2
Un aspetto particolarmente problematico è quello relativo 
all’equiparazione del trattamento della tossicodipendenza con quello 
previsto per l’alcoolismo, problematiche dovute soprattutto 
all’esistenza di una differenza sostanziale, sul piano clinico, 
sintomatico, sociale e psicologico, tra stupefacenti e alcool.  
Bisogna ricordare, inoltre, la fictio iuris, ossia la finzione giuridica, 
attuata dal codice Rocco, in tema d’imputabilità del soggetto che 
abbia commesso il reato in stato d’ubriachezza o sotto l'azione di 
sostanze stupefacenti. Il legislatore penale del '30, infatti, ha scelto di 
dare rilevanza come cause d’esclusione dell’imputabilità, all’ipotesi 
della cronica intossicazione, ossia a quelle situazioni in cui l'abuso 
etilico o quello di sostanze stupefacenti abbia causato nel soggetto una 
patologia psichiatrica clinicamente accertabile, applicando le norme 
sul vizio totale o parziale di mente, e all’ipotesi di intossicazione 
accidentale, derivata cioè da caso fortuito o da forza maggiore. In tutti 
gli altri casi, intossicazione volontaria, colposa, preordinata, e 
abituale, il soggetto è considerato pienamente imputabile, è, anzi, 
previsto un aumento di pena nel caso di preordinazione, e nel caso 
d’abitualità.  
Successivamente, ho rivolto la mia attenzione, alla legislazione penale 
che si è succeduta negli anni in materia di tossicodipendenza, sino alla 
legge del 1990 n°309 e il referendum abrogativo del 1993, alla 
nozione e classificazione di sostanza stupefacente, e agli effetti che 
produce sull’organismo umano, approfondendo in particolare i 
concetti di dipendenza, assuefazione, e crisi di astinenza. A proposito 
di quest’ultima, è interessante affrontare il problema dell’imputabilità 
del soggetto che commette reato in stato di astinenza, e verificare 
l’incidenza di questa sulla capacità di intendere e di volere, alla luce 
 3
delle diverse posizioni dottrinali e giurisprudenziali. Nel passare in 
rassegna le tipologie di sostanze stupefacenti più diffuse, ho ritenuto 
utile analizzarne proprietà farmacologiche ed effetti psichici e fisici 
indotti.  
La conoscenza delle caratteristiche farmacologiche di ciascuna 
sostanza si pone, infatti, come momento importante non solo in 
relazione alla possibile compromissione delle attività intellettive e 
volitive del soggetto, ma anche in rapporto al potenziale criminogeno 
che il tipo di sostanza assunta può rivestire. È noto che esistono 
sostanze, in particolare alcool e psicostimolanti, che per la loro 
idoneità a slatentizzare le pulsioni hanno un’elevata capacità 
criminogena, rispetto a sostanze, quale ad esempio l'eroina, che invece 
esercitano un'azione di tipo sedativo sul sistema nervoso centrale, e 
quindi hanno una scarsa capacità criminogena.  
Una questione molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza, è quella 
relativa alla distinzione tra l’intossicazione cronica da stupefacenti e 
l’intossicazione abituale, che, sebbene in linea teorica appare agevole, 
nella pratica risulta difficoltosa per i non pochi punti di contatto che vi 
sono tra le due forme d’intossicazione.  
A proposito, un’importanza fondamentale ha avuto la sentenza della 
Corte Costituzionale del 1998 n°114, con cui è stata dichiarata 
infondata la questione di legittimità degli articoli 94 e 95 c.p., 
sollevata in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, 
relativamente al fatto che la giurisprudenza, in contrasto con la 
scienza medico – legale, ha costantemente individuato 
nell’irreversibilità il carattere distintivo dello stato di intossicazione 
cronica rispetto alla condizione di assuntore abituale di stupefacenti.  
 4
Infine, è necessario porre attenzione alle misure di sicurezza previste 
dal codice penale e dalla legislazione speciale, nella prospettiva 
fondamentale di sottrarre il tossicodipendente dal circuito vizioso e 
criminogeno, costituito dalla commissione di reati per alimentare il 
proprio stato di tossicodipendenza, e con la finalità di incentivare 
l’adesione a programmi terapeutici di disassuefazione dall’uso di 
droghe. È stato ormai appurato, infatti, come esista una relazione 
inequivocabile tra l’uso di sostanze stupefacenti e l’attuarsi di 
comportamenti delittuosi, una cognizione, questa, non solo 
proveniente da ambienti scientifici, ma ormai radicata nel sentire 
comune.  
 
 5
CAPITOLO I 
“IMPUTABILITA’ E TOSSICODIPENDENZA ” 
 
 
1. “La nozione di imputabilità: la capacità di intendere e di volere”. 
 
La nozione di imputabilità è posta dal codice penale all’art. 85, il 
quale, dopo avere sancito il principio che “Nessuno può essere punito 
per un fatto preveduto dalla legge come reato, se al momento in cui lo 
ha commesso, non era imputabile”, stabilisce al II comma che “E’ 
imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”.  
L’imputabilità costituisce una qualità, un modo di essere 
dell’individuo, o meglio uno status della persona che coincide, 
secondo quanto afferma l’art. 85c.p., con la capacità di intendere e di 
volere concepita come sintesi delle condizioni fisio-psichiche che 
consentono l’ascrizione di responsabilità all’autore di un fatto 
corrispondente ad una previsione legale e che rendono tale fatto un 
reato meritevole di tutela 
1
.  
La capacità di intendere si riferisce alla capacità del soggetto di 
rendersi conto del valore sociale delle proprie azioni, ossia il valore 
positivo o negativo che queste assumono in rapporto agli altri. Tale 
capacità manca, pur in assenza di una vera e propria malattia mentale, 
in tutte le ipotesi limite di sviluppo intellettivo così ritardato o 
deficitario da precludere al soggetto il potere di orientarsi nel rapporto 
con il mondo esterno. 
                                                 
1
PAGLIARO Principi di diritto penale, Milano, 2000, p.629 ss; FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, 
Bologna, 2000, p.287; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, Milano, 2000, p.607 ss; 
MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 2001, p.667; PADOVANI, Diritto penale, Milano, 2001, p.171 
ss. 
 6
La capacità di volere, d’altro canto, riguarda la capacità del soggetto 
di autodeterminarsi, controllando i propri impulsi e agendo secondo il 
motivo che appare più ragionevole o preferibile in base ad una 
concezione di valore. Esistono, infatti, delle anomalie psichiche per le 
quali, pur essendo normale il processo di comparazione dei valori, il 
soggetto non riesce a volere in conseguenza, vale a dire in conformità 
del proprio giudizio. 
Affinché sussista l’imputabilità è necessario che concorrano entrambe 
le capacità al momento della commissione del fatto che costituisce 
reato, altrimenti, se manca una sola di esse il soggetto non sarà 
imputabile, come accade quando egli possegga la capacità di intendere 
e non la capacità di volere, (ad esempio nel caso del piromane, 
mitomane ecc.), o, anche se più difficilmente, quando possegga la 
capacità di volere ma non la capacità di intendere 
2
.  
Ragion per cui, a proposito della tossicodipendenza, nessuna grave 
anomalia può, di per se, essere fonte di non imputabilità o di semi 
imputabilità se non abbia dato luogo a incapacità di intendere e di 
volere o non abbia causato una grave diminuzione dell’una o 
dell’altra, o di entrambe, nel momento del commesso reato. La norma 
fondamentale dettata dall’art. 85 c.p., infatti, subisce rilevanti deroghe 
proprio ad opera degli artt. 93 e 94 c.p., dai quali risulta che 
l’imputabilità è di regola presunta quando l’autore del fatto criminoso 
agisce sotto l’azione di sostanze stupefacenti volontariamente o 
abitualmente assunte, mentre è esclusa o scemata nel caso di 
assunzione accidentale, (per caso fortuito o forza maggiore), e nel 
                                                 
2
 MARINI, Imputabilità, in Digesto, VI, Torino,1992,p.253; MARINI-PORTIGLIATTI BARBOS, La 
capacità di intendere e di volere nel sistema penale italiano, Milano, 1964, p.47; CRESPI 
Imputabilità in Enc.dir.,XX, Milano, 1970, p.772. 
 7
caso di cronica intossicazione 
3
. 
Tuttavia, la presenza di questa dicotomia legislativa tra la capacità di 
intendere e la capacità di volere ha, da sempre, suscitato un acceso 
dibattito e sollevato numerose critiche, ritenendosi, soprattutto alla 
stregua delle moderne conoscenze psicologiche, che sia impossibile 
scindere queste due facoltà mentali, in quanto la psiche dell'uomo è 
un’entità fondamentalmente unitaria, per cui le diverse sue funzioni si 
rapportano l’una all’altra influenzandosi reciprocamente 
4
. 
 La voluta limitazione della nozione di capacità naturalistica ai soli 
momenti intellettivo e volitivo, e la richiesta natura, come vedremo, 
solitamente patologica delle cause idonee ad escluderla, sembrano 
spiegare perché il legislatore abbia negato rilevanza ad eventuali vizi 
che interessino il cosiddetto terzo centro della psiche, normalmente 
individuato nel sentimento.
5
  
Costante, in tal senso, è anche l'orientamento della giurisprudenza, la 
quale ribadisce che “delle tre facoltà psichiche (sentimento, 
intelligenza e volontà), che caratterizzano l'azione nel suo lato 
subiettivo, il codice penale - ai fini dell'imputabilità e quindi anche 
dell'infermità di mente - prende in considerazione soltanto le ultime 
due, e non anche la prima: e pertanto le anomalie del carattere e 
l'insufficienza di sentimenti etico-sociali non possono essere di per se 
stesse considerate indicative di infermità di mente, ove ad esse non 
siano associati disturbi nella sfera intellettiva e volitiva di indubbia 
natura patologica”.
6
  
                                                 
3
 PAVONE, L’imputabilità del tossicodipendente, in Rassegna italiana di criminologia, Milano, 
2000, p.93-94. 
4
 FIANDACA-MUSCO, op. cit, p. 285 ss; MANTOVANI, op.cit, p.667-668 
5
 MARINI, Imputabilità, in Digesto, VI, Torino,1992, p.253. 
6
 CRESPI, op. cit., p.772-773 e Cass. 26 giugno 1968, in Cass. pen. Mass., 1969,1215. 
 8
Di contro è stato obiettato che le funzioni psichiche rilevanti ai fini 
dell’imputabilità non sono circoscrivibili alla sfera intellettiva e 
volitiva in quanto il comportamento umano è in larga misura 
condizionato anche dai sentimenti e dagli affetti, e, qualora le 
alterazioni dell’affettività incidano sulla capacità di intendere e di 
volere o siano dovute a cause patologiche (psicosi maniaco – 
depressive), possono rendere il soggetto non imputabile o semi 
imputabile
7
. La limitazione cui accennavo risulta anche da alcune 
disposizioni del codice penale.  
In primo luogo dall'art. 90c.p. per il quale «gli stati emotivi e 
passionali non escludono né diminuiscono l'imputabilità».In secondo 
luogo dall'art. 108 c.p. che, occupandosi del “delinquente per 
tendenza”, ossia quel soggetto che presenta vizi della propria 
coscienza morale, limita il suo ambito di applicazione ai soli soggetti 
non affetti da vizio totale o parziale di mente, infatti dal momento che 
il delinquente per tendenza è considerato dal nostro codice pienamente 
imputabile e pericoloso, se ne deduce che il legislatore non attribuisce 
alcun rilievo, ai fini del giudizio di imputabilità, ad una insensibilità 
morale che non sia dovuta ad una vera e propria malattia mentale
8
. 
Concludendo, possiamo dire che la capacità di intendere di volere, 
così come l'abbiamo individuata, risulta mancare in due categorie di 
soggetti: quelli che non hanno un sufficiente sviluppo intellettuale e 
quelli che sono affetti da gravi anomalie psichiche. Da cui deriva che 
il contenuto sostanziale dell'imputabilità va ravvisato nella maturità 
psichica, da una parte, e nella sanità mentale, dall'altra. 
                                                 
7
 MANTOVANI, op. cit., p. 668; FIANDACA-MUSCO, op. cit., p. 287. 
8
 MARINI, Imputabilità, in Digesto, VI, p. 253-254.