2
L’industria nautica è in forte espansione e, diversamente da quello che si può 
pensare, contribuisce al PIL nazionale più di molti altri settori sicuramente più 
conosciuti come quello tessile o dell’abbigliamento; nonostante quindi non se 
ne parli molto, riveste un ruolo importante nel motore dell’economia italiana 
influendo in maniera prevalente sul valore dell’export e di conseguenza sulla 
bilancia dei pagamenti con l’estero: la nostra cantieristica è conosciuta in tutto 
il mondo, considerata la Ferrari del mare per la qualità dei prodotti offerti e per 
le sempre nuove e all’avanguardia soluzioni tecnologiche che la 
accompagnano. 
Nel primo capitolo ho affrontato il tema in maniera generale cercando di 
spiegare le ramificazioni e le peculiarità che contraddistinguono questo mondo 
e la sua importanza economica ed occupazionale, poiché oltre ad un profitto 
consistente, è uno di quei comparti che offre più posti di lavoro avendo un 
rapporto diretto con il turismo nautico. Il ramo più importante risulta 
sicuramente quello delle unità da diporto, barche a motore, a vela e 
pneumatiche, quello che ci ha resi famosi in tutto il mondo e quello su cui sono 
indirizzate non solo le riforme governative ma anche le aspettative di sviluppo. 
Il secondo capitolo analizza l’evolversi negli anni dello stretto rapporto tra 
nautica da diporto e turismo, con un cambiamento dei diportisti stessi e l' 
approvazione recente di due norme nazionali, da parecchio auspicate dagli 
addetti ai lavori, che dovrebbero far crescere e migliorare l’offerta turistica 
lungo le coste italiane a discapito di paesi a noi confinanti, come la Francia, 
che da sempre hanno una politica fiscale più vantaggiosa e delle strutture più 
 3
organizzate; le agevolazioni fiscali in materia di leasing dovrebbero risollevare 
il mercato interno degli acquisti e delle vendite ed assieme alla nuova legge 
sulla nautica da diporto rilanciare il turismo nautico grazie all’ abolizione di 
alcune tasse, alla costruzione di nuovi approdi e alla semplificazione degli 
aspetti burocratici, tutto questo all’interno di un progetto di  Testo Unico per il 
diporto. 
Per meglio comprendere il ruolo che i singoli paesi rivestono in questo settore, 
nel terzo capitolo ho preso in considerazione i saloni nautici più importanti e 
com’era logico pensare, la nostra produzione cantieristica è quella più richiesta 
ed è proprio la sua presenza o meno ad una di queste manifestazioni a 
classificare i saloni stessi come importanti: l’esportazione in tutto il mondo e la 
posizione di leader europeo, secondo solo dopo gli USA a livello mondiale, 
rendono l’industria nostrana il punto di partenza, per quei paesi che appena 
entrati in questo mondo cercano un appoggio forte, ma anche il fine ultimo, per 
altri stati che non riescono a raggiungere una produzione simile alla nostra né 
per qualità né per quantità. 
Mi è sembrato poi giusto analizzare le più autorevoli istituzioni del settore, e 
per fare questo ho visionato quelle che hanno partecipato in maniera più 
massiccia all’ approvazione delle recenti riforme, parametro che dal mio punto 
di vista rende giustizia a chi si impegna veramente e dimostra di rispettare i 
bisogni e desideri degli appassionati. 
L’ aspetto che più di tutti ha continuato ad interessarmi è stato quello delle 
unità a vela e per questo nei capitoli che seguono ho prima raccontato una 
 4
breve storia delle barche da diporto a vela (cap5) seguito da un 
approfondimento su un’attività, quella del charter, che negli ultimi anni si è 
sviluppata in maniera uniforme su tutto il territorio e che si prevede possa 
migliorare ulteriormente non appena le due riforme sopra citate verranno messe 
in pratica. 
Le istituzioni che principalmente coordinano e gestiscono la vela dal punto di 
vista sportivo sono in ambito italiano la federazione di competenza, FIV 
direttamente legata al CONI, mentre in ambito internazionale è necessario fare 
riferimento al più vecchio e storico ISAF; entrambe hanno il compito 
principale di promuovere questo sport nel mondo attraverso l’organizzazione di 
eventi quali le Olimpiadi o le regate nazionali, approfittando della scia lasciata 
dalle ultime edizione della Coppa America, in grado di appassionare anche i 
profani. 
L’aspetto nuovo riguarda proprio la maggiore visibilità che sta assumendo lo 
sport della vela in questi ultimi anni: gli sponsor hanno trovato nelle regate la 
migliore esposizione possibile dei loro marchi, nelle boe, negli scafi e 
nell’abbigliamento dell’equipaggio e soprattutto si legano ad uno sport 
considerato da tutti genuino che esalta la competizione rimanendo legato alla 
tradizione più classica delle prime regate dell’800. Le multinazionali investono 
milioni di dollari pur di partecipare alla Coppa America perché l’enorme 
copertura mediatica che la contraddistingue, seconda solo ai Mondiali di Calcio 
e alle Olimpiadi, consente dei ritorni di immagine enormi soprattutto se legati 
alle buone prestazioni del consorzio sponsorizzato. 
 5
L’ultimo capitolo è incentrato sulla sfida delle Cento Ghinee, nata nel 1851 e 
che si svolge ancora adesso col nome di Coppa America, dalla prima barca che 
l’ha conquistata, la goletta America. Oltre al fascino questo evento rappresenta 
il momento per il quale provare, collaudare e nel quale “mostrare” le nuove 
soluzioni tecniche e strutturali, per migliorare le prestazioni delle imbarcazioni.  
La tecnologia non è però sufficiente per vincere ma c’è la necessità di costruire 
attorno a chi scende sul campo di regata un consorzio che organizzi e gestisca 
anche la parte non sportiva: Luna Rossa e Mascalzone Latino sono due vere e 
proprie aziende composte di consiglio d’amministrazione, sezione affari legali, 
responsabile comunicazione, e tutti lavorano per conquistare l’ambito trofeo. 
 6
1. L’INDUSTRIA NAUTICA 
 
L’ industria nautica italiana è un settore in forte ascesa, prima in Europa e 
seconda nel mondo solo dopo gli USA, con un fatturato nel 2001 di 1388 
milioni di euro, di cui 1087 di esportazioni, con un aumento della produzione 
del 18,5% e un contributo al PIL  che si aggira intorno ai 1800 milioni di euro. 
Sono dati eccezionali che si ripetono ormai da qualche anno e che hanno 
permesso a questo settore di acquistare notorietà a livello internazionale 
soprattutto per la qualità e lo stile dei suoi prodotti. 
La situazione attuale è vista ancora più con stupore se si pensa alla grave crisi 
affrontata dall’industria nautica agli inizi degli anni novanta e dalla quale è 
uscita attraverso una radicale revisione delle politiche di vendita e produttive; 
la ripresa, cominciata verso la metà degli anni novanta, ha la sua svolta nel 
1996, quando l’allora ministro dei Trasporti, Claudio Burlando, sviluppa nuove 
iniziative che permettono la crescita della categoria dei natanti a vela a m 10 e 
la costruzione di approdi turistici. 
Gli operatori italiani, mancando quasi del tutto un mercato interno (per vari 
fattori, non per ultimo il problema del leasing italiano rispetto a quello 
francese), hanno guadagnato all’estero con grande successo: quasi l’80% della 
produzione è destinata ai mercati internazionali. 
L’ inefficacia del mercato interno dimostra la mancanza di risorse in grado di 
sfruttare l’enorme potenziale presente lungo le coste italiane ed espone l’intero 
 7
settore nautico alla crisi nel caso di caduta improvvisa di qualche mercato 
europeo. 
Il mercato nautico all’inizio del nuovo millennio aveva raggiunto degli ottimi 
risultati che sarebbero potuti essere migliori senza gli attacchi terroristici 
dell’11 settembre 2001. 
Il 2002 è stato un anno in cui tutti i cantieri hanno lavorato intensamente con 
ordini che probabilmente li terranno impegnati per tutto il 2003 e parte del 
2004; la situazione italiana non è quindi in pericolo, poiché le nostre barche 
piacciono, e soprattutto all’estero sono considerate le Ferrari del mare, 
permettendo dunque ai maggiori imprenditori di investire in nuove strutture per  
soddisfare le richieste dei nuovi clienti. 
L’ industria nautica italiana, che si suddivide nei tre comparti, quello delle 
unità da diporto, dei motori e degli accessori, può essere analizzata attraverso 
tre aspetti: la sua distribuzione sul territorio, il numero di addetti e il fatturato
1
.  
Per ciò che concerne il primo punto, la Lombardia è al primo posto sia per 
numero di aziende che per numero di addetti, seguita dalla Liguria e dalla 
Toscana con valori decisamente minori. La situazione dei singoli comparti 
riflette più o meno questa tendenza generale; la condizione più interessante 
riguarda senza dubbio le unità da diporto, dove la Lombardia è sempre al primo 
posto per aziende e addetti seguita questa volta da Toscana e Campania, i cui 
valori sommati insieme raggiungono appena la metà di quelli lombardi, mentre 
la Liguria è l’emblema dell’elevato disequilibrio interno al nostro settore con 
                                                 
1
 Nautica in cifre, UCINA, edizione 2002 
 8
un numero percentuale di aziende quasi doppio rispetto al numero di occupati, 
segno della scarsa presenza di imprese a carattere industriale,diversamente 
dall’ Emilia Romagna e dal Piemonte dove la situazione è  esattamente 
l’opposto. 
 
 
Tabella 1 
 L'INDUSTRIA NAUTICA ITALIANA                    Comparto delle unità da diporto                                              
 
 
 
   
 
        
 
 
 
Comparto degli Accessori                                                         Comparto dei motori 
 
  
 
 
 
Fonte : Nautica in cifre, UCINA , 2002 
 
REGIONE AZIENDE ADDETTI 
  % % 
LOMBARDIA 25,71 28,89
LIGURIA 18,72 0,58 
TOSCANA  11,89 7,44 
EMILIA ROMAGNA 8,47 13,06 
CAMPANIA  6,98 5,57 
LAZIO 6,09 4,93
PIEMONTE  5,79 9,33 
VENETO  4,61 3,86 
SICILIA 3,12 0,09
MARCHE 2,38 4,15 
FRIULI VENEZIA GIULIA 1,93 3,62 
SARDEGNA 1,19 0,80
REGIONE 
N. 
AZIENDE 
N. 
ADDETTI 
Lombardia 24,19% 21,21% 
Toscana 12,10% 7,94% 
Campania 11,69% 9,73% 
Liguria 10,89% 5,61% 
Emilia 
Romagna 8,87% 17,45% 
REGIONE N 
AZIENDE 
N 
ADDETTI 
Lombardia 25,45% 26,10% 
Liguria 24,43% 21,89% 
Toscana 12,21% 8,38% 
Emilia 
Romagna 
8,14% 11,16% 
Piemonte 7,12% 7,65% 
REGIONE 
N 
AZIENDE 
N 
ADDETTI 
Lombardia 40,63% 73,91% 
E,ilia 
Romagna 9,38% 3,68% 
Lazio 9,38% 2,09% 
Liguria  9,38% 7,44% 
Piemonte 6,25% 1,76% 
 
 9
Gli altri due aspetti degni di attenzione sono la dimensione delle imprese in 
base al fatturato e al numero di dipendenti; anche in questo caso prevalgono le 
piccole medie imprese: più della metà dichiarano fatturati intorno al milione e 
mezzo di euro e il 75% delle aziende dà lavoro a circa 15 dipendenti (la 
situazione si capovolge solo per quello che riguarda il comparto dei motori, 
caratterizzata da aziende medio - grandi). 
La forma societaria preferita sembra quindi essere la S.r.l. per i settori delle 
unità da diporto (47,9%) e degli accessori(53,6%) mentre, per i motori le 
società sono costituite prevalentemente in S.p.A.( 60,7%). 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte : Nautica in cifre, UCINA , 2002 
Tabella 2 / Grafico 1 
Distribuzione percentuale delle aziende nautiche per numero di addetti. 
COMPARTO 1;5 6;15 16-50 51-100 >100 
ACCESSORI 45,55% 30,28% 19,85% 3,05% 1,27% 
UNITA’ DA 
DIPORTO 
40,73% 36,29% 16,94% 2,02% 4,03% 
MOTORI 18,75% 34,38% 34,38% 6,25% 6,25% 
TOTALE 42,50% 32,69% 19,47% 2,82% 2,53% 
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
50%
1;5 6;15 16-50 51-100 >100
ACCESSORI
UNITA ’ DA  DIPORTO
MOTORI
 10
 
Tabella 3 /Grafico 2 
Distribuzione % dei singoli comparti per classi di fatturato 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte : Nautica in cifre,  UCINA , 2002 
 
Interessante è poi un’indagine portata avanti dalla UCINA, sempre attraverso 
la compilazione di questionari, nella quale si analizza la performance del  
primo 20% delle aziende nelle tre branche dell’industria nautica. 
Una considerazione generale che riguarda tutti e tre i settori, è che questo 
ristretto numero di imprese ha un peso specifico notevolmente superiore 
rispetto al restante 80%; nel comparto delle unità da diporto i numeri parlano 
da soli: 65% degli occupati, incidenza sul fatturato nautico e sulla produzione 
dell’ 80%, l’88% delle esportazioni e il 46% dell’ import descrivono le 
potenzialità di questo 20%. Per ciò che concerne il comparto degli accessori le 
COMPARTO < 0,52 
0,52-
1,55 
1,55- 
3,1 
3,1 - 
5,16 
5,16 - 
7,75 
7,75 - 
12,91 
12,91 - 
25,82 
25,82 - 
51,65 >51,65 
ACCESSORI 35,37% 31,30% 12,72% 8,91% 5,85% 4,07% 1,27% 0,25% 0,25% 
UNITA' DA 
DIPORTO 31,45% 24,19% 14,52% 12,15% 4,44% 5,24% 5,65% 1,21% 1,21% 
MOTORI 12,50% 9,38% 9,38% 6,25% 25% 9,38% 18,75% 6,25% 3,13% 
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
<
 
0
,
5
2
0
,
5
2
-
1
,
5
5
1
,
5
5
-
 
3
,
1
3
,
1
 
-
 
5
,
1
6
5
,
1
6
 
-
 
7
,
7
5
7
,
7
5
 
-
 
1
2
,
9
1
1
2
,
9
1
 
-
 
2
5
,
8
2
2
5
,
8
2
 
-
 
5
1
,
6
5
>
5
1
,
6
5
ACCESSORI
UNITA ' DA  DIPORTO
MOTORI
 11
aziende a più alto fatturato dichiarano di fatturare il 66% del valore 
complessivo con una produzione pari al 64%, il 70% dell’import e medesima 
percentuale dell’export. La situazione sembra capovolgersi nel settore dei 
motori dove le percentuali diminuiscono drasticamente: solo il 22% è 
l’incidenza sulla produzione totale, anche se rispetto all’attività di importazione 
i valori tornano ad essere significativi con un ristretto numero di unità 
lavorative. 
 
Grafico 3 
Andamento del 20% di aziende a più elevato fatturato 
 
Fonte : Nautica in cifre, UCINA , 2002 
 
1.1. LA CANTIERISTICA 
 
Parlando del settore delle imbarcazioni nel suo insieme non si può certo 
trascurare il fulcro centrale della produzione stessa: la cantieristica. 
 12
I cantieri italiani, che la UCINA ha contato essere circa 624 ( grazie alla 
direttiva 94/25/CE che in accordo  ad un modello internazionale, detto ISO 
10087 , assegna un codice univoco di tre lettere ad ogni singola fabbrica), sono 
principalmente concentrati nel nord Italia (48%) ed il resto è equamente diviso 
tra centro e sud; la singolarità è che la regione con più costruttori di unità da 
diporto (Lombardia) non ha alcuno sbocco sul mare e che anche più della metà 
degli altri cantieri si trova nella stessa situazione; il fatturato approssimativo  
dei costruttori di unità da diporto è di circa 230 milioni di euro per i grandi 
cantieri contro i 152 milioni dei piccoli , di cui 119 di produzione nazionale 
divisi a loro volta in 29 per l’export e 90 per il mercato nazionale e i rimanenti 
derivanti dall’import. 
 
 
 
 
 
 
                                                           
 
 
 
 13
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fonte : www.ucina.net 
  
 14
Negli ultimi anni si è allargato il numero di cantieri nel territorio italiano, ma 
questo dato non sembra modificare di molto i valori precedenti, poiché i nuovi 
apparati produttivi sono tutti o quasi di piccole dimensioni e quindi l’unico 
effetto che producono è l’allargamento del mercato. 
Il valore delle vendite totali del comparto delle unità da diporto si aggira 
intorno ai 1.338 milioni di euro per la produzione nazionale, che per l’80% è 
destinata all’esportazione con un guadagno di 1.113 milioni di euro; il ricavo  
degli altri due comparti (motori e accessori insieme) raggiunge i 1.082 milioni   
di euro di cui 320 per import e 762 per produzione nazionale, destinata per il 
35% all’esportazione contro il 45% dell’import. 
 
 
Tabella 4 
Comparto delle Unità da diporto 
 
UNITA' DA DIPORTO 
DESCRIZIONE 1998 1999 2000 2001
PRODUZIONE NAZIONALE 754 930 1085 1388 
PER MERCATO ITALIANO 170 212 243 301 
PER SUCCESSIVA ESPORTAZIONE         
PER ESPORTAZ 584 718 842 1087 
IMPORT 193 150 170 195 
PER MERCATO ITALIANO 88 127 145 169 
PER SUCCESSIVA ESPORTAZIONE 15 23 26 25 
FATTURATO GENERALE 857 1079 1255 1583 
DESTINAZIOE FINALE ESTERO 599 741 868 1113 
DESTINAZIONE FINALE ITALIA 258 338 387 470 
 
 
Fonte: Nautica in cifre, UCINA , 2002