assoggettate alla disciplina privatistica non può in nessun caso utilizzare la
sua posizione di supremazia, ma dovrà condurle secondo regole proprie
delle aziende privatistiche.
Vedremo, quindi, come il privato subisce sì dei limiti, ma in sostanza
l’iniziativa di intraprendere un’attività economica resta libera.
2
Capitolo I
Evoluzione storico-giuridica dell’iniziativa economica
privata.
I.1 Negli ordinamenti giuridici europei
La classe borghese gode di condizioni particolarmente favorevoli per tutti i
secoli XIV e XV ; tuttavia in prosieguo di tempo si assiste ad una
concentrazione di poteri nelle mani di un solo principe (fine sec. XV) con il
risultato di una continua dissociazione tra potere politico e potere
economico della borghesia. Ne segue un sistema di vincoli pubblicistici
assai penetranti che si estendono a tutte le forme di imprese, senza
esclusione delle maggiori. La conseguenza di questo stato è una
diminuzione del potere politico e dell’autonomia della borghesia. A partire
dal secolo XV si accentua ancora di più l’amministrazione pubblica
dell’economia in relazione all’impulso dell’affermazione dell’assolutismo e
della formulazione dottrinaria del mercantilismo. Quest’ultimo “si svolge
tutto in funzione della realizzazione degli ideali assolutistici di potenza
politica e di ricchezza del principe e dello stato”
1
ed è caratterizzato dal
dirigismo nella produzione (specialmente industriale), protezionismo a
favore delle industrie nazionali e delle esportazioni, e, infine, dalla
autarchia per necessità di indipendenza.
1
Spagnolo – Vigorita, “ l’iniziativa economica privata nel diritto pubblico”, Jovine, Napoli, 1959,
pag.136.
3
Nel XVIII secolo, le distanze fisiocratiche a favore della libertà economica
si traducono in un concreto esperimento di politica economica liberalistica:
è la prima concreta reazione delle forze borghesi al regime mercantilistico.
Nel 1879, con la rivoluzione francese la borghesia attua la sostituzione
dell’antica classe dirigente e tende a realizzare le sue aspirazioni di libertà
politica ed economica. La rivoluzione borghese introduce il principio di
“libertà del commercio e dell’industria” in parallelo con la proclamazione
della proprietà quale diritto “sacro e inviolabile” (art.17, Dichiarazione di
diritti dell’uomo). Si afferma, dunque, la positivizzazione dell’istanza
fisiocratica con la conseguente eliminazione dello Stato nell’economia e la
realizzazione di una politica liberista.
La dottrina economica del liberalismo si fonda sui principi
dell’individualismo e dell’utilitarismo, essa si basa sulla fiducia, ottimistica,
dei risultati del gioco naturale dell’illimitata concorrenza, nonché nello
spontaneo adeguamento delle azioni individuali al bene comune,
escludendo lo Stato dall’intervento nell’economia. Si viene a formare,
quindi, una teoria dualistica dei rapporti tra Stato e società: i due termini
individuano entità separate, così che il primo non deve interferire, se non
“ab eterno” nel processo evolutivo dell’altro.
Nella seconda metà del secolo XIX, l’evoluzione industriale che aveva
favorito l’affermazione della borghesia e del liberalismo, è la causa delle
premesse delle reazioni anti-individualistico e negative del “laissez faire”.
L’organizzazione capitalistica si muove verso strutture caratterizzate da
un’impronta monopolistica ed associativa con necessità protezionistiche sul
piano politico-economico. La classe lavoratrice,dal canto suo, tenta di
operare un riassestamento sociale e la legislazione industriale
(particolarmente feconda in questo periodo) introduce nel gioco
dell’individualismo economico, la forza dello Stato affermando la
4
legittimità del suo intervento nel contrasto degli interessi di gruppo; inoltre,
con l’inserimento di organismi rappresentativi dei lavoratori nel gioco
politico nazionale, “si pongono le premesse per una limitazione
dell'egemonia borghese e del radicalismo liberalistico a quella
corrispondente”
2
. C’è quindi un “superamento dell’atomismo
individualistico connesso all’associazionismo operaio ed al richiamo ad una
prassi di solidarietà sociale”
3
. I principi di libertà, uguaglianza e massima
felicità dei più, assumono un diverso valore sostanziale i connessione alla
preminenza accordata al momento collettivo: all’egoismo individuale si
sostituisce la solidarietà come principio motore del progresso sociale.
Tuttavia la sostanziale rinuncia al liberismo si volge in rapporto ai mutati
interessi capitalistici. Infatti, a causa della concorrenza illimitata, della
esasperata specializzazione e razionalizzazione produttiva e
dell’irrigidimento delle strutture, le industrie cercano coalizioni rompendo
quindi il regime individualistico e interventi statali protettivi della grande
industria.
Per tutto l secolo XIX, l’ingerenza dello Stato nell’economia assume
un’impronta protezionistica. Infatti, “l’idea di un controllo statale
dell’economia a fini di reale utilità collettiva è ancora lontana”
4
. E’ la stessa
evoluzione del capitalismo che acutizza il problema sociale del sistema che
radica la diseguale ripartizione del reddito, si rileva inoltre responsabile
delle crisi cicliche di sovrapproduzione, rafforza l’antisociale tendenza al
monopolio. Ne consegue un rilevante costo sociale del sistema capitalistico
e quindi un riconoscimento universale che impone allo Stato il compito di
assicurare il funzionamento e lo sviluppo del sistema economico insieme al
2
Spagnuolo -Vigorita, op. cit.., pag.159
3
Spagnuolo – Vigorita,op. cit. ,idem
4
Spagnuolo – Vigorita, op. cit., pag.165
5
compito di coordinare le esigenze di sviluppo economico con quelle del
pieno sviluppo del singolo.
Con la prima guerra mondiale si rompe violentemente la tradizione del
liberalismo economico a causa della accelerazione dei fattori disgregatori di
questo: si dilata l’esigenza di armamento e di approvvigionamento e quindi
la necessità di un controllo coattivo della vita economica. A ciò si deve
aggiungere il naturale effetto di ogni conflitto: distruzione di ricchezza,
disordine monetario, dissesti nelle pubbliche finanze. Inoltre, in occasione
della violenta crisi del 1929 la fase depressiva rafforza le richiesta di una
protezione statale contro l’oligopolio capitalista diffondendo la coscienza
della rilevanza pubblica dei grandi complessi industriali, bancari e
finanziari. Fra le due guerre si assiste ad una riduzione se non addirittura
all’eliminazione dell’iniziativa economica privata realizzata attraverso
politiche fiscali, creditizie o monetarie ovvero mediante l’amministrazione
di sempre più vasti settori economici.
L’interventismo diventa una realtà operante.
Il problema è adesso di qualificare l’interventismo: in senso sociale e di
concreto benessere sociale o, all’inverso, in senso protezionistico o di
privilegio oligarchico. Negli Stati europei occidentali l’indirizzo di politica
economica non può essere determinato che in via di contemperamento tra le
opposte istanze, cessando, così ogni possibilità di egemonia assoluta. E’
quindi l’interesse generale che acquista un’effettività di rispondenza ai
bisogni collettivi.
I.2 Nell’ordinamento italiano
Per quanto riguarda la situazione italiana merita di essere posta in evidenza
la deficienza del nuovo Stato sia sotto il profilo sociale e politico, sia sotto
6
il profilo economico a causa dell’assenza di una massa operaia,
l’inconsapevolezza assoluta della massa contadina e per la conseguente
ristrettezza dello schieramento politico.
5
La caratteristica del nuovo Stato è
data dal conservatorismo della “Destra storica” e dalla politica
accentuatamente protezionistica della “Sinistra”.
Il ritardo di oltre un secolo della rivoluzione industriale italiana su quella
inglese, le sue proporzioni pur sempre ridotte, la lenta organizzazione del
sindacalismo e del socialismo, l’autoritarismo anti-democratico rimangono
a lungo fattori determinanti della politica economica italiana e consentono
non solo il tenace protezionismo, ma anche le prime forme dell’indirizzo
integrativo e sostitutivo dell’iniziativa economica pubblica in Italia. A
partire dal 1910, vengono costituiti numerosi enti facenti capo alo Stato e
che duplicano il corpo amministrativo: I.N.A. , B.N.L. , Consorzio di
credito per le opere pubbliche.
L’instaurazione del regime fascista realizza in Italia un particolare sistema
di controllo integrale e centralizzato delle attività economiche a fini
produttivi.
Tutta la filosofia del fascismo ruota sul cardine dell’idea di grandezza
nazionale: la potenza ed il benessere della Nazione individuano il fine
ultimo di ogni azione, singola o statale per cui l’interesse del singolo è in
posizione di subordine: egli cede di fronte ad una entità (la Nazione) a lui
superiore per “durata” (cfr. la Carta del Lavoro), l’iniziativa privata, nel
campo della produzione è consentita in quanto “strumento” più efficace e
più utile per l’interesse della Nazione (Carta del Lavoro, Dich. VII)
5
Spagnuolo – Vigorita, op. cit., pag. 171.
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