di 
asserzioni mitiche non sostenute da dichiarazioni documentarie 
certe, tali testimonianze vengono frequentemente utilizzate sia 
come materiale integrativo dei documenti scritti, che come vere e 
proprie fonti storiche alternative rispetto al materiale cartaceo. 
L’emigrazione albanese in Italia è avvenuta in un arco di 
tempo che abbraccia circa tre secoli, dalla metà del XV secolo 
alla metà del XVIII secolo. Vista l’ampiezza del fenomeno e la 
difficoltà nel reperire dati certi, diversi sono stati i tentativi di 
                                                 
1
 Giacomarra M., Condizioni di minoranza oggi- Gli Albanesi di Sicilia fra etnicismi e globalizzazione, in Albanica 
17 a cura di Matteo Mandalà, Palermo, 2003, p.17. 
 12
ricostruzione storica. Tra questi è importante ricordare il lavoro 
svolto dal prof. Matteo Mandalà. Questi individua diverse fasi 
ognuna delle quali avente proprie caratteristiche militari, 
politico-diplomatiche, economiche e culturali. 
 
Tra i fattori di spinta (push factors) che hanno favorito 
l’emigrazione albanese Giacomarra inserisce alcuni fondamentali 
eventi politici, avvenuti in quel periodo di tempo, che hanno 
attivato quel lento ma costante movimento migratorio verso 
l’Occidente che, successivamente, portò alla formazione delle 
comunità albanesi in diverse regioni dell’Italia meridionale. Tra 
questi si ricordano indubbiamente la caduta di Costantinopoli in 
mano di Maometto II, la presa di Durazzo e del Peloponneso da 
parte dei Turchi e la morte di Giorgio Kastriota Skanderbeg. 
 
Nonostante i numerosi dubbi sulle informazioni a 
disposizione, già tra la fine del XIII secolo e la fine del XIV 
secolo vi dovrebbe essere stata una prima presenza di gruppi di 
Albanesi, per lo più nuclei familiari provenienti dai più grandi 
centri portuali di Durazzo, Dulcigno e Antivari che si insediarono 
nelle regioni costiere dell’Italia centrale  e meridionale, facendo 
presto scomparire qualsiasi traccia della loro presenza. Questo 
primo spostamento, in realtà, non ha nulla a che vedere con il più 
consistente flusso di migrazione albanese che intorno alla fine 
della prima metà del XV secolo interessò quasi tutte le regioni 
meridionali italiane. 
 13
Il Mandalà nel suo saggio sostiene l’ipotesi secondo cui le 
prime notevoli e consistenti ondate migratorie si registrarono tra 
il 1440 e il 1448, quando il re Alfonso d’Aragona chiese l’aiuto 
dello Skanderbeg per reprimere gli attacchi da parte degli 
angioini e le ribellioni dei baroni calabresi alleati proprio con 
questi ultimi. Per andare in soccorso al re d’Aragona, si pensa 
che il Kastriota inviò tre squadre di soldati albanesi guidate da 
Demetrio Reres e dai suoi due figli, Giorgio e Basilio. I 
molteplici scontri militari terminarono con la sconfitta e la 
sottomissione dei nemici di Alfonso d’Aragona. Quest’ultimo, in 
segno di riconoscimento, donò a Demetrio il governatorato della 
Calabria dove i suoi soldati fondarono le più antiche colonie 
albanesi in Italia distribuite sul territorio del Catanzarese. A 
Giorgio Reres fu chiesto di spostarsi con le sue truppe in Sicilia 
allo scopo di presidiarne le coste occidentali da eventuali attacchi 
da parte degli angioini. Tali gruppi albanesi, costituiti 
prevalentemente da soldati e mercenari, inizialmente presero 
possesso dell’antica fortezza di Bizir (presso Mazara), mentre in 
seguito, a causa di dissidi interni, si spostarono in diversi luoghi 
fino a fermarsi nei pressi di Contessa Entellina per alcuni 
decenni. In un secondo momento i membri di questi primi gruppi 
in parte abbandonarono la Sicilia (per unirsi a gruppi albanesi 
fermatisi in Calabria o per ritornare in Patria), mentre un’altra 
frazione si trasferì in altri casali abbandonati (quali Mezzojuso e 
Palazzo Adriano). Un’altra importante migrazione di albanesi in 
Italia si ipotizza nel 1467, questa interessò prevalentemente la 
Sicilia. Si suppone che in questo periodo alcuni gruppi di nobili 
 14
albanesi consanguinei dello Skanderbeg chiesero e ottennero da 
Giovanni d’Aragona la possibilità di insediarsi nelle comunità 
albanesi dell’Isola, spartendosi tra Contessa Entellina, Mezzojuso 
e Palazzo Adriano.  
Dopo la morte dello Skanderbeg, avvenuta nel 1468, si 
ebbero dei flussi migratori ben più consistenti e differenti rispetto 
a quelli in precedenza analizzati. Infatti morto Skanderbeg si 
presume che il popolo albanese cercò la salvezza nelle vicine 
coste italiane per sfuggire alla sottomissione turca. Gli uomini 
che parteciparono al massiccio esodo trovarono riparo soprattutto 
in Calabria in Sicilia e in Basilicata. Gli esuli in parte 
raggiunsero i propri connazionali nelle colonie precedentemente 
formate, mentre un’altra parte di loro diede vita a numerose 
nuove colonie albanesi attualmente esistenti. [ibidem: 24-25].  
A causa dell’incalzante espansione dell’impero turco 
ottomano, la diaspora degli emigranti albanesi in Italia proseguì 
in maniera affluente per diversi anni; si suppone che tra la fine 
del‘400 e l’inizio del‘500 furono migliaia i fuggiaschi che 
abbandonarono i Balcani per approdare nelle coste italiane. Tra 
questi vi furono anche numerosi Greci che si imbarcarono a 
Corone e a Modone nelle navi di Carlo V.  
 
 
 
 
 
 
 15
A tal proposito lo storico Tommaso Fazello scrive: 
 
Nell’anno di nostra salute 1453, il 29 maggio, Maometto re dei 
Turchi, secondo di questo nome, prese Costantinopoli e poi la città di 
Durazzo e il Peloponneso, e allora passarono in Sicilia molte colonie 
di Greci. Questi fondarono molti villaggi, che ancor oggi si chiamano 
Casali dei Greci. Ai miei tempi, quando l’imperatore Carlo V espugnò 
la città di Corone e poco tempo dopo la lasciò ai Turchi, tutti i Greci 
che la abitavano, trasferirono le loro dimore in Sicilia.
2
 
 
 
 Nei successivi secoli non si hanno prove di ulteriori 
importanti esodi ma solo informazioni riguardanti sporadici 
gruppi di Albanesi che raggiunsero l’Italia allo scopo di 
ricongiungersi con le famiglie precedentemente giunte in diverse 
regioni italiane. L’unico rilevante arrivo in Italia si registra nel 
1744, anno in cui un consistente gruppo di Albanesi fu accolto da 
Carlo III° di Borbone in Villa Badessa, provincia di Pescara, 
dando vita, cronologicamente parlando, all’ultima comunità 
albanese fondata in Italia. 
 
Oggi gli "Arbëreshë", ossia gli Albanesi d'Italia, vivono in 
41 comuni e 9 frazioni, disseminati in sette regioni dell' Italia 
centro-meridionale, costituendo una popolazione di oltre 100.000 
abitanti. 
                                                 
2
 Fazello T., Storia di Sicilia, Palermo, 1990, p. 111-112. 
 16
Nella tabella
3
 sottostante sono inserite tutte le principali 
colonie albanesi presenti sul suolo italiano. 
 
CAMPANIA:  
1) Greci (AV) Greçi  
ABRUZZO:  
2) Villa Badessa (PE) Badhesa (fraz. di 
Rosciano)  
MOLISE:  
3) Campomarino (CB) Këmarini  
4) Montecilfone (CB) Munxhfuni  
5) Portocannone (CB) Portkanuni  
6) Ururi (CB) Ruri  
PUGLIA:  
7) Casalvecchio (FG) Kazallveqi  
8) Chieuti (FG) Qefti  
9) San Marzano di San Giuseppe (TA) Shën 
Marcani  
BASILICATA:  
10) Barile (PZ) Barilli  
11) Ginestra (PZ) Xhinestra  
12) Maschito (PZ) Mashqiti  
13) San Costantino Albanese (PZ) Shën 
Kostandini  
14) San Paolo Albanese (PZ) Shën Pali  
 
SICILIA:  
15) Contessa Entellina (PA) Kundisa  
16) Piana degli Albanesi (PA) Hora e 
Arbëreshëvet  
17) Santa Cristina Gela (PA) Shëndha Stina  
CALABRIA:  
 
18) Acquaformosa (CS) Firmoza  
19) Andali (CZ) Andalli  
20) Caraffa di Catanzaro (CZ) Garafa  
21) Carfizzi (KR) Karfici  
22) Cantinella (CS) Kantinela (Fraz. di 
Corigliano Calabro)  
23) Civita (CS) Çifti  
24) Castroregio (CS) Kastërnexhi  
25) Cavalerizzo (CS) Kajverici (Fraz. di 
Cerzeto)  
26) Cerzeto (CS) Qana  
27) Eianina (CS) Ejanina (Fraz. di Frascineto) 
28) Falconara Albanese (CS) Fallkunara  
29) Farneta CS) Farneta (fraz. di Castroregio)  
30) Firmo (CS) Ferma  
31) Frascineto (CS) Frasnita  
32) Lungro (CS) Ungra  
33) Macchia Albanese (CS) Maqi (Fraz. di San 
Demetrio Corone)  
34) Marcedusa (CZ) Marçeduza  
35) Marri (CS) Marri (Fraz. di San Benedetto 
Ullano)  
36) Pallagorio (KR) Puhëriu  
37) Plataci (CS) Pllatani  
38) San Basile (CS) Shën Vasili  
39) San Benedetto Ullano (CS) Shën Benedhiti 
40) Santa Caterina Albanese (CS) Picilia  
41) San Cosmo Albanese (CS) Strihari  
42) San Demetrio Corone (CS) Shën Mitri 
Korone  
43) San Giorgio Albanese (CS) Mbuzati  
44) San Giacomo (CS) Shën Japku (Fraz. di 
Cerzeto)  
45) San Martino di Finita (CS) Shën Murtiri  
46) San Nicola dell'Alto (KR) Shën Kolli  
47) Santa Sofia d'Epiro (CS) Shën Sofia  
48) Spezzano Albanese (CS) Spixana  
49) Vaccarizzo Albanese (CS) Vakarici  
50) Vena (CZ) Vina (Fraz. di Maida)  
                                                 
3
 La seguente tabella è stata presa dal sito www.arbitalia.it  
 17
1.2 L’accoglienza degli Albanesi in Sicilia 
 
Come abbiamo appena visto diverse sono le cause che 
hanno determinato le fasi della venuta degli albanesi in Italia, e 
altrettanto diversi sono stati i modi in cui si concretizzò la loro 
permanenza nelle varie parti della penisola. 
Uno dei principali fattori che favorì il buon inserimento 
degli esuli albanesi, soprattutto nelle regioni meridionali italiane, 
fu la difficile condizione economica e sociale che queste zone 
vivevano in quel frangente storico. Come illustra lo stesso 
Mandalà, tra la fine del XII secolo e l’inizio del XV secolo le 
regioni meridionali attraversarono una serie di crisi di ampie 
dimensioni che coinvolse molteplici fattori: crollo demografico, 
calo della produzione agraria, abbandono delle campagne e dei 
centri rurali medievali, richieste fiscali sempre più esose 
ecc….Nel tentativo di superare questo lungo periodo di crisi tali 
regioni avviarono un processo di profonda ristrutturazione, 
attraverso una serie di colonizzazioni interne, allo scopo di 
ripopolare le campagne  e di riattivare e ristabilire quegli 
equilibri che tra i secoli XII e XV erano venuti meno.  
A soddisfare questo bisogno di braccia da lavoro 
arrivarono in soccorso i numerosi gruppi di albanesi che si 
stanziarono nelle regioni meridionali della penisola. Dunque, 
l’accoglienza che gli albanesi ricevettero nei luoghi dove 
decisero di stabilirsi il più delle volte superò le loro stesse 
aspettative.