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L’opera: La solitudine dei numeri primi
la copertina del romanzo.
La solitudine dei numeri primi è il primo romanzo di Paolo Giordano.
Edito da Mondadori, ha ricevuto i riconoscimenti letterari del premio
Strega e del premio Campiello opera prima 2008.
Romanzo di formazione, narra le vite parallele di Alice e Mattia
attraverso le vicende dolorose che ne segnano l'infanzia, l'adolescenza
e l'età adulta.
La solitudine dei numeri primi è stato il libro più venduto in Italia nel
2008, con più di un milione di copie acquistate, e anche nel 2009 il
libro è stato uno dei più venduti. Inoltre, nel 2010 è uscita la versione
economica del libro, nella collana oscar bestsellers Mondadori,
riportando il libro nuovamente ai vertici delle classifiche di vendita. Il
libro è stato inoltre tradotto in diversi paesi, tra cui Francia,
Portogallo, Olanda, Regno unito, Spagna, Germania, Russia e Brasile.
A settembre 2010 è uscito nelle sale un film tratto dal romanzo, diretto
da Saverio Costanzo, curatore della sceneggiatura assieme allo stesso
Giordano, autore del libro.
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L’autore: Paolo Giordano
Paolo Giordano, nato a Torino nel 1982, è uno scrittore italiano. vive a
San Mauro Torinese, suo paese d'origine. Nel 2001 si è diplomato con
100/100 al liceo scientifico statale "Gino Segré" di Torino; dopo aver
conseguito, nell'anno accademico 2005-2006, la laurea in “Fisica delle
interazioni fondamentali” presso l'Università degli studi di Torino, ha
vinto una borsa di studio per frequentare il corso di dottorato di ricerca
in “Fisica delle particelle”, presso la Scuola di dottorato in Scienza e
Alta Tecnologia del medesimo ateneo. A 26 anni è divenuto il più
giovane scrittore ad aver vinto il premio Strega, con il suo romanzo
d’esordio La solitudine dei numeri primi, nel 2008. Nello stesso anno
ha pubblicato inoltre un racconto sulla rivista Nuovi argomenti, ha
preso parte al progetto editoriale Mondi al limite. 9 scrittori per
Medici Senza Frontiere, e ha anche scritto diversi racconti per la
rivista Gioia. Sempre nel 2008, al VII Festival delle Letterature di
Roma, ha presentato il racconto inedito Vitto in the box.
Durante una delle serate del Festival di Sanremo 2009, nel febbraio
2009, una sua lettera scritta per l'occasione è stata letta dall'attore
Alessandro Haber.
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Attualmente Paolo Giordano sta terminando il dottorato, ma non ha
smesso di dedicarsi alla scrittura. Secondo alcune voci, lo scrittore
starebbe scrivendo un nuovo romanzo, la cui uscita è prevista per il
2011.
Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Giordano_(scrittore)
http://it.wikipedia.org/wiki/La_solitudine_dei_numeri_primi
http://www.paologiordano.it/
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1. Il paratesto
1.1. Cos’è il paratesto
Il paratesto è l’insieme di una serie di elementi distinti, testuali e
grafici, che sono di contorno a un testo e lo prolungano nel tempo e
nello spazio. Il paratesto viene aggiunto al testo per presentarlo, nel
senso corrente del termine, ma anche nel suo senso più profondo,
renderlo presente, strettamente collegato alla distribuzione, ricezione
e al consumo del testo.
Gli elementi del paratesto, hanno necessariamente un’ubicazione, che
si può situare: intorno al testo, è il caso del peritesto; a distanza dal
testo, è il caso dell’epitesto. La paratestualità è, quindi, come una
relazione fra il testo e quei “segnali accessori”, considerati o meno
come appartenenti a esso, che procurano al testo un contorno. Una
relazione che ha un forte impatto sul ricettore.
Il termine paratesto, formato dal greco para (vicino, affine, ma anche
contrapposto) e dal latino textus (tessuto, da texere: tessere,
intrecciare), si deve al critico letterario francese Gérard Genette, che
nel 1987 pubblica l’opera Seuils, [ed. it. a cura di Camilla Maria
Cederna, Soglie. I dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989]: opera in
cui Genette si interroga su quali elementi fanno di un testo un libro.
Il paratesto non è soltanto un elemento strettamente collegato al testo,
né si limita a svolgere una funzione meramente ausiliare. Il paratesto
previene il testo, ne assicura la ricezione, funziona come una soglia,
una zona indecisa tra il dentro (il testo) e il fuori (il discorso delle
persone sul testo) senza limiti rigorosi, diviene una sorta di consiglio
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per la lettura e stabilisce un primo patto con il ricettore, invitandolo ad
assumere un determinato atteggiamento interpretativo. Il ricettore
coglie dal paratesto delle indicazioni di genere, comincia a valutare il
tipo di atto comunicativo che il testo gli propone e al contempo a
identificare le esperienze testuali pregresse simili che è chiamato ad
attivare per procedere all’interpretazione del testo.
Dal fatto che il paratesto svolge sempre una funzione, non consegue
necessariamente che la svolga sempre bene e, ancora, tutte le
indicazioni che ne derivano possono essere seguite o meno dal lettore,
a seconda della loro efficacia, del contesto sociale e sicuramente degli
strumenti che il lettore ha per decodificarle appieno. Una descrizione
del paratesto non deve mai dimenticare, infine, che il suo oggetto è un
discorso, il paratesto appunto, che ha a sua volta come oggetto un
discorso, il testo cui si relaziona. Il significato del paratesto dipende
dunque da numerosi fattori tra cui necessariamente il significato
dell'oggetto, il testo, che è a sua volta un significato.
1.2. Peritesto ed epitesto
Nel caso dei testi scritti è abbastanza facile suddividere il paratesto in
due zone editoriali distinte: il peritesto e l’epitesto.
Il peritesto è la categoria spaziale, la zona, in cui si raccolgono gli
elementi paratestuali vicini al testo: intorno al testo, nello spazio
dell’opera, con una funzione paratestuale quasi esclusivamente di
presentazione, di indirizzo e di commento del testo. Possiede una
forma e generalmente posizioni fisse, quasi canoniche: all’inizio del
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testo (frontespizi, titoli, dediche, epigrafi, prefazioni, ecc.), in margine
(note, ecc.) e alla fine del testo (postfazioni, indici, ecc.) ma fanno
parte del peritesto anche il formato dell'opera, la sua composizione
grafica ecc.
È epitesto invece qualsiasi elemento paratestuale che non si trovi
annesso al testo ma in relazione con esso, che circoli in qualche modo
in libertà, in uno spazio fisico e sociale virtualmente illimitato. Il
luogo dell’epitesto è quindi ovunque fuori dall’opera, senza che
questo pregiudichi un suo eventuale inserimento successivo nel
peritesto, come nel caso delle interviste all’autore che vengono
inserite nelle edizioni successive di un’opera.
Ha una funzione estremamente importante per il testo rispetto al quale
può anche essere temporalmente anteriore.
Una funzione che non è sempre essenzialmente paratestuale: molte
conversazioni spesso riguardano non tanto l’opera dell’autore, ma la
sua vita, le sue abitudini, la situazione politica. La sua funzione
paratestuale non ha limiti precisi: in essa il commento dell’opera si
diffonde indefinitamente in un discorso biografico, critico o altro, in
cui il rapporto con l’opera è spesso indiretto e al limite indistinguibile.
Tutto quello che un autore dice o scrive nella sua vita, il mondo che lo
circonda ecc., può avere una pertinenza paratestuale.
È una categoria, quindi, estremamente vasta e mutevole che può
essere suddivisa in quattro aree: epitesto editoriale, allografo
ufficioso, autoriale pubblico, autoriale privato.
La funzione principale dell’epitesto editoriale è quella pubblicitaria e
promozionale, ne sono un esempio i manifesti pubblicitari, le
inserzioni sui giornali, tutta la serie di adozioni pubblicitarie legate
all’editore e alla necessità di commercio.
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L’allografo ufficioso, vale a dire più o meno autorizzato, è una
categoria molto meno indagata. Potrebbero iscriversi in questa
categoria ad esempio le edizioni critiche di un’opera edite dalla stessa
casa editrice che rappresenterebbe, in questo modo, una forma
indiretta di approvazione autoriale. Il più delle volte l’epitesto
ufficioso prende la forma di un articolo critico o di una recensione
guidati attraverso alcune indicazioni autoriali che il pubblico non
viene generalmente a sapere.
L’epitesto editoriale e l'allografo ufficioso sfuggono, in linea di
massima, alla responsabilità dichiarata dell’autore, anche se questi ha
partecipato più o meno attivamente alla sua produzione.
Se le due precedenti forme di epitesto sono abbastanza marginali, per
la gran parte l’epitesto è autoriale nelle sue distinzioni di epitesto
pubblico (autonomo o mediatizzato), indirizzato per definizione al
pubblico in generale, anche se di fatto ne raggiunge una frazione
limitata; e epitesto privato, ovvero indirizzato a persone individuali
anche se poi servono, magari, solo da intermediari per il grande
pubblico. Sono esempi di epitesto autoriale le autorecensioni, le
interviste o conversazioni, i dibattiti, le corrispondenze, le confidenze
orali, i diari personali ecc.
1.3. Esempi di paratesto
Fra i paratesti più comuni, possiamo citare i titoli di ogni genere, le
sigle televisive o radiofoniche, le dediche, le interviste all’autore, ecc.