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RIASSUNTO 
Introduzione  
L’innovazione, da sempre oggetto di studi da parte dei ricercatori per le sue 
molteplici sfaccettature e per le sue implicazioni al livello macro e micro, è ormai 
divenuta fondamentale in un scenario globale in continuo movimento e con un 
orizzonte temporale molto breve. Non ci sono più confini, ogni angolo terrestre è 
connesso e in questo mondo globalizzato l’unica strada per il successo, per la crescita 
e per un aumento di produttività è innovare. In questo elaborato sono analizzate quali 
sono le tendenze mondiali in tema d’innovazione tecnologica con un’analisi a livello 
macro, sono poi presentate le diverse sfaccettature dell’innovazione, passando in 
un’ultima analisi a verificare se ci sia correlazione tra il fatturato e gli investimenti in 
R&S. Quest’analisi è fatta prima in riferimento alle imprese manifatturiere 
considerate nel complesso, successivamente si passa ad un focus sulle imprese 
tipiche del Made in Italy. In riferimento alle 4A del Made In saranno analizzati i 
trend innovativi di ogni settore, verificando quali risultano i più competitivi.  
Capitolo 1 
Vernon ha individuato nell’innovazione il fattore dinamico più importante alla base 
dello sviluppo internazionale delle imprese dei Paesi più industrializzati. In un 
contesto di discontinuità con il passato e di accelerazione, innovare risulta 
fondamentale per rimanere nell’arena competitiva globale ma non solo. Infatti, 
innovare non è soltanto una leva per aumentare i profitti ma anche per migliorare il 
proprio stile di vita, per creare un ambiente più pulito. Il progresso tecnologico ha 
permesso l’acceso a una più ampia gamma di prodotti e servizi, ha migliorato 
l’efficienza della produzione di generi alimentari e di altri beni di prima necessità; ha 
favorito la diffusione di nuove cure mediche che hanno consentito di migliorare le 
condizioni di salute; ha dato l’opportunità di comunicare e viaggiare con ogni angolo 
del mondo, o quasi. Un indicatore dell’impatto economico dell’innovazione 
tecnologica è il Prodotto Interno Lordo (PIL). Infatti, è stato dimostrato che la 
componente della crescita del PIL non attribuibile al capitale e al lavoro e da 
associare all’innovazione tecnologica la quale aumenta la produzione ottenibile da
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una determinata quantità di lavoro e capitale. Gli investimenti in R&S sono un 
indicatore primario della corsa verso la società e l’economia della conoscenza e 
dall’analisi degli investimenti mondiali, il R&D Magazine evidenzia che la spesa in 
ricerca e sviluppo nel 2015 ha registrato un record mai ricordato prima. Dall’analisi 
emerge anche che gli investimenti non sono distribuiti in egual modo: il 97% della 
spesa in R&S è sostenuto da soli 40 Paesi. L’Asia si posiziona al primo posto 
distanziandosi notevolmente da Europa e America. Nord America, Asia ed Europa 
coprono il 90% degli investimenti mondiali, nelle altre aree del mondo, Russia e Sud 
America, è comunque presente una dinamica innovativa benché marginale mentre 
nei territori Africani e dell’America latina la crescita relativa risulta superiore alla 
media mondiale. Se analizziamo il Gross Domestic Expanditur (GERD), l’intensità 
di spesa, è possibile riscontrare delle eterogeneità dei livelli d’investimento tra Paesi: 
ci sono Paesi come la Corea del Sud che investe più del 4% del PIL in R&S mentre i 
Paesi europei mirano a raggiungere il 3% entro il 2020. Infatti, proprio con 
quest’obiettivo l’Unione Europea ha studiato e messo a disposizione molteplici 
strumenti e progetti che offrono un’opportunità di sostegno alle imprese europee 
negli investimenti in innovazione, ricerca ed espansione verso i mercati esteri con lo 
scopo di aumentare il vantaggio competitivo, con particolare attenzione alle PMI e ai 
distretti produttivi. Horizon 2020 e Cosme sono due programmi destinati 
rispettivamente a favorire l’innovazione e a migliorare la produttività delle imprese 
europee. Se si guarda all’Innovation Union Scoreboard 2016, l’indagine 
sull’innovazione presentata annualmente dall’Unione Europea, si può notare che i 
Paesi più innovativi rimangono quelli dell’Europa del Nord e dell’Europa 
continentale mentre l’Italia è ancora indietro nella sua rincorsa verso i Paesi più 
innovativi, classificandosi al 21° posto e con un punteggio al di sotto della media 
europea. L’Italia registra una crescita negli investimenti in R&S negli ultimi anni ma 
nonostante questo ricopre lo stesso ruolo di tartaruga in un mondo di lepri 
tecnologiche. Il tallone d’Achille italiano è tutto nella struttura delle imprese (la 
maggior parte sono PMI e di carattere familiare) oltre all’assenza di norme, prassi 
amministrative e incentivi volti allo sviluppo. Il familismo delle imprese italiane 
risulta spesso un fattore di blocco all’innovazione a causa di una cultura manageriale 
poco propensa a investire in tecnologie o comunque in nuove idee. Ma oltre a questo 
si ha il problema della natura dimensionale: se l’impresa è piccola riscontrerà
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difficoltà nell’accesso al credito e al mercato dei capitali bloccando di fatto ogni 
attività di tipo innovativa. Benché le PMI familiari rappresentino in tal contesto un 
fattore che influenza negativamente l’attività innovativa, ne rappresentano la capacità 
dell’Italia di assumere un ruolo di rilievo nel mondo globalizzato, continuando a 
registrare un forte export nonostante le difficoltà. Dunque le PMI più che un peso da 
cui liberarsi sono il frutto della qualità che c’è riconosciuta in tutto il mondo e 
bisognerebbe istituire politiche pubbliche di sostegno creando relazioni con il 
territorio e la cultura difendendo e valorizzando l’ambiente e il territorio. Spesso 
avviare un’attività di R&S può significare esternalizzare o internazionalizzarsi: gli 
investimenti all’estero per la R&S negli ultimi anni sono aumentati grazie allo 
sviluppo delle tecnologie ICT, sempre più sofisticate, le quali permettono una 
gestione sempre più semplificata delle attività di ricerca in reti transnazionali. La 
pressione della domanda e dell’offerta può generare l’esigenza di outsourcing. 
L’innovazione è un processo d’informazione e conoscenza; per essere creativi ed 
efficienti bisogna creare dei team di ricerca e sviluppo che siano capaci di accedere e 
recuperare informazioni dal maggior numero di fonti possibili. Dislocando 
geograficamente le unità di R&S è possibile migliorare e aumentare la capacità 
innovativa utilizzando idee e conoscenze provenienti da Paesi diversi e da gruppi più 
ampi di scienziati. L’internazionalizzazione della funzione di R&S da anche 
l’opportunità di catturare idee di nuovi e differenti mercati, dall’ampia prospettiva 
culturale, migliorando, di fatto, la capacità di innovare, avendo maggiori opportunità 
di imparare. Kotabe indica che uno dei maggiori scopi delle imprese è minimizzare i 
costi associati all’innovazione. In quest’ottica, la scelta di dislocare l’attività di R&S 
sembra una strada vincente: si può accedere in questo modo a materiali e input 
necessari a prezzi più bassi; inoltre si può intercedere con tecnici migliori, più 
preparati e volte anche più economici (è dimostrato che il salario di un ricercatore 
ben istruito in India è un decimo della paga di un ricercatore di pari livello in 
Svezia). Per controllare le attività di R&S svolte nelle unità locali, si possono 
adottare dei modelli di gestione calibrando adeguatamente due variabili: la 
concentrazione e i modelli comportamentali adottati.
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Capitolo 2 
I Ministri partecipanti al Consiglio “Sulla Competitività”, tenutosi a Bruxelles il 13 
Maggio 2013, hanno definito il concetto di innovazione così: “L’innovazione non 
riguarda solo la tecnologia ma può assumere varie forme ad esempio lo sviluppo di 
nuovi prodotti commerciali e nuovi mezzi di distribuzione, la commercializzazione e 
la progettazione o i cambiamenti organizzativi e d’immagine”. Ogni tipologia di 
innovazione offre alle società e alle imprese possibilità differenti. Se guardiamo al 
Manuale di Oslo, l’innovazione è classificata sulla base della sua natura quindi si 
distinguono l’innovazione di prodotto, di processo, organizzativa o di marketing. 
Dewar e Dutton proposero una classificazione sulla base della distanza del prodotto 
preesistente distinguendo quindi un’innovazione radicale da una incrementale. 
Henderson e Clark all’innovazione proposero una classificazione sulla base 
dell’ambito di destinazione parlando di innovazione architetturale e modulare. Non 
c’è una tassonomia condivisa per distinguere le forme di innovazione tecnologiche 
ma vengono utilizzati dei criteri per la comprensione dei fattori che permettono di 
identificare i diversi tipi di innovazione. I diversi criteri devono essere considerati 
insieme in quanto l’uno non esclude l’altro, sono strettamente correlati: 
un’innovazione di processo per un’impresa può risultare un’innovazione di prodotto 
per un’altra e allo stesso tempo può trattarsi di un’innovazione di tipo modulare.  
L’innovazione è il frutto di diverse fonti: può generare dalla mente del singolo 
individuo, può essere frutto degli sforzi dei ricercatori di università, enti pubblici, 
incubatori d’ imprese e/o fondazioni private. La colonna portante delle innovazioni è 
l’impresa perché ha più risorse e possiede un sistema di management in grado di 
gestire tali risorse e orientarle verso il raggiungimento di un obiettivo comune. Le 
imprese sono molto incentivate a innovare i propri prodotti e servizi per 
differenziarsi e competere. Una delle fonti d’ innovazione aziendale è data 
dall’impegno e dagli investimenti in R&S dell’impresa. La cultura aziendale, 
l’orientamento dell’impresa all’innovazione, è alla base del processo innovativo dato 
che i comportamenti e le prassi aziendali determinano la particolare predisposizione 
all’innovazione. Le fonti dell’innovazione aziendale sono diverse: la R&S in house, 
che prevede lo svolgimento di attività di ricerca di base e applicata all’interno 
dell’impresa; le relazioni con i clienti o altri utilizzatori dell’innovazione; le relazioni 
con un network esterno d’imprese (concorrenti, fornitori, produttori di beni
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complementari); le relazioni con alti fonti esterne d’informazione scientifica e 
tecnica come le università e i centri di ricerca pubblici e privati. Benché innovare sia 
fondamentale per competere e crescere, non è sempre facile avviare un’attività 
innovativa a causa delle barriere di natura culturale, normativa ed economica. La 
crisi globale che ha messo sotto pressione le imprese ha generato delle reazioni di 
risposta e tra le tante la green economy è tra le più espressive. Le imprese non 
mirano più alla sola riduzione di costi, ma anche al raggiungimento di standard 
qualitativi elevati. Questo è il risultato dell’evoluzione dei comportamenti di 
consumo sempre più diretti a sostituire la domanda di beni con la domanda di 
significati in particolar modo di sostenibilità. Il rispetto non è più un costo da 
sostenere nel rispetto di una qualche legge o di un regolamento ma un vero elemento 
di competitività su cui investire in ricerca e da presentare sui mercati attraverso 
specifiche strategie di marketing.  Nel dettaglio delle imprese italiane, l’innovazione, 
l’high-tech e l’uso efficiente di energia e materia s’incontrano con la qualità e la 
bellezza. Nella green economy le imprese hanno trovato un modello produttivo che 
attraverso l’innovazione, la ricerca e la tecnologia ne rafforzano l’identità, le 
tradizioni e ne evidenzia i punti di forza: tensione alla qualità, produzioni sartoriali, il 
saper fare antico, l’agricoltura dei mille prodotti tipici del Made in Italy. 
L’innovazione sostenibile non si manifesta solo in un’ottica di sostenibilità 
ambientale ma anche nella forma di sostenibilità economica e sociale. Gli 
investimenti in un’ottica sostenibile coinvolgono le imprese di ogni settore e 
dimensione.  
Nel tempo si è passati da impianti di produzione meccanici che funzionavano ad 
acqua e a vapore, all’introduzione dell’idea di catena di montaggio, all’utilizzo delle 
tecnologie informatiche per la produzione automatizzata: l’economia degli ultimi due 
secoli ha conosciuto rivoluzioni industriali che hanno cambiato modo di operare, 
lavorare e la gestione stessa del lavoro e di conseguenza le esigenze e i bisogni dei 
consumatori. Non è finita qui perché è in atto una quarta rivoluzione industriale: una 
rivoluzione digitale. L’avvento di Internet e delle nuove tecnologie stanno mutando 
la società moderna con effetti che diverranno sempre più evidenti nel breve periodo. 
Le nuove tecnologie hanno spazzato via le barriere all’ingresso in molti settori 
determinando una riconfigurazione strutturale di relazioni consolidate e durature nel 
tempo, degli strumenti di lavoro, delle modalità di utilizzo delle informazioni e dei
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prodotti/servizi. L’industria 4.0 è caratterizzata dall’integrazione dei processi fisici 
con quelli digitali, dell’utilizzo di dati e informazioni e dall’efficientamento dei 
processi in termini di tempo, costi, qualità, sicurezza e flessibilità. Le tecnologie 
abilitanti dell’industria 4.0 sono robot collaborativi interconnessi e programmabili 
velocemente; stampanti 3D connesse a software di sviluppo digitale; gestione di 
elevata quantità di dati su sistemi aperti; analisi di un’ampia gamma di dati per 
ottimizzare prodotti e processi; integrazione d’informazioni lungo la catena del 
valore dal fornitore al consumatore. Sulla base dell’attività da svolgere, le imprese 
devono decidere quali svolgere e quali di queste svolgere autonomamente all’interno, 
quali in collaborazione e quali attuare tramite una strategia di Merger and 
Acquisition. Spesso le innovazioni non sono il frutto di un singolo individuo o di una 
sola organizzazione piuttosto una combinazione di sforzi di più individui e più 
organizzazioni. I cambiamenti all’interno dell’unità di R&S possono essere il 
risultato di una crescita organizzativa o di un taglio di costi ma molte altre volte 
questi cambiamenti sono l’espressione di trasformazioni aziendali come scissioni, 
fusioni o investimenti diretti esteri greenfield. I grandi player globali hanno sempre 
un occhio puntato verso il mercato alla ricerca di idee innovative che hanno già 
dimostrato il loro potenziale e non hanno bisogno di un periodo di incubazione. I 
vantaggi di queste strategie sono legate alla possibilità di accedere più velocemente 
allo sviluppo in-house, alle capacità e risorse necessarie che momentaneamente non 
sono presenti nell’impresa. 
Capitolo 3 
Secondo l’EUROSTAT, le imprese italiane, nel 2014, hanno investito mediamente lo 
0,72% del proprio fatturato in R&S. Il dato posiziona le nostre imprese al 14° posto 
sui 28 Paesi europei. In Italia negli ultimi anni si è registrata un’evoluzione positiva 
degli investimenti in R&S da parte delle imprese. Guardando alla spesa in 
innovazione in % del fatturato, si è passati dallo 0,62% del 2008 allo 0,72% del 
2014. In uno scenario globale che cambia sempre più velocemente è fondamentale 
che le  imprese garantiscano alle proprie risorse percorsi di aggiornamento che 
consentano loro di stare al passo con quanto di nuovo viene prodotto nel loro ambito 
di attività, facendo riferimento a percorsi di training e nuovi piani di formazione. 
L’innovazione è un fattore di crescita, di aumento della produttività e della
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competitività delle imprese e può aumentare la sua influenza se unita ad una 
formazione mirata dentro e fuori l’azienda, migliorando costantemente le 
competenze delle persone e conseguentemente rendendo più efficiente 
l’organizzazione aziendale e migliorando la qualità della produzione. Innovazione e 
formazione sono un binomio vincente, sono stati il motore della crescita anche 
durante la crisi: occorre rinnovare il sistema di agevolazione alle imprese, 
prevedendo un unico strumento che includa formazione e innovazione. Dalla ricerca 
di Fondirigenti presentata a Napoli durante il XIV Forum della piccola industria di 
Confindustria, sono emerse due azioni complementari da svolgere: da un lato 
sostenere le attività più classiche, un’azione di alfabetizzazione di base (investimenti, 
brevetti, capitale umano impiegato); dall’altra, rafforzare l’inserimento delle imprese 
negli ecosistemi innovativi, cioè filiere verticali e orizzontali. Quello che ci interessa 
analizzare è se gli investimenti in R&S siano correlati con il fatturato: il database 
messo a disposizione dalla Commissione Europea permette di indagare questa 
relazione attraverso un’analisi approfondita sul bilancio delle prime imprese europee 
per investimento in innovazione e R&S. Su questa base dati è emersa una relazione 
significativa tra fatturato e investimento in R&S, e tra profitti e investimento in R&S.  
Ad una contrazione del fatturato del comparto manifatturiero si osserva, nello stesso 
arco di tempo, una crescita del fatturato aggregato delle imprese manifatturiere top 
spender in R&S, rafforzando ulteriormente la considerazione che investire in 
innovazione è un volano per la crescita delle imprese. 
È evidente che l’innovazione non fa che rendere le imprese competitive sui mercati, 
più efficienti e aumentarne la produttività. Lo scopo di questa tesi come detto 
nell’introduzione di certo è mostrare come l’innovazione sia una leva cruciale per la 
crescita e la competitività, ma ci preme analizzare quali siano le tendenze innovative 
nei settori tradizionali del Made In Italy, le cosiddette 4A del Made In: Alimentari; 
Abbigliamento – tessile; Automotive; Arredamento. Questi settori denominati 
rappresentano storicamente il cuore del Made in Italy e ne incarnano i valori: 
racchiudono al loro interno informazioni e associazioni di idee razionali e emotive, 
tangibili e intangibili allo stesso tempo. 
Le imprese di questi quattro settori realizzano il 53,12% del fatturato delle imprese 
manifatturiere italiane.
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Le industrie del Made In con attività innovative (ossia che hanno svolto attività 
finalizzate all’introduzione di innovazioni di prodotti, processi, organizzative o di 
marketing,) nel periodo di indagine sono il 52,7%. 
 Le imprese innovatrici in senso stretto sono pari al 74% delle imprese innovative dei 
4 settori.
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Il settore che investe di più in innovazione è quello dell’automazione com’era 
prevedibile, per un ammontare pari a 6,1 miliardi, ma ciò che forse potrebbe 
sorprendere è che il settore dell’alimentare investe più dell’abbigliamento in 
innovazione, 1,2 miliardi contro 1,02 della moda,  e il settore dell’arredo è all’ultimo 
posto con 274 milioni di euro investiti nell’innovazione. 
Gran parte dell’innovazione nasce da attività di Ricerca & Sviluppo.  La Ricerca & 
Sviluppo (R&S) è la voce principale degli investimenti per l’innovazione, ne 
rappresenta più della metà della spesa,il 58.2%, mentre gli investimenti  materiali, il 
27.1%. La parte restante della spesa, il 14.7%,  è composta da investimenti 
immateriali. Le imprese di tutti e quattro i settori presentano un incremento della 
spesa in R&S e anche del fatturato nel triennio 2012-2014. Quello che ci chiediamo è 
se sussiste una correlazione tra queste variabili e nel caso sussista se essa sia positiva 
o negativa. 
Confrontando la spesa in R&S
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 dei 4 settori relativi all’anno 2014, con i rispettivi 
fatturati, possiamo notare l’esistenza di una correlazione positiva tra l’investimento 
in ricerca e l’aumento di fatturato. Infatti, dall’analisi dei dati il coefficiente di 
correlazione che ne risulta è pari a R² 0,842. Ancora una volta è dimostrato che 
l’aumento degli investimenti in innovazione e il fatturato delle imprese sono correlati 
positivamente. Tuttavia se indaghiamo quale sia l’andamento della correlazione 
all’interno di ogni singolo settore, si potranno notare delle eterogeneità. Sono stati 
confrontati i fatturati registrati nel 2012-2013-2014 dai quattro settori con le relative 
spese in R&S sostenute negli stessi anni.  
Quello che emerge è che sicuramente la performance economica dell’impresa è 
correlata positivamente con l’investimento in attività innovative, nel caso specifico 
                                                           
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 Con attività in senso stretto, tipica dell’impresa innovatrice, intendiamo quelle attività che hanno portato 
all’effettiva introduzione di un nuovo prodotto o processo. Si differenzia dall’attività innovativa in quanto quest’ultima 
rileva tutte le attività volte all’introduzione di innovazioni che possono essere state introdotte alla fine del periodo di 
rilevazione, oppure ancora in corso e non concluse o temporaneamente abbandonate. 
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 Calcolando la somma della spesa in R&S intra-muros ed extra muros