- 6 -
informazioni che scambiano, basandosi su una conoscenza dei modelli di 
collaborazione nella quale sono implicati. 
Il progetto ISOCELE è stato organizzato in tre parti distinte (fig. 1): 
- La prima parte si interessa alla modelizzazione dei processi collaborativi in 
un’impresa virtuale. 
- La seconda parte si interessa alla caratterizzazione dei dati scambiati e in 
corso di scambio nelle attività collaborative.  
- La terza parte invece è volta a proporre dei modelli  per sviluppare e 
attrezzare gli strumenti informatici supporto agli scambi informativi. 
 
 
 
Figura 1  L’organizzazione delle parti del progetto 
 
In particolare questo lavoro di tesi si colloca nella parte 1, che si riferisce alla 
collaborazione nelle attività di progettazione. Si farà riferimento alla “meta-
organizzazione” che si forma in seno ad un progetto che coinvolge varie entità 
aziendali. Ci si focalizzerà sui metodi di collaborazione e coordinamento (soprattutto 
nella relazione cliente-fornitore), sull’identificazione delle criticità, sulla valutazione 
delle informazioni scambiate e diffuse. L’obiettivo di questo lavoro è anche quello di 
proporre dei criteri di qualificazione dell’informazione, che permetta di stabilire uno 
o più indicatori di confidenza per delle informazioni a carattere incerto e non ancora 
validate. Ci si interesserà alla nozione criticità di un’informazione e al ciclo di vita 
dell’informazione stressa. Si tratterà anche di definire degli spazi di circolazione, più 
o meno ristretti che permettano di scambiare l’informazione incompleta. 
 - 7 -
Capitolo 1 
 
 
 
L’evoluzione del processo di  
sviluppo dei nuovi prodotti. 
 
 
 
La teoria economica recente ci ha fornito degli spunti di riflessione su come le 
aziende non puntino più alla sola massimizzazione del profitto ma alla crescita 
globale dell’impresa. Un ruolo importante in questa strategia è assunto dai nuovi 
prodotti con cui l’azienda decide di essere presente nel mercato e dallo stesso 
modello di presenza. I nuovi prodotti avranno più o meno successo a seconda del 
tempo impiegato per svilupparli e dalla rispondenza delle loro funzionalità alle 
esigenze del cliente. In un’ottica di ottimizzare questi due fattori, nel prossimo 
capitolo si affronteranno le problematiche che hanno portato ad un’evoluzione del 
modo di sviluppare i prodotti, ponendo particolare attenzione sulle problematiche 
della progettazione e sulle nuove tecniche che da qualche anno sono implementate 
nelle aziende leader (Concurrent Engineering). 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 - 8 -
Il processo di sviluppo tradizionale 
 
Appare fin da subito interessante valutare i cambiamenti che negli ultimi anni si 
sono verificati nell’approccio allo sviluppo dei nuovi prodotti, e per farlo occorre in 
primo luogo dare una breve schematizzazione del processo di sviluppo tradizionale. 
Infatti, fino alla fine degli anni ottanta e inizio anni novanta, la tendenza più diffusa 
era quella di progettare i nuovi prodotti in modo sequenziale. Questo approccio 
prevedeva una serie di fasi (fig. 1.1) che avevano ciascuna degli input per la seguente. 
 
Figura 1.1 Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto, Clark & Fujimoto, 1991 
 
Attraverso questo tipo di processo le fasi si succedono l’una dopo l’altra e le 
informazioni in uscita sono sempre validate, nel senso che sono definitive e ricche di 
elementi formali, si tratta per lo più di documenti  strutturati in file o formato 
cartaceo. Lo schema precedente evidenzia anche la sequenza delle fasi: appare 
evidente che nelle prime fasi del processo la voice of consumer assume un ruolo 
fondamentale in quanto viene inglobata nel concetto di prodotto (fasi 2 e 3). In 
questa fase del processo di sviluppo i bisogni del cliente sono codificati in richieste 
funzionali. In seguito si dà maggior spazio alle scelte tecniche, si arriva cioè alla 
progettazione vera e propria: dalle richieste funzionali presenti nel concetto di 
prodotto si ricava un insieme di technical requirements, che forniranno un punto di 
partenza per la progettazione.  La tappa seguente è lo sviluppo del processo 
produttivo, il quale necessita di tutte le informazioni appartenenti alle fasi precedenti, 
in particolare alla fase di progettazione di dettaglio, ad esempio la progettazione di 
una matrice di stampaggio a iniezione richiede tutte le caratteristiche dimensionali e 
geometriche del pezzo che sarà poi realizzato con la stessa matrice. È evidente che 
un errore nelle prime fasi si ripercuoterà poi in modo disastroso sulle restanti. A 
questo proposito hanno teorizzato Boothtoyd e Dewhurst, i quali sostengono che 
circa l’ottanta percento dei costi totali relativi allo sviluppo di un nuovo prodotto è 
deciso prima dell’industrializzazione, quando invece la spesa reale viene effettuata 
dopo la messa in opera dell’impianto produttivo. Appare dunque interessante 
confrontare  i costi che sono realmente supportati dall’azienda, con quelli che invece 
si è deciso di supportare in futuro (fig. 1.2). Le attività che maggiormente 
influenzano i costi dello sviluppo si trovano a monte del processo stesso, sembra 
quindi un buon approccio quello di considerare fin da subito le difficoltà che 
potrebbero insorgere nel seguito. In questo modo i costi attivati non subiranno 
aumenti per causa di parametri non controllati nelle prime fasi. 
 - 9 -
 
 
Figura 1.2 Costi decisi e costi attivati, Boothroyd, 1993 
 
Le debolezze del processo di sviluppo tradizionale sono legate ai ricicli in fase di 
progettazione. Per riciclo s’intende un’attività ripetuta per effettuare una revisione 
nel progetto, a seguito di errori o imprecisioni rilevate durante una verifica. Possiamo 
valutare la presenza di ricicli in un processo di sviluppo semplicemente considerando 
l’output di un’attività che in seguito diventa l’input per la stessa o addirittura per 
un’attività precedente. La presenza dei ricicli va ad aumentare il time to market, 
infatti essi costituiscono un ripetizione di attività che non va ad aumentare il valore 
del progetto ma serve per sopperire a delle cattive soluzioni trovate precedentemente. 
Il fatto poi che i prodotti siano caratterizzati da una complessità crescente 
contribuisce ad aumentare il numero di ricicli all’interno del processo di sviluppo. 
Nella figura seguente possiamo apprezzare un esempio tipico di riciclo:  
 
 
 
 
Figura 1.3 Un tipico esempio di riciclo 
 
Il problema appena sollevato deriva sostanzialmente da vincoli che non sono affatto 
considerati quando si progetta per la prima volta e che vengono alla luce via via che 
il progetto avanza. Questi limiti sono per esempio legati alla possibilità di mettere in 
produzione i risultati del progetto.  
 - 10 -
Il concurrent engineering 
 
Il concurrent engineering è un approccio di sviluppo nuovi prodotti, nato 
all’inizio degli anni novanta per affrontare le richieste di un mercato sempre più 
esigente, che domanda prodotti nuovi ed innovativi con una frequenza sempre 
maggiore e un ciclo di vita più breve. Tali prodotti devono essere aderenti il più 
possibile alle richieste del cliente. Alcune aziende, anche sotto l’effetto di una 
pressione competitiva tutt’altro che trascurabile, hanno trovato nel concurrent 
engineering un metodo per ridurre il tempo di sviluppo e quindi per lanciare i propri 
prodotti nel mercato con un anticipo maggiore. Il minore time to market consente al 
nuovo prodotto di essere più in linea con le esigenze del cliente, dato che queste 
ultime cambiano spesso. La vendita, infatti, risulta “temporalmente vicina” alla 
rilevazione dei bisogni che ovviamente in un tempo più breve subiranno             
meno modifiche. Operativamente quest’approccio si implementa attraverso la 
sovrapposizione parziale delle attività di sviluppo, in particolare le attività di 
sviluppo del prodotto e del processo produttivo.  In questo modo è possibile evitare i 
ricicli di cui si è parlato al paragrafo precedente, infatti si affrontano in modo 
parallelo le difficoltà relative alle diverse tappe dello sviluppo, prendendo  in 
considerazione fin da subito come le attività di una fase influenzano le altre fasi del 
processo. Nella figura seguente si può notare come la sovrapposizione temporale 
delle attività comporti un’intricata rete di vincoli, requirement e modifiche che per lo 
più si concentrano nella prima parte del processo di sviluppo e che lega le varie fasi 
fra loro. 
 
 
Figura 1.4 La parallelizzazione delle attività nel concurrent engineering 
 
È chiaro che per gestire un approccio di questo tipo sono necessari supporti sia 
di carattere tecnico che organizzativo-gestionale. Per quel che riguarda i primi, un 
contributo fondamentale è venuto con l’introduzione dei software CAD in 
progettazione, software che ai nostri giorni permettono la modelizzazione numerica 
di superfici 3D, garantendo così la possibilità di apportare modifiche in tempo reale 
al progetto. Nella tabella seguente (tab. 1.1) possiamo osservare i principali strumenti 
 - 11 -
di supporto al concurrent engineering sia dal punto di vista tecnico (tool informatici) 
sia metodologico e organizzativo. 
 
 
Organizzazione e 
risorse umane 
 
Metodologie e 
tecniche 
Strumenti 
informatici 
 
• Re-engineering di 
processo 
• Team inetrfunzionali 
• Co-location 
• Co-design 
• Decentramento delle 
decisioni 
• Motivazione 
• Responsabilizzazione 
• Visione integrata del 
processo 
 
• Design for 
manufacturing 
• Design for assembly 
• Design to cost 
• Design for reliability 
• Design for 
maintainability 
• Design for enviroment 
• Quality function 
deployment 
• Carry over 
• Shelf innovation 
• Mushroom concept 
• Group technology 
 
 
• Computer Aided 
Design 
• Computer Aided 
Manufacture 
• Computer Aided 
Engineering 
• Computer Aided 
Process Planning 
• Modellazione 
• Simulazione 
• Banche dati tecniche e 
tecnologiche 
• Data Base di prodotto 
e di processo 
 
 
Tabella 1.1 Articolazione del concurrent engineering  
 
Una particolare importanza assumono gli aspetti design for, che rappresentano il 
cuore del concurrent engineering, in quanto attraverso loro si implementa in modo 
operativo la parallelizzazione delle attività. Ad esempio se consideriamo il design for 
assembly,  la progettazione dei componenti viene ottimizzata per l’assemblaggio, 
rendendo minimo il numero di difficoltà che si potrebbero presentare in quest’ultima 
fase. Bisogna dunque anticipare i vincoli delle fasi più a valle e tenerne conto nella 
progettazione, in modo da evitare gli engineering changes. 
Con il termine engineering change si intende una modifica al progetto dovuta a 
un vincolo che è da poco sopravvenuto. I costi legati agli engineering changes 
divengono importanti man mano che ci si avvicina la lancio della produzione, per poi 
esplodere al momento dell’inizio delle vendite (fig. 1.5). 
 
 
 
Figura 1.5 Costo reale degli engineering changes, fonte: Ricoh Group 
 - 12 -
Questi costi si suddividono in costi espliciti quindi facilmente calcolabili, come per 
esempio i costi di fermo impianto dovuto al ritardo per effettuare la modifica, ed 
impliciti, come la perdita d’immagine dell’azienda presso il cliente. Per limitare al 
minimo gli engineering changes ovvero concentrarli nella prima parte del processo di 
sviluppo si utilizzano le tecniche tipiche del  concurrent engineering. Tuttavia la 
gestione del concurrent engineering presenta una notevole complessità, in quanto 
bisogna gestire in parallelo più processi. La letteratura recente si divide tra quelli che 
sostengono che una migliore gestione delle attività di sviluppo è legata alla 
pianificazione delle attività stesse e coloro invece che ricercano un possibile 
miglioramento scaturirebbe dalla gestione delle informazioni scambiate.