Introduzione
Lo scopo di questa tesi di laurea è dimostrare come l'insegnamento
dell'inglese a quell'ampia e delicata fascia d'età che è l'adolescenza risulti
molto più efficace e fruttuoso se stabilmente radicato sul principio cruciale
secondo cui gli alunni a cui ci rivolgiamo sono, per l'appunto, adolescenti.
Questo vuol dire che l'insegnante non può prescindere dal ricco e
complicato mondo che ogni allievo adolescente racchiude in se stesso: un
mondo fatto di fragilità e ribellione, di adulta complessità e di ancora
acerba ingenuità. Un mondo che non è affatto incompatibile con un
processo di apprendimento efficace e duraturo, come alcuni insegnanti
scoraggiati da atteggiamenti poco encomiabili (tra l'altro, spesso imputabili
non a un brutto carattere ma al fisiologico bombardamento ormonale a cui
il cervello adolescente è quotidianamente sottoposto) tendono oggigiorno a
pensare. In altre parole, un mondo che, se aperto e avvicinato con
l'attenzione che merita, può rivelarsi un tragitto denso di sapori, profumi ed
esperienze da cui trarre preziosi insegnamenti.
Mio obiettivo principale in questo lavoro è proprio quello di tentare di
restituire un po', solo quel po' esprimibile a parole, di quel tanto che ho
imparato sull'insegnamento agli adolescenti impartendo lezioni di lingua
inglese a due ragazzi, A. e R., rispettivamente di 11 e 16 anni.
Partendo da un excursus teorico su quelle caratteristiche e quei tratti
salienti degli adolescenti studiate e illustrate dai manuali didattici,
osserveremo il modo in cui prepotentemente emerge la necessità di un
insegnamento della lingua inglese rivoluzionato e rivoluzionario, che ponga
l'enfasi sulle necessità inconfutabili dell'adolescente e sulla sua fame di
identità culturale e sociale.
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Nel secondo capitolo avremo modo di studiare nel dettaglio una delle
problematiche scolastiche che più affliggono gli adolescenti di oggi: la
foreign language anxiety (FLA), ovvero l'ansia verso la lingua straniera.
Un'ansia che si manifesta ogni volta che l'alunno adolescente svolge la
lezione di lingua e che lo paralizza sino al punto di impedirgli il corretto
confronto con i pari, con il docente e con la lingua stessa. Di conseguenza
in questa tesi è subentrata la necessità impellente di fornire all'insegnante
suggerimenti validi affinché possa riconoscere gli allievi affetti da FLA e
possa offrire loro aiuti concreti per superarla.
Nel terzo capitolo invece affronteremo il tema della motivazione,
ingrediente indispensabile in un apprendimento efficace e piacevole, che il
docente, attraverso una serie di strategie motivazionali riconosciute anche
dalla letteratura che l'ambito didattico ci offre a riguardo, può e deve
stimolare nei suoi alunni.
Il quarto capitolo, conclusivo della prima parte prettamente teorica di
questo lavoro di tesi, sarà dedicato alla scoperta delle innumerevoli
opportunità che il web ci offre per l'insegnamento della lingua inglese:
oggigiorno, infatti, i nostri studenti appartengono pienamente a quell'era
digitale che ha gradualmente ma ampiamente spodestato la sovranità del
libro di testo. Avendo a che fare con quelli che Marc Prensky ha
brillantemente definito digital natives
1
, infatti, il docente non deve temere il
nuovo, e quindi non può fare a meno di digitalizzare anche il suo approccio
didattico: a tal scopo, Internet ci offre una miriade di proposte ludico-
didattiche in grado di rivitalizzare il nostro insegnamento e,
conseguentemente, di risvegliare le percezioni cognitive dei nostri alunni.
1
M. Prensky (2001), Digital Natives, Digital Immigrants, in On the Horizon, 9(5), 1.
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Il quinto e ultimo capitolo, invece, si servirà della teoria illustrata sino a
questo momento per spalancare finalmente le porte alla pratica: racconterò
la mia esperienza di insegnante di lingua inglese a due adolescenti a cui ho
impartito ripetizioni private per vario tempo. Servendomi dello strumento
introspettivo per eccellenza del diario di bordo, racconterò dettagliatamente
alcune delle lezioni a mio dire più originali e interessanti svolte con i due
ragazzi. In altre parole, illustrerò come ho tentato di far combaciare la
teoria esposta nella prima parte di questa tesi con l'insegnamento pratico
dell'inglese a due studenti adolescenti. Nei miei stralci di diario di bordo,
dunque, sarà possibile ritrovare non solo la descrizione più o meno
oggettiva dell'ideazione e della realizzazione delle mie lezioni, ma anche le
mie percezioni riguardanti le reazioni dei ragazzi al mio approccio didattico
e i risultati insieme raggiunti.
In conclusione, lo scopo principale di questo lavoro è quello di fornire ai
due adolescenti cui ho avuto l'onore di impartire lezioni private di lingua
inglese un approccio didattico costruito e progettato a pennello sulle
caratteristiche di ognuno di loro, con l'intento di scoprire non solo se questo
approccio è in grado di migliorare i loro risultati scolastici, ma soprattutto
se riesce a riaccendere in loro quella motivazione e quell'entusiasmo di
imparare l'inglese di cui, quando ho iniziato il mio percorso con loro, erano
del tutto sprovvisti.
Quindi, spero anche di far conoscere a chi leggerà questo lavoro una serie
di strategie didattiche innovative e probabilmente più appropriate a studenti
adolescenti, caratterizzati da bisogni e necessità particolari a cui noi docenti
(o aspiranti tali) non possiamo rimanere sordi. Abbiamo la fortuna di
insegnare una lingua in continuo movimento, proprio come il cervello degli
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adolescenti, e per di più facilmente plasmabile. Ed è proprio questa la
strada migliore verso un processo di insegnamento/apprendimento
proficuo: plasmare l'inglese sulle necessità e sulle caratteristiche degli
adolescenti permetterà agli adolescenti stessi di esplorare e toccare
concretamente le armoniche sinergie di una lingua che merita di essere
amata e continuamente scoperta.
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PARTE I
Capitolo I
L'APPRENDENTE ADOLESCENTE
Generalmente, si tende a considerare l'adolescenza come quell'ampio
periodo di tempo che va dai 10 ai 18 anni e in cui l'essere umano subisce,
sia esternamente che internamente, profonde e radicali trasformazioni. Tali
cambiamenti, che si protraggono fino all'età adulta, coinvolgono anche il
cervello. Ciò implica, per gli insegnanti, la necessità di essere ben coscienti
di ciò a cui ci si sta approcciando: un cervello adolescente è, infatti,
profondamente diverso sia da quello di un infante che da quello di un
adulto. Inoltre, è solo grazie a questa consapevolezza che l'insegnante può
fornire allo studente gli strumenti necessari alla buona riuscita della sua
formazione scolastica.
Tutto ciò che l'adolescente fa finisce per coinvolgere direttamente il suo
cervello. Di conseguenza, quando l'insegnante si approccia ad un
adolescente sta sostanzialmente cercando una connessione efficiente con
una mente giovane e, al contempo, in pieno sviluppo. Lo studente
adolescente, dall'altra parte, sta iniziando a misurarsi con una mente adulta
e già forte della sua completa formazione. Molto spesso,
quest'incontro/scontro può rivelarsi problematico.
“Perché non capisce?”, è questo uno dei pensieri più comuni che affliggono
sia l'apprendente adolescente che l'insegnante. Il sorgere di questa domanda
è il segno evidente che le due menti non hanno trovato la giusta
connessione.
Affinché questo collegamento si instauri, dunque, è essenziale che il
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docente capisca il modo in cui il cervello adolescente funziona e i percorsi
che segue quando stimolato ad apprendere.
Con tali conoscenze il processo d'insegnamento può risultare decisamente
più efficiente e, soprattutto, può condurre ad una performance migliore
dello studente.
Molti insegnanti temono di non riuscire a trovare questo feeling con
l'apprendente, e di conseguenza preferiscono non provare neanche a
raggiungerlo, cullandosi invece in approcci e metodi ormai stanchi,
fossilizzati, e soprattutto inadatti alla persona cui devono insegnare. È
questo uno degli errori ancestrali e, purtroppo, maggiormente radicati che,
più o meno inavvertitamente, chi si occupa di didattica compie.
Gli studenti non sono dei semplici dispositivi seriali su cui rovesciare le
conoscenze che qualcuno ha, a sua volta, rovesciato su di noi anni addietro,
ma esseri umani pensanti in grado di provare emozioni e con stili di
apprendimento, tempi, desideri e bisogni differenti.
Se noi insegnanti imparassimo a guardare a ciò che gli adolescenti
apportano alle nostre lezioni come a una promessa, e non come a un
problema, capiremmo che, tra tutte, questa è la fascia d'età più promettente
e più eccitante a cui insegnare.
Se riuscissimo a crearci un piccolo spiraglio nel loro mondo e ad ascoltare i
loro interessi, per poi costruirci attorno la nostra lezione, il loro processo di
apprendimento sarebbe migliore e più rapido.
Quando un insegnante si trova davanti ad una classe di adolescenti, ha due
teorie tra cui scegliere: quella del “se solo fossero diversi, gli adolescenti
potrebbero fare un buono lavoro”, e quella del “se solo cambiassi il mio
modo di fare lezione, gli adolescenti potrebbero fare un buon lavoro”.
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