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dell’impegno richiesto e permette così di raggiungere gli obiettivi in maniera 
tranquilla e non responsabile. 
Il problema è che, sebbene parte di quanto elencato possa effettivamente 
accadere, è importante prendere atto che non accade sicuramente con quella 
facilità e quella immediatezza che taluni sono indotti a pensare e, soprattutto, 
che tale modalità non caratterizza sicuramente l’attuale psicoterapia ipnotica. 
Tuttavia anche l’anedottica è parte di un mito che è duro da smantellare e che, 
seppur contiene alcuni aspetti concreti, ha assunto nei tempi significati 
differenti e talvolta mitologici. Giampiero Mosconi nel suo testo “Psicoterapia 
ipnotica” del 1993, presenta un modo di avvicinarsi all’ipnosi terapeutica in 
maniera più realistica, pratica e diretta. Ne riporta una metafora che ne 
chiarisce sicuramente l’intento. Per scavare in profondità un terreno bisogna 
individuare l’area, conoscerne la superficie e cercare quelle caratteristiche 
organiche abbastanza immediate che permettano di procedere nella direzione 
giusta. Il che significa che si affronti pure la strategia eriksoniana e si 
analizzino pure le manipolazioni di Haley, ma il tutto che sia successivo alla 
presa di contatto solida e chiara con un’idea personale del modello da 
apprendere. 
Lo psicoterapeuta neofita si può così rendere conto di avere in mano una 
terapia dalle grandi possibilità e dalle risorse imprevedibili, ma dovrà essere 
consapevole che ciò che otterrà non avverrà per caso o per miracolo, ma 
grazie alla sua esperienza e alla sua creatività. Ma allo stesso tempo il 
terapeuta non deve dimenticare che la malattia è espressione dell’uomo nella 
sua globalità e per poter essere di aiuto egli deve prima aver avuto cura di se 
stesso e poi potrà rivolgersi alla persona che si rivolge a lui favorendo il 
superamento dello stato di squilibrio e quindi di malattia. 
E’ noto ormai negli ultimi anni, quanto sia importante che lo psicoterapeuta sia 
creativo. In un’ottica individuale adleriana, che contraddistingue il mio 
personale percorso formativo in psicoterapia, la creatività rappresenta la molla 
del sapere e della conoscenza.  
Lo psicoterapeuta dovrà sempre essere spinto dalla volontà di apprendere e 
dalla curiosità per il nuovo.  
 III
Solo così, al momento giusto l’ipnoterapeuta ormai capace, potrà trovare 
appagamento dal confronto della propria esperienza con i resoconti dei molti 
autori, ma sempre accompagnato dalla consapevolezza della propria iniziativa 
responsabile. 
Tuttavia dallo scorcio effettuato in letteratura, è chiaro che il terreno su cui si è 
costruito l’edificio ipnotico, resta pur sempre quello del magnetismo animale 
mesmeriano. Ma gli elementi dai quali la psicoterapia ipnotica trae materia per 
la propria ragione d’essere sono i prodotti della ricerca e dell’applicazione 
tecnica che, specialmente alcune scuole americane, sono riuscite a concepire. 
Se da almeno quindici anni ormai l’ipnosi vive un periodo di stabilità scientifica 
che l’ha resa degna di collocazione nella medicina ufficiale, è anche perché 
essendosi liberata dal superfluo e da ciò che la imbrattava di miracolismo 
facile, si è affermata come strumento terapeutico in un’era tecnologica e 
scientifica, pur continuando a valorizzare l’immaginazione e la creatività 
dell’uomo. 
 
 1
CAPITOLO 1 
L’EVOLUZIONE STORICA 
 
 
1.1 Mesmer 
Di solito Mesmer viene considerato colui che ha scoperto l’ipnosi e le sue 
attività sono spesso ricordate come collegate con aspetti magici e con 
procedure paranormali. Il suo nome è legato al concetto e alle applicazioni del 
magnetismo che richiama quell’insieme di misteri e di principi enigmatici che 
nell’epoca del diciottesimo secolo ha caratterizzato un contrastante clima 
culturale dove, dopo la passione per l’arcano, il razionalismo e lo sviluppo 
scientifico definivano nuove frontiere.  
Oggi chi si avvicina alla tecnica ipnotica, può comprendere il significato della 
ricerca mesmeriana e capire la sua proiezione sulla psicoterapia moderna. 
Freud, come Darwin e Galileo Galilei, ha messo in atto una rivoluzione 
epistemologica attraverso il ridimensionamento del narcisismo dell’uomo e il 
porre l’inconscio come punto di riferimento centrale della sfera psichica umana. 
Però, prima di lui, Mesmer aveva mosso il passo iniziale. La sua teoria del 
fluido magnetico resta valida per quello che ha espresso nella terapia della 
psiche e nell’intera concezione del rapporto tra paziente e terapeuta. Essa ha 
rappresentato una svolta rivoluzionaria nella storia dell’umanità. Il medico 
veniva spostato dal suo ruolo di osservatore per essere coinvolto, insieme al 
paziente, nel ruolo centrale dell’esperimento, unito a lui da un legame che, se 
non era proprio il fluido magnetico, era comunque empatia, partecipazione, 
quello che noi oggi chiamiamo transfert. E’ chiaro che per capire la portata 
della rivoluzione mesmeriana, è necessario collocarla nei tempi dei quali egli 
era figlio. E’ necessario capire la natura del suo tentativo di costruire una 
relazione medico-paziente attraverso una visuale nuova. Con il mesmerismo, 
per la prima volta, fu preso in considerazione soltanto il malato e per la prima 
volta non era la malattia ad essere al centro dell’attenzione, ma la persona 
sofferente.  
 2
Ora sappiamo che l’obiettivo era lo stesso al quale mira il terapeuta di oggi, 
definito dalla psicoterapia moderna quando considera i processi patologici 
come segnali di conflitti psichici. 
Come dire che la psicoterapia dinamica, con la quale oggi ci muoviamo, 
discende direttamente dai concetti mesmeriani. 
Ad esempio quella che oggi definiamo “terapia di gruppo” ha precedenti nei 
“bacquets” parigini nei quali Mesmer impiegava le forze attive del gruppo, non 
importa se solo con la presunzione immaginativa della loro azione peculiare 
senza alcun riscontro di verifica scientifica. Egli metteva i pazienti l’uno accanto 
all’altro e diceva loro di tenersi per mano in modo che la circolazione di onde 
magnetiche tra i componenti del gruppo creasse nell’individuo forze nuove e 
attive. L’obiettivo era quello di trasmettere energia dal singolo individuo 
all’intero gruppo. Il risultato che si otteneva anticipava, senza saperlo,  uno 
degli obiettivi della psicoterapia collettiva oggi riproposta in chiave differente. 
Se all’interno del singolo individuo emergevano forze ostili alla cura, significava 
che era presente il “contromagnetismo”, problema che con Freud è stato 
definito “resistenza”. Oggi sappiamo che le resistenze sono pregne di materiale 
significativo e i risultati, quando vengono colti, mostrano ogni volta le loro 
radici lontane nel “contromagnetismo” mesmeriano. Lunghi colloqui, 
incoraggiamenti e rassicurazioni sull’esito della malattia, sostenevano 
l’intervento di Mesmer su alcuni pazienti, specie sulle pazienti isteriche in cui 
rivestiva il ruolo di genitore. L’effetto della parola è rimasto da allora elemento 
determinante anche se la sua validità effettiva è stata riconosciuta solo molto 
più tardi. La considerazione della sofferenza del paziente insieme all’impegno 
del terapeuta divengono punti di riferimento per il nuovo corso della medicina 
e pongono il soggetto come protagonista attivo della malattia come sua 
esperienza. 
Le considerazioni di Mesmer (1785) sulla propria teoria non coincidente con i 
tempi nei quali stava vivendo, è pienamente condivisibile oggi che, in piena 
psichiatria dinamica, si discute ancora di inconscio, di interpretazione dei sogni 
e dell’importanza del training del terapista. Tutti argomenti affrontati già da 
Mesmer due secoli fa, un uomo sensibile e ricco di intuito. 
 3
Elementi come la crisi mesmeriana, cioè la catarsi, aprirono la via e segnarono 
in modo definitivo il percorso dell’attuale psicoterapia. 
E’ come dire che l’ipnosi oggi ha selezionato aspetti e manifestazioni del 
magnetismo animale accettando ciò che è rimasto dell’esperienza mesmeriana 
dopo averla valutata con attenzione sicuramente superiore a quella usata da 
altre psicoterapie. 
Oggi definiamo la relazione terapeutica “rapporto” che ha la medesima natura 
del concetto mesmeriano con il quale egli si riferiva ad un legame nato con 
l’investimento continuo ed intensivo del malato in una personalità terapeutica 
che sino a quei tempi era sconosciuta. 
Così, senza saperlo, era nata la psicoterapia. 
Tra i protagonisti dell’operazione magnetizzatrice si svolgeva un lungo 
colloquio che stava all’origine dello svolgimento terapeutico. Da esso avrebbe 
dovuto emanarsi l’energia livellatrice del fluido vitale, e in effetti non si 
trattava che di un vettore di empatia che generava fiducia, alla quale noi tutti 
oggi assegniamo una valenza insostituibile. 
Oggi sappiamo che il rapporto tra terapista e paziente è la prima costante di 
base che definisce la terapia ipnotica come effetto della rivoluzione 
mesmeriana. Molto di ciò che un tempo era apparso sovversivo e antimedico 
oggi è divenuto costante nell’approccio ipnotico. Per la prima volta nella storia 
della medicina il legame tra paziente e terapista poneva quest’ultimo nella 
condizione di poter penetrare nella sofferenza del paziente. La situazione 
terapeutica potenziata dal processo ipnotico è lo stimolo per il transfert, e la 
regressione del paziente finisce per trasformarsi in una produzione di affetto. 
L’opera di Mesmer sebbene all’epoca fosse ritenuta distante da ogni principio 
scientifico, ora è invece riconosciuta come la base complessa sulla quale si è 
sviluppata la scoperta dell’inconscio ed ha racchiuso il principio genetico della 
psicoterapia dinamica. Con Mesmer, il ripristino della salute non significa solo 
assenza di malattia ma aspetto positivo di un certo modo di vivere e la ricerca 
si amplia alla causa del sintomo.